Lascia il tetto coniugale per stare vicino alla madre malata: separazione a suo carico

Confermato a carico dell’uomo l’addebito per la rottura con la moglie. Per i Giudici è evidente che la scelta compiuta dal marito ha reso impossibile la prosecuzione della convivenza con la consorte. Irrilevante il richiamo ai problemi manifestati dalla donna, ossia ipocondria, depressione e gelosia.

Nessuna giustificazione per il marito ‘mammone’ che abbandona – momentaneamente – il tetto coniugale per stare vicino alla madre. Addebitabile a lui, di conseguenza, la rottura con la moglie Cassazione, ordinanza n. 1448/20, sez. VI Civile - 1, depositata oggi . Allontanamento. Ufficializzata la separazione della coppia, i Giudici la addebitano al marito, che viene anche obbligato a versare il mantenimento alla moglie e a fornire un adeguato contributo economico alle due figlie. Sia in primo che in secondo grado viene ritenuto decisivo l’allontanamento dell’uomo dal domicilio coniugale quella azione, non giustificabile dalla esigenza di accudire la madre , è ritenuta la causa scatenante del conflitto con la consorte. L’uomo punta a mettere in discussione la valutazione compiuta in Appello, e pone in evidenza, nel contesto della Cassazione, i problemi manifestati dalla moglie, cioè depressione, ipocondria e gelosia smisurata , problemi che, a suo dire, avrebbero reso insostenibile la prosecuzione della convivenza sotto lo stesso tetto. Convivenza. La visione alternativa proposta dall’uomo viene però respinta dai Giudici della Cassazione, che mostrano di condividere l’ottica adottata in Appello, laddove si è sostenuto che la mancata prosecuzione della convivenza coniugale era ascrivibile alla condotta del marito , ossia il suo allontanamento dal domicilio coniugale che non poteva essere giustificato dalla esigenza di accudire la madre . Irrilevanti, invece, i richiami alle difficoltà della donna, concretizzatesi in ipocondria e depressione e in una smisurata gelosia nei confronti del marito. Per quanto concerne, poi, il lato economico, i Giudici confermano il diritto della moglie a percepire un piccolo assegno di mantenimento – di 100 euro mensili, per la precisione -, una volta preso atto della indubbia disparità economica tra i coniugi . Non in discussione, infine, anche il contributo dell’uomo in favore delle due figlie – per una cifra pari a 650 euro – oltre a spese straordinarie . Inutile il richiamo fatto alla presunta indipendenza economica di una delle due figlie, nonostante ella abbia raggiunto la maggiore età e si sia trasferita in un’altra città.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 26 novembre 2019 – 23 gennaio 2020, n. 1448 Presidente/Relatore Sambito Fatti di causa Con sentenza del 16/1/2018, la Corte di Appello di Messina ha confermato la decisione con cui il Tribunale di quella Città aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi Pi. An. D’Al. ed An. Gr. Ca., con addebito al marito e rigetto la domanda di addebito a carico della moglie, ha confermato, inoltre, la spettanza e l'ammontare dell'assegno in favore della stessa e l'ammontare dell'assegno di mantenimento in favore delle figlie Ri. ed El Avverso la succitata sentenza, che ha condannato il D’Al. al pagamento delle spese processuali, lo stesso propone ricorso per cassazione, con cinque motivi, successivamente illustrati da memoria, ai quali An. Gr. Ca. resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1. Coi primi due motivi, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 151 c.comma 113 e 116 c.p.comma nonché motivazione per relationem addebitando alla sentenza, rispettivamente, di non aver riconosciuto l'addebito della separazione a carico della moglie e di averlo riconosciuto a suo carico. 1.2. I motivi, che vanno congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono in parte infondati ed in parte inammissibili. 1.3. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, al quale lo stesso ricorrente fa riferimento, la sentenza di appello motivata per relationem a quella di primo grado va considerata nulla, quando essa si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, e cioè quando la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d'appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame cfr. Cass. n. 20883 del 2019 n. 22022 del 2017 n. 20648 del 2015 n. 2268 del 2006 . Il caso non ricorre nella specie, in quanto la Corte messinese non si è limitata a condividere la valutazione del Tribunale, ma ha specificamente argomentato che la prosecuzione della convivenza era ascrivibile alla condotta del marito e non anche a quella della moglie, evidenziando che l'allontanamento dal domicilio coniugale, da lui posto in essere, non era giustificato dall'esigenza di accudire la madre, né da precedenti motivi di incompatibilità, e ritenendo insussistenti violazioni dei doveri coniugali da parte della moglie, e del pari insussistente la prova del nesso etiologico tra la frattura del rapporto matrimoniale e la depressione della stessa. 1.4. Se la violazione dell'art. 113 c.p.comma che pone al giudice l'obbligo di decidere secondo diritto non è ulteriormente sviluppata, le censure riferite alla violazione dell'art. 116 c.p.comma sono all'evidenza volte al riesame del materiale probatorio incidenza dell'asserita ipocondria, depressione e smisurata gelosia della moglie nel ménage familiare, e, per converso, necessità di trasferimento del marito nella casa della madre malata, assenza di prova circa il nesso etiologico tra tale condotta e l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza . 1.5. Le doglianze invocano cioè un'indagine di merito, com'è evidente laddove, pure in seno alla memoria, si imputa ai giudici d'appello per un verso di non aver considerato alcuni elementi e si contesta, per l'altro, l'esistenza della prova, indagini che, com'è noto, attengono al giudizio di fatto, dovendo aggiungersi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte Cass. 18892 del 2016 e massime ivi richiamate , la deduzione in sede di ricorso per cassazione della violazione dell'art. 116 c.p.comma -a mente del quale cui il giudice deve valutare le prove secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti è concepibile solo a se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l'ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria come, ad esempio, valore di prova legale b se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando, la norma in discorso. 2. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 156 c.c. 113 e 116 c.p.c, motivazione per relationem e l'omesso esame di un fatto decisivo contratto di locazione registrato e relative ricevute , in relazione al capo con cui è stato riconosciuto l'assegno in favore della moglie. 2.1. Anche questo motivo va disatteso per i principi sopra espressi ai § § 1.3 e 1.4 e tenuto, in ispecie, conto che nel confermare la spettanza dell'assegno, e nell'individuarne correttamente i presupposti non già nella mancanza, in astratto, di redditi adeguati come sembra ipotizzare il ricorrente, ma in funzione del tendenziale mantenimento del tenore di vita goduto in costanza di convivenza, la Corte ha, comunque, affermato sussistere un'indubbia disparità economica tra i coniugi ed ha modulato l'assegno in Euro 100,00 , in considerazione del godimento della casa familiare da parte della donna, elemento a torto ritenuto non considerato. 2.2. La circostanza relativa al pagamento di un canone di locazione in favore della sorella che, come sostiene il ricorrente, modificherebbe a suo svantaggio la situazione reddituale non appare infine decisiva, tenuto conto che il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti può esser utilmente dedotto laddove abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia pertanto, l'omesso esame di elementi istruttori in tesi il contratto di locazione e le ricevute non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa nella specie la differenza di reddito tra le parti , sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie cfr. Cass. n. 27415 del 2018 . 3. Col quarto motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 337 ter c.comma 113 e 116 c.p.comma in riferimento al contributo in favore delle figlie pari ad Euro 650,00, oltre a spese straordinarie In particolare, afferma il ricorrente, la figlia El. ha raggiunto l'indipendenza economica ed è andata a vivere a Macerata. 3.1. Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile, dovendo darsi seguito al principio affermato da questa Corte secondo cui l'obbligo del genitore separato di concorrere al mantenimento del figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo, ma perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio ha raggiunto l'indipendenza economica il raggiungimento di detta indipendenza economica non è dimostrato dal mero conseguimento di una borsa di studio nella specie, di 800 Euro mensili correlata ad un dottorato di ricerca, sia per la sua temporaneità, sia per la modestia dell'introito in rapporto alle incrementate, presumibili necessità, anche scientifiche, del beneficiario Cass. n. 2171 del 2012 . Le questioni relative al trasferimento della figlia ed alla vendita di un immobile attingono a fatti sopravvenuti, non deducibili in questa sede. 4. Il quinto motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione dell'art. 91 c.p.comma in riferimento alla statuizione sulle spese è infondato il ricorrente è risultato infatti soccombente in merito alle domande di addebito e di assegno, conclusione che non resta modifica dall'asserito comportamento reticente della moglie. 5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.