Violento pestaggio sulla figlia piccola: sacrosanta l’adottabilità

Respinte le obiezioni proposte dalla donna. Il gravissimo episodio, preceduto da altri comportamenti violenti nei confronti della bambina, è sufficiente per legittimare il provvedimento di adottabilità. Decisive non solo le ripercussioni fisiche per la piccola, ma anche il fatto che il pestaggio è rimasto profondamente radicato nella sua psiche.

Picchia selvaggiamente la piccola figlia. Il drammatico episodio rimane impresso nella psiche della bambina, tanto da spingerla a distruggere la foto della madre, definita cattiva”. Sacrosanto, di conseguenza, il provvedimento con cui si sancisce l’adottabilità della bimba Cassazione, ordinanza n. 1473/21, depositata il 25 gennaio . Primo passaggio della vicenda è, ovviamente, la decisione con cui il Tribunale per i minorenni dichiara lo stato di adottabilità della bambina – Paola, nome di fantasia –. L’antefatto è rappresentato da una segnalazione di reato alla Polizia. Gli agenti intervengono nell’abitazione in cui vive la minorenne e accertano che ella è stata sottoposta ad un autentico pestaggio, effettuato con inaudita ferocia da parte della madre e durato ben trenta minuti e che aveva comportato il ricovero della bambina in ospedale, in codice rosso” per compromissione delle funzioni vitali . Consequenziale, ovviamente, l’arresto della donna. In Appello viene confermata l’adottabilità della bambina. Respinte le impugnazioni proposte dai nonni materni e dalla madre. Per i Giudici non si può escludere lo stato di abbandono della piccola Paola, attesa la gravità dei maltrattamenti ai quali ella risultava essere stata sottoposta nel tempo e preso atto del suo rifiuto di incontrare la madre, a causa delle conseguenze gravemente traumatiche prodottesi nella sua psiche a cagione dei gravissimi maltrattamenti subiti . Col ricorso in Cassazione la madre della bambina prova a ridimensionare l’intera vicenda, e sostiene che non può dichiararsi lo stato di abbandono di un minore qualora la mancanza di assistenza sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio . In questo caso, secondo la donna, i Giudici di primo e di secondo grado si sono basati su un singolo episodio che per la sua gravità è stato assunto come indice sintomatico di un definitivo venir meno della capacità genitoriale , mentre, invece, l’isolatezza del fatto, seppure di estrema gravità, non è sufficiente alla dichiarazione dello stato di adottabilità della minore . Prima di entrare nei dettagli della delicata vicenda, dalla Cassazione ribadiscono che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non è dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore . In questo caso, però, osservano i magistrati, ci si trova di fronte a un episodio di una gravità eccezionale, essendosi concretato in un feroce pestaggio, anche con oggetti contundenti, della piccola Paola da parte della madre, a seguito del quale la minore riportò gravissime lesioni che ne resero necessario il ricovero in ospedale, con prognosi riservata superiore a quaranta giorni per compromissione delle funzioni vitali . A peggiorare la posizione della donna, poi, anche il fatto che dal referto ospedaliero è emerso che i sanitari riscontrarono sul corpicino della piccola esiti di lesioni contusive ed ecchimotiche gravissime, recenti e non recenti , e ciò, osservano i Giudici, induce a ritenere che i comportamenti aggressivi e violenti della madre fossero abituali e protratti nel tempo , e non certo limitati al solo episodio in questione . Per sigillare” lo stato di adottabilità, infine, anche la constatazione che il pestaggio è rimasto profondamente radicato nella psiche della bambina , tanto da indurla a distruggere la foto della mamma consegnatale dai nonni materni, ed a dichiarare – anche a distanza di tempo – di non volerne più sapere di quella mamma cattiva” . D’altro canto, viene anche posto in evidenza che non vi sono state manifestazioni di pentimento e di ravvedimento della madre, la quale aveva perfino rifiutato di chiamare immediatamente i soccorsi, il giorno dopo il pestaggio, come suggerito da uno dei suoi coinquilini resosi conto del fatto che la bimba stava davvero male, perché non voleva altri guai, stante la pendenza di altro procedimento penale nei suoi confronti per i maltrattamenti inflitti all’altra figlia . Infine, a inchiodare la donna è anche la relazione del perito . Dalla documentazione emerge che ella è affetta da un disturbo della personalità , con tendenza ad episodi dissociativi sotto stress, tale da ridurre la sua capacità di intendere e di volere che, al momento del fatto, era grandemente scemata . E viene poi aggiunto che per l’aspetto psicopatologico sopra descritto, si ritiene che allo stato attuale la donna deve ritenersi socialmente pericolosa , nel senso del rischio di ripetizione degli atti nei confronti della figlia , e quindi la ripresa dei rapporti con la bambina potrebbe avvenire solo mediante supervisione e controllo e contestualmente ad un percorso psicoterapeutico della donna . Anche l’elaborato peritale, concludono i Giudici, porta ad escludere un’acquisita ed adeguata capacità genitoriale in capo alla donna.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 25 novembre 2020 – 25 gennaio 2021, n. 1473 Presidente Genovese – Relatore Valitutti Fatti di causa 1. Con sentenza n. 78/2018, depositata il 19 marzo 2018, il Tribunale per i minorenni di Roma, su ricorso del P.M., dichiarava lo stato di adottabilità della minore M.D. , ai sensi della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 8. Il procedimento traeva inizio da una segnalazione di reato del Commissariato di omissis , che intervenuto presso l’abitazione in cui viveva la minore, in data omissis - aveva accertato che la medesima era stata sottoposta ad un autentico pestaggio effettuata con inaudita ferocia da parte della madre, M.E. , durato ben trenta minuti e che aveva comportato il ricovero della bambina presso il Policlinico omissis , in codice rosso per compromissione delle funzioni vitali . Per tali fatti, la M. veniva tratta in arresto e ristretta nel carcere di . 2. Con sentenza n. 6969/2018, depositata il 2 novembre 2018, la Corte d’appello di Roma rigettava gli appelli proposti dai nonni materni della minore, M.G. e Ma.Cr. , e dalla madre M.E. , confermando in toto la decisione di primo grado. La Corte territoriale riteneva di non potere escludere lo stato di abbandono della piccola D. , attesa la gravità dei maltrattamenti ai quali la minore risultava essere stata sottoposta nel tempo ed il radicato rifiuto della medesima di incontrare la madre, a causa delle conseguenze gravemente traumatiche prodottesi nella sua psiche a cagione dei gravissimi maltrattamenti subiti. 3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso M.E. nei confronti di M.D. , presso il difensore, del tutore Sindaco pro tempore del Comune di Roma, del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma, nonché degli altri congiunti della minore, M.G. , Ma.Cr. , M.C. , D.P.M. , V.G. e T.F. , affidato a due motivi. Il tutore, Sindaco pro tempore del Comune di Roma, ha replicato con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, la M. denuncia la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 1.1. Lamenta la ricorrente che la Corte d’appello, in violazione della L. n. 184 del 1983, art. 8, laddove esclude che possa dichiararsi lo stato di abbandono di un minore, qualora la mancanza di assistenza sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio . Il giudice del gravame avrebbe, invero, fondato la decisione esclusivamente su di un episodio che, per la sua gravità, è stato assunto come indice sintomatico di un definitivo venir meno della capacità genitoriale, laddove l’isolatezza del fatto, seppure di estrema gravità, non sarebbe sufficiente alla dichiarazione dello stato di adottabilità della minore. 1.2. Il mezzo è inammissibile. 1.2.1. Va osservato, infatti, che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psicofisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito Cass., 28/03/2002, n. 4503 Cass., 28/04/2008, n. 10809 Cass., 23/04/2019, n. 11171 . 1.2.2. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha - con ampia e analitica motivazione - accertato che l’episodio del omissis era stato di una gravità eccezionale, essendosi concretato in un feroce pestaggio , anche con oggetti contundenti, della piccola D. da parte della madre, a seguito del quale la minore riportò gravissime lesioni che ne resero necessario il ricovero presso il Policlinico omissis , con prognosi riservata superiore a quaranta giorni, per compromissione delle funzioni vitali . E cosa ancora più grave è che - come è risultato dal referto del , riportato dalla sentenza impugnata, i sanitari riscontrarono sul corpicino della piccola esiti di lesioni contusive ed ecchimotiche gravissime recenti e non recenti il che - ben al contrario di quanto sostenuto dalla esponente - induce a ritenere che i comportamenti aggressivi e violenti della madre fossero abituali e protratti nel tempo, e non certo limitati al solo episodio in questione. D’altro canto, tale episodio, lungi dall’essere stato rimosso dalla bambina di soli tre anni al momento dell’aggressione , è rimasto profondamente radicato nella sua psiche, tanto da indurla a distruggere la foto della mamma consegnatale dai nonni materni, ed a dichiarare - anche a distanza di tempo - di non volerne più sapere di quella mamma cattiva . Nè ad esso avevano fatto seguito manifestazioni di pentimento e di ravvedimento della M. , la quale aveva perfino rifiutato di chiamare immediatamente i soccorsi, il giorno dopo il pestaggio, come suggerito da uno dei suoi coinquilini, resosi conto del fatto che la bimba stava davvero male, perché non voleva altri guai , stante la pendenza di altro procedimento penale nei suoi confronti, aperto dinanzi al Tribunale di Campobasso, per i maltrattamenti inflitti all’altra figlia Ve. . 1.2.3. Orbene, a fronte di tali motivate argomentazioni della Corte d’appello, la doglianza si concreta in un tentativo - mediante l’allegazione di una pretesa, radicalmente smentita dagli accertamenti espletati dal giudice di merito, transitorietà dello stato di abbandono della piccola D. - di dare una diversa lettura dei fatti, non consentita nel giudizio di legittimità. 1.3. Per tali ragioni, il motivo, poiché inammissibile, deve essere disatteso. 2. Con il secondo motivo di ricorso, M.E. denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. 2.1. Si duole l’istante del fatto che la Corte d’appello non abbia tenuto conto degli elementi fattuali, idonei ad evidenziare la non irreversibilità della situazione nociva per la minore, a suo dire desumibili dalla relazione peritale redatta dal Dott. B. , consulente nominato nel giudizio penale. 2.2. Il motivo è inammissibile. 2.2.1. Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato - ritualmente prodotto nel giudizio di merito - offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa Cass., 26/06/2018, n. 16812 Cass., 28/09/2016, n. 19150 . 2.2.2. Nel caso di specie, la ricorrente non ha neppure indicato in quale atto del giudizio di primo o di secondo grado, il suddetto documento sarebbe stato prodotto, nè ha indicato le ragioni per le quali detto documento, se esaminato, avrebbe potuto dare luogo ad una decisione diversa da quella emessa dalla Corte territoriale. Anzi, ben al contrario dell’assunto della ricorrente, la relazione in questione non si palesa assolutamente idonea a veicolare nel processo fatti di tale pregnanza da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato, nel caso concreto, il convincimento espresso dal giudice di merito nell’impugnata sentenza. Ed invero - stando al solo passo trascritto nel ricorso - la M. , secondo il perito, è risultata affetta da un disturbo della personalità con tendenza ad episodi dissociativi sotto stress , tale da ridurre la sua capacità di intendere e di volere che, al momento del fatto, era grandemente scemata . Il consulente ha concluso, pertanto, che, per l’aspetto psicopatologico sopra descritto, si ritiene che allo stato attuale la M. deve ritenersi socialmente pericolosa, nel senso del rischio di ripetizione degli atti nei confronti della figlia , di talché la ripresa dei rapporti con la bambina potrebbe avvenire solo mediante supervisione e controllo e contestualmente ad un percorso psicoterapeutico della medesima. Se ne deve inferire, pertanto, che siffatto elaborato peritale è tutt’altro che rivelatore di fatti suscettibili di mettere in luce un’acquisita ed adeguata capacità genitoriale in capo all’odierna ricorrente. 2.3. La doglianza, per la sua inammissibilità, non può, di conseguenza, trovare accoglimento. 3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.