Legittimazione dei figli beneficiari del fondo patrimoniale ad agire in giudizio contro atti dispositivi

Le disposizioni codicistiche a tutela del figlio, quale beneficiario del fondo, sono strumenti di protezione che non escludono, e quindi consentono, che il figlio sia anche legittimato ad agire in giudizio per far valere un proprio interesse in relazione agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Ciò vale anche per il figlio maggiorenne ovvero divenuto tale nel corso del giudizio, non potendosi ritenere solo per ciò che non abbia più interesse ad agire, in assenza di elementi da cui desumere che il figlio è uscito dalla famiglia ove il fondo patrimoniale non sia cessato ed egli ne continui a beneficiare.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22069/19 depositata il 4 settembre, ha inoltre precisato che, pur in presenza di figli minori, deve ritenersi che la disciplina legale sancita dall’art. 169 c.c. - e quindi la preventiva autorizzazione del giudice all’alienazione dei beni del fondo - si renda applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell’atto costitutivo del fondo patrimoniale. Il caso. Nel 1990 due persone contraevano matrimonio. Qualche anno dopo nasceva un figlio. Nel 1999 i coniugi costituivano un fondo patrimoniale, destinandovi una serie di beni immobili. Nell’atto di costituzione veniva inserita una clausola in base alla quale si conveniva espressamente che i beni costituiti in fondo patrimoniale potevano essere alienati, ipotecati e dati in pegno o comunque vincolati con il solo consenso di entrambi i coniugi, senza necessità di alcuna autorizzazione giudiziale. Nel 2002 i coniugi stipulavano un contratto di mutuo con un istituto bancario, con concessione di garanzia ipotecaria sui beni immobili, senza chiedere l’autorizzazione al giudice tutelare. Successivamente, nel 2004, stipulavano un nuovo contratto di mutuo con la banca destinato ad assorbire il precedente finanziamento, anche questo garantito con la concessione di garanzia ipotecaria sui medesimi beni, sempre senza richiedere l’autorizzazione al G.T Nel 2009 il figlio minorenne, rappresentato dai genitori, conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Venezia, l’istituto bancario, al fine di accertare l’invalidità della clausola contenuta nell’atto costitutivo del fondo patrimoniale - nella parte in cui escludeva la necessaria preventiva autorizzazione del G.T., in presenza di un beneficiario minorenne, per il compimento di atti di disposizione dei beni del fondo – e, quindi, l’invalidità della garanzia ipotecaria rilasciata senza previa autorizzazione del G.T Il Tribunale si pronunciava dichiarando inammissibile la domanda proposta, in quanto formulata direttamente nei confronti della banca, mentre, a suo avviso, andava presentata nei confronti dei genitori, previa autorizzazione del giudice tutelare e nomina di un curatore speciale. La pronuncia veniva impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia la quale, nel 2015, confermava la decisione di primo grado ma con una diversa motivazione. Avverso la pronuncia della Corte territoriale i genitori e il figlio proponevano ricorso per Cassazione con due mezzi. La banca resisteva in giudizio con controricorso e ricorso incidentale condizionato con un mezzo. Osservazioni preliminari della Corte di Cassazione. I Supremi Giudici preliminarmente esaminano le questioni pregiudiziali di rito proposte dalla banca nel controricorso e il motivo di ricorso incidentale. In primis ritengono inammissibile il ricorso per Cassazione proposto in proprio dai coniugi, dopo il raggiungimento della maggiore età del figlio, in quanto nei precedenti gradi di giudizio essi non erano presenti in proprio, ma erano costituiti soltanto nella qualità di rappresentanti del figlio minorenne e questi, al raggiungimento della maggiore età, aveva proposto ricorso per Cassazione personalmente. La seconda questione riguardava la posizione del figlio della coppia, minorenne al momento dell’introduzione del giudizio di primo grado e divenuto maggiorenne anteriormente alla presentazione del ricorso per Cassazione. In particolare, ad avviso della controricorrente, il ragazzo, raggiunta la maggiore età, non avrebbe più interesse alla pronuncia in merito alla denunciata violazione dell’art. 169 c.c Per la banca, quindi, ci sarebbe una carenza di interesse alla pronuncia ex art. 100 c.p.c Infine, la controricorrente eccepiva la nullità del giudizio introdotto in primo grado dai genitori in rappresentanza del figlio, in palese conflitto di interessi. I Supremi Giudici, a tale riguardo, affermano che nel caso concreto, pur non essendo stato nominato un curatore speciale del minore, non ricorre un conflitto di interessi tra lui e i suoi genitori, poiché l’attività processuale è stata effettivamente svolta da questi in favore del figlio che, raggiunta la maggiore età, ha poi proposto ricorso per Cassazione insieme ai genitori. Legittimazione ad agire. La Suprema Corte esamina con priorità il ricorso incidentale della banca, per la quale la Corte d’Appello aveva errato nel ritenere che il minore, rappresentato dai genitori, avesse la legittimazione attiva per agire in giudizio. I Giudici della Prima Sezione, nel ritenere infondato il motivo, osservano che la costituzione del fondo patrimoniale è volto a fronteggiare i bisogni della famiglia - intesi come esigenze di vita dei suoi componenti -, ricomprendenti, oltre alle esigenze primarie quali mantenimento, abitazione, educazione della prole e dei componenti il nucleo, cure mediche, ecc. , anche i bisogni relativi allo sviluppo della famiglia nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa. La ratio dell’istituto va individuata nell’obiettivo di assicurare un sostegno patrimoniale alla famiglia e di realizzare una situazione di vantaggio per tutti i suoi diversi componenti. Tale istituzione determina un vincolo di destinazione per il soddisfacimento dei bisogni di tutti i componenti della famiglia, che il legislatore ha inteso assicurare prevedendo una serie di misure di sostegno in favore di quelli più deboli. La Suprema Corte sostiene che le disposizioni codicistiche a tutela del figlio, quale beneficiario del fondo, sono strumenti di protezione che non escludono e, dunque consentono, che il figlio sia anche legittimato ad agire in giudizio per far valere un proprio interesse in relazione agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Ciò vale anche per il figlio maggiorenne o divenuto tale nel corso del giudizio, come nel caso de quo . Pertanto, per la Corte, i figli, quali beneficiari del fondo patrimoniale, sono legittimati ad agire in giudizio in relazione agli atti dispositivi eccedenti l’ordinaria amministrazione che incidono sulla destinazione dei beni del fondo stesso. Esame del ricorso principale. In particolare, con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 169 c.c I Giudici della legittimità, nel ritenere il motivo infondato, affermano che, a mente dell’art. 169 c.c., se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente. Anche in presenza di figli minori deve ritenersi che la disciplina sancita dall’art. 169 c.c. - e cioè la preventiva autorizzazione del giudice all’alienazione dei beni del fondo - si renda applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell’atto costitutivo del fondo stesso. Conclusione. I Giudici della Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in oggetto, dichiarano inammissibile il ricorso proposto dai due coniugi, rigettano il ricorso principale proposto dal figlio e il ricorso incidentale. Inoltre, nel compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità, danno atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza16 novembre 2018 – 4 settembre 2019, n. 22069 Presidente Genovese – Relatore Tricomi Ritenuto che M.F. e R.R. avevano contratto matrimonio nel 1990 in data 15/10/1996 era nato il figlio M.C. l’8/10/1999 i coniugi, con atto rogato dar notaio C.C. , avevano costituito un fondo patrimoniale, destinandovi gli immobili siti in omissis l’immobile adibito a casa familiare e l’immobile adibito a studio dell’arch. M. . Nell’atto di costituzione del fondo, all’art. 4 venne inserita la clausola secondo la quale era espressamente convenuto che i beni costituiti in fondo patrimoniale potevano essere alienati, ipotecati e dati in pegno o comunque vincolati con il solo consenso di entrambi i coniugi, senza necessità di alcuna autorizzazione giudiziale . In data 7/6/2002 i coniugi stipularono un contratto di mutuo con la Banca Antonveneta con concessione di garanzia ipotecaria per l’importo di Euro 1.080.000,00 sui beni immobili siti in Venezia, Castello, senza richiedere l’autorizzazione del Giudice Tutelare, in forza del citato art. 4. In data 20/7/2004 i coniugi stipularono un nuovo contratto di mutuo con la banca di Euro 1.050.000,00, destinato ad assorbire il precedente finanziamento, anch’esso garantito con la concessione di garanzia ipotecaria sui medesimi beni di omissis , sempre senza richiedere autorizzazione del Giudice tutelare. Con atto di citazione notificato in data 16/4/2009 il figlio minorenne M.C. nato nel 1996 , rappresentato dai genitori M.F. e R.R. , aveva quindi convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia la Banca Antonveneta SPA ora Monte dei Paschi di Siena SPA per far accertare l’invalidità della clausola contenuta nell’atto costituivo del fondo patrimoniale, nella parte in cui escludeva che il compimento di atti di disposizione dei beni del fondo fosse subordinato alla preventiva autorizzazione del Giudice Tutelare, in presenza di beneficiario minore di età e, quindi, per far accertare l’invalidità della garanzia ipotecaria rilasciata senza previa autorizzazione del G.T. In primo grado la domanda proposta da M.C. era dichiarata inammissibile perché formulata direttamente contro la banca, mentre, secondo il Tribunale, avrebbe dovuto essere proposta nei confronti dei genitori, previa autorizzazione del GT e nomina di un curatore speciale. La Corte di appello ha confermato la prima decisione con diversa motivazione. In primis ha affermato, sulla scorta del ragionamento svolto in Cass. n. 17811 dell’8/8/2014 che i figli minori sono legittimati a dedurre l’invalidità degli atti di disposizione del fondo patrimoniale, in quanto titolari di una posizione giuridicamente tutelata attesa la configurabilità di uno specifico interesse degli stessi ad interloquire sulle operazioni effettuate dai titolari del diritto di proprietà dei beni costituiti nel fondo patrimoniale in ragione delle possibili conseguenze degli stessi sulla consistenza del patrimonio istituzionalmente destinato esclusivamente al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, senza che ciò sia inciso dalla facoltà espressamente riconosciuta ai coniugi dal legislatore di derogare convenzionalmente al previsto divieto di alienazione dei beni del fondo, stabilito in via generale dall’art. 169 c.c., comma 1. Ha quindi ravvisato tale legittimazione ad agire in capo a M.C. , riconoscendola nei confronti della banca, in relazione alla domanda principale volta ad ottenere la dichiarazione di invalidità dell’atto costitutivo dell’ipoteca, ritenendo che la valutazione della legittimità della clausola di esonero dalla necessità di previa autorizzazione giudiziale, introdotta dai genitori nell’atto di costituzione del fondo, costituiva oggetto di un esame incidentale. Passando, quindi, all’esame della clausola derogatoria dell’autorizzazione giudiziale in questione, ne ha ravvisato la legittimità, sulla base dell’interpretazione dell’art. 169 c.c., comma 1. Sul punto ha affermato che L’espressa previsione normativa non può certo leggersi in forma dicotomica, per cui la deroga all’autorizzazione può valere solo per evitare la necessità di ottenere il consenso di entrambi i coniugi la fine di rendere validi gli atti di disposizione del fondo, ma non per rendere possibili gli atti di disposizione posti in essere in presenza di figli minori fol.7 della sent. imp. e ne ha tratto la conclusione che il legislatore ha riservato alla volontà dei costituenti la facoltà di limitare il potere dispositivo sui beni del fondo. M.C. , M.F. e R.R. propongono ricorso per cassazione con due mezzi. La banca replica con controricorso e ricorso incidentale condizionato con un mezzo. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c Il PG ha presentato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso proposto da M.F. e R.R. ed inammissibile il ricorso proposto da M.C. , assorbito il ricorso incidentale. Considerato che 1.1. Preliminarmente osserva la Corte che vanno esaminate con priorità le questioni pregiudiziali di rito proposte dalla banca nel controricorso ed il motivo di ricorso incidentale, anche se definito condizionato. 1.2. La prima questione pregiudiziale risulta fondata. Va, infatti, dichiarato inammissibile, come eccepito dalla controricorrente, il ricorso per cassazione promosso in proprio da M.F. e R.R. , dopo il raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, perché nei precedenti gradi di giudizio essi non erano presenti in proprio, in quanto si erano costituiti solo nella qualità di rappresentanti del figlio minore e questi, divenuto maggiorenne, ha proposto ricorso per cassazione personalmente Cass. Sez. U. n. 21670/2013 . 1.3. La seconda questione riguarda la posizione di M.C. . Questi, minorenne all’epoca dell’introduzione del giudizio di primo grado, è divenuto maggiorenne in epoca antecedente alla presentazione del ricorso per cassazione. La controricorrente sostiene che vi sarebbe una carenza di interesse alla pronuncia ex art. 100 c.p.c. perché, in ragione del raggiungimento della maggiore età, questi non avrebbe più interesse alla pronuncia in merito alla denunciata violazione dell’art. 169 c.c. - con riferimento alla clausola derogativa della disciplina codicistica che prevede che gli atti di straordinaria amministrazione siano autorizzati dal giudice, in presenza di figli minori - poiché tale pronuncia anche, se favorevole, non potrebbe produrrebbe alcun effetto in suo favore, perché da maggiorenne, non potrebbe più invocare l’applicazione dell’art. 169 c.c. e, anche se convivente con i genitori, non avrebbe che aspettative di mero fatto all’impiego, in suo favore, del bene e dei frutti recuperati con la restituzione del prezzo a suo tempo ricevuto, richiamando all’uopo la sentenza della S.C. n. 12497 del 21/5/2010. La questione dovrà essere affrontata all’esito della disamina del motivo di ricorso concernente il lamentato difetto di legittimazione attiva di M.C. . 1.4. Infine la controricorrente ha eccepito la nullità del giudizio sostenendo che questo era stato introdotto in primo grado dai genitori in rappresentanza del figlio, nonostante vi fosse un palese conflitto di interessi, poiché l’ipoteca volontaria di cui è stato chiesto l’annullamento era stata accesa proprio dai genitori. L’eccezione è infondata, giacché La verifica del conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale va operata in concreto, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti nella causa, e non in astratto ed ex ante , ponendosi una diversa soluzione in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo. Cass. n. 8438 del 05/04/2018 Cass. n. 1721 del 29/01/2016 e nel caso concreto, pur in assenza della nomina di un curatore speciale, non sussiste la ricorrenza di tale conflitto tra il figlio minore ed i genitori, attesa l’attività processuale effettivamente svolta da questi ultimi in favore del figlio, il quale, raggiunta la maggiore età, ha proposto ricorso per cassazione, insieme ai genitori, insistendo nelle medesime domande. 2.1. Va quindi esaminato con priorità, il ricorso incidentale della banca, nonostante risulti proposto in via condizionata all’eventuale riforma della decisione impugnata, stante la priorità logica e giuridica della questione affrontata. 2.2. La ricorrente incidentale, rimarcando di avere eccepito la carenza di legittimazione attiva in capo a M.C. dinanzi alla Corte territoriale, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c., per avere erroneamente ritenuto che questi, rappresentato dai suoi genitori, avesse la legittimazione attiva per agire in giudizio. A parere della ricorrente incidentale, M.C. non era legittimato a proporre l’azione di annullamento dell’iscrizione ipotecaria, non vantando alcun diritto soggettivo sui beni colpiti dall’ipoteca impugnata costituita sui beni di proprietà esclusiva dei genitori, pur essendo destinato a ricevere, quale appartenente alla famiglia nel suo complesso, i vantaggi della costituzione del fondo patrimoniale. Sostiene che i figli minori non sono titolari di una pretesa giuridicamente tutelabile, ma solo portatori di un semplice interesse e che per tale motivo non siano abilitati a far valere in giudizio un diritto del quale non hanno la piena disponibilità e titolarità. 2.3. Il motivo è infondato. 2.4. Osserva la Corte che la costituzione del fondo patrimoniale art. 167 c.c. è funzionale a far fronte ai bisogni della famiglia, intesi come esigenze di vita dei suoi componenti considerate anche con una certa ampiezza, ricomprendendo in esso, oltre alle esigenze primarie attinenti alla vita della famiglia mantenimento, abitazione, educazione della prole e dei componenti il nucleo, cure mediche, ecc. , in conformità con il potere di indirizzo della vita familiare in capo ai coniugi, anche i bisogni relativi allo sviluppo stesso della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa. La norma non si riferisce alla così detta famiglia parentale bensì alla famiglia nucleare in essa sono compresi i figli legittimi, naturali ed adottivi dei coniugi, minori e maggiorenni non autonomi patrimonialmente, nonché, secondo la dottrina, gli affiliati ed i minori in affidamento temporaneo in quest’ultimo caso in considerazione del fatto che i coniugi sono tenuti al mantenimento di tali soggetti. Al riguardo occorre quindi considerare, come già evidenziato da questa Corte, che la disciplina del fondo patrimoniale, istituto introdotto dalla legge di Riforma del diritto di famiglia in sostituzione del preesistente patrimonio familiare, non risulta esaustiva, avendo il legislatore ad essa dedicato soltanto cinque articoli, all’interno dei quali non sono puntualmente delineate e distinte le diverse fasi della costituzione, della gestione, della modificazione e dell’estinzione del fondo. Non solo, ma nella disciplina adottata sono ravvisabili profili di dubbia coerenza fra i quali, per la parte di interesse, va evidenziato quello individuabile nella disposta attenuazione dei vincoli di inalienabilità ed inespropriabilità dei beni, rispetto alla precedente disciplina dettata in tema di patrimonio familiare art. 167 c.c., comma 2 nella previgente formulazione . Tale attenuazione non risulta infatti in totale e assoluta sintonia con la funzione che il fondo è destinato a svolgere, incontestabilmente consistente nella istituzione di un patrimonio a sé prescindendo in questa sede da ogni considerazione in ordine alla sua qualificazione come autonomo o separato , con vincolo di destinazione dei beni a far fronte ai bisogni della famiglia e ad adempiere alle eventuali obbligazioni sorte per il soddisfacimento della detta esigenza. Più precisamente i vincoli in questione sono individuabili rispettivamente nelle limitazioni nell’amministrazione e nell’alienazione dei beni del fondo indicate dall’art. 169 c.c. in deroga alla regola generale dettata dall’art. 1379 c.c. , nonché in quella consistente nella previsione di inespropriabilita per alcuni crediti contemplata dall’art. 170 c.c. in deroga all’art. 2740 c.c. e costituiscono lo strumento attraverso il quale l’istituto realizza nel concreto la funzione economico – sociale che il legislatore ha inteso attribuirgli Cass. n. 17811 del 08/08/2014 . Invero, la ragione ispiratrice dell’istituto è individuabile nell’obiettivo di assicurare un sostegno patrimoniale alla famiglia e di realizzare una situazione di vantaggio per tutti i suoi diversi componenti quanto alla posizione dei figli, due sono le disposizioni che, nel pur scarno apparato normativo dedicato all’istituto, vi fanno esplicito riferimento l’art. 169 c.c., comma 1, in tema di atti di straordinaria amministrazione, secondo il quale Se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente . e l’art. 171 c.c., in tema di cessazione ex lege del fondo, secondo il quale 1 La destinazione del fondo termina a seguito dell’annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. 2 Se vi sono figli minori il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio. In tale caso il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l’amministrazione del fondo. 3 Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli, in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo. . Alla luce di tali disposizioni, se è vero che la costituzione del fondo non determina per ciò solo la perdita della proprietà dei singoli beni da parte dei coniugi che ne sono titolari e che gli stessi possono riservarsi nell’atto di costituzione la facoltà di alienazione, è pur vero che la detta istituzione peraltro concretizzata per effetto di una libera scelta dalle parti determina un vincolo di destinazione per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia e quindi di tutti i suoi componenti, in essi compresi i figli , che il legislatore ha inteso assicurare proprio con la previsione di una serie di misure di sostegno in favore dei componenti più deboli, fra le quali particolarmente significativa risulta quella sopra citata per la quale, ricorrendone le prescritte condizioni, il giudice può attribuire in proprietà ai figli una quota dei beni art. 171 c.c., comma 3 , così legittimando, sostanzialmente, una espropriazione per tale causa in proposito, cfr. Cass. n. 17811 del 08/08/2014 . 2.5. Orbene la previsione di dette misure di protezione, anche ove ne sia prevista la derogabilità art. 169 c.c., comma 1 è sintomatica del riconoscimento da parte del legislatore di un interesse qualificato in capo ai figli che risulta inconciliabile, perché intimamente in conflitto con la ratio normativa, con l’esclusione della legittimazione ad agire per far valere in giudizio il proprio interesse nella qualità di beneficiario del fondo nelle forme ordinarie e ad interloquire sulle opzioni operative eccedenti l’ordinaria amministrazione effettuate dai titolari del diritto di proprietà dei beni facenti parte del fondo, atteso che per i componenti del nucleo familiare non è certamente irrilevante la consistenza del patrimonio istituzionalmente destinato all’esclusivo soddisfacimento dei relativi bisogni Cass. n. 17811 del 08/08/2014 . 2.6. Si deve quindi affermare che le disposizioni codicistiche a tutela del figlio, quali beneficiario del fondo, sono strumenti di protezione che non escludono, e quindi consentono, che il figlio sia anche legittimato ad agire in giudizio per far valere un proprio interesse in relazione agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. 2.7. Ciò vale anche per il figlio maggiorenne, ovvero divenuto maggiorenne nel corso del giudizio, come nel presente caso, non potendosi ritenere solo perciò che non abbia più interesse ad agire, in assenza di elementi da cui desumere che il figlio è uscito dalla famiglia ove, come nel presente caso, il fondo patrimoniale non sia cessato ed egli ne continui a beneficiare, di guisa che emerge anche l’infondatezza della questione riassunta al par.1.3. In proposito, quanto affermato da Cass. n. 12497 del 21/5/2010, richiamata dalla ricorrente incidentale, per sostenere la carenza di interesse ad agire del figlio divenuto maggiorenne in relazione alla domanda concernente l’inosservanza dell’art. 169 c.c., comma 1, - e cioè che la retroattività della pronuncia giudiziale non varrebbe a ripristinare la situazione alla quale il legislatore avrebbe in tesi accordato la speciale tutela diretta, perché essa si limiterebbe a restituire il bene, con i relativi frutti, alla disponibilità dei coniugi in piena autonomia, sottratta ormai al controllo autorizzativo del giudice, laddove i figli divenuti maggiorenni, qualora pure fossero ancora conviventi, non avrebbero che aspettative di mero fatto all’impiego, in loro favore, del bene e dei frutti recuperati con la restituzione del prezzo a suo tempo ricevuto - risulta evidentemente superato dai principi enunciati da Cass. n. 17811 del 08/08/2014, che ricostruiscono in termini più ampi e convincenti l’interesse perseguito attraverso l’istituzione del fondo patrimoniale e riconoscono in relazione allo stesso anche il diritto di azione . 2.8. Tale conclusione, riferita al figlio maggiorenne, trova conferma nel complesso quadro normativo che disciplina i rapporti familiari. Innanzi tutto, la norma che autorizza la costituzione del fondo patrimoniale non pone alcuna limitazione in relazione all’età dei figli art. 167 c.c. ciò si evince dal dato letterale e trova riscontro in una lettura sistematica delle norme che regolano la responsabilità genitoriale ed i diritti e doveri del figlio artt. 315 c.c. e ss. , la disciplina degli alimenti art. 433 c.c. e le altre norme che eimpfirsano il fondo patrimoniale. Nell’ambito delle disposizioni che genitoriale il legislatore utilizza, di regola, il termine figlio , salvo a precisare - laddove necessario - che la disposizione si riferisce al figlio minore , ovvero ad indicare gli effetti del raggiungimento della maggiore età. In proposito va osservato che il diritto al mantenimento è previsto a favore del figlio , senza alcuna limitazione, art. 315 bis c.c., art. 316 bis c.c. , anche se alla luce della elaborazione giurisprudenziale maturata soprattutto in caso di separazione e divorzio, il diritto del maggiorenne è circoscritto al caso in cui non abbia raggiunto l’autonomia economica invero l’obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori Cass. n. 32529 del 14/12/2018 Cass. n. 5088 del 05/03/2018 per altro verso è previsto, per il figlio minore, il divieto di abbandonare la casa di genitori art. 318 c.c. , anche se - significativamente - non si riscontra alcuna disposizione che limiti la convivenza del figlio maggiorenne presso la casa dei genitori. Anche la disciplina del diritto agli alimenti, che riguarda i componenti della famiglia nucleare ma non solo, ex art. 433 c.c. , attribuisce la facoltà di richiedere gli alimenti, non in ragione dell’età, ma della ricorrenza dello stato di bisogno e della incapacità del richiedente a provvedere al proprio mantenimento art. 438 c.c. . La previsione dello strumento di protezione per il minore, riconosciuto dell’art. 169 c.c., comma 1, alla luce di questo quadro normativo, non osta a che un figlio che abbia raggiunto la maggiore età possa continuare ad essere beneficiato dal fondo patrimoniale ancora in essere, a maggior ragione se non sia emerso alcun elemento da cui desumere che lo stesso sia economicamente autosufficiente ed autonomo rispetto alla famiglia di origine, e che possa far valere il proprio interesse in via giudiziaria. Anche la previsione dell’art. 171 c.c. non può condurre a diversa conclusione. Il riconoscimento dell’efficacia ultrattiva del fondo, qualora vi siano figli minori, fino al raggiungimento della maggiore età di questi, nel caso in cui la destinazione sarebbe dovuta terminare ex lege, a seguito dell’annullamento o dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio, costituisce un’altra fattispecie di tutela rafforzata a favore del soggetto debole che, per la sua specificità, non consente affatto di dedurre, al contrario che il raggiungimento della maggiore età del figlio determini, nel diverso ed ordinario caso in cui il fondo patrimoniale sia in essere, la sua sostanziale estromissione, di guisa che permane inalterato l’interesse a che i beni restino vincolati ai bisogni della famiglia. 2.9. Il motivo risulta pertanto infondato, dovendosi affermare il principio secondo il quale I figli, quali beneficiari del fondo patrimoniale, sono legittimati ad agire in giudizio in relazione agli atti dispositivi eccedenti l’ordinaria amministrazione che incidano sulla destinazione dei beni del fondo. . 3.1. Si deve quindi passare all’esame del ricorso principale. 3.2. Con il primo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione dell’art. 169 c.c., per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la stessa consentisse ai soggetti costituenti il fondo patrimoniale di omettere il controllo giudiziale sugli atti di disposizione di beni del fondo in presenza di minori, assumendo che tale previsione comportava la nullità della clausola in parte qua. 3.3. Con il secondo motivo si ripropongono le domande dichiarate assorbite in appello. 3.4. Il primo motivo è infondato. Invero, se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione, non si possono alienare, per la durata del fondo patrimoniale, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare i beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, al consenso deve aggiungersi l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente. Pur in presenza di figli minori, infatti, si deve ritenere che la disciplina legale sancita dall’art. 169 c.c. - e quindi la preventiva autorizzazione del giudice alla alienazione di beni del fondo - si renda applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell’atto di costituzione del fondo patrimoniale in questi sensi, Cass. n. 13622 del 4/6/2010 . Nel caso in esame la clausola risponde al modello normativo derogatorio ed il motivo va respinto. Nel motivo peraltro non vi è riferimento alla questione dell’utilità dell’operazione che, comunque, riguardando l’attuazione data al potere di disposizione attribuito con la clausola, non avrebbe potuto mai comportare la nullità della clausola per la quale agiscono , ma un inadempimento da parte dei soggetti costituenti il fondo patrimoniale. 3.5. Il secondo motivo è assorbito dal rigetto del primo. 4.1. Il rigetto del motivo di ricorso principale consente di ritenere assorbita la questione sollevata dal Procuratore Generale in merito alla denunciata nullità dell’intero giudizio per difetto di contraddittorio nei confronti dei coniugi - quali parti necessarie nel giudizio promosso dal figlio al fine di invalidare la clausola del fondo patrimoniale Cass. n. 19330 del 03/08/2017 -, alla luce del principio della ragionevole durata del processo, giacché, essendo il ricorso prima facie infondato, risulta prioritario definirlo con immediatezza senza provvedere all’integrazione del contraddittorio, trattandosi di attività processuale ininfluente sull’esito del giudizio Cass. n. 11287 del 10/5/2018 Cass. n. 29843 del 13/12/2017 . 5. In conclusione va dichiarato inammissibile il ricorso proposto in proprio da M.F. e da R.R. il ricorso principale proposto da M.C. va rigettato e così anche il ricorso incidentale. Le spese del giudizio di legittimità si compensano. Sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. 30.05.2002 n. 115, sia per i ricorrenti principali che per la ricorrente incidentale. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso proposto da M.F. e R.R. - Rigetta il ricorso principale proposto da M.C. ed il ricorso incidentale - Compensa le spese di giudizio tra le parti - Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali che della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.