Notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento a mezzo ufficiale giudiziario in caso di impossibilità di notifica a mezzo PEC

L'art. 15, comma 3, l.fall., nel testo attualmente vigente, nel prevedere che la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento alla società può essere eseguita tramite PEC all'indirizzo della stessa e, in caso di esito negativo, presso la sua sede legale come risultante dal registro delle imprese, oppure, qualora neppure questa modalità sia andata a buon fine, mediante deposito dell'atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro, introduce una disciplina speciale semplificata che esclude l'applicabilità della disciplina ordinaria prevista dall'art. 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica.

Con l’ordinanza n. 1058/21 del 21 gennaio, il S.C. ribadisce la specialità della normativa relativa alla notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento rispetto alle ordinarie procedure di notifiche degli atti giudiziari, soprattutto per quanto concerne le eventuali irreperibilità del destinatario. Il caso. La vicenda prende avvio dall’opposizione alla dichiarazione di fallimento pronunciata nei confronti di una società. Sia in sede di reclamo che in sede di appello da parte della società fallita venivano contestate, in primo luogo, le modalità di notifica del ricorso e, in subordine, il contenuto della relata di notifica, nella quale si attestava l’impossibilità di procedere alla notifica stante l’assenza di personale nei locali aziendali. In particolare, veniva promossa querela di falso su quest’ultimo aspetto, che però veniva dichiarata inammissibile posto che la procura al difensore era rilasciata in forma – a dire della Corte territoriale – irregolare, stante la mancata autenticazione da parte di un pubblico ufficiale. Il S.C. accoglie il motivo di ricorso su questo profilo, ritenendo sufficiente il rilascio della procura al difensore senza la necessità di ulteriori attestazioni. Le modalità di notifica dell’istanza di fallimento. Secondo l'art. 15, comma 3, l.fall., la notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento alla società può essere eseguita tramite PEC all'indirizzo della stessa e, in caso di esito negativo, presso la sua sede legale come risultante dal registro delle imprese nel caso anche quest’ultima non vada a buon fine, la notifica si realizza mediante deposito dell'atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro. La disciplina così sommariamente riassunta assume il carattere di specialità rispetto alla disciplina ordinaria prevista dall'art. 145 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica, introducendo una disciplina speciale semplificata. L’accertamento della irreperibilità. La specialità della disciplina in tema di notificazioni sopra menzionata comporta, come anche riportato nella pronuncia in commento, che l’ufficiale giudiziario non deve accertare l’irreperibilità oggettiva dell’imprenditore presso la propria sede, perché tale verifica non è coerente con l’impostazione della normativa in parola e soprattutto non è coerente con un sistema semplificato che poggia sulla responsabilizzazione dell’imprenditore, il quale deve correttamente determinare le modalità della propria reperibilità, per posta certificata e di persona, rimanendone responsabile. Notifica ad impresa individuale. La notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento di un'impresa individuale, con il pedissequo decreto di sua convocazione ex art. 15 l.fall., è ritualmente eseguita nei confronti della persona fisica dell'imprenditore, secondo le regole di cui agli artt. 138 e ss. c.p.c., attesa la totale identificazione esistente tra quest'ultimo e l'impresa. In tale prospettiva, si ritiene valida la notificazione del ricorso per dichiarazione di fallimento all'indirizzo di PEC della società in liquidazione estratto dal registro INIPEC, senza che sia necessaria analoga notifica anche al commissario liquidatore. Notifica a società cancellata dal registro delle imprese. Analogamente, in caso di società cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere notificato all'indirizzo di posta elettronica certificata della società debitrice in precedenza comunicato al registro delle imprese, ovvero, nel caso in cui non risulti possibile - per qualsiasi ragione - la notifica a mezzo di posta elettronica certificata, direttamente presso la sua sede risultante dal registro delle imprese e, in ipotesi di ulteriore esito negativo, mediante deposito presso la casa comunale del luogo in cui la medesima aveva la sede. Notifica a mezzo polizia giudiziaria. Secondo la giurisprudenza, la notificazione del ricorso di fallimento e del decreto di notificazione, tramite polizia giudiziaria, non è inesistente, bensì nulla, in quanto non totalmente incompatibile con le regole della procedura prefallimentare sicché il vizio resta sanato ove la notifica sia giunta a buon fine per aver raggiunto lo scopo di portare l'atto a conoscenza del destinatario, nonché, a maggior ragione, quando il debitore, informato del deposito del ricorso e della fissazione dell'udienza, si sia costituito innanzi al tribunale chiamato a pronunciarsi sulla dichiarazione di fallimento. Mancata notifica via PEC. Come visto, si può procedere alla notifica a mezzo ufficiale giudiziario della istanza di fallimento in caso di esito negativo della notifica via PEC. In particolare, dell'impossibilità di procedere alla notificazione a mezzo PEC ben può essere data attestazione, anche postuma, da parte del cancelliere poiché l'art. 15, comma 3, l.fall. non prevede particolari modalità al riguardo, né richiede la specifica allegazione del messaggio ritrasmesso dal gestore della posta elettronica certificata attestante l'esito negativo dell'invio. Querela di falso verso la relata di notifica. L’ordinanza in esame affronta anche il tema dell’esperibilità della querela di falso avverso quanto risultante nella relata di notifica, posto che, nel caso di specie, il ricorrente riteneva non corretto il riferimento all’assenza dell’imprenditore all’ora indicata nei locali dell’impresa. Sul punto, è pacifico che la relata di notificazione di un atto fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l'attività svolta dal pubblico ufficiale procedente, la constatazione di fatti avvenuti in sua presenza ed il ricevimento delle dichiarazioni resegli, limitatamente al loro contenuto estrinseco. Al tempo stesso, non sono invece assistite da pubblica fede tutte le altre attestazioni che non sono frutto della diretta percezione del pubblico ufficiale, bensì di informazioni da lui assunte o di indicazioni fornitegli da altri, sebbene tali attestazioni siano però assistite da presunzione di veridicità che può essere superata solo con la prova contraria. Querela di falso e procura al difensore. L’ordinanza cassa la pronuncia della Corte territoriale che, in maniera alquanto discutibile, aveva ritenuto non valida la procura rilasciata al difensore per la proposizione della querela di falso, in quanto priva di attestazione di un pubblico ufficiale. In realtà, come rileva il S.C., non è necessaria l’attestazione o la certificazione di un pubblico ufficiale, ma è sufficiente la procura rilasciata al difensore con l’indicazione degli estremi dell’atto che si contesta. In termini analoghi, per la giurisprudenza, l'atto di citazione, con il quale sia proposta in via principale la querela di falso relativa ad un documento, può essere sottoscritto anche dal solo difensore munito di procura speciale ad litem rilasciata in calce o a margine dell'atto, in quanto in astratto idonea a conferire il relativo potere se soddisfa i requisiti di cui all'art. 221, comma 2, c.p.c

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 21 ottobre 2020 – 21 gennaio 2021, n. 1058 Presidente Scaldaferri – Relatore Pazzi Rilevato che 1. il Tribunale di Catania, con sentenza n. 140/2018, dichiarava il fallimento di omissis s.r.l. su istanza della creditrice Gold & amp Gold s.r.l. 2. la Corte d’appello di Catania, a seguito del reclamo proposto dalla società debitrice, riteneva - fra l’altro e per quanto qui di interesse - che la notifica dell’istanza di fallimento fosse stata ritualmente eseguita, poiché, risultato infruttuoso il tentativo di provvedere tramite p.e.c., l’ufficiale giudiziario dapprima aveva avuto vanamente accesso alla sede dell’impresa, trovandola chiusa, quindi aveva depositato l’atto presso la casa comunale la querela di falso incidentale riguardante la relata di notifica era stata poi presentata dal difensore senza alcuna idonea procura speciale, come previsto dall’art. 221 c.p.c., comma 2, non essendo a ciò sufficiente - a parere del collegio del reclamo - il mandato contenuto alla procura alle liti 3. per la cassazione della sentenza di rigetto del reclamo, pubblicata in data 26 febbraio 2019, ha proposto ricorso omissis s.r.l. prospettando tre motivi di doglianza gli intimati Gold & amp Gold s.r.l., fallimento di omissis s.r.l., Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania e Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Catania non hanno svolto difese. Considerato che 4. il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 L.Fall., comma 3, e della normativa che disciplina la condizione di irreperibilità del destinatario della notificazione, anche in relazione all’art. 24 Cost. l’ufficiale giudiziario, nel recarsi presso la sede della società, si sarebbe limitato ad attestare di aver trovato chiuso, senza annotare nè le ragioni di una simile constatazione nè le attività di ricerca e richiesta di informazioni che nell’occasione aveva compiuto, ed avrebbe omesso di effettuare un ulteriore tentativo, malgrado l’accesso fosse avvenuto il omissis in periodo feriale e all’ora di pausa antepomeridiana poiché l’art. 15 L.Fall., comma 3, alluderebbe - in tesi di parte ricorrente - ai casi di irreperibilità assoluta e non all’ipotesi di assenza momentanea, consentendo di fare ricorso allo strumento residuale del deposito del plico presso la casa comunale soltanto nel caso in cui sia stata accertata una simile condizione, la notifica doveva considerarsi nulla a causa della mancata indicazione delle indagini compiute per accertare la condizione di irreperibilità la statuizione impugnata, inoltre, avrebbe omesso di prendere posizione e fornire un’adeguata motivazione in ordine alla necessaria condizione di irreperibilità del destinatario della notifica, trascurando di valutare i documenti probatori offerti dalla reclamante, che comprovavano la sua reperibilità presso la sede sociale 5. il motivo è manifestamente infondato 5.1 secondo la giurisprudenza di questa Corte Cass. 642/2019 l’art. 15 L.Fall., comma 3, nell’introdurre una disciplina speciale del tutto distinta da quella che, nel codice di rito, regola le notificazioni degli atti del processo, si propone - come ha chiarito la Corte costituzionale con la sentenza n. 146/2016, che ha respinto la questione di legittimità costituzionale della norma in questione con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. - di coniugare le finalità del diritto di difesa dell’imprenditore con le esigente di specialità e di speditezza cui deve essere improntato il procedimento concorsuale , prevedendo che il Tribunale sia esonerato dall’adempimento di ulteriori formalità quando la situazione di irreperibilità deve imputarsi all’imprenditore medesimo la semplificazione del procedimento notificatorio in ambito concorsuale trova perciò la sua ragion d’essere nella specialità e nella complessità degli interessi che esso è volto a tutelare, che ne segnano la diversità rispetto a quello ordinario di notifica nell’ambito di questo sistema il diritto di difesa del debitore - da declinare nella prospettiva della conoscibilità, da parte del medesimo, dell’attivazione del procedimento fallimentare a suo carico - rimane adeguatamente garantito dal duplice meccanismo di ricerca previsto dalla norma in parola, che deve essere attuato dapprima rispetto all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui l’imprenditore è obbligato a dotarsi ai sensi del D.L. n. 185 del 2008, art. 16, e in seguito presso la sede legale dell’impresa, da indicarsi obbligatoriamente nell’apposito registro ai sensi dell’art. 2196 c.c. l’art. 15 L.Fall., comma 3, presuppone che l’imprenditore definisca i termini della sua reperibilità, in senso fisico e tramite il sistema di posta elettronica certificata in applicazione della normativa appena richiamata, e li renda conoscibili ai terzi assicurando, nel suo stesso interesse, un sistema organico di pubblicità legale il procedimento per la notificazione del ricorso di fallimento - che fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto degli obblighi sopra indicati - ha così inteso codificare e rafforzare il principio consolidato nella giurisprudenza formatasi nel vigore della normativa non ancora riformata dal D.Lgs. n. 5 del 2006 secondo cui il Tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorché la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza e/o a una condotta non conforme agli obblighi di correttezza propri di un operatore economico 5.2 stante il carattere speciale della disciplina della notificazione dell’istanza di fallimento, la giurisprudenza di questa Corte è poi ferma nell’escludere che residuino ipotesi in cui il ricorso di fallimento e il decreto di convocazione debbano essere notificati, ai sensi dell’art. 138 e ss. c.p.c. o dell’art. 145 c.p.c. a seconda che l’impresa esercitata dal debitore sia individuale o collettiva , nei diretti confronti del titolare della ditta o del legale rappresentante della società cfr. Cass. 16864/2018, Cass. 6378/2018, Cass. 5080/2018, Cass. 602/2017, Cass. 17946/2016 5.3 ne discende che l’ufficiale giudiziario non deve accertare l’irreperibilità oggettiva dell’imprenditore presso la propria sede, perché una simile verifica non solo è funzionale all’applicazione della disciplina codicistica a cui la notifica dell’istanza di fallimento è estranea, ma soprattutto è incoerente con un sistema semplificato che si impernia sulla responsabilizzazione dell’imprenditore e prevede che questi sia tenuto a determinare i termini della sua reperibilità, fisica e per posta certificata, rimanendone responsabile dunque, laddove l’art. 15 L.Fall., comma 3, prevede che la notificazione del ricorso e del decreto per la dichiarazione di fallimento, in mancanza di indirizzo p.e.c., sia eseguita dall’ufficiale giudiziario presso la sede risultante dal registro delle imprese ed esclusivamente di persona , intende stabilire l’obbligo non di accertare la reperibilità oggettiva dell’imprenditore presso la sua sede, come avviene al fine di stabilire la legittimità del ricorso alla notifica ai sensi dell’art. 143 L.Fall., bensì di tentare la notifica a mani nel luogo dove l’imprenditore è considerato reperibile secondo lo speciale sistema di notifica previsto dalla legge fallimentare in altri termini è questo speciale sistema di pubblicità che condiziona la declinazione della reperibilità dell’imprenditore presso la sua sede ai fini della dichiarazione di fallimento, di modo che la medesima reperibilità andrà verificata non in termini assoluti o momentanei, perché l’imprenditore è considerato reperibile presso la sede che lui stesso è tenuto a indicare nel registro delle imprese, ma di rinvenibilità presso la sede il passaggio dalla notifica presso la sede della società a quella presso la casa comunale presuppone allora che la società non sia rinvenuta presso la sede risultante dal registro delle imprese, come è avvenuto nel caso di specie, quando l’ufficiale giudiziario ha dato atto di aver trovato chiusa la sede sociale e di non aver potuto per questo motivo provvedere alla notifica a mani dell’imprenditore non si presta a censura la sentenza impugnata laddove, tenendo conto della peculiarità di questa notificazione, ritiene sufficiente l’indicazione trovato chiuso , con la quale l’ufficiale giudiziario ha registrato l’unica circostanza rilevante ai fini dell’applicazione della norma in parola, vale a dire l’impossibilità di procedere alla notificazione in occasione del suo accesso 6. il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, l’intervenuta violazione dell’art. 221 c.p.c., comma 2, poiché la decisione impugnata ha ritenuto necessaria la presenza dell’amministratore in udienza al fine di ribadire la volontà di proporre incidentalmente querela di falso nei confronti dell’ufficiale giudiziario, a motivo dell’inidoneità della procura speciale alle liti rilasciata anche all’uopo al difensore in questo modo la Corte d’appello avrebbe ritenuto indispendabile per la proposizione di querela incidentale una procura speciale autenticata da pubblico ufficiale munito di idonei poteri certificativi, escludendo erroneamente l’idoneità a tale scopo della procura rilasciata al difensore ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, malgrado la stessa riportasse al suo interno anche lo specifico mandato a proporre la querela di falso 7. il motivo è manifestamente fondato 7.1 la Corte distrettuale, all’interno della decisione impugnata pag. 6 , ha registrato che il difensore della reclamante era munito di procura alle liti in seno alla quale gli è stato, altresì, esteso il mandato alla proposizione della querela di falso in ordine alla relata in questione con riferimento all’attestazione di aver trovato chiuso alle ore 13.00 ciò nonostante tale procura è stata ritenuta inidonea alla proposizione della querela di falso in via incidentale in mancanza di autonomia di mandato e di autenticazione della sottoscrizione del mandante ad opera di pubblico ufficiale munito di idonei poteri certificativi , tale non essendo il procuratore alle liti , che ha potere di certificazione limitatamente al mandato alle liti ex art. 83 c.p.c. pag. 7 in sostanza a dire della Corte distrettuale in caso di querela incidentale la procura speciale prevista dall’art. 221 c.p.c., comma 2, non può essere quella rilasciata al difensore ex art. 83 c.p.c., comma 3, poiché il potere certificativo previsto da questa norma riguarderebbe il solo mandato alle liti 7.2 un simile assunto non è coerente con la giurisprudenza di questa Corte, la quale v. Cass. 20415/2006 ha già avuto occasione di ricordare che in linea generale la nozione di specialità della procura si correla alla puntuale e specifica indicazione del contenuto dell’affare o della controversia, precisando inoltre che l’espressa previsione della necessità, in determinati casi, della procura speciale è riconducibile all’esigenza di richiamare la volontà del rappresentato sul potere conferito in considerazione della rilevanza dell’atto che il rappresentante è autorizzato a porre in essere a tal fine l’art. 221 c.p.c. pone un’eccezione alla regola prevista dall’art. 84 c.p.c., comma 1, secondo la quale il difensore, abilitato in virtù di procura alle liti generale o speciale, può compiere tutti gli atti del processo eccezione che si estrinseca nel fatto che la procura speciale alle liti conferita ex art. 83 c.p.c., comma 3, che pure di regola permette al difensore di compiere ogni atto del processo, non abiliti il medesimo alla proposizione della querela di falso, salvo che questo potere non sia stato espressamente conferito ciò significa, evidentemente, che la procura alle liti, conferita, come nella specie, a margine dell’atto di citazione per l’instaurazione di una determinata controversia, è certo speciale e, proprio perché tale, astrattamente è idonea a conferire anche il potere di proporre querela ed a far ritenere osservato l’art. 221 c.p.c., purché dalla stessa sia desumibile che detto potere sia stato attribuito. La questione, in buona sostanza, attiene all’interpretazione della procura e richiede di accertare se con essa la parte abbia conferito il potere di proporre querela il problema, pertanto, non sta nel potere certificativo del difensore, dato che la norma richiede una procura speciale ma non autonoma, bensì nel fatto che lo stesso difensore sia abilitato a proporre querela di falso secondo le peculiari modalità previste dall’art. 221 c.p.c., occorrendo a tal fine un quid pluris rispetto alla normale procura speciale, vale a dire l’espressa indicazione dell’attività da svolgere ovvero la sottoscrizione dell’atto anche ad opera della parte, allo scopo di garantire l’esigenza di richiamare l’attenzione della stessa e rendere incontrovertibile la sua consapevolezza e volontà di porlo in essere in questa prospettiva la differenza fra querela di falso proposta in via principale o in corso di causa sta non nel diverso potere certificativo attribuito al difensore dall’art. 83 c.p c, comma 3, del tutto coincidente in entrambi i casi, ma piuttosto nel fatto che nel primo caso la procura speciale, necessaria ex art. 221 c.p.c. per proporre la querela di falso da persona diversa dalla parte, se conferita al difensore a margine o in calce all’atto di citazione per la proposizione della stessa querela in via principale, non necessita di specificazione del documento impugnato, perché il collegamento con l’atto su cui è apposta elimina ogni incertezza sull’oggetto della stessa v. Cass. 2773/1997, Cass. 21941/2013 il che non significa, però, che la procura speciale conferita ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 3, non sia utile alla proposizione della querela di falso in via incidentale quando il suo contenuto riporti - come nel caso di specie - l’espressa indicazione dell’attività da svolgere e dia conto in questo modo della consapevolezza e volontà della parte di presentare la querela di falso 8. rimane assorbito il terzo motivo di ricorso, vertente sull’accertamento - erroneamente compiuto, in tesi - dello stato di insolvenza di omissis s.r.l. 9. la sentenza impugnata andrà quindi cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Catania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.