Valido a tutti gli effetti il “Matrimonio a prima vista”

È pienamente valido a tutti gli effetti il matrimonio contratto dai partecipanti al programma tv “Matrimonio a prima vista” in virtù dell'accordo sottoscritto con la società di produzione.

Il caso. Un uomo e una donna chiedevano l’annullamento del matrimonio, contratto a seguito della loro partecipazione al programma tv “Matrimonio a prima vista 2”, in cui coppie di estranei, senza essersi in precedenza conosciuti, contraevano matrimonio valido a tutti gli effetti. I due concorrenti sottoscrivevano un contratto con la società di produzione, impegnandosi ad essere ripresi nelle vita quotidiana prima, durante e dopo il giorno del matrimonio e obbligandosi, per tutta la durata del programma, a non abbandonarlo, pena il risarcimento del danno economico e di immagine per la produzione, il cui ammontare non veniva quantificato. Il contratto, inoltre, prevedeva la possibilità per i due coniugi, terminato il periodo di registrazione, di procedere ad una separazione consensuale entro 6 mesi dalla celebrazione del matrimonio e al successivo ricorso congiunto di divorzio, con spese interamente a carico della produzione. Prima della sottoscrizione, l’uomo esprimeva alla produzione le proprie perplessità in virtù del contenuto troppo vincolante del contratto, soprattutto nelle parte in cui erano previste penali e l’obbligo di risarcire il danno in caso di abbandono del programma, ma la produzione provvedeva a rassicurarlo garantendogli una totale assistenza e disponibilità in caso di difficoltà legate ad ogni fase della realizzazione. Così i due partecipanti contraevano matrimonio, salvo poi chiederne l’annullamento per vizio della volontà. Valida la volontà negoziale manifestata attraverso la partecipazione al programma tv. la In particolare, i ricorrenti adducono come contenuto della violenza altrui, ovvero come espressione del loro timore, la minaccia rappresentata dalle somme eventualmente dovute a titolo risarcitorio alla casa di produzione, nel caso in cui, a seguito della sottoscrizione del contratto, non avessero contratto matrimonio. Al riguardo, il Tribunale di Pavia preliminarmente rileva che il principio dell’onere della prova impone agli attori di produrre in giudizio copia del contratto da loro sottoscritto con la società produttrice del programma televisivo, risultando agli atti, invece, una copia fotostatica dello stesso del tutto priva di sottoscrizione. Anche prescindendo da questo aspetto, non risulta provato che le parti abbiano contratto il vincolo per effetto di un consenso viziato, in quanto non pienamente libero, perché prestato nel timore rappresentato dalle conseguenze economiche derivanti dall’eventuale revoca di esso. Infatti, dagli atti di causa non è emerso che le parti avessero subito la riferita pressione psicologica e che, pertanto, si siano a causa di ciò determinate a contrarre il vincolo matrimoniale ciò che le parti hanno voluto è stato esattamente contrarre il vincolo, o meglio, partecipare al programma, rassicurate dalla prospettata possibilità di procedere, gratuitamente e senza particolari difficoltà, all’eventuale successivo scioglimento del matrimonio. Secondo i giudici, elemento essenziale per far nascere il vincolo non è il dato volontaristico riferito alla sfera intima e personale, non rientrando tra le cause di invalidità matrimoniali l’eventuale riserva mentale, bensì l’aspetto esteriore rappresentato dall’esistenza di una volontà negoziale valida, manifestata tramite le dichiarazioni dei coniugi di contrarre il matrimonio volontà che nel caso di specie è stata manifestata come attestato dall’Ufficiale civile celebrante. Del resto, lo stesso contratto sottoscritto dalle parti con la società evidenziava la consapevolezza e la conseguente accettazione da parte dei contraenti che il matrimonio sarebbe stato pienamente valido a tutti gli effetti e che dal suddetto matrimonio sarebbero conseguiti tutti i diritti e gli obblighi di legge. Fonte ilfamiliarista.it

Tribunale di Pavia, sentenza 4 aprile 2019 Motivi in fatto ed in diritto della decisione Con ricorso depositato in data 20 gennaio 2019 i sig.ri W. M. e S. S. chiedevano che venisse pronunciato l’annullamento del loro matrimonio con condanna del Sindaco di R., quale Ufficiale celebrante, alla refusione delle spese di lite. Premettevano le parti di avere partecipato, nell’estate del 2016, ai provini di un programma televisivo denominato “Matrimonio a prima vista 2” che prevedeva che i partecipanti – tre coppie di estranei senza essersi in precedenza conosciuti, contraessero matrimonio valido a tutti gli effetti deducevano gli attori che, essendo stati selezionati quali partecipanti, in data 26.10.2016 la sig.ra M. e in data 3.1.2016 il sig. S. sottoscrivevano un contratto con la società “numero P.” con la quale si impegnavano, tra le altre cose, ad essere ripresi nelle 24 ore giornaliere della vita quotidiana prima, durante e dopo il giorno del matrimonio, la cui data sarebbe stata successivamente indicata dal produttore deducevano le parti che il programma prevedeva un periodo di registrazione dal 29.9.2016 al 31.12.2016 e un vincolo contrattuale delle stesse sino al 30.9.2017 e che, sottoscrivendo il suddetto contratto, gli esponenti si obbligavano per tutta la durata del programma a non abbandonarlo, pena il risarcimento del danno economico e di immagine per la produzione, il cui ammontare non veniva quantificato deducevano, inoltre, gli attori che in caso di divulgazione di notizie relative al programma, tramite social network o mezzi di comunicazione diversi, senza autorizzazione della produzione le stesse avrebbero dovuto pagare una penale quantificata in Euro 100.000,00 che il contratto prevedeva, inoltre, la possibilità per i due coniugi, terminato il periodo di registrazione, di procedere ad una separazione consensuale entro 6 mesi dalla celebrazione del matrimonio e al successivo ricorso congiunto, con spese interamente a carico della produzione che il sig. S., prima della sottoscrizione del contratto aveva espresso alla produzione le proprie perplessità in virtù del contenuto troppo vincolante del contratto soprattutto nelle parte in cui erano previste penali e l’obbligo di risarcire il danno in caso di abbandono del programma ma che la produzione provvedeva a rassicurarlo garantendogli una totale assistenza e disponibilità in caso di difficoltà legate ad ogni fase della realizzazione che, pertanto, in vista della celebrazione del matrimonio la produzione imponeva alle parti di trasferire la residenza nel Comune di R. di modo che le pubblicazioni non avvenissero nei luoghi di residenza di provenienza al fine di evitare che i futuri coniugi assumessero informazioni l’uno sull’altra prima della celebrazione che il matrimonio veniva celebrato dal Sindaco di R., dott. A. M., in data 21.11.2016 presso la “LC”, sita in omissis alla presenza degli ospiti e degli sposi nonché dei testimoni che, successivamente al termine del periodo delle riprese, gli esponenti di comune accordo decidevano di procedere alla separazione consensuale e ne davano comunicazione alla produzione la quale consigliava loro di procedere alla separazione mediante domanda all’Ufficio di Stato civile del Comune di residenza ex L. 55/2015 che, tuttavia, la sig.ra M., recatasi al primo appuntamento presso il Comune di Abbiategrasso, scopriva che l’atto di matrimonio recava quale data di celebrazione quella del 30.11.2016, dieci giorni dopo l’effettiva data di celebrazione, e che il luogo di celebrazione riportato nell’atto era la casa comunale di R. e non il Comune di Milano che, pertanto, l’ufficiale di Stato civile presso il Comune di Abbiategrasso rilevava che l’atto di matrimonio fosse viziato e che non avrebbe potuto procedere con la separazione che, inoltre, lo stesso funzionario del Comune evidenziava la rilevanza penale delle dichiarazioni mendaci rese in atto pubblico dal pubblico Ufficiale celebrante il quale non aveva mai ricevuto dispensa e pertanto non poteva celebrare al di fuori del proprio Comune che gli attori chiedevano ripetutamente spiegazioni in merito alla società di produzione la quale non forniva alcuna soluzione che appariva evidente che l’atto di matrimonio risultava viziato sia in punto di formazione e contenuto per violazione degli articolo 96 e 107 c.c. e 50 ord. st. civ. che per quanto concerne il vizio di volontà in quanto le parti sapevano di dover sborsare somme a titolo di risarcimento nel caso in cui non avessero contratto il matrimonio. Quanto al primo profilo di doglianza, relativo alla violazione degli articolo 96 e 107 c.c. e 50 ord. st. civ. va premesso che, ai sensi dell’articolo 106 c.c. “il matrimonio deve essere celebrato pubblicamente nella casa comunale davanti all’ufficiale dello stato civile al quale fu fatta la richiesta di pubblicazione” dalla norma, pertanto, si traggono due regole in merito alla competenza l’ufficiale competente a compiere l’atto è quello che ha ricevuto la richiesta di pubblicazioni e il luogo competente è il Comune nella sua casa comunale. Orbene, l’ufficiale dello stato civile, il quale celebri un matrimonio per cui non era competente è sanzionato in via amministrativa con somma da Euro 30,00 a Euro 206,00 articolo 137 c.c. . Del pari, agendo lo stesso non come rappresentante dell’amministrazione civile bensì in qualità di rappresentante dello Stato nel caso di controversia giurisdizionale legittimato passivo non è il Comune bensì lo Stato Cass. numero 2039/1959 e Cass numero 3415/1977 . Va, inoltre, richiamato quanto disposto dall’articolo 113 c.c. che ritiene, in ogni caso, valido il matrimonio celebrato davanti ad un apparente ufficiale di Stato civile “a meno che entrambi gli sposi, al momento della celebrazione, abbiano saputo che detta persona non aveva tale qualità”, norma che tutela il legittimo affidamento delle parti e non pregiudica la validità del vincolo anche nei casi, come quello di specie, in cui l’investitura dell’Ufficiale di Stato civile manchi del tutto o sia viziata geneticamente. A chiusura del sistema di norme volte a regolamentare il matrimonio, inteso come atto, si pone poi l’articolo 131 c.c. secondo cui “ il possesso di stato, conforme all’atto di celebrazione del matrimonio, sana ogni difetto di forma”, laddove per possesso di stato si indica un elemento fattuale che, pur non sostituendosi all’atto matrimoniale, ha la funzione di rimuovere irregolarità formali sanando la celebrazione matrimoniale la quale è da considerarsi definitivamente valida. Alla luce degli elementi evidenziati deve, pertanto, ritenersi che i vizi formali invocati non possano di per sé determinare l’invalidità del matrimonio risolvendosi in mere irregolarità che potranno, al più, comportare l’applicazione di una sanzione amministrativa per l’Ufficiale civile celebrante come disposto dall’articolo 138 c.c. e che, in ogni caso, non possano precludere alle parti il diritto di sciogliere il vincolo matrimoniale nelle diverse forme riconosciute dalla legge e, dunque, anche mediante la procedura di cui all’articolo 12 L. 162/2014 davanti all’ufficiale di Stato civile del Comune di residenza. Quanto, invece, al diverso profilo invocato e relativo al vizio della volontà va premesso in punto di diritto che il Codice civile contempla tassative ipotesi di invalidità del vincolo matrimoniale, talune delle quali determinano la sua nullità assoluta, altre la sua annullabilità, a seconda della loro maggiore o minore gravità. Il matrimonio civile è, pertanto, invalido qualora esso sia stato celebrato in presenza di Impedimenti articolo 84-89 c.c. – Si configurano allorquando il matrimonio sia stato celebrato in violazione di taluno dei requisiti espressamente richiesti per la sua celebrazione. Violenza articolo 122 c.c. – Si configura quando il consenso al matrimonio sia stato estorto con violenza, cioè tramite minaccia di un male ingiusto e notevole anche proveniente da un terzo , in modo da coartare la volontà di una persona ovvero sia stato determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi. Errore articolo 122 c.c. – Si configura quando il consenso al matrimonio sia stato dato per effetto di errore sull’identità fisica dell’altro coniuge oppure di errore essenziale circa determinate qualità personali di questi, nel senso che il coniuge caduto in errore non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente conosciute. Precisamente, l’errore deve riguardare taluna delle seguenti tassative circostanze a l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o di una deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale b l’esistenza di una sentenza di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio c la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale d la condanna dell’altro coniuge per delitti concernenti la prostituzione ad una pena non inferiore a due anni e lo stato di gravidanza causato da persona diversa dal soggetto caduto in errore, purché vi sia stato disconoscimento ai sensi dell’articolo 233 cod. civ., se la gravidanza è stata portata a termine. In sede giudiziaria, l’azione finalizzata ad ottenere l’annullamento del matrimonio non può essere proposta se vi sia stata coabitazione per un anno dopo che sia stato scoperto l’errore. Simulazione articolo 123 c.c. – Si configura quando gli sposi abbiano convenuto tra di loro di non instaurare alcuna comunione di vita coniugale e, pertanto, di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti discendenti dal matrimonio, considerando lo stesso soltanto come uno strumento per conseguire determinate utilità di carattere accessorio. Dalla simulazione va distinta la “riserva mentale”, che si configura allorquando taluno dei coniugi, pur esprimendo esteriormente il proprio consenso nuziale, avanzi nella sua sfera interiore qualche riserva in ordine al matrimonio. Tale circostanza non influenza tuttavia la validità del consenso espresso e non ha, quindi, alcuna rilevanza giuridica per l’ordinamento italiano, per il quale assume valore solo la volontà dichiarata diversamente da quanto avviene nell’ordinamento canonico, che attribuisce valore alla volontà e non alla dichiarazione . Va premesso che la volontà dei nubendi costituisce certamente il centro motore della vicenda matrimoniale ciò è confermato dal disposto dell’articolo 108 c.c. secondo cui la dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente in marito e moglie non può essere sottoposta né a termine né a condizione per cui, laddove invece il matrimonio sia celebrato, la condizione e il termine si hanno come non apposti. Oltre, poi, ad essere un atto puro il matrimonio è anche atto incoercibile, di qui il divieto di ogni patto che mira a far nascere un obbligo a contrarre matrimonio come si evince dalla disciplina codicistica in tema di promessa di matrimonio articolo 79 c.c. , la quale, in ogni caso, non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento. Il carattere non vincolante della promessa fatta dagli sponsali è, difatti, collegato al fondamentale principio della libertà matrimoniale secondo il noto brocardo antiquitus placuit libera matrimonia esse. Il diritto di sposarsi configura, difatti, un diritto fondamentale della persona riconosciuto sia a livello sovranazionale articolo 12 e 16 della dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, articolo 8 e 12 CEDU e articolo 7 e 9 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea proclamata a Nizza il 7.12.2000 , sia a livello costituzionale articolo 2 e 29 Cost. . Pertanto, il vincolo matrimoniale deve rimanere una libera scelta autoresponsabile sottraendosi ad ogni forma di condizionamento anche indiretto Corte cost. numero 1/ 1992 numero 450/1991, numero 189/1991 . Tanto premesso, nel caso di specie, la domanda proposta è infondata e non merita di essere accolta per le ragioni che si vengono ad esporre. I ricorrenti hanno agito al fine di ottenere la declaratoria di nullità del matrimonio tra loro contratto adducendo che la scelta del vincolo sia dipesa dalla violenza morale altrui, o comunque, dalla prospettazione di un timore di eccezionale gravita, l'uno o l'altro subiti nel grado e nelle forme a cui l'articolo 122 c.c. riconduce la declaratoria di invalidità le due ipotesi previste dalla norma concorrono entrambe ad un unico risultato rilevante ai fini della valutazione di nullità, e cioè la diversione della volontà del soggetto, che viene privato della possibilità di autodeterminarsi. Tuttavia, mentre in caso di violenza il presupposto che vizia il consenso è un'azione altrui direttamente destinata a incidere sulla volontà del nubendo, il timore riguarda l'atteggiamento psicologico della persona che avverte una condizione esterna, come irrimediabilmente incidente sulle sue scelte. Pertanto, contrariamente alla disciplina dei contratti, riguardo ai quali non è riconosciuto affatto il timore-vizio ex articolo 1437 c.c. , il timore è invece rilevante ai fini della nullità del matrimonio ma ciò solo in ragione della sua intensità, richiedendosi che esso sia di una gravità eccezionale. Orbene, gli attori hanno addotto come contenuto della violenza altrui ovvero come espressione del loro timore, la minaccia rappresentata dalle somme eventualmente dovute a titolo risarcitorio alla casa di produzione nel caso in cui, a seguito della sottoscrizione del contratto, non avessero contratto matrimonio v. punto numero 4 del doc. numero 4 . Al riguardo va, tuttavia, preliminarmente rilevato che il principio dell’onere della prova imponeva agli attori di produrre in giudizio copia del contratto da loro sottoscritto con la società “numero P.”, produttrice del programma televisivo, risultando agli atti, invece, una copia fotostatica dello stesso del tutto priva di sottoscrizione. In ogni caso, pur volendo prescindere da questo aspetto, da quanto emerso dagli atti e dalle prospettazioni delle parti non può dirsi provato che le stesse siano addivenute a contrarre il vincolo per effetto di un consenso viziato, in quanto non pienamente libero perché prestato nel timore rappresentato dalle conseguenze economiche derivanti dall’eventuale revoca di esso. Ed invero, dagli atti emerge come lo stesso sig. S. avesse espresso alla produzione le proprie perplessità in virtù del contenuto troppo vincolante del contratto, soprattutto nella parte in cui erano previste penali e l’obbligo di risarcire il danno in caso di abbandono del programma, ma che la produzione provvedeva a rassicurarlo garantendogli una totale assistenza e disponibilità in caso di difficoltà legate ad ogni fase della realizzazione, assicurandogli, dunque, la possibilità di sciogliere il vincolo in qualunque tempo senza sostenere alcuna spesa. In altri termini, dagli atti di causa non è emerso che le parti avessero subito la riferita pressione psicologica e che, pertanto, si siano a causa di ciò determinate a contrarre il vincolo matrimoniale. Nell’atto di citazione e nelle dichiarazioni rese all’udienza, difatti, gli attori riferiscono che “al termine del periodo delle riprese gli esponenti, che sin dall’inizio avevano mostrato evidenti divergenze caratteriali, di comune accordo, decidevano di procedere alla separazione consensuale e ne davano comunicazione alla produzione, la quale faceva firmare un documento in cui conferivano mandato ai legali per la procedura” v. pag. 3 ricorso . Pertanto, il presente giudizio veniva instaurato solo dopo il rifiuto manifestato dall’ufficiale civile del Comune di Abbiategrasso di procedere con la separazione in ragione delle irregolarità riscontrate e, dunque, della riferita impossibilità di procedere con una separazione consensuale. In altri termini, ciò che le parti hanno voluto è stato esattamente contrarre il vincolo rectius partecipare al programma certamente rassicurate dalla prospettata possibilità di procedere, gratuitamente e senza particolari difficoltà, all’eventuale successivo scioglimento del matrimonio. Al riguardo va precisato, difatti, che per la legge elemento essenziale per far nascere il vincolo non è il dato volontaristico riferito alla sfera intima e personale, non rientrando tra le cause di invalidità matrimoniali l’eventuale riserva mentale, bensì l’aspetto esteriore rappresentato dall’esistenza di una volontà negoziale valida manifestata tramite le dichiarazioni dei coniugi di contrarre il matrimonio. Volontà che nel caso di specie è stata manifestata come attestato dall’Ufficiale civile celebrante e rappresentato nelle registrazioni prodotte doc. numero 6 . Del resto, lo stesso contratto sottoscritto dalle parti con la Società al punto 5 evidenziava la consapevolezza e la conseguente accettazione da parte dei contraenti che il matrimonio sarebbe stato “pienamente valido a tutti gli effetti e che dal suddetto matrimonio conseguono tutti i diritti e gli obblighi di cui agli articolo 143, 147, 148 c.c.” doc. numero 4 . L'insieme di tali considerazioni milita, pertanto, per il rigetto della domanda. Quanto alle spese di lite le stesse restano a carico dei ricorrenti non essendo, del resto, parte processuale nel presente giudizio l’Ufficiale civile celebrante. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando così provvede Rigetta la domanda. Dichiara non ripetibili le spese di lite.