Figli maggiorenni e ormai indipendenti: al padre va restituito quanto pagato per il mantenimento

L’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo dove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, la quale non ricorre nelle ipotesi in cui ne abbiano beneficiato i figli maggiorenni che ormai abbiano raggiunto una indipendenza economica in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio.

Lo ribadisce l’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 3659/20, depositata il 13 febbraio. Il fatto. Un padre conveniva in giudizio l’ex moglie ed esponeva che, dopo aver il Tribunale dichiarato la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, era stato pattuito a carico dello stesso il pagamento di un contributo di mantenimento mensile per le due figlie, fino al termine degli studi universitari. Successivamente, lo stesso Giudice aumentava l’importo dell’assegno di mantenimento. Ma dopo che le figlie avevano conseguito la laurea e contratto anche matrimonio, rispettivamente nel 1994 e nel 1998, al padre di queste ultime nel 2006 veniva notificato un atto di precetto per il pagamento del contributo relativo agli ultimi 5 anni, cui comunque lo stesso aveva provveduto nonostante non vi fosse tenuto pertanto, chiedeva la restituzione di quanto pagato e la condanna dell’ex moglie al risarcimento del danno per l’appropriazione indebita delle somme. Il Tribunale, in primo grado, e la Corte d’Appello in secondo, rigettano la pretesa restitutoria, così il padre ricorre in Cassazione. Il venir meno dell’obbligo di mantenimento dei figli. Nel caso di specie, come risulta dalla sentenza impugnata, le figlie, con il matrimonio contratto nel 1994 e nel 1998, hanno raggiunto la definitiva indipendenza economica e tale circostanza per i Giudici di legittimità è decisiva e giustifica il venir meno dell’obbligo del padre di provvedere al loro mantenimento. A ciò si aggiunge anche che prima dei matrimoni delle figlie, queste comunque avevano conseguito il diploma di laurea che faceva venir meno l’obbligo di mantenimento da parte sua, in base all’accordo congiunto raggiunto tra i coniugi in sede di divorzio. La circostanza, poi, che il procedimento di revisione delle condizioni economiche proprie del regime post coniugale sia stato introdotto dal ricorrente solo in un secondo momento, per ottenere il riconoscimento del mutamento di dette condizioni e di essere esonerato in futuro da ulteriori pagamenti, non impedisce la proposizione dell’azione restitutoria delle somme indebitamente corrisposte, a norma dell’art. 2033 c.c Spetta, infatti, al giudice cui si propone la domanda restitutoria di indebito valutarne la fondatezza in relazione agli eventi successivi che si verificano. E – proseguono i Supremi Giudici – che l’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo dove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, la quale non ricorre nelle ipotesi in cui ne abbiano beneficiato i figli maggiorenni che ormai abbiano una indipendenza economica in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio. A ciò consegue l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, per nuovo esame, alla Corte territoriale in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 29 novembre 2019 – 13 febbraio 2020, n. 3659 Presidente Di Virgilio – Relatore Lamorgese Fatti di causa M.S. conveniva in giudizio l’ex coniuge G.A. ed esponeva che, con sentenza del omissis , il Tribunale di Taranto aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio, alle condizioni specificate nel ricorso congiunto i che prevedevano a carico del M. il pagamento di un contributo di mantenimento di Lire 600000 mensili per le due figlie, nate nel [ ] e [ ], fino al termine degli studi universitari che il tribunale, con ordinanza del 5 novembre 1991, aveva aumentato il contributo a Lire 800000, rimanendo invariate le altre condizioni che le figlie avevano conseguito la laurea e successivamente avevano contratto matrimonio nel [ ] e [ ] che era quindi venuto meno il suo obbligo di corrispondere alla G. il contributo per le figlie che in data omissis , egli si era visto notificare un atto di precetto per il pagamento del contributo pari a Euro 36910,10 relativo agli ultimi cinque anni, cui aveva provveduto nonostante non vi fosse tenuto quantomeno dal [ ] e [ ] pertanto, chiedeva la restituzione di quanto pagato e, in subordine, la condanna della G. al risarcimento del danno per l’appropriazione indebita delle somme. Il tribunale, con sentenza del 5 aprile 2012, rigettava la domanda restitutoria e accoglieva la domanda di condanna della G. al risarcimento del danno patrimoniale. La Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza del 21 maggio 2015, ha rigettato il gravame principale del M. che chiedeva la restituzione delle somme versate ed ha accolto quello incidentale della G. che voleva fare eliminare la condanna al risarcimento del danno. La Corte ha ritenuto infondata la pretesa restitutoria del M. , sul presupposto che il suo obbligo contributivo fosse venuto meno solo con il provvedimento del tribunale del 2 maggio 2007 che ne aveva decretato la cessazione a decorrere dal 13 ottobre 2006 in accoglimento del gravame della G. , ha rigettato la domanda risarcitoria del M. , escludendo l’ipotizzata appropriazione indebita sia perché la G. aveva percepito le somme in forza di un titolo giudiziale, sia perché l’ipotizzato danno era riconducibile al comportamento inerte dello stesso M. , il quale solo nell’ottobre 2006 si era attivato per la modifica delle statuizioni patrimoniali inerenti al divorzio. Avverso questa sentenza il M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, resistito dalla G. . Le parti hanno presentato memorie. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., per avere escluso il carattere indebito del pagamento del contributo di mantenimento per le figlie, essendo il vincolo obbligatorio, cioè la causa giustificativa del pagamento stesso, cessato quantomeno dal [ ] e [ ] Il motivo è fondato. Ad avviso della Corte territoriale, la domanda di ripetizione dell’indebito può ritenersi fondata solo nei casi di inesistenza originaria della causa giustificativa del pagamento o di sopravvenuto venir meno ma con effetto retroattivo del vincolo obbligatorio e, tuttavia, nella specie la ripetizione non era possibile perché le somme erano state versate sulla base di un valido titolo giudiziale l’ordinanza del tribunale del 5 novembre 1991, modificativa di un provvedimento precedente che imponeva l’obbligo di mantenimento a carico del M. , venuto meno solo a seguito del provvedimento successivamente adottato, in data 2 maggio 2007, in sede di revisione delle condizioni economiche, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9 e con effetto dal 13 ottobre 2006. Questa impostazione non è condivisibile. Nella specie, risulta dalla sentenza impugnata ed è incontestato tra le parti che le figlie si sposarono nel [ ] e [ ], raggiungendo la definitiva indipendenza economica. È questa una circostanza non secondaria ma decisiva che giustifica il venir meno dell’obbligo del padre di provvedere al loro mantenimento e del diritto della G. di ricevere il contributo per le figlie maggiorenni e indipendenti economicamente. Si deve aggiungere che prima dei rispettivi matrimoni entrambe le figlie avevano conseguito il diploma di laurea che faceva venire meno l’obbligo di mantenimento da parte del padre, in base all’accordo raggiunto tra i coniugi in sede di divorzio congiunto avente natura negoziale per quanto concerne la prole e i rapporti economici, salvo il controllo del giudice sul rispetto di disposizioni inderogabili, cfr. Cass. n. 19540 del 2018, n. 18066 del 2014 . Il fatto che il procedimento di revisione delle condizioni economiche proprie del regime post-coniugale sia stato introdotto dal M. solo più tardi, al fine di ottenere il riconoscimento formale del mutamento di dette condizioni e di essere esonerato da ulteriori pagamenti per il futuro, non impedisce la proposizione dell’azione restitutoria delle somme corrisposte indebitamente, a norma dell’art. 2033 c.c., che ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa tra le più recenti, Cass. n. 18266 del 2018 . Spetta al giudice cui sia proposta la domanda restitutoria di indebito di valutarne la fondatezza, in relazione alla sopravvenienza di eventi successivi che hanno messo nel nulla la causa originaria giustificativa dell’obbligo di pagamento condictio ob causam finitam . Questa Corte ha avuto occasione di precisare che l’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio Cass. n. 11489 del 2014 nel senso che il principio di irripetibilità delle somme versate, in caso di revoca giudiziale dell’assegno di mantenimento, non trova applicazione in assenza del dovere di mantenimento medesimo, cfr. Cass. n. 21675 del 2012 . Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti, riguardando la domanda subordinata di risarcimento del danno, in relazione ai profili dell’arricchimento e dell’appropriazione indebita da parte della G. e del concorso di colpa del M. . La sentenza impugnata è cassata in accoglimento del primo motivo, con rinvio alla Corte territoriale anche per le spese della presente fase. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche per le spese. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.