L’obbligo dell’imprenditore di munirsi di indirizzo PEC risultante dal registro delle imprese

Ogni imprenditore iscritto al registro delle imprese è tenuto a dotarsi di indirizzo PEC e ha l’obbligo di attivarlo, tenerlo operativo e rinnovarlo nel tempo dal momento di iscrizione al registro stesso e fino ai 12 mesi successivi all’eventuale cancellazione da esso.

Sul tema la Corte di Cassazione con ordinanza n. 30532/18, depositata il 26 novembre. Il caso. La Corte d’Appello respingeva il reclamo proposto dall’appellante contro la sentenza del Tribunale dichiarativa di fallimento di una società fallimento dichiarato dopo istanza del PM, sulla base della quale l’appellante, quale socio unico e amministratore, aveva ceduto le quote ad un prestanome. Ma notificati all’indirizzo PEC della società sia la richiesta di fallimento sia il decreto di comparizione all’udienza, la società stessa non si presentava e veniva così resa la dichiarazione di fallimento. La notifica del ricorso e del decreto. Risultano regolari la ricevuta telematica e quella di avvenuta consegna, generata dal sistema, all’indirizzo PEC della società risultante dal registro delle imprese. A tal proposito, la Suprema Corte ricorda che ogni imprenditore iscritto al registro suddetto è tenuto a dotarsi di indirizzo PEC e tale indirizzo costituisce l’indirizzo pubblico informatico” con l’onere di attivarlo, tenerlo operativo e rinnovarlo nel tempo sin dal momento di iscrizione e fino ai 12 mesi successivi all’eventuale cancellazione da esso, la cui responsabilità però grava sul legale rappresentante della società, non avendo compiti di verifica l’Ufficio camerale. Infatti è noto che il ricorso per la dichiarazione di fallimento e il relativo decreto di convocazione devono essere notificati all’indirizzo PEC del debitore, a cura della cancelleria. Solo quando non sia possibile effettuare la notifica a mezzo PEC, per qualsiasi ragione, allora l’ufficiale giudiziario dovrà accedere di persona presso la sede legale del debitore. Per tali ragioni, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 25 ottobre – 26 novembre 2018, numero 30532 Presidente Didone – Relatore Di Virgilio Fatto e diritto Rilevato che La Corte d’appello di Perugia, con sentenza depositata il 1/12/2015, ha respinto il reclamo proposto da C.M. avverso la sentenza del Tribunale di Perugia depositata il 4/6/2015, dichiarativa di fallimento della società omissis srl, con denominazione omissis srl. Il fallimento era stato dichiarato a seguito dell’istanza presentata dal P.M., sulle premesse che il C., socio unico ed amministratore, aveva ceduto a febbraio 2013 le quote societarie a tale F.D. , risultato un prestanome che il trasferimento della sede da a era fittizio che la società non aveva presentato la dichiarazione dei redditi negli anni 2012 e 2013 ed aveva posto in essere atti sintomatici dello stato di decozione trasferimento sede e variazione della denominazione sociale che risultavano ingenti debiti verso Equitalia. Notificati alla società all’indirizzo pec la richiesta di fallimento ed il decreto di comparizione, all’udienza fissata la società non si costituiva né compariva e veniva resa la dichiarazione di fallimento. Proposto reclamo dal C. , la Corte del merito, considerato il ricorrente legittimato alla proposizione del mezzo per essere stato ritenuto amministratore di fatto ma anche in ragione dell’ampia legittimazione prevista dall’articolo 18 legge fall., ha respinto l’impugnazione, ritenendo regolare la notificazione eseguita a mezzo pec, con esito positivo, all’indirizzo risultante dalla visura camerale, nel rispetto delle formalità previste dal novellato articolo 15 legge fall., mentre era a riguardo irrilevante la circostanza dedotta dell’intervenuta scadenza del contratto di apertura della casella, anche ad ammetterne la veridicità nel resto, la Corte d’appello ha ritenuto estraneo al thema decidendum il vaglio della effettiva qualità di amministratore di fatto o meno del ricorrente, ed ha concluso nel senso che non era stata sollevata alcuna contestazione sulla fallibilità soggettiva ed oggettiva, in ogni caso sussistenti. Ricorre avverso detta pronuncia il C. , facendo valere tre motivi di ricorso, illustrati con memoria. Gli intimati non hanno svolto difese. Considerato che 1 Col primo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza e del procedimento, sostenendo che la Corte del merito, nel ritenere la regolarità della notifica eseguita a mezzo pec con la notificazione di ritorno della ricevuta di avvenuta consegna, ha omesso di valutare la circostanza che, anche nel ricorso per fallimento del P.M., vi era il riferimento alla cessazione di fatto dell’attività della società, e l’avvenuta scadenza del contratto per la fornitura del servizio di Pec già a novembre 2012, per cui si sarebbe dovuto fare ricorso alle forme alternative di notificazione, previste dall’articolo 15 legge fall. novellato, e comunque ritenere l’incolpevole comportamento del C. , cessato dalla carica di amministratore, che aveva ceduto la sua partecipazione sociale. Col secondo mezzo, il ricorrente si duole della mancata trattazione da parte della Corte del merito della questione alla stessa sottoposta, attinente alla natura fittizia della cessione delle quote ed alla qualifica di amministratore di fatto, contrastata dalla documentazione prodotta né la Corte territoriale ha considerato la trasformazione della omissis in omissis , con la conseguente cessazione di attività da oltre un anno, da cui la violazione dell’articolo 10 legge fall Col terzo, il C. denuncia l’omessa considerazione del fatto che la società era inattiva, la sede di fatto chiusa e cessato il contratto di servizio della pec., circostanza da considerarsi assistita anche dalla non contestazione, che la Corte del merito ha valutato in via meramente incidentale. Considerato che I tre motivi di ricorso, da valutarsi unitariamente in quanto collegati, presentano profili di inammissibilità ed infondatezza. È infondato il vizio ex articolo 360 numero 4 cod. proc. civ., come prospettato dal ricorrente, dato che correttamente la Corte del merito ha ritenuto instaurato il contraddittorio essendo stata regolarmente effettuata la notificazione del ricorso e del decreto alla società ex articolo 15 legge fall., come modificato dal d.l. 179/2012, convertito nella legge 221/2012, applicabile ratione temporis. Né a riguardo rilevano la cessazione di fatto dell’attività, né la deduzione dell’avvenuta scadenza del contratto di fornitura del servizio di pec valutata in via di ipotesi dalla Corte d’appello e nemmeno provata in fatto , dato che risultano la ricevuta telematica e quella di avvenuta consegna, generate dal sistema, all’indirizzo pec risultante dal registro delle imprese né invero il ricorrente ha dedotto che non fosse pervenuta la notifica a detto indirizzo . A riguardo, giova rilevare, nei termini riportati nella recente pronuncia 21/6/2018, numero 16365, che ogni imprenditore, individuale o collettivo, iscritto al registro delle imprese è tenuto a dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata, ex articolo 16 del d.l. numero 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge numero 2 del 2009 come novellata dalla legge numero 35 del 2012. Per gli imprenditori individuali analogo obbligo è stato introdotto dall’articolo 5 del d.l. numero 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge numero 221 del 2012 , e che, come già chiarito da questa Corte, tale indirizzo costituisce l’indirizzo pubblico informatico che i predetti hanno l’onere di attivare, tenere operativo e rinnovare nel tempo sin dalla fase di iscrizione nel registro delle imprese per il periodo successivo alla entrata in vigore delle disposizioni da ultimo citate , - e finanche per i dodici mesi successivi alla eventuale cancellazione da esso - la cui responsabilità, sia nella fase di iscrizione che successivamente, grava sul legale rappresentante della società, non avendo a riguardo alcun compito di verifica l’Ufficio camerale cfr. Cass. numero 31 del 2017 . 3.4. È noto, infine, che l’articolo 15, comma 3, l.fall. come sostituito dall’articolo 17, comma 1, lettera a , del già menzionato d.l. numero 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge numero 221 del 2012, qui applicabile ratione temporis stabilisce che il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il relativo decreto di convocazione devono essere notificati, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese o dall’indice nazionale degli indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti . Solo quando, per qualsiasi ragione, la notificazione via PEC non risulti possibile o non abbia esito positivo, la notifica andrà eseguita dall’Ufficiale Giudiziario che, a tal fine, dovrà accedere di persona presso la sede legale del debitore risultante dal registro predetto, oppure, qualora neppure questa modalità sia attuabile a causa dell’irreperibilità del destinatario, depositerà l’atto nella casa comunale della sede iscritta nel registro. 3.4.1. La norma, di cui la Corte costituzionale ha sancito la legittimità cfr. C. Cost. numero 146 del 2016 C. Cost. numero 162 del 2017 , ha, dunque, introdotto uno speciale procedimento per la notificazione del ricorso di fallimento - che fa gravare sull’imprenditore le conseguenze negative derivanti dal mancato rispetto dei già descritti obblighi di dotarsi di indirizzo PEC e di tenerlo operativo - così intendendo codificare e rafforzare il principio secondo cui il tribunale, pur essendo tenuto a disporre la previa comparizione in camera di consiglio del debitore fallendo e ad effettuare, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione dell’avviso di convocazione, è esonerato dal compimento di ulteriori formalità allorché la situazione di irreperibilità di questi debba imputarsi alla sua stessa negligenza e/o ad una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore economico cfr. Cass. numero 602 del 2017 Cass. numero 23728 del 2017 Cass. numero 6836 del 2018 . 3.5. Da ultimo, va evidenziato che, in tema di notifiche telematiche nei procedimenti civili, compresi quelli fallimentari, la ricevuta di avvenuta consegna cd. RAC , rilasciata dal gestore di posta elettronica certificata del destinatario, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova contraria, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario medesimo. È vero che tale documento non assurge alla certezza pubblica propria degli atti facenti fede fino a querela di falso come sottolineato da Cass. numero 15035 del 2016 , tuttavia la circostanza che, a seguito delle modifiche al processo civile apportate dall’articolo 16, comma 4, del già citato d.l. numero 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge numero 221 del 2012, le comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria si debbano effettuare tutte per via telematica, all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, suppone che la trasmissione del documento in tale forma, equivalente alla notificazione a mezzo posta, si intende perfezionata, con riferimento alla data ed all’ora della sua ricezione, quando la stessa sia avvenuta in conformità alle disposizioni di cui al d.P.R. numero 68 del 2005, il cui articolo 6 stabilisce che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire giustappunto al mittente, presso il suo indirizzo elettronico, la semplice ricevuta di avvenuta consegna RAC . Ciò conferma che codesta ricevuta la RAC costituisce il documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario cfr. Cass. numero 9368 del 2018 Cass. numero 26773 del 2016 ”. Né potrebbe il ricorrente invocare la causa non imputabile, visto che non ha neppure allegato che la notifica non fosse pervenuta all’indirizzo pec in oggetto o di avere un diverso indirizzo. Inammissibili sono le doglianze relative alla mancata considerazione della questione della natura fittizia della cessione e della qualifica di amministratore di fatto, dato che detti profili sono stati ritenuti dal Giudice del merito fuori del thema decidendum né il ricorrente ha spiegato perché dovrebbero invece essere considerati v’è pertanto incongruenza tra le doglianze e la statuzione della Corte d’appello. Infondato è il riferimento all’articolo 10 legge fall., atteso che la parte ha dedotto la mera cessazione d’attività e non l’avvenuta cancellazione dal registro delle imprese. Conclusivamente, va respinto il ricorso non v’è luogo alla pronuncia sulle spese, non essendosi costituiti gli intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 30/5/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.