La copia dell’atto trasmesso via PEC necessita dell’attestazione rilasciata dal cancelliere in calce all’originale

Allorquando si decida la trasmissione degli atti con modalità particolari, e per ragioni d’urgenza, le modalità da seguirsi per rendere l’atto correttamente e regolarmente trasmesso sono proprio quelle indicate dal combinato disposto degli artt. 64, commi 3 e 4, disp. att. c.p.p., e dagli artt. 149 e 150 c.p.p., con la necessità che la copia dell’atto trasmesso sia accompagnata dall’attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria in calce all’atto della trasmissione dell’originale dello stesso.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con sentenza n. 21097/19 depositata il 15 maggio. Il caso. Il Tribunale del riesame confermava il provvedimento con cui il Tribunale ordinario aveva applicato all’indagato la misura cautelare della custodia in carcere. L’indagato propone ricorso per cassazione deducendo l’invalidità e la conseguente non sanabilità della trasmissione degli atti avvenuta tra la Procura di Chieti e il Tribunale, in quanto avvenuta solo a mezzo PEC e senza il rispetto delle formalità previste dall’art. 64 disp. att. c.p.p. e dagli artt. 149 e 150 c.p.p Formalità particolari”. La Cassazione rileva che, in tema di comunicazioni e trasmissioni degli atti in materia di libertà personale, l’art. 64, commi 3 e 4, disp. att. c.p.p. prevede espressamente che la copia degli atti trasmessi con mezzo idoneo deve essere necessariamente accompagnata dall’attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria in calce all’atto della trasmissione dell’originale dell’atto stesso . Non solo, il medesimo articolo stabilisce anche che la trasmissione di tale atto deve avvenire secondo le forme previste dagli artt. 149 e 150 c.p.p. e che per le forme particolari” di notificazione, intervenute in circostanze particolari” , deve essere il giudice a prescrivere le modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del destinatario, anche d’ufficio e con decreto motivato . Ciò premesso, la Corte ribadisce il principio ormai consolidato secondo cui, allorquando si decida la trasmissione degli atti con modalità particolari, e per ragioni d’urgenza, le modalità da seguirsi per rendere l’atto correttamente e regolarmente trasmesso sono proprio quelle indicate dal combinato disposto degli artt. 64, commi 3 e 4, disp. att. c.p.p., e dagli artt. 149 e 150 c.p.p., con la necessità che la copia dell’atto trasmesso sia accompagnata dall’attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria in calce all’atto della trasmissione dell’originale dell’atto stesso . Pertanto, qualora la trasmissione degli atti a mezzo PEC non avvenga con le modalità descritte, come avvenuto nel caso di specie, il dies a quo per la decorrenza del termine di cui all’art. 309, comma 5, c.p.p. non può fissarsi nel momento di ricezione, all’indirizzo postale, della PEC da parte dell’ufficio giudiziario ricevente, ma in quello diverso di effettiva, reale percezione e conoscenza degli atti attraverso la stampa della stessa PEC e la verifica dell’integralità degli atti trasmessi, e ciò in ragione della circostanza che la predetta comunicazione e trasmissione era intervenuta senza le prescrizioni specificamente previste. Sulla scorta di tali principi, la Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 11 aprile – 15 maggio 2019, n. 21097 Presidente Ramacci – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10/12/2018, il Tribunale del riesame di L’Aquila rigettava l’istanza proposta ex art. 309 c.p.p., da S.N.S. , così confermando il provvedimento del 17/11/2018 con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti aveva applicato allo stesso la misura cautelare della custodia in carcere. 2. Propone ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico motivo - la violazione e/o errata applicazione dell’art. 291 c.p.p., art. 309 c.p.p., commi 5 e 10, art. 64 disp. att. c.p.p., con perdita di efficacia della misura. Premesso che la Procura della Repubblica di Chieti avrebbe trasmesso gli atti al Tribunale soltanto a mezzo PEC, e senza rispettare le formalità di cui all’art. 64 disp. att. c.p.p., artt. 149 - 150 c.p.p. tanto premesso, la trasmissione così effettuata risulterebbe invalida e non sanabile a posteriori, specie con riguardo alla attestazione della conformità all’originale di quanto trasmesso, che di certo non potrebbe esser compiuta diversamente da quanto affermato nell’ordinanza - dal cancelliere dell’ufficio ricevente, che potrebbe al più attestare di aver ricevuto alcuni file e di averli stampati, senza poter fornire alcuna assicurazione di effettiva integralità rispetto a quanto inviato, né, soprattutto, di piena aderenza all’originale. Quand’anche, poi, si volesse ritenere in astratto valida la trasmissione via PEC, pur in assenza delle modalità dovute, tale conclusione non potrebbe comunque accogliersi nel caso di specie, nel quale il cancelliere avrebbe attestato soltanto che gli atti sarebbero pervenuti in cancelleria il 4/12/2018, senza nulla riferire quanto alla data di stampa e, dunque, di effettiva ricezione presso il Tribunale del riesame nel rispetto dei termini di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta manifestamente infondato al riguardo, peraltro, rileva il Collegio - al pari del Tribunale del riesame - che la medesima questione è stata già affrontata da questa Corte, e risolta con una recente e condivisa pronuncia della quale debbono essere richiamati i passaggi essenziali Sez. 5, n. 21710 del 28/2/2018, Marciano, Rv. 273026 . Nell’occasione, in particolare, si è affermato che l’art. 64 disp. att. c.p.p., commi 3 e 4, che regolamenta le comunicazioni e trasmissioni degli atti in materia di libertà personale, dispone espressamente, da un lato, che la copia degli atti trasmessi con mezzo idoneo deve essere necessariamente accompagnata dall’attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria in calce all’atto della trasmissione dell’originale dell’atto stesso cfr. detto art. 64, comma 4 e, dall’altro, che la comunicazione e trasmissione dell’atto deve avvenire nelle forme previste dagli artt. 149 e 150 c.p.p Va aggiunto che proprio l’art. 150, ora citato stabilisce, per le forme particolari di notificazione intervenute in circostanze particolari , che sia il giudice a prescrivere, anche d’ufficio e con decreto motivato, le modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del destinatario . 4. Orbene, ritiene la Corte che, allorquando si decida la trasmissione degli atti con modalità particolari come avvenuto, nel caso di specie, ove si è utilizzata la posta elettronica certificata dei due uffici giudiziari interessati e per ragioni d’urgenza come nella materia cautelare personale , le modalità da seguirsi per rendere l’atto correttamente e regolarmente trasmesso e dunque legalmente conoscibile sono proprio quelle indicate dal combinato disposto dell’art. 64 disp. att. c.p.p., commi 3 e 4, e dagli artt. 149 e 150, codice di rito, con la necessità che la copia dell’atto trasmesso sia accompagnata dall’attestazione rilasciata dal funzionario di cancelleria in calce all’atto della trasmissione dell’originale dell’atto stesso cfr. detto art. 64, comma 4 e che la comunicazione e trasmissione dell’atto avvenga con le modalità indicate nel decreto motivato all’uopo rilasciato dal giudice art. 150 c.p.p., comma 2 . Ne consegue, come ulteriore precipitato logico del principio ora affermato, che, qualora la trasmissione degli atti attraverso il mezzo della PEC non avvenga con le modalità sopra descritte come avvenuto nel caso di specie, quel che riconosce il Tribunale , il dies a quo per la decorrenza del termine di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5, con le gravi conseguenze discendenti per la tenuta della misura cautelare, in caso di mancato rispetto del predetto termine non possa fissarsi nel momento di ricezione, all’indirizzo postale, della PEC da parte dell’ufficio giudiziario ricevente, ma in quello diverso di effettiva, reale percezione e conoscenza degli atti attraverso la stampa della stessa PEC e la verifica della integralità degli atti trasmessi, e ciò proprio in ragione della circostanza - venendo al caso di specie - che la predetta comunicazione e trasmissione era intervenuta senza le prescrizioni specificatamente previste dai sopra ricordati art. 64 disp. att. c.p.p., e art. 150 c.p.p. solo in presenza delle quali può ritenersi legalmente conosciuta la comunicazione dell’atto al momento della ricezione dello stesso all’indirizzo di PEC del ricevente . 5. Effettiva, reale percezione e conoscenza degli atti che, nel caso in esame, risulta adeguatamente attestata proprio dal documento allegato al ricorso, e verificato dal Collegio con il quale, in particolare, il funzionario giudiziario del Tribunale - stampata la PEC e verificatone il contenuto la cui identità all’originale era stata attestata dal funzionario dell’Ufficio a quo, come si comprende dal testo - ha attestato che gli atti - ossia quegli stessi atti menzionati nella PEC ed allegati in formato PDF - erano pervenuti in cancelleria riesame a mezzo pec in data 04.12.2018 , venendo così per certo verificati nella loro integralità. Nel pieno rispetto, quindi, del termine di 5 giorni di cui all’art. 309 c.p.p., comma 5, decorrente dalla richiesta del 3/12/2018. 6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.