Disoccupata e in difficoltà nel cercare un lavoro: assegno dall’ex marito

Confermato l’obbligo dell’uomo dovrà versare all’ex consorte 300 euro al mese come assegno di divorzio. Evidente, secondo i Giudici, la disparità economica tra i due coniugi, avendo l’uomo un contratto a tempo indeterminato come operaio ed essendo invece la donna disoccupata.

Lui operaio – con uno stipendio di 1.400 euro al mese –, lei disoccupata e in difficoltà – per età e condizioni personali – nella ricerca di un lavoro. Evidente, secondo i Giudici, lo squilibrio economico tra i due ex coniugi. Confermato, di conseguenza, l’ assegno divorzile in favore della donna Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 4494/21 depositata oggi . Ufficializzata la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, i Giudici di merito ritengono corretto , sia in primo che in secondo grado, affidare congiuntamente ai coniugi la figlia minore , con domiciliazione presso la madre cui è assegnata la casa coniugale . Allo stesso tempo viene anche sancito l’ obbligo per l’uomo di corrispondere alla ex moglie la somma mensile di 300 euro a titolo di assegno di divorzio, e di 450 euro a titolo di contributo al mantenimento della figlia – tenendo conto delle esigenze correlate all’età e alla frequentazione di una scuola privata –, oltre la metà delle spese straordinarie . Decisivo, secondo i Giudici, il richiamo al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio , ritenuto desumibile dal reddito percepito dall’uomo, dal momento che la moglie non aveva mai lavorato, e dal fatto che i coniugi vivevano in un alloggio di proprietà , senza dimenticare, poi, che non è dimostrato un rifiuto della donna a cercare un lavoro . Col ricorso in Cassazione, però, l’uomo contesta tramite il proprio legale la valutazione compiuta dai Giudici d’Appello. A suo parere, difatti, sul fronte della determinazione dell’assegno di divorzio non si è tenuto conto del reale tenore di vita goduto dai coniugi durante la convivenza , essendo egli un operaio con reddito di 1.400 euro mensili netti e proprietario di un unico immobile, acquistato prima del matrimonio, adibito a casa coniugale ed assegnato alla moglie , e non si è compiuta una verifica dell’’inadeguatezza dei mezzi della moglie, in rapporto alla sua capacità di trovare un lavoro . L’uomo propone anche l’ipotesi di una riduzione dell’assegno in favore della moglie e della figlia . A questo proposito, egli pone in evidenza il vantaggio economico per l’ex consorte, assegnataria della casa coniugale , e, allo stesso tempo, si sofferma sulla scelta, assunta di comune accordo con l’altro coniuge, di fare frequentare una scuola privata alla figlia , annotando però che solo su di lui è ricaduto tale onere dal punto di vista economico. Per i magistrati della Cassazione, però, bene hanno fatto i Giudici di secondo grado a dare rilievo alla accertata disparità reddituale tra i coniugi in favore, a fronte delle dichiarazioni dei redditi dell’uomo, operaio con contratto di lavoro a tempo indeterminato e dello stato di disoccupazione della donna . Evidente, quindi, il divario nelle condizioni economiche dei due coniugi , e lapalissiana anche l’ inadeguatezza dei mezzi a disposizione della donna che da disoccupata non pare abbia rifiutato occasioni di lavoro . Su quest’ultimo fronte, in particolare, i Giudici tengono a sottolineare l’ oggettiva difficoltà per la donna di procurarsi un lavoro, viste la sua età e le sue condizioni personali .

Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 22 gennaio – 19 febbraio 2021, n. 4494 Presidente Genovese – Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d'appello di Caltanissetta, con sentenza n. 141/2016, depositata in data 18/5/2016, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva, pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto nel giugno 2001 tra Co. Pa. Ma. e Sm. Vi., affidato congiuntamente ai coniugi la figlia minore Ch., con domiciliazione della stessa presso la madre, cui era assegnata la casa coniugale, con obbligo per il marito di corrispondere alla Sm. la somma mensile di Euro 300,00, a titolo di assegno di divorzio, e di Euro 450,00, a titolo di contributo al mantenimento della figlia, oltre la metà delle spese straordinarie. In particolare, i giudici d'appello hanno sostenuto che il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio si poteva desumere dal reddito percepito dal marito, dal momento che la moglie non aveva mai lavorato, e dal fatto che i coniugi vivevano in alloggio di proprietà e che non era dimostrato un rifiuto della moglie a cercare un lavoro inoltre, non era provato, per quanto qui interessa, che il solo Co. sostenesse le spese condominiali della casa coniugale di proprietà dello stesso ma assegnata alla moglie, non poste a suo carico, o le spese straordinarie della figlia, ripartite, secondo la decisione del Tribunale, in parti uguali tra i coniugi doveva essere mantenuto l'importo dell'assegno divorzile e di mantenimento della figlia minore, considerate, per quest'ultima, le esigenze correlate all'età ed alla frequenza della scuola elementare. Avverso la suddetta pronuncia, Co. Pa. Ma. propone ricorso per cassazione, notificato il 15-18/11/2016, affidato a due motivi, nei confronti di Sm. Vi. che resiste con controricorso . Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 n. 3 c.p.c., dell'articolo 5 L. 898/1970, in relazione ai criteri per la determinazione dell'assegno di divorzio e per il riparto dell'onere della prova, non essendosi tenuto conto del tenore di vita goduto dai coniugi durante la convivenza essendo il Co. operaio con reddito di Euro 1.400,00 mensili netti e proprietario di unico immobile, acquistato prima del matrimonio, adibito a casa coniugale ed assegnato alla moglie , né di una verifica compiuta dell'inadeguatezza dei mezzi della moglie, in rapporto alla sua capacità di trovare un lavoro con il secondo motivo, si lamenta poi, in relazione al rigetto anche della domanda subordinata di riduzione dell'assegno di mantenimento del coniuge e della figlia minore, sia la violazione, ex articolo 360 n. 5 c.p.comma degli artt. 115 c.p.comma 155 e 156 c.c., sia l'insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso, rappresentato dal vantaggio economico per il coniuge assegnatario della casa coniugale e dalla scelta, assunta di comune accordo dai coniugi, di fare frequentare una scuola privata alla figlia essendosi addossato l'onere esclusivamente sul padre . 2. La prima censura è infondata. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'appello non abbia vagliato il presupposto del riconoscimento dell'assegno ex articolo 5 comma 6 della legge n. 898 del 1970, come modificato dalla legge n. 74 del 1987, costituito dalla inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente l'assegno e dall'impossibilità dello stesso di procurarseli per ragioni oggettive. Questa Corte, a Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 18287/2018, ha chiarito, con riferimento ai dati normativi già esistenti, che 1 il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell'articolo 5, comma 6, della L. n. 898 del 1970, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto 2 all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate 3 la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi . La Corte d'appello ha compiuto una corretta valutazione del presupposto del riconoscimento dell'assegno, dando rilievo all'accertamento operato dal giudice di merito in ordine alla disparità reddituale in favore della Sm. , emergente dalle risultanze delle dichiarazioni dei redditi del Co., operaio con contratto di lavoro a tempo indeterminato, e dallo stato di disoccupazione della Sm Non vi è stata dunque violazione dell'articolo 5 comma 6 L.div., avendo la Corte d'appello, valutate le risultanze istruttorie, ritenuto che vi fosse un divario delle condizioni economiche dei due coniugi e l'inadeguatezza dei mezzi a disposizione della Sm., per quale non risultava dimostrato che avesse rifiutato occasioni di lavoro. 3. Il secondo motivo è inammissibile. Invero, in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. procomma civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all'articolo 360, primo comma, numero 5 , cod. procomma civ., e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità Cass. 14627/2006 Cass. 24434/2016 Cass. 23934/2017 . E' opportuno evidenziare che l'onere probatorio, per entrambe le parti, nei giudizi in tema di assegno divorzile può essere alleggerito allorché alcune circostanze possano ritenersi acquisite, senza la necessità di specifica prova, attraverso tre meccanismi concorrenti tra di loro la mancata contestazione, ad opera della controparte, di fatti specificamente esposti articolo 115, comma 1, c.p.c. , il ricorso a fatti notori articolo 115, comma 2, c.p.c. , il richiamo a presunzioni semplici articolo 2729 c.c. . Nella specie, il giudizio espresso dalla Corte di merito risulta corretto anche alla luce dell'orientamento espresso dalle Sezioni Unite nel 2018, essendosi dato rilievo alla funzione principalmente assistenziale dell'assegno divorzile, sebbene in concorso con quella perequativa e compensativa cfr. Cass. 21926/2019 , a fronte dell'accertata disparità economica tra i coniugi successivamente allo scioglimento del vincolo, della durata non breve del matrimonio e, quanto, alla richiedente l'assegno, della condizione di disoccupazione e, implicitamente, della sua oggettiva difficoltà di procurarsi un lavoro, per le condizioni di età e personali. Anche quanto alla casa coniugale, di proprietà del marito, essa è stata assegnata alla Sm. solo in quanto genitore collocatario della figlia minore e la Corte di merito ha ritenuto indimostrata la circostanza relativa al carico delle spese condominiali sul solo Co Quanto poi al contributo per la figlia minore, la censura non è pertinente al decisum, avendo la Corte rilevato che le spese straordinarie essenzialmente quelle relativa a scuola privata cui essa è stata iscritta vanno ripartite tra i genitori in parti uguali e non ricadono quindi, come lamentato, solo sul padre. Il vizio motivazionale non è formulato alla luce della nuova articolazione dell'articolo 360 n. 5 c.p.comma 4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater del D.P.R.115/2002, si dà atto che il processo risulta esente. P.Q.M. La Corte respinge il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, articolo 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento. Così deciso, a Roma, nella camera di consiglio del 22 gennaio 2021.