Il Tribunale può dichiarare sciolto il matrimonio anche in caso di revoca del consenso al divorzio congiunto

Pronunciandosi in tema di divorzio a domanda congiunta, il Tribunale di Milano ha escluso che la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi possa comportare l’arresto del procedimento o la conversione in contenzioso, dovendosi comunque procedere all’accertamento dei presupposti per la pronuncia di divorzio, per poi esaminare le condizioni concordate dai coniugi.

Con la sentenza del Tribunale di Milano del 28 ottobre scorso, si registra un’inversione nell’orientamento della Sezione in tema di revoca del consenso al divorzio congiunto . Due coniugi, consensualmente separati dinanzi al Tribunale di Milano, chiedevano concordemente la cessazione degli effetti civili del matrimonio deducendo che dopo la separazione le parti non avevano convissuto né vi era stata una riconciliazione. Prima della data fissata per l’udienza di comparizione personale, la moglie depositava dichiarazione di rinuncia alla domanda di divorzio congiunto con richiesta di trasformazione del divorzio da consensuale a giudiziale. Il Tribunale di Milano ha richiamato il consolidato orientamento di legittimità secondo cui, in tema di divorzio a domanda congiunta, la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi non preclude al giudice il riconoscimento dei presupposti necessari per la pronuncia di divorzio, mentre la revoca è inammissibile per quanto concerne la prole e i rapporti economici. La natura negoziale e processuale dell’accordo in ordine alle condizioni del divorzio e alla scelta dell’iter processuale preclude infatti la possibilità di ripensamenti unilaterali, configurandosi la fattispecie come iniziativa comune e paritetica , rinunciabile solo da parte di entrambi i coniugi cfr. Cass.Civ. n. 19540/18 n. 10463/18 . In applicazione di tali principi, il Tribunale ha escluso che la revoca del consenso da parte della moglie possa comportare l’arresto del procedimento o la conversione in contenzioso, dovendo comunque procedere all’accertamento dei presupposti per la pronuncia di divorzio, per poi esaminare le condizioni concordate dai coniugi valutandone la conformità a norme inderogabili e agli interessi del figlio maggiorenne ma non economicamente autosufficiente. In conclusione, il Tribunale ritiene fondata la domanda di scioglimento del matrimonio essendosi protratto lo stato di separazione legale dei coniugi per il periodo previsto dalla legge, con positivo accertamento dei requisiti di cui all’art. 3, n. 2, lett. b , l. n. 898/1970 e ss.mm., non essendo stato eccepito che la comunione materiale e spirituale tra i coniugi possa essere mantenuta o ricostituita. Quanto al mantenimento del figlio maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, la pronuncia recepisce le disposizioni previste dall’accordo raggiunto dai coniugi, non emergendo contrasti con gli interessi del figlio e non essendo dunque necessario disporre la conversione del rito né la fissazione dell’udienza presidenziale ex art. 4, comma 16, l. n. 898/1970. Fonte ilfamiliarista.it

Trib._Milano_28_ottobre_2020_