Pochi anni di matrimonio e niente prole: a rischio l’assegno divorzile percepito dalla donna

Riprende vigore la richiesta avanzata dall’uomo e mirata alla revoca, o almeno alla riduzione, dell’assegno in favore dell’ex moglie. Numerosi gli elementi che possono mettere in discussione i rapporti di forza a livello economico tra i due coniugi.

Per l’ex moglie eredità a ‘ingrassare’ il conto in banca, pensione di vecchiaia alle porte, e assegno divorzile percepito per cinque anni, a fronte di un matrimonio – senza figli – durato solo sei anni. A fronte di questo quadro è plausibile, secondo i giudici, la pretesa dell’uomo di vedere revocato, o almeno alleggerito, il suo onere nei confronti della donna che è stata sua coniuge Cassazione, ordinanza n. 10647/20, sez. VI Civile - 1, depositata oggi . In Tribunale nel 2013 il giudice fissa in 1.800 euro mensili l’assegno divorzile che l’uomo dovrà versare all’ex moglie. Cinque anni dopo, in Appello, viene respinta la domanda di revoca o di riduzione dell’assegno presentata dall’uomo. Per il giudice gli elementi messi sul tavolo dall’uomo, ossia il peggioramento delle proprie condizioni economiche e patrimoniali , a fronte del miglioramento di quelle della ex consorte , sono non decisivi. Anche perché, viene aggiunto, egli percepisce una pensione di 4mila e 500 euro non è verosimile che i redditi di lavoro professionale di avvocato siano in diminuzione negli ultimi anni è proprietario di diversi immobili e di un appartamento locato a terzi, non essendo verosimile che ne abbia concesso alcune stanze in comodato gratuito ha sostenuto spese per l’ampliamento della propria abitazione e sottoposto la villa di proprietà a vincolo di destinazione in favore del nuovo coniuge a titolo di liberalità il carico relativo a prestiti finanziari assunti in epoche pregresse è esaurito le lamentate condizioni precarie di salute sono risalenti nel tempo . Allo stesso tempo, invece, viene evidenziato che la donna non lavorava già all’epoca del divorzio è proprietaria di una porzione di un villino e di un terreno agricolo e ha ricevuto in eredità 117mila euro e un appartamento , ma tali circostanze sono ritenute non idonee a modificare in modo significativo l’assetto economico patrimoniale dei due ex coniugi. La sconfitta in appello non ferma però l’uomo, che propone ricorso in Cassazione, mettendo sul tavolo ancora una volta elementi mirati ad evidenziare la rafforzata posizione economica dell’ex moglie. In particolare, egli evidenzia che il matrimonio è durato solo sei anni non esistono figli l’ex moglie non ha mai contribuito al menage familiare, è una professionista – prossima beneficiaria della pensione di vecchiaia – con una abitazione di proprietà e ha ricevuto un lascito ereditario non indifferente . In aggiunta l’uomo chiarisce di percepire una pensione di soli 1.800 euro mensili e di avere contratto un nuovo matrimonio con persona che egli doveva mantenere . Punto centrale è la minore consistenza e capacità reddituale lamentata dall’uomo. E su questo fronte i giudici della Cassazione evidenziano la presenza di numerosi elementi potenzialmente decisivi , ma trascurati in Appello, che potrebbero portare a una revisione dell’assegno divorzile. In particolare, vengono posti in evidenza la non trascurabile eredità consistente in denaro e un immobile acquisita dalla donna , da un lato, e i sopravvenuti oneri familiari dell’uomo, derivanti dal nuovo matrimonio, cui è collegato il sorgere di nuovi obblighi di carattere economico , dall’altro. Peraltro, si è mancato di accertare la disponibilità di ulteriori fonti di reddito sopravvenute da parte della donna e lo stesso reddito dell’uomo è stato determinato dal giudice di merito in un importo contestato e senza indicare la fonte del proprio convincimento . Inoltre, non può essere ignorata la limitata durata del vincolo matrimoniale sei anni , dato che potrebbe assumere nuova luce se si considera che l’assegno divorzile è stato di fatto corrisposto per diversi anni dal momento 2013 in cui è stato attribuito e determinato, al fine di giustificare potenzialmente una attualizzazione dell’assetto patrimoniale post-coniugale, in applicazione di un criterio, qual è quello della durata del matrimonio, rilevante anche ai fini della revisione delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi . Necessario, perciò, un nuovo giudizio in Appello per valutare la richiesta presentata dall’uomo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 14 febbraio – 5 giugno 2020, n. 10647 Presidente Sambito – Relatore Lamorgese Fatti di causa Ca. Mo. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte d'appello di Roma, in data 31.7.2018, che aveva rigettato la sua domanda di revoca o riduzione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge Ge. Gi., determinato dal tribunale con sentenza n. 238 del 2013 in Euro 1800,00 mensili. La corte ha ritenuto che i motivi sopravvenuti indicati dal Mo., il quale aveva dedotto il peggioramento delle proprie condizioni economiche e patrimoniali, a fronte del miglioramento di quelle della Ge., fossero inidonei a giustificare raccoglimento della domanda. In particolare, ad avviso della corte, egli percepiva una pensione di Euro 4500,00 mensili e non era verosimile che i redditi di lavoro professionale di avvocato fossero in diminuzione negli ultimi anni era proprietario di diversi immobili e di un appartamento in Roma locato a terzi, non essendo verosimile che ne avesse concesso alcune stanze in comodato gratuito aveva sostenuto spese per l'ampliamento della propria abitazione e sottoposto la villa di proprietà a vincolo di destinazione in favore del nuovo coniuge a titolo di liberalità il carico relativo a prestiti finanziari assunti in epoche pregresse era esaurito e le lamentate condizioni precarie di salute erano risalenti nel tempo. La Ge., invece, già all'epoca del divorzio non lavorava, era proprietaria di una porzione di un villino e di un terreno agricolo e aveva ricevuto in eredità l'importo di Euro 117801,00 e un appartamento a Roma, ma erano circostanze non idonee a modificare in modo significativo l'assetto economico patrimoniale delle parti. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, per avere ignorato i nuovi principi elaborati in sede giurisprudenziale circa i criteri di attribuzione e quantificazione dell'assegno divorzile il matrimonio era durato solo sei anni, la Ge. non aveva mai contribuito al menage familiare, né esistevano figli l'ex moglie era una professionista iscritta all'albo dei commercialisti con una abitazione di proprietà e aveva ricevuto un lascito ereditario non indifferente egli percepiva una pensione di Euro 1800,00 mensili e non di Euro 4600,00 come indicato nel decreto impugnato. Il secondo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi a dimostrazione della minore consistenza e capacità reddituale del Mo., derivanti in particolare dal successivo matrimonio con persona che egli doveva mantenere, circostanza trascurata dalla corte di merito, la quale neppure aveva tenuto conto che il vincolo di destinazione era stato costituito al fine di sottrarre la villa all'azione esecutiva dei suoi numerosi creditori. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di fatti decisivi che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito quantomeno a ridurre l'entità dell'assegno, avendo l'ex coniuge la possibilità di vivere agiatamente in casa di proprietà, essendo titolare di una ingente consistenza bancaria e prossima beneficiaria della pensione di vecchiaia. I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei seguenti termini. Si osserva preliminarmente che la revisione dell'assegno divorzile di cui all'art. 9 della legge n. 898 del 1970 postula l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno, secondo una valutazione comparativa delle loro condizioni, quale presupposto fattuale dei giustificati motivi di cui parla l'art. 9 necessario per procedere al giudizio di revisione dell'assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali cfr. Cass. n. 1119 del 2020 . Si deve dunque verificare se siano sopravvenuti elementi fattuali idonei a destabilizzare l'assetto patrimoniale in essere, nel qual caso il giudice di merito dovrà fare applicazione dei nuovi principi, quali emergenti dalle recenti pronunce di questa corte in materia cfr., da ultimo, Cass. n. 21234 e 21228 del 2019 , per modificarlo e adeguarlo all'attualità. Al giudice di merito è rimessa la valutazione degli elementi probatori dedotti dal richiedente, ai fini della revisione delle condizioni patrimoniali conseguenti al divorzio, di cui deve dare adeguata motivazione che, nella specie, non emerge dal decreto impugnato. li,d infatti, numerosi sono gli elementi fattuali, sebbene potenzialmente decisivi, di cui il giudice di merito, pur formalmente richiamandoli, non ha tenuto alcun conto. In particolare, non ha considerato la non trascurabile eredità consistente in denaro e un immobile acquisita dalla Ge. i sopravvenuti oneri familiari dell'obbligato derivanti dal nuovo matrimonio, cui è collegato il sorgere di nuovi obblighi di carattere economico, la cui rilevanza è riconosciuta dalla giurisprudenza quale circostanza sopravvenuta che può portare alla modifica delle condizioni originariamente stabilite cfr. Cass. n. 6289 del 2014, n. 14175 del 2016 ha mancato di accertare la disponibilità di ulteriori fonti di reddito sopravvenute da parte della Ge. lo stesso reddito del Mo. è stato determinato dal giudice di merito in un importo contestato dal ricorrente senza indicare la fonte del proprio convincimento inoltre, la limitata durata del vincolo matrimoniale sei anni potrebbe assumere nuova luce se si considera che l'assegno divorzile è stato di fatto corrisposto per diversi anni dal momento in cui è stato attribuito e determinato con sentenza del 2013 , al fine di giustificare potenzialmente una attualizzazione dell'assetto patrimoniale post-coniugale, in applicazione di un criterio, qual è quello della durata del matrimonio, rilievante anche ai fini della revisione delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi cfr. art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, come modificato dalla legge n. 74 del 1987 . La motivazione del decreto impugnato risulta apparente e apodittica e, dunque, censurabile, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. Ne consegue la cassazione dello stesso con rinvio alla Corte territoriale per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese della presente fase. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.