Lo scrutinio di compatibilità con l’ordine pubblico, devoluto al giudice italiano, deve includere la valutazione estera di adottabilità del minore?

La valutazione se il disfavore del legislatore italiano per l’adozione legittimante a favore delle coppie dello stesso sesso, oltre a rappresentare legittimo esercizio della potestà discrezionale del nostro Stato di regolare i rapporti giuridici in una determinata materia, costituisca, altresì, l’espressione di principi e valori fondamentali ed irrinunciabili, fondanti il nostro ordinamento – e come collocare nella gerarchia di valori l’interesse del minore alla conservazione del proprio status filiationis – involgendo delicatissimi e rilevanti profili di diritto, integra una questione di massima di particolare importanza.

Il caso. Nel 2017 la Corte di Appello di Milano dichiarava l’efficacia in Italia di un provvedimento emesso nel settembre 2009 da un giudice dello Stato di New York, con cui si dichiarava l’adozione piena e legittimante di un minore - nato nella città americana nel maggio 2009 – da parte di due uomini, uniti tra loro da una relazione sentimentale. Veniva ordinato all’Ufficiale dello Stato Civile di un Comune della provincia di Varese di procedere alla trascrizione del suddetto provvedimento di adozione, unitamente all’atto di nascita dell’adottato, contenente le sue nuove generalità nonché quelle dei genitori adottivi, al posto di quelli naturali. La Corte d’Appello, dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Sindaco, riteneva che l’adozione di un minore da parte di partner dello stesso sesso, pronunciata in un altro Stato, non fosse contraria all’ordine pubblico internazionale, considerato sia l’interesse superiore del minore a mantenere, nel nostro ordinamento, lo status filiationis riconosciutogli in un altro Stato in base a un provvedimento giudiziario, sia il diritto del minore alla propria identità personale. Il Sindaco, quale Ufficiale di Governo, proponeva ricorso per Cassazione basato su quattro motivi. Si costituiva in giudizio, con controricorso, il genitore, intimato e già parte in causa, unitamente all’altro precedentemente pretermesso che, con lo stesso atto, spiegava intervento autonomo in giudizio. Motivi di impugnazione. Con il primo motivo di impugnazione, il Sindaco si lamentava del fatto che la Corte territoriale avesse dichiarato la sua carenza di legittimazione passiva nonostante essa derivasse dalla sua qualità di soggetto responsabile della tenuta dei registri dello Stato civile, di Ufficiale rappresentante del Governo e di parte necessaria nel giudizio instaurato dalla controparte. Con il secondo motivo lamentava, in particolare, il fatto che la Corte territoriale non avesse dichiarato l’inammissibilità del ricorso, per essere lo stesso presentato soltanto da uno dei genitori adottivi, in assenza dell’indispensabile integrazione del contraddittorio. Con il terzo motivo il ricorrente lamentava il fatto che la Corte milanese avesse avallato la proposizione, dinanzi a sé, di un procedimento di delibazione quando invece trattavasi di un procedimento per opposizione al rifiuto di trascrizione, contro il quale è proponibile un ricorso giurisdizionale ex art. 95 d.P.R. n. 396/00 che fissa la competenza del Tribunale , ovvero di un procedimento relativo alle adozioni che prevede la competenza per materia del Tribunale per i Minorenni. Infine, con il quarto motivo lamentava l’erroneo riconoscimento, da parte della Corte territoriale, del provvedimento straniero in quanto incompatibile con i principi desumibili dalla nostra Carta costituzionale e appartenenti all’ordine pubblico internazionale. In definitiva ed in particolare, ad avviso del ricorrente, finchè vige nel nostro ordinamento l’art. 29 Cost., non è possibile rinvenire una norma che consenta alle coppie omosessuali di ottenere l’adozione legittimante di un minore. Osservazioni della Corte di Cassazione. I Giudici della Suprema Corte ritengono fondato il primo motivo di impugnazione, infondati il secondo e il terzo e particolarmente importante la questione sottesa al quarto motivo di ricorso. Ad avviso dei Giudici della Prima Sezione non può dubitarsi della qualità di contraddittore necessario del Sindaco e, dunque, della sua legittimazione attiva e passiva. Infatti, la qualità di interessato, nel senso di cui agli artt. 66 e 67 l. n. 218/1995, non compete soltanto ai soggetti che hanno assunto la veste di parti nel giudizio in cui il provvedimento è stato emesso, ma altresì a quelli direttamente coinvolti nella sua attuazione. Quella di cui si chiede il riconoscimento, è un’adozione straniera, interna allo Stato in cui è stata pronunciata, avente ad oggetto due adottanti residenti negli Stato Uniti e un adottando sempre lì residente. L’elemento di collegamento con lo Stato italiano è rappresentato dalla cittadinanza italiana posseduta da uno dei due genitori adottivi, che, peraltro, è anche cittadino statunitense. La Corte territoriale, dunque, ha correttamente ritenuto sussistente la propria competenza. Con riferimento al secondo motivo, ritenuto infondato, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio già affermato, secondo il quale nel caso in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente in appello, accettando la causa nello stato in cui si trova, e nessuna delle altre parti resti privata di facoltà processuali non già altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non può rilevare d'ufficio il difetto di contraddittorio, né è tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, ma deve trattenerla e decidere sul gravame, risultando altrimenti violato il principio fondamentale della ragionevole durata del processo, il quale impone al giudice di impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione della controversia. Nella fattispecie de qua , infatti, la pretermissione di uno dei due adottanti aveva dato luogo ad un vizio processuale che era stato tuttavia sanato dall’intervento autonomo nel procedimento da parte dello stesso che, nel costituirsi, aveva accettato le risultanze del giudizio di merito celebrato in un unico grado. Per i Supremi Giudizi, non sussistono elementi ostativi all’applicazione del suddetto principio anche al giudizio di legittimità. L’attenzione della Corte di legittimità si sofferma, tuttavia, sul quarto motivo di gravame, cui sono sottese questioni che rientrano tra quelle di massima di particolare importanza, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c. Ciò che, nella fattispecie in esame, viene chiesto dai controricorrenti non è il riconoscimento di un’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44 l. n. 184/1983, bensì di un provvedimento giudiziario straniero di adozione legittimante, in un contesto familiare caratterizzato, però, dall’assenza di un qualsiasi legame biologico di entrambi i genitori di sesso maschile con il minore. Un eventuale riconoscimento di una sentenza straniera, in materia di adozione, non può prescindere da una preventiva analisi di compatibilità di tale provvedimento con i principi di ordine pubblico. La Suprema Corte, con una pronuncia emessa a Sezioni Unite Cass. SS.UU. n. 12193/19 , nel precisare la nozione di ordine pubblico, ha stabilito che, in tema di riconoscimento dell'efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero, la compatibilità con l'ordine pubblico, richiesta dagli art. 64 e ss. della l. n. 218/95, deve essere valutata alla stregua non solo dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui gli stessi si sono incarnati nelle disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell'interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente dal quale non può prescindersi nella ricostruzione delle nozioni di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell'ordinamento in un determinato momento storico. Caratteristica essenziale della nozione di ordine pubblico è, infatti, la relatività e mutevolezza nel tempo del suo contenuto. Conclusione. I Giudici della Prima Sezione, con l’ordinanza interlocutoria in oggetto, rimettono gli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite civili, per la soluzione di questioni di massima di particolare importanza, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza interlocutoria 23 settembre – 11 novembre 2019, n. 29071 Presidente Giancola – Relatore Fidanzia Fatti di causa Con ordinanza depositata il 9 giugno 2017 la Corte d’Appello di Milano - Sezione delle persone e della famiglia - ha dichiarato l’efficacia nella Repubblica Italiana del provvedimento Order of Adoption pronunciato in data 25.9.2009 dalla Surrogatès Court dello stato di New York, contea di New York, con cui è stata dichiarata l’adozione del minore F.M.J. , nato a omissis , da parte di M.L.A.M. e F.R.L. , ordinando all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Samarate di procedere alla trascrizione del citato provvedimento, unitamente all’atto di nascita n. omissis dell’adottato contenente le sue nuove generalità nonché le generalità dei genitori adottivi in luogo di quelli naturali. La Corte territoriale, dopo aver dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Sindaco di Samarate, ed aver escluso il litisconsorzio necessario con l’altro genitore adottivo, ha ritenuto che l’adozione di un minore da parte di partners dello stesso sesso, pronunciata in altro stato, non fosse contraria all’ordine pubblico internazionale, tenuto conto dell’interesse superiore del minore al mantenimento nel nostro ordinamento dello status filiationis riconosciutogli in altro Stato in forza di un provvedimento giudiziario, dell’importanza per il minore della dimensione relazionale e sociale con il genitore, come espressione della propria vita familiare ex art. 8 CEDU, del diritto del minore alla sua identità personale. Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione il Sindaco di Samarate VA quale Ufficiale di Governo affidandolo a quattro motivi. M.L.A.M. , intimato e già parte in causa, si è costituito in giudizio con controricorso unitamente a F.R.L. , genitore adottivo precedentemente pretermesso che con lo stesso atto ha spiegato intervenuto autonomo in giudizio. Il ricorso è stato fissato in Camera di consiglio dinanzi a questa prima sezione. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte con richiesta di rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il Sindaco di Samarate ha dedotto la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, artt. 702 bis c.p.c. e segg., D.P.R. n. 96 del 2000, art. 1, L. n. 218 del 1995, artt. 64 e 67, D.P.R. n. 396 del 2000, artt. 95 e 96. Lamenta il Sindaco ricorrente che il giudice di secondo grado ha dichiarato il suo difetto di legittimazione passiva nonostante tale legittimazione derivi dalla sua qualità di soggetto responsabile della tenuta dei registri dello Stato Civile nonché Ufficiale rappresentante del Governo Italiano, oltre ad essere parte necessaria nel giudizio instaurato dalla controparte. 2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dell’art. 102 c.p.c Lamenta il ricorrente la mancata declaratoria, da parte della Corte milanese, della inammissibilità del ricorso, per essere lo stesso stato presentato da uno solo dei genitori adottivi in assenza della indispensabile integrazione del contraddittorio, e ciò in considerazione della sussistenza del litisconsorzio necessario tra entrambi i genitori. In particolare, lamenta che la domanda presentata dal M. non consente una verifica sulla condivisione dello stesso interesse, sotteso alla domanda, da parte dell’altro esercente la responsabilità genitoriale. 3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, L. n. 218 del 1995, artt. 41, 64, 65, 66 e 67, L. n. 183 del 1984, artt. 35 e segg., D.P.R. n. 396 del 2000, art. 28, comma 2, lett. g e art. 95, D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 30, nonché dell’art. 702 bis c.p.c Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale ha avallato la proposizione di un procedimento di delibazione innanzi a sé quando, al contrario, si trattava di procedimento per opposizione al rifiuto di trascrizione contro cui è proponibile ricorso giurisdizionale D.P.R. n. 396 del 2000, ex art. 95, il quale fissa la competenza per tale tipo di giudizio del Tribunale, ovvero di procedimento L. n. 184 del 1983, ex art. 35, comma 5, relativo alle adozioni, che prevede la competenza per materia del Tribunale per i Minorenni. 4. Il primo ed il terzo motivo suscettibili di esame unitario, avendo ad oggetto questioni collegate, appaiono, quanto al primo, fondato, mentre, quanto al terzo, infondato. Va osservato che, recentemente, il Supremo Collegio di questa Corte ha statuito che il rifiuto di procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile di un provvedimento giurisdizionale straniero, con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero e un cittadino italiano, dà luogo, se non determinato da vizi formali, a una controversia di stato, da risolversi mediante il procedimento disciplinato dalla L. n. 218 del 1995, art. 67, in contraddittorio con il Sindaco, in qualità di ufficiale dello stato civile destinatario della richiesta di trascrizione, ed eventualmente con il Ministero dell’interno, legittimato a spiegare intervento in causa e ad impugnare la decisione in virtù della competenza ad esso attribuita in materia di tenuta dei registri dello stato civile. Sez. U. n. 12193 del 08/05/2019 . Nel caso di specie, dalla ricostruzione del decreto impugnato, emerge che il sig. M.L.A.M. ha proposto, in proprio e in rappresentanza del minore da lui adottato all’estero, ricorso innanzi alla Corte d’Appello per ottenere il riconoscimento ad ogni effetto dell’adozione piena e legittimamente pronunciata da un giudice dello Stato di New York e, per gli effetti, sentire ordinare all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Samarate la trascrizione dell’atto di nascita del minore e del provvedimento di adozione. Il ricorrente non si è quindi limitato a chiedere l’iscrizione dell’atto di nascita del minore e del provvedimento di adozione nei Registri dello stato civile, avendo chiesto, in primis, il riconoscimento di status. D’altra parte, il rifiuto del Sindaco alla trascrizione di quanto richiesto non è stato opposto per un vizio di carattere formale, ma per l’insussistenza dei requisiti di carattere sostanziale di cui alla L. n. 281 del 1995, artt. 64 e 66. Tale contestazione, investendo la stessa possibilità di ottenere il riconoscimento dello status accertato o costituito con il provvedimento straniero, dà luogo ad una controversia per la cui risoluzione la giurisprudenza di legittimità, ancor prima della sentenza S.U. 12193/2019, ha sempre escluso l’applicabilità del procedimento di rettificazione di competenza del Tribunale , sul rilievo che tale questione deve essere necessariamente risolta nel contraddittorio delle parti in giudizio contenzioso avente ad oggetto lo status Cass. n. 12746/96 conf. N. 2776/96, n. 951/1993 . D’altra parte, non pare nemmeno potersi dubitare della qualità di contraddittore necessario del Sindaco, e, conseguentemente della sua legittimazione attiva e passiva. Sul punto, proprio la sentenza citata delle S.U. ha evidenziato che non si può negare al Sindaco la qualità di interessato , nel senso previsto dalla L. n. 218 del 1995, art. 67, atteso che tale qualità non spetta esclusivamente ai soggetti che hanno assunto la veste di parti nel giudizio in cui il provvedimento è stato pronunciato, ma anche a quelli direttamente coinvolti nella sua attuazione Cass. n. 220/2013 . L’ordine di procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile non è, infatti, configurabile come una mera conseguenza della pronuncia di riconoscimento, ma investe l’efficacia del provvedimento straniero in tutti i suoi aspetti. Quanto alla dedotta competenza del Tribunale per Minorenni, la Corte d’Appello appare avere coerentemente osservato che il ricorrente M. , cittadino statunitense, oltre che italiano, risiede da oltre decennio un decennio nello Stato di New York, e convive con il sig. F. , cui è legato da un contratto di matrimonio in data 8.10.2013 secondo le leggi dello Stato di New York, ed anche il minore adottato è parimenti cittadino residente statunitense. Pertanto, l’adozione di cui si chiede il riconoscimento non è riconducibile alle adozioni internazionali secondo la Convenzione dell’Aja disciplinate dalla legislazione speciale di cui alla L. n. 183 del 1984, artt. 35 e segg., che sono invece caratterizzate anche dalla diversità dello Stato di residenza degli adottanti rispetto a quello dell’adottando. Nel caso di specie, si tratta di adozione straniera, interna allo Stato in cui essa è stata pronunciata, avente ad oggetto due adottanti residenti negli Stati Uniti ed un adottando ivi residente, e l’elemento di collegamento con lo Stato Italiano è dato dalla cittadinanza italiana del solo sig. M. che è peraltro anche, come detto, cittadino statunitense . Correttamente, quindi, la Corte d’Appello sembra avere ritenuto sussistente la propria competenza. 5. Il secondo motivo appare infondato. Va preliminarmente osservato che effettivamente il sig. F.R.L. è un contraddittore necessario del presente giudizio, essendo lo stesso stato menzionato espressamente nel provvedimento pronunciato dalla Corte di New York ed essendo il ricorso finalizzato ad ottenere il riconoscimento della sentenza straniera nonché la trascrizione nei registri dello stato civile anche nei suoi confronti. Ne consegue che, in caso di riconoscimento della sentenza straniera nel nostro ordinamento, anche il sig. F. diventerebbe a tutti gli effetti in Italia genitore adottivo del minore con tutti gli obblighi giuridici che conseguono a tale status. Va, tuttavia, osservato che la pretermissione del sig. F. ha dato luogo ad un vizio processuale che è stato comunque sanato con l’intervento autonomo nel procedimento dello stesso sig. F. , avendo costui accettato pienamente, nel costituirsi in giudizio, le risultanze del giudizio di merito celebrato in un unico grado. Sul punto, questa Corte ha già affermato, quanto al giudizio d’appello, che nell’ipotesi in cui il litisconsorte necessario pretermesso intervenga volontariamente in questo grado, accettando la causa nello stato in cui si trova, e nessuna delle altre parti resti privata di facoltà processuali non già altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non può rilevare d’ufficio il difetto di contraddittorio, nè è tenuto a rimettere la causa al giudice di primo grado, ai sensi dell’art. 354 c.p.c., ma deve trattenerla e decidere sul gravame, risultando altrimenti violato il principio fondamentale della ragionevole durata del processo, il quale impone al giudice di impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione della controversia. Cass. n. 26631 del 22/10/2018 . Non sussistono elementi ostativi all’applicazione di tale principio anche al giudizio di legittimità, atteso che l’accettazione della causa nello stato in cui si trova, da un lato, non pregiudica gli interessi delle parti già presenti in causa, mentre, dall’altro, salvaguarda l’esigenza fondamentale di ragionevole durata del processo. 6. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione, L. n. 184 del 1983, ex art. 6, L. n. 218 del 1995, artt. 16 e 65, D.P.R. n. 396 del 2000, art. 18, nonché del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 47 e L. n. 183 del 1984, art. 25, comma 5. Lamenta il ricorrente l’erroneo riconoscimento da parte della Corte d’Appello del provvedimento straniero in ragione della sua incompatibilità con i principi desumibili dalla Costituzione italiana e appartenenti all’ordine pubblico internazionale. In particolare, ad avviso del ricorrente, il richiesto riconoscimento si pone in contrasto con il principio fondamentale secondo cui l’adozione legittimante è, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 6, comma 1, consentita solo ai coniugi uniti in matrimonio, il quale, nell’ordinamento italiano è, a sua volta, consentito solo a persone di sesso diverso. Espone, infatti, il ricorrente che l’adozione legittimante presuppone sempre la presenza di un padre e di una madre - salvo in caso di adozione in casi particolari - come evidenziato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 138/2010 e 170/2014, che ha affermato che deve essere demandata al legislatore la regolamentazione delle unioni omosessuali. Anche la CEDU ha affermato che sebbene sussista un obbligo per gli Stati membri di fornire strumenti giuridici di riconoscimento e tutela per le unioni omosessuali, alle quali deve essere garantita, ai sensi dell’art. 8 della Convenzione, una prospettiva di vita privata e familiare, non è imposto agli Stati membri di consentire l’accesso al matrimonio per le coppie dello stesso sesso, non derivando un tale obbligo dall’art. 12 della Convenzione. Tale panorama non si è modificato con l’introduzione della L. n. 76 del 2016, c.d. legge Cirinnà sulla tutela delle unioni di fatto e di quelle omosessuali, che prevede la possibilità di trascrivere gli atti di matrimonio di persone dello stesso sesso contratti all’estero nel solo registro delle unioni civili e non nel registro dello Stato civile matrimoniale R.D. n. 1238 del 1939, art. 1, comma 28, lett. a e b e art. 134 bis, comma 3, lett. a . Contesta il ricorrente l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui non può attribuirsi copertura costituzionale alla regola per cui nel nostro ordinamento l’adozione legittimante è consentita esclusivamente ai coniugi di diverso sesso uniti in matrimonio, a nulla rilevando che quell’unione è stata considerata matrimonio in altro Stato finché vige l’art. 29 Cost., per come sinora è stato interpretato non è dato rinvenire una norma che consenta alle coppie gay di ottenere l’adozione legittimante di un minore. 7. La questione sottesa all’illustrato motivo rientra tra quelle di massima di particolare importanza, a norma dell’art. 374 c.p.c., comma 2. Va premesso che, recentemente, questa Corte, con la sentenza n. 14007/18, si è occupata di altro caso di riconoscimento di una sentenza straniera di adozione legittimante riguardante due donne omossessuali francesi coniugate all’estero, residenti in Italia, che chiedevano il riconoscimento al giudice italiano di una sentenza francese che aveva disposto a favore di ciascuna l’adozione del figlio biologico dell’altra. La predetta sentenza ha confermato l’ordinanza della Corte d’Appello che aveva ammesso il riconoscimento della sentenza straniera di adozione legittimante, richiamando ampi passaggi argomentativi del precedente arresto di questa Corte n. 19599/2016 - che aveva ritenuto che i principi di ordine pubblico internazionale dovessero desumersi dalla Carta Costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo - e valorizzando l’art. 24 della Convenzione dell’Aja del 1993 per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di cooperazione internazionale ratificata in Italia con L. n. 476 del 1998 secondo cui il riconoscimento dell’adozione può essere rifiutato da uno Stato contraente solo se essa è manifestamente contraria all’ordine pubblico, tenuto conto dell’interesse superiore del minore . La fattispecie esaminata dalla sentenza n. 14007/2018 diverge, tuttavia, da quella oggetto del caso in esame, in primo luogo, in quanto l’adozione legittimante era stata riconosciuta relativamente ad un contesto familiare caratterizzato dalla presenza di almeno un genitore biologico. Inoltre, nel frattempo, è intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite. n. 12193/2019, che, con un articolato percorso argomentativo, ha precisato la nozione di ordine pubblico , alla cui stregua valutare la compatibilità del provvedimento giurisdizionale straniero, nei seguenti termini In tema di riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giurisdizionale straniero, la compatibilità con l’ordine pubblico, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 64, comma 1, lett. g , deve essere valutata non solo alla stregua dei principi fondamentali della Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui detti principi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti e dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, la cui opera di sintesi e ricomposizione dà forma a quel diritto vivente, dal quale non può prescindersi nella ricostruzione della nozione di ordine pubblico, quale insieme dei valori fondanti dell’ordinamento in un determinato momento storico . È stato, in particolare, evidenziato che caratteristica essenziale della nozione di ordine pubblico è infatti la relatività e mutevolezza nel tempo del suo contenuto, soggetto a modificazioni in dipendenza dell’evoluzione dei rapporti politici, economici e sociali, e quindi inevitabilmente destinato ad essere influenzato dalla disciplina ordinaria degli istituti giuridici e dalla sua interpretazione, che di quella evoluzione costituiscono espressione, e contribuiscono a loro volta a tenere vivi e ad arricchire di significati i principi fondamentali dell’ordinamento . Nel caso in esame, la disciplina ordinaria ha espressamente escluso la possibilità da parte di coppie dello stesso sesso di poter accedere all’adozione legittimante. Non a caso, la citata L. 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 20, se, da un lato, al fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti ed il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, ha previsto che le disposizioni di legge che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole coniuge , coniugi o termini equivalenti si applicano ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, dall’altro, ha testualmente disposto che la disposizione di cui al periodo precedente non si applica . alle disposizioni di cui alla L. 4 maggio 1983, n. 184 , fermo restando quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti . Inoltre, le Sezioni Unite, nella citata sentenza n. 12193/2019, nell’escludere in caso di maternità surrogata, che possa attribuirsi prevalenza all’interesse dei minori alla conservazione dello status filiationis - e ciò in conseguenza dell’insussistenza di un rapporto biologico con il genitore intenzionale - hanno comunque fatto riferimento alla presenza nel nostro ordinamento di strumenti diretti a consentire la costituzione di un legame giuridico tra minore e genitore intenzionale idoneo a garantire allo stesso un’adeguata tutela, richiamando espressamente l’istituto dell’adozione non legittimante di cui alla L. n. 183 del 1983, art. 44, comma 1, lett. d , quale clausola di chiusura del sistema volta a consentire il ricorso tutte le volte in cui è necessario salvaguardare la continuità della relazione affettiva ed educativa , nonché un precedente della stessa Corte sul punto Cass. n. 12962 del 22/06/2016 . Ciò che, tuttavia, i controricorrenti richiedono, nel caso in esame, non è il riconoscimento di una adozione in casi particolari di cui all’art. 44 Legge citata, bensì di un provvedimento giudiziario straniero di adozione legittimante in un contesto familiare caratterizzato dall’assenza di un qualunque legame biologico di entrambi i genitori di sesso maschile con il minore. Posto che nel nostro ordinamento, la L. n. 184 del 1983, art. 6, prescrive che l’adozione legittimante sia consentita solo alla coppia legata da vincolo di matrimonio - istituto che, secondo la costante interpretazione della nostra giurisprudenza costituzionale Consulta n. 138/2010 e più recentemente n. 170/2014 e n. 221/2019 ha ragione di esistere solo in presenza dell’unione tra persone di sesso diverso, integrandosi, diversamente, la violazione dell’art. 29 Cost. - in virtù dell’espresso richiamo della L. n. 218 del 1995, art. 41, agli artt. 64, 65 e 66 della stessa Legge, un eventuale riconoscimento di una sentenza straniera in materia di adozione non può prescindere da una preventiva analisi di compatibilità di tale provvedimento con i principi di ordine pubblico, in relazione ai quali si deve, altresì, tener conto dell’art. 24 della Convenzione dell’Aja del 1993, per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, ratificata in Italia con L. n. 476 del 1998, secondo cui, come già sopra anticipato, il riconoscimento dell’adozione può essere rifiutato dagli Stati membri solo se esso sia manifestamente contrario all’ordine pubblico, tenuto conto dell’interesse superiore del minore . In proposito, la valutazione se il disfavore del legislatore italiano per l’adozione legittimante a favore delle coppie dello stesso sesso, oltre a rappresentare legittimo esercizio della potestà discrezionale del nostro Stato di regolare i rapporti giuridici in una determinata materia, costituisca, altresì, l’espressione di principi e valori fondamentali ed irrinunciabili fondanti il nostro ordinamento - e come collocare nella gerarchia di valori l’interesse del minore alla conservazione del proprio status filiationis vedi anche sul punto, recentemente, il parere in ambito di maternità surrogata espresso il 10.04.2019 dalla CEDU in base all’art. 1 del protocollo n. 16 alla Convenzione in tema v. pure Corte Cost. sent. n. 272 del 2017 involgendo delicatissimi e rilevanti profili di diritto, integra una questione di massima di particolare importanza. Dall’ordinanza impugnata risulta inoltre che negli Stati Uniti l’adozione legittimante è stata pronunciata dopo avere acquisito il mero consenso preventivo dei genitori biologici del minore, per cui ai fini del riconoscimento del provvedimento straniero si profila l’ulteriore questione di massima di particolare importanza sul se lo scrutinio di compatibilità con l’ordine pubblico devoluto all’Autorità giudiziaria italiana debba o meno includere la valutazione estera di adottabilità del minore. Per quanto esposto s’impone ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2, la trasmissione degli atti al Primo Presidente per le sue determinazioni. P.Q.M. Rimette gli atti al Primo Presidente della Corte di Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite Civili, in ragione e per la soluzione delle questioni, di cui in motivazione, di massima di particolare importanza ai sensi dell’art. 374 c.p.c., comma 2. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.