Funzione complessa dell’assegno divorzile

All’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare. In particolare, si deve tenere conto delle aspettative professionali sacrificate e senza che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi – anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile - venga finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita endoconiugale, ma piuttosto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

Il caso. Nel 2014 un uomo adiva il Tribunale di Milano affinché pronunciasse lo scioglimento del vincolo matrimoniale contratto nel 1976 con la consorte. Il giudice milanese nel 2016 dichiarava lo scioglimento del matrimonio, imponendo all’uomo di versare, mensilmente, in favore dell’ex coniuge, un assegno divorzile di oltre 3mila euro. Nel 2017 tale importo veniva ridotto dalla Corte di Appello di Milano. Avverso la pronuncia della Corte territoriale l’uomo proponeva ricorso per cassazione sulla base di due motivi. La donna resisteva in giudizio con controricorso e proponeva, altresì, ricorso incidentale, articolato in due motivi. Motivi di impugnazione del ricorso principale. Con il primo motivo di impugnazione, l’uomo faceva rilevare che, in materia di assegno divorzile, il parametro dell’autosufficienza economica evidenziato dalla Suprema Corte con la sent. numero 11504/17 non era stato interpretato rigorosamente dalla Corte di Appello che, pertanto, aveva violato e applicato falsamente l’art. 5, comma 6, L. numero 898/70. Il ricorrente rilevava che l’ex moglie, oltre a godere di una pensione, era proprietaria dell’abitazione a Milano e disponeva di un ulteriore immobile in Belgio. Avendo, altresì, la stessa estinto un mutuo ipotecario nel 2015, riteneva la donna in possesso di adeguati mezzi di sussistenza. Con il secondo motivo censurava il mancato esame della produzione documentale relativa ai redditi dell’ex consorte. Motivi di impugnazione del ricorso incidentale. In primis , la donna deduceva la violazione e falsa applicazione di legge, con riguardo all’art. 5, comma 6, l.div., per quanto concernente il criterio di determinazione dell’ an dell’assegno di divorzio. Col secondo motivo di impugnazione si doleva della mancata e non corretta applicazione dei criteri dettati dall’art. 5, comma 6, l. numero 898/70 per la determinazione del quantum dell’assegno divorzile. Assegno di divorzio funzione assistenziale e compensativa e perequativa. I Giudici della Suprema Corte esaminano la controversia alla luce della nuova giurisprudenza in materia di assegno divorzile, richiamandosi alla nota sentenza emessa a Sezioni Unite dalla Corte di legittimità nel 2018 sent. numero 18287 , secondo la quale all'assegno di divorzio, in favore dell’ex coniuge, va attribuita una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Ai fini del riconoscimento dello stesso, il legislatore richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante - o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive - attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte dell’art. 5, comma 6, l. numero 898/70, i quali costituiscono il parametro cui attenersi per l’attribuzione nonché per la determinazione e quantificazione dell’assegno. È pertanto necessario adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, attribuisca particolare rilievo al contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare a alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto. I Giudici della Sesta Sezione, alla luce di questa nuova giurisprudenza, ritengono infondato e, pertanto, rigettano il primo motivo del ricorso principale, in quanto volto a far valere un’interpretazione dell’art. 5, comma 6, L. numero 898/70 tutta incentrata sui principi giurisprudenziali introdotti con la pronuncia numero 11504/17, ritenuti però non coerenti con la funzione complessa dell’assegno e con la rilevanza del contributo fornito dal coniuge richiedente. Brevemente, la sent. numero 11504/17 individuava il criterio attributivo dell'assegno di divorzio nella carenza di autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente, con la conseguenza che, in presenza di mezzi adeguati della parte richiedente o delle effettive possibilità di procurarseli, il diritto all’assegno doveva essere negato. In altre parole, per i giudici del 2017 il parametro di riferimento cui rapportare il giudizio sull'adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio e sulla possibilità-impossibilità per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli andava individuato non più nel tenore di vita avuto in costanza di matrimonio, bensì nel raggiungimento dell'indipendenza economica del richiedente se veniva accertato che quest'ultimo era economicamente indipendente o effettivamente in grado di esserlo non doveva essergli riconosciuto il relativo diritto. Conclusione. I Giudici della Sesta Sezione, con l’ordinanza in oggetto, accolgono il ricorso incidentale e il secondo motivo di quello principale, ritenendo entrambi volti alla rivalutazione del materiale probatorio da parte del Giudice del rinvio, alla luce della funzione tripartita dell’assegno divorzile, e presupponenti una adeguata valutazione della capacità reddituale ed economica delle parti. Rigettano, invece, il primo motivo del ricorso principale e cassano la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 7 giugno – 30 ottobre 2019, n. 27771 Presidente Genovese – Relatore Bisogni Rilevato Che 1. Con ricorso del 6 ottobre 2014 il sig. C. ha chiesto al Tribunale di Milano di pronunciare lo scioglimento del matrimonio contratto il omissis con M.C. 2. Il Tribunale di Milano con sentenza n. 3588/2016 ha dichiarato lo scioglimento del matrimonio e ha imposto al sig. C. il pagamento di un assegno divorzile mensile di 3.500 Euro. 3. La Corte di appello di Milano con sentenza n. 5422/2017 ha ridotto la misura dell’assegno a 2.500 Euro, con decorrenza dal mese di novembre 2017 confermando nel resto la impugnata sentenza del Tribunale. Ha compensato per metà le spese del giudizio di appello e ha condannato il sig. C. al pagamento della residua quota in favore della sig.ra M. . 4. Ricorre per cassazione il sig. C. secondo il quale il parametro dell’autosufficienza di cui alla sentenza n. 11504/2017 della Corte di Cassazione in materia di assegno divorzile non è stato interpretato in maniera rigorosa dalla Corte di appello che ha così violato e falsamente applicato la L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6. Rileva il ricorrente che la sig.ra M. gode di una pensione per complessivi Euro 12.192 annui, è proprietaria della sua abitazione in e dispone di un ulteriore immobile in . Nell’ottobre 2015 ha estinto il mutuo ipotecario che comportava il pagamento di una rata mensile di 946,51 Euro. È quindi in possesso di mezzi adeguati di sussistenza. Il ricorrente censura poi con il secondo motivo il mancato esame della produzione documentale relativa ai redditi della sig.ra M. . 5. M.C. si difende con controricorso e deposita memoria difensiva. Propone ricorso incidentale articolato in due motivi con i quali deduce a la violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per ciò che concerne il criterio di determinazione dell’an dell’assegno divorzile b la violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, per ciò che concerne la mancata e comunque non corretta applicazione dei criteri per la determinazione del quantum dell’assegno divorzile posti da tale norma. Ritenuto Che 6. La controversia deve essere esaminata alla luce della nuova giurisprudenza in materia di assegno divorzile compendiata nella sentenza n. 18287 dell’11 luglio 2018 delle Sezioni Unite Civili di questa Corte che, come è noto, ha affermato che il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. Infatti all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate e senza che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, venga finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma piuttosto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. 7. Alla luce di questa nuova giurisprudenza il primo motivo del ricorso principale si rivela infondato perché teso a far valere una interpretazione della L. sul divorzio, art. 5, comma, tutta costruita sulla giurisprudenza introdotta con la sentenza n. 11504/2017, della rigida ripartizione bifasica della determinazione dell’an e del quantum dell’assegno divorzile, della riaffermazione della funzione unicamente assistenziale dell’assegno di divorzio, della perimetrazione del quantum nei limiti della attribuzione di una somma idonea a garantire l’autosufficienza economica al coniuge beneficiario dell’assegno. Principi che la citata sentenza delle Sezioni Unite ha ritenuto non coerenti alla funzione complessa dell’assegno e alla rilevanza del contributo fornito dal coniuge richiedente al fine di realizzare quella solidarietà post-coniugale che la Costituzione intende garantire al coniuge che ha apportato un contributo rilevante al benessere familiare e che ha sacrificato le proprie potenzialità e aspirazioni lavorative e professionali per dedicarsi alla cura del nucleo familiare. In questa prospettiva è invece fondato il ricorso incidentale così come il secondo motivo di quello principale perché entrambi sono intesi alla rivalutazione del materiale probatorio da parte del giudice del rinvio alla luce della funzione tripartita dell’assegno di divorzio e presuppongono una adeguata valutazione della capacità reddituale ed economica delle parti. 8. Va pertanto respinto il primo motivo del ricorso principale mentre va accolto il ricorso incidentale e il secondo motivo del ricorso principale con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, rivaluterà la controversia alla luce dei principi indicati dalla citata sentenza delle Sezioni Unite n. 18287/2018 e deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso incidentale e il secondo motivo del ricorso principale di cui rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Milano che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di pubblicazione della presente sentenza siano omesse le generalità e le indicazioni identificative delle parti. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.