Cambio di sesso ancora non completato: sì alla modifica dello stato civile e alla scelta del nuovo nome

Vittoria per ‘Paolo’ – nome di fantasia -. Egli ha non solo il diritto di vedere rettificato il proprio genere sessuale, nonostante la transizione da uomo a donna non sia completata, ma anche di scegliere il proprio nuovo nome.

Cambio di sesso ancora da portare a termine a livello chirurgico è legittima, tuttavia, la richiesta di vedere modificato all’anagrafe il nome, ma allo stesso tempo va riconosciuto anche il diritto della persona a sceglierlo autonomamente. Illogico, difatti, secondo i Giudici, applicare la semplice conversione dal maschile al femminile o dal femminile al maschile Cassazione, ordinanza n. 3877/20, sez. I Civile, depositata oggi . Rettificazione. Protagonista della vicenda è un uomo che desidera diventare una donna e chiede perciò la rettifica dell’attribuzione del sesso . In Tribunale tale domanda viene respinta poiché, osservano i Giudici, manca il presupposto della compiutezza del percorso di transizione da genere maschile a femminile . Questo elemento è però ritenuto irrilevante in Appello difatti, i Giudici di secondo grado riconoscono a ‘Paolo’ – nome di fantasia - il diritto alla rettificazione del sesso da maschile a femminile e ordinano agli ufficiali dello stato civile le competenti modifiche anagrafiche conseguenti . Tuttavia, ‘Paolo’ si trova di fronte al rifiuto di vedersi assegnato il nome ‘Paula’. Su questo fronte, difatti, i Giudici osservano che ci si trova di fronte a un voluttuario desiderio di mutamento del nome e quindi il nuovo nome da inserire nei registri deve essere quello derivante dalla mera femminilizzazione del precedente . Ciò significa che ‘Paolo’ deve accettare di farsi chiamare ‘Paola’. Nome. La vittoria solo parziale in appello non soddisfa ‘Paolo’, che considera erronea l’affermazione secondo cui egli non può dare alcuna indicazione in merito al prenome da imporre quale dato dello stato civile, al momento in cui è accolta la richiesta di rettificazione di sesso . Sostiene invece che non si può, al contrario, imporre un mero automatismo di conversione, non sempre praticabile, dovendo essere assicurato anche un diritto all’oblio, inteso una netta cesura con la precedente identità consolidatasi . Le obiezioni proposte da ‘Paolo’ convincono i Giudici della Cassazione, che censurano, difatti, la decisione presa dalla Corte d’Appello. Correttamente in secondo grado, osservano i Giudici del ‘Palazzaccio’, è stata concessa la rettificazione prevista dall’art. 1 l. n. 164/1982, non rappresentando presupposto imprescindibile il trattamento chirurgico di modificazione dei caratteri sessuali anatomici primari, ed avendo accertato che non corrispondono più al sesso attribuito nell’atto di nascita i caratteri sessuali ed identitari attuali di ‘Paolo’. Consequenziale la rettificazione di attribuzione di sesso da maschile a femminile, con l’ordine all’ufficiale di stato civile di provvedere alle necessarie rettifiche sul relativo registro . Però alla attribuzione del sesso femminile deve necessariamente conseguire anche l’attribuzione di un nuovo nome, corrispondente al sesso , osservano i Giudici della Cassazione, e su questo fronte viene ritenuta erronea la valutazione compiuta in Appello, laddove si è deciso di non accogliere la richiesta di ‘Paolo’ di attribuzione del nuove prenome ‘Paula’, in quanto pretesa ascrivibile ad un desiderio di carattere meramente voluttuario, disponendo, pertanto, che il nuovo nome nei registri anagrafici debba essere quello derivante dalla mera femminilizzazione del precedente, ovvero ‘Paola’ . I Magistrati di terzo grado partono da una premessa logica l’attribuzione del nuovo nome – pur non essendo espressamente disciplinata dalla l. n. 164/1982 – consegue necessariamente all’attribuzione di sesso differente, al fine di evitare una discrepanza inammissibile tra sesso e nome . Però, aggiungono essi subito dopo, nulla è detto circa un obbligo di trasposizione meccanica del nome originario nell’altro genere , anche tenendo presente che vi sono, oltretutto, prenomi maschili non traducibili al femminile e viceversa, ovvero prenomi che, a seconda del contesto linguistico in cui si pone l’interprete, possono essere percepiti come maschili o femminili, con conseguente incertezza dovuta ad una conversione spesso non univoca , e, allo stesso tempo, non emergono obiezioni al fatto che sia la stessa persona interessata, soggetto chiaramente adulto, se lo voglia, ad indicare il nuovo nome prescelto, quando non ostino disposizioni normative o diritti di terzi, attesa l’intima relazione esistente tra identità sessuale e segni distintivi della persona, quale il nome . Tirando le somme, il riconoscimento del primario diritto alla identità sessuale, sotteso alla disposta rettificazione dell’attribuzione di sesso, rende consequenziale la rettificazione del prenome, che non va necessariamente convertito nel genere scaturente dalla rettificazione, dovendo il giudice tener conto del nuovo prenome indicato dalla persona, pur se del tutto diverso dal prenome precedente, ove tale indicazione sia legittima e conforme al nuovo stato , come in questa vicenda. Tutte queste considerazioni spingono i Supremi Giudici a dare ragione piena a ‘Paolo’, che legittimamente può ottenere non solo la rettificazione del sesso da maschile a femminile ma anche l’indicazione del nome da lui scelto.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 5 dicembre 2019 – 17 febbraio 2020, numero 3877 Presidente Bisogni – Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d'appello di Torino, con sentenza numero 569/2018, depositata in data 28/3/2018, ha riformato la decisione di primo grado, che aveva' respinto la richiesta di Al. O. di rettificazione di attribuzione del sesso da maschile a femminile, ex articolo 1 L.164/1982, in difetto, all'esito di una consulenza tecnica d'ufficio, del presupposto della compiutezza del percorso di transizione da genere maschile a femminile nel richiedente. In particolare, i giudici d'appello, dopo avere disposto l'estromissione del Ministero dell'Interno, in difetto di sua legittimazione passiva nel suddetto giudizio, hanno accolto la domanda di Al. O. di rettificazione di sesso da maschile a femminile, ordinando agli ufficiali dello stato civile le competenti modifiche anagrafiche conseguenti in particolare, per quanto qui ancora interessa, la Corte ha ritenuto che il mutamento delle indicazioni anagrafiche, nell'interesse pubblico di una stabilità e ricostruibilità delle registrazioni anagrafiche , non poteva essere dello stesso esatto tenore proposto del prenome, da Al. ad Al. , trattandosi non della mera conseguenza dell'accoglimento della domanda di rettificazione di sesso ma di un voluttuario desiderio di mutamento del nome di cui, di per sé, non sussistono i presupposti , dettati dal D.P.R. 396/2000, cosicché, respinta tale domanda, il nuovo nome da inserire nei registri doveva essere quello derivante dalla mera femminilizzazione del precedente, ovvero Al. . Avverso la suddetta pronuncia, Al. O. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti del Ministero dell'Interno che non svolge attività difensiva . Il ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione o falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c. dell'articolo 5 della L.164/1982, in punto di rigetto della richiesta di rettificazione del prenome da Al. ad Al. , avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che il richiedente non possa dare alcuna indicazione in merito al prenome da imporre quale dato dello stato civile, al momento in cui è accolta la richiesta di rettificazione di sesso, non potendo, al contrario, imporsi un mero automatismo di conversione, non sempre praticabile, e dovendo essere assicurato anche un diritto all'oblio, inteso quale diritto ad una netta cesura con la precedente identità consolidatasi. 2. La censura è fondata. La Corte d'appello, riformando la decisione di primo grado, richiamate le pronunce della Consulta sentenze nnumero 221/2015 e 180/2017 e di questa Corte Cass. 15138/2017 , ha ritenuto sussistenti i presupposti per dar luogo alla rettificazione prevista dall'articolo 1 L. 164/1982, non rappresentando presupposto imprescindibile il trattamento chirurgico di modificazione dei caratteri sessuali anatomici primari ed avendo accertato che non corrispondono più al sesso attribuito nell'atto di nascita i caratteri sessuali ed identitari attuali del ricorrente, così disponendo la rettificazione di attribuzione di sesso da maschile a femminile, con conseguente ordine all'Ufficiale di Stato Civile di provvedere alle necessarie rettifiche sul relativo registro. All'attribuzione all'attore del sesso femminile deve necessariamente conseguire anche l'attribuzione di un nuovo nome, corrispondente al sesso. La Corte d'appello ha ritenuto tuttavia - e questo è l'oggetto residuo del contendere - di non accogliere la richiesta del ricorrente di attribuzione del nuove prenome Al. , in quanto pretesa ascrivibile ad un desiderio di carattere meramente voluttuario, disponendo, pertanto, che il nuovo nome nei registri anagrafici debba essere quello derivante dalla mera femminilizzazione del precedente, ovvero Al. . Ora, l'attribuzione del nuovo nome - pur non essendo espressamente disciplinata dalla legge 164/1982 - consegue necessariamente all'attribuzione di sesso differente, al fine di evitare una discrepanza inammissibile tra sesso e nome, come, peraltro si evince sia dall'articolo 5 L. cit. Le attestazioni sono rilasciate con la sola indicazione del nuovo sesso e nome , sia dalla normativa in materia di stato civile articolo 35 D.P.R. 3.11.2000 numero 396 , che prevede che il nome di una persona deve corrispondere al sesso. Il legislatore nazionale, con l'articolo 5 L.164/1982, ha richiesto una corrispondenza assoluta tra sesso anatomico e nome, manifestando preferenza per l'interesse alla certezza nei rapporti giuridici rispetto all'interesse individuale alla coincidenza tra il sesso percepito e il nome indicato nei documenti di identità. Il sopra citato articolo 35 recita il nome imposto al bambino deve corrispondere al sesso e può essere composto da uno o da più elementi onomastici, anche separati, non superiori a tre. In quest'ultimo caso, tutti gli elementi del prenome dovranno essere riportati negli estratti e nei certificati rilasciati dall'ufficiale dello stato civile e dall'ufficiale di anagrafe . L'interpretazione data, nel caso specifico, della Corte di merito non trova supporto nella normativa in materia, in quanto nulla è detto circa un obbligo di trasposizione meccanica del nome originario nell'altro genere vi sono, oltretutto, prenomi maschili non traducibili al femminile e viceversa ovvero prenomi che, a seconda del contesto linguistico in cui si pone l'interprete, possono essere percepiti come maschili o femminili, come rilevato dalla parte ricorrente, con conseguente incertezza dovuta ad una conversione spesso non univoca . Non emergono obiezioni al fatto che sia la stessa parte interessata, soggetto chiaramente adulto, se lo voglia, ad indicare il nuovo nome prescelto, quando non ostino disposizioni normative o diritti di terzi, attesa l'intima relazione esistente tra identità sessuale e segni distintivi della persona, quale il nome. La Corte Costituzionale, nella sentenza numero 120/2001, ha chiaramente affermato che il nome inteso come il primo ed immediato segno distintivo, costituisce uno dei diritti inviolabili della persona protetti dalla Carta ex articolo 2 Cost., cui si riconosce il carattere di clausola aperta, con conseguente possibilità di evincere, dalla lettura combinata dell'articolo 6, comma 3, c.c. e degli artt. 2 e 22 Cost. , la natura di diritto soggettivo insopprimibile della persona. Il riconoscimento del primario diritto alla identità sessuale, sotteso alla disposta rettificazione dell'attribuzione di sesso, rende conseguenziale la rettificazione del prenome, che non va necessariamente convertito nel genere scaturente dalla rettificazione, dovendo il giudice tener conto del nuovo prenome, indicato dalla persona, pur se del tutto diverso dal prenome precedente, ove tale indicazione sia legittima e conforme al nuovo stato. 3. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata in punto di rettifica conseguenziale del nome e, decidendo nel merito, va ordinato all'Ufficiale di Stato civile del Comune di Cagliari di rettificare l'atto di nascita del ricorrente, nel senso che, unitamente alla rettificazione del sesso da maschile a femminile, sia riportato il prenome Al. , in luogo di Al. , provvedendo alle annotazioni susseguenti. In considerazione della novità della questione di diritto, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie ricorso, cassa la sentenza impugnata in punto di rettifica conseguenziale del nome e, decidendo nel merito, ordina all'Ufficiale di Stato civile del Comune di Cagliari di rettificare l'atto di nascita del ricorrente, nel senso che, unitamente alla rettificazione del sesso da maschile a femminile, sia riportato il prenome Al. , in luogo di Al. , provvedendo alle annotazioni susseguenti. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. numero 198 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.