La richiesta di mantenimento è autonoma rispetto al giudizio di scioglimento del matrimonio

L’inammissibilità della domanda volta ad ottenere l’assegno di mantenimento proposta nel giudizio relativo allo scioglimento del matrimonio, non ne preclude la riproposizione in separato giudizio, ex art. 9 l. n. 898/1970, pur in mancanza di fatti sopravvenuti.

Questo il principio contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 17102/19, depositata il 26 giugno. Il caso. La Corte d’Appello di Catanzaro rigettava il reclamo proposto dall’odierna ricorrente contro l’ordinanza del Tribunale che aveva disatteso la sua richiesta di riconoscimento dell’assegno di mantenimento ai sensi dell’art. 9 l. n. 898/1970, nei confronti dell’ex coniuge, poiché la stessa era stata dichiarata tardiva nel giudizio di divorzio. Il Giudice del reclamo, infatti, sosteneva che la domanda, proposta in sede di giudizio di modifica delle condizioni di divorzio, dovesse essere accompagnata da fatti nuovi sopravvenuti alla sentenza di scioglimento del matrimonio. Contro tale provvedimento, la stessa propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la mancata applicazione del principio in base al quale la domanda di riconoscimento dell’assegno di mantenimento ha carattere autonomo, essendo proponibile anche successivamente allo scioglimento del matrimonio, e rilevando un error in procedendo del Giudice, consistente nell’avere quest’ultimo ritenuto che la ricorrente dovesse provare le sopravvenienze indicate dall’art. 9, comma 1, della legge citata, per ottenere il suddetto assegno. Sulla proponibilità della domanda volta all’assegno di mantenimento. La Suprema Corte dichiara fondati i motivi lamentati dalla ricorrente, osservando come la questione ruoti attorno alla possibilità di proporre la domanda di assegno di mantenimento nell’ambito di un giudizio di modifica delle condizioni di divorzio, ex art. 9, l. n. 898/1970, e se a tal fine è o meno necessaria la sopravvenienza di giustificati motivi”. A tal riguardo, gli Ermellini richiamano il principio in base al quale la richiesta di corresponsione dell’assegno periodico di divorzio di cui all’art. 5 della legge n. 890 del 1970 si configura come domanda connessa ma autonoma rispetto a quella di scioglimento del matrimonio e, pertanto, la parte che, nel corso del giudizio divorzile, non l’abbia ritualmente avanzata ben può proporla successivamente, senza che, a ciò, sia di ostacolo la ormai intervenuta pronuncia di scioglimento del vincolo di coniugio, operando il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile con esclusivo riferimento alla domanda fatta valere in concreto, ma non anche relativamente ad una richiesta diversa nel petitum ” e nella stessa causa petendi ”. Sulla inammissibilità della prima richiesta di assegno di mantenimento. La Corte di Cassazione prosegue rilevando che, in sede di accertamento sullo status , non si è formato il giudicato sul carattere non dovuto dell’assegno, e ciò poiché, una volta proposta la relativa domanda, essa era stata dichiarata inammissibile perché tardiva. In tale ipotesi, gli Ermellini osservano che non trova applicazione il principio in base al quale il giudicato delle sentenze di divorzio ai sensi dell’art. 9, l. n. 898/1970, ne consente la modifica solo in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, poiché nel caso di specie non si è formato alcun giudicato sulla domanda proposta. Per questi motivi, la Suprema Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia gli atti al Giudice di seconde cure, che dovrà attenersi al seguente principio La declaratoria d’inammissibilità della domanda volta al riconoscimento dell’assegno di divorzio proposta nel giudizio relativo allo scioglimento del vincolo, non ne limita la proponibilità in separato giudizio, ex art. 9 l. n. 898 del 1970, pur in mancanza di fatti sopravenuti, trattandosi di pronuncia inidonea alla produzione del giudicato perché impediente in rito l’esame del merito della domanda .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 marzo – 26 giugno 2019, n. 17102 Presidente Acierno – Relatore Scalia Fatti di causa 1. La Corte di appello di Catanzaro con il provvedimento in epigrafe indicato ha rigettato il reclamo proposto da N.M.N. avverso l’ordinanza con cui il locale Tribunale aveva disatteso la richiesta di assegno di mantenimento dalla prima autonomamente proposta ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, nei confronti dell’ex coniuge, S.G. , dopo che tale domanda era stata dichiarata tardiva nel giudizio di divorzio. I giudici del reclamo hanno in tal modo condiviso, con il primo giudice, la necessità che a sostegno della domanda, pur in via autonoma proponibile in un giudizio di modifica instaurato a norma della L. n. 898 cit., art. 9, dovessero concorrere fatti nuovi che, sopravvenuti alla sentenza di divorzio e capaci di incidere sull’assetto patrimoniale dei rapporti tra le parti, erano stati ritenuti nella specie mancanti. Il mancato svolgimento di attività lavorativa da parte della ricorrente era circostanza già presente al momento della proposizione della domanda di divorzio e nel corso del giudizio e pertanto la patologia da costei contratta in epoca successiva non ne avrebbe modificato le preesistenti condizioni patrimoniali non essendo stato provato che tale patologia riducesse la capacità lavorativa o avesse determinato un incremento nelle spese. 2. Ricorre per la cassazione dell’indicato provvedimento N.M.N. con dieci motivi cui resiste con controricorso S.G. . Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 890 del 1970, art. 5, comma 6, e art. 9, comma 1. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto la possibilità per il coniuge, la cui domanda di assegno ex art. 5, legge divorzio era stata dichiarata inammissibile perché tardiva, di agire per il relativo riconoscimento solo in caso di sopravvenienza di giustificati motivi, nei termini di cui all’art. 9, della medesima legge. I giudici del reclamo avrebbero in tal modo disapplicato il principio sul carattere autonomo della domanda di riconoscimento dell’assegno di mantenimento e sulla sua proponibilità in epoca successiva a quella di scioglimento del matrimonio, senza che la scelta del rito predisposto per la modifica dell’assegno comportasse l’applicabilità, per l’intero, delle relative condizioni. 2. Con il secondo motivo si fa valere la violazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e art. 9, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. La Corte di merito sarebbe incorsa in error in procedendo ritenendo che la reclamante dovesse allegare e dimostrare le sopravvenienze ai sensi dell’art. 9, comma 1, L. cit 3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, e art. 9, comma 1, anche in riferimento agli artt. 2 e 29 Cost., quanto al principio di solidarietà post-coniugale. 4. Con il quarto e quinto motivo si denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione dell’art. 24 Cost., comma 1, art. 111 Cost., comma 1, e dell’art. 6 par. 1 CEDU in riferimento alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6. In esito al provvedimento impugnato, negandosi ingresso alla domanda formulata per la prima volta dalla ricorrente di riconoscimento dell’assegno divorzile, in applicazione dello sbarramento dei motivi sopravvenuti L. n. 898 del 1970, ex art. 9, sarebbe stato precluso l’esercizio del diritto di azione della ricorrente e l’effettività della sua tutela, con violazione dei principi del giusto processo. 5. Con il sesto ed il settimo motivo si fa valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., e dei principi sulla formazione del giudicato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Nessuna decisione diretta a coprire il dedotto e il deducibile, e quindi idonea a passare in giudicato, sia pure nella forma rebus sic stantibus propria dei provvedimenti adottati in materia di statuizioni economiche tra i coniugi, era stata assunta e la Corte territoriale ritenendo diversamente avrebbe violato i principi in materia di giudicato. Il carattere autonomo della domanda di attribuzione dell’assegno divorzile ne avrebbe impedito l’inclusione, anche per implicito, nella sentenza di divorzio, escludendo un giudicato sul punto. 6. Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost., e art. 24 Cost., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte territoriale equiparato, per le ragioni dell’adottata decisione, situazioni diverse, quali quelle del coniuge che avendo proposto domanda di assegno ne abbia ottenuto un vaglio concreto nel merito, con quelle di colui la cui domanda non sia stata esaminata per inammissibilità, perché non proposta o rinunciata, o che sia rimasto contumace o si sia tardivamente costituito. 7. Con il nono e decimo motivo si fa questione circa la violazione e falsa applicazione dell’art. 24, comma 1, e dell’art. 111 Cost., comma 1, nonché dell’art. 6 par. 1 della Cedu, dell’art. 2907 c.c., e degli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. La pronuncia impugnata sarebbe incorsa nella violazione del principio della domanda, della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e ancora del principio di cui all’art. 2907 c.c., e di effettività dell’azione, nella parte in cui fa discendere effetti decisori sfavorevoli per il coniuge convenuto nel giudizio di divorzio che sia rimasto contumace, quanto al diritto azionabile con domanda riconvenzionale. La ricorrente, contumace nella fase presidenziale, aveva comunque formulato nel prosieguo del giudizio, sia pure con costituzione tardiva, la domanda volta all’attribuzione dell’assegno. 10. Del complesso degli articolati motivi, può darsi congiunta trattazione al primo e secondo, con cui viene all’esame di questa Corte di legittimità la questione delle condizioni di proponibilità della domanda di assegno di mantenimento ove questa venga per la prima volta coltivata nel giudizio di modifica delle condizioni di divorzio di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9. Si tratta, in particolare, di stabilire se l’introduzione della domanda di assegno divorzile resti, ed a quali condizioni, subordinata alla sopravvenienza di giustificati motivi propri del giudizio di modifica delle condizioni di divorzio di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9, là dove per la prima volta proposta. I motivi sono fondati le ragioni sono quelle di seguito indicate. 11. La giurisprudenza di legittimità si è da tempo espressa nel senso che la domanda di corresponsione di un assegno periodico di divorzio ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, ha carattere autonomo rispetto a quella di scioglimento del matrimonio e, pertanto, ove non ritualmente avanzata può essere proposta in un successivo giudizio, senza che a ciò sia di ostacolo l’intervenuta pronuncia di scioglimento del vincolo. Il tema, connesso alla portata da riconoscersi al principio per il quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile là dove si tratti del rapporto tra domanda di divorzio e di riconoscimento dell’assegno divorzile, resta compiutamente declinato nell’affermazione di questa Corte di legittimità per la quale la richiesta di corresponsione dell’assegno periodico di divorzio di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, si configura come domanda connessa ma autonoma rispetto a quella di scioglimento del matrimonio, e, pertanto, la parte che, nel corso del giudizio divorzile, non l’abbia ritualmente avanzata ben può proporla successivamente, senza che, a ciò, sia di ostacolo la ormai intervenuta pronuncia di scioglimento del vincolo di coniugio, operando il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile con esclusivo riferimento alla domanda fatta valere in concreto, ma non anche relativamente ad una richiesta diversa nel petitum e nella stessa causa petendi come appunto, quella di riconoscimento dell’assegno rispetto a quella di divorzio , che la parte ha facoltà di introdurre, o meno, nello stesso giudizio” Cass. 02/02/1998 n. 1031 in termini, in precedenza Cass.15/10/1977 n. 4397 Cass.24/11/1983 n. 7025 Cass. 27/03/1997 n. 2725 successivamente Cass. 09/10/2003 n. 15064 ancora, sull’autonomia tra domande in un caso in cui il giudice italiano è stato ritenuto correttamente investito della cognizione della domanda di divorzio dopo che un giudice straniero aveva pronunciato sul divorzio Cass. 01/02/2016 n. 1863 . 12. Quale corollario dell’indicato principio si pone l’ulteriore affermazione per la quale, là dove la domanda di riconoscimento dell’assegno di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, venga proposta successivamente al giudizio di divorzio, le condizioni per il suo accoglimento restano quelle stabilite dall’art. 5 della legge cit. né la scelta del rito predisposto per la modificazione dell’assegno di divorzio di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9, comporta che le condizioni previste per tale modificazione siano applicabili anche nella ipotesi in cui l’assegno di divorzio sia domandato per la prima volta Cass. 27/03/1997, cit. come riportata da Cass. 02/02/1998, cit. . 13. In applicazione degli indicati principi ed in risposta alla deduzione difensiva sul punto portata in controricorso p. 8 , la specie in esame si offre ad una ulteriore precisazione. In sede di accertamento sullo status non si è formato un giudicato sul carattere non dovuto dell’assegno e tanto non perché la domanda non fosse stata proposta, ma perché, proposta, essa è stata dichiarata inammissibile per tardività. L’odierna ricorrente che aveva manifestato, esercitando la relativa azione, la propria volontà di richiedere l’assegno, per ragioni di mero rito non ha ottenuto pronuncia sul merito sicché non risulta applicabile alla specie il modello processuale di cui all’art. 9, legge divorzio, nella parte in cui assoggetta le domande di revisione sui contributi di cui agli artt. 5 e 6, a sopravvenuti giustificati motivi la norma prevede, infatti, la pregressa adozione, nel merito, di una decisione economica. Deve, pertanto, escludersi la formazione del giudicato sull’assegno in relazione alla declaratoria d’inammissibilità relativa alla domanda di assegno divorzile. 14. In tale peculiare ipotesi non trova conseguentemente applicazione l’orientamento di questa Corte secondo il quale il giudicato rebus sic stantibus delle sentenze di divorzio ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 9, così come modificato dalla L. n. 436 del 1978, art. 2, e dalla L. n. 74 del 1987, art. 13 , ne consente la modifica anche quanto ai rapporti economici, in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, restando invece esclusa, in ipotesi di rigetto o di mancanza della relativa domanda o ancora di contumacia del richiedente, in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo Cass. 25/08/2005 n. 17320 Cass. 03/02/2017 n. 2953 . Pertanto, la corte territoriale, ha errato nell’applicazione dei principi sopra illustrati alla fattispecie dedotta in giudizio, nella quale alcun giudicato sulla domanda si è formato. In conclusione devono essere accolti i primi due motivi di ricorso, con assorbimento dei rimanenti. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione che si atterrà al seguente principio di diritto La declaratoria d’inammissibilità della domanda volta al riconoscimento dell’assegno di divorzio proposta nel giudizio relativo allo scioglimento del vincolo, non ne limita la proponibilità in separato giudizio, L. n. 898 del 1970, ex art. 9, pur in mancanza di fatti sopravvenuti, trattandosi di pronuncia inidonea alla produzione del giudicato perché impediente in rito l’esame del merito della domanda . P.Q.M. Accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata e rinvia dinanzi alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.