Lo tradisce e va via di casa: separazione comunque non addebitabile alla moglie

Inutile il ricorso proposto dal marito. Confermata in Cassazione la visione tracciata in appello e centrata sul dato relativo all’esistenza di una accesa conflittualità tra i coniugi, che ha compromesso la serenità familiare e portato alla rottura della coppia. Irrilevanti i successivi comportamenti della donna.

Il tradimento e la fuga non sono sufficienti per addebitare la separazione. A patto però che quelle scelte – cioè relazione extraconiugale e abbandono della casa familiare – arrivino temporalmente quando l’accesa conflittualità tra moglie e marito ha definitivamente compromesso la serenità familiare. Applicando questa prospettiva, i Giudici hanno escluso la colpevolezza di una moglie per la rottura col marito, nonostante sia emerso, in modo chiaro, che la donna ha tradito il coniuge ed è andata via di casa Cassazione, ordinanza n. 14591/19, sezione VI Civile - 1, depositata oggi . Crisi. Ufficializzata la rottura definitiva della coppia, il nodo principale da sciogliere è quello relativo all’ addebito della separazione . Su questo fronte i giudici del Tribunale ritengono colpevole la moglie, che ha avuto una relazione extraconiugale e ha abbandonato il tetto coniugale. Di parere opposto sono invece i Giudici della Corte d’Appello, i quali osservano che la crisi matrimoniale risulta precedente all’allontanamento della donna e alla relazione extraconiugale da lei avuta con un altro uomo, e aggiungono che l’abbandono della casa familiare deve imputarsi alla preesistente e duratura compromissione della serenità familiare e all’accesa conflittualità esistente tra i coniugi . Tensione. Anche per la Cassazione la crisi della coppia non è collegabile ai comportamenti avuti dalla moglie. Respinto, quindi, il ricorso proposto dall’uomo e finalizzato a vedere addebitata alla consorte la separazione. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, è decisivo il dato emerso nel processo d’Appello, cioè l’esistenza di una situazione di estrema e prolungata tensione tra i coniugi, tale da determinare l’impossibilità di prosecuzione di una civile convivenza . Questa precaria situazione è stata la vera causa della separazione , anche perché essa si è concretizzata antecedentemente alla violazione dei doveri coniugali obbligo di fedeltà e di coabitazione compiuta dalla donna.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 22 gennaio – 28 maggio 2019, n. 14591 Presidente Scaldaferri – Relatore Acierno Fatti di causa e ragioni della decisione Con sentenza n. 3467/2015 il Tribunale di Genova ha dichiarato la separazione personale dei coniugi Ro. La To. e Ma. Ci., addebitandola a quest'ultima ex art. 151, 2. comma, c.c. Investita dell'impugnazione proposta dalla Gi., la Corte d'appello di Genova, con sentenza n. 127/2016, in parziale riforma della pronuncia gravata, ha revocato la pronuncia di addebito alla medesima. A sostegno della decisione, la Corte territoriale ha affermato che il quadro probatorio acquisito non risulta sufficiente per la dichiarazione di addebito nei confronti della Gi La crisi matrimoniale, infatti, risulta precedente all'allontanamento della moglie e alla relazione extraconiugale della stessa inoltre, non risulta adeguatamente provato il nesso causale tra la relazione dell'appellante e l'abbandono della casa coniugale che, invece, deve imputarsi alla preesistente e duratura compromissione della serenità familiare e all'accesa conflittualità esistente tra i coniugi. Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per cassazione Ro. La To. sulla base di cinque motivi, cui ha resistito con controricorso Ma. Gi La parte ricorrente ha depositato memoria. Con il primo motivo viene censurata la violazione degli artt. 141, 151 e 146, 2697 c.c. e 112 e 116 c.p.c. Deduce il ricorrente che, in caso di allontanamento del coniuge dalla casa familiare, che costituisce grave violazione dei doveri matrimoniali e di per sé ragione sufficiente per l'addebito della separazione, è tale coniuge, e non il coniuge abbandonato, a dover provare che l'allontanamento è dovuto all'intollerabilità della convivenza. Con il secondo motivo viene censurata la violazione degli artt. 143, 151, 2697 c.c., nonché l'omessa valutazione di un fatto storico, perchè il giudice del merito non ha applicato il principio in base a cui, dimostrata da parte del coniuge richiedente l'addebito l'inosservanza del dovere di fedeltà da parte dell'altro, si presume che sia stata tale inosservanza a determinare l'intollerabilità della convivenza, salvo che il coniuge responsabile provi, come fatto estintivo, che la crisi coniugate fosse da imputare a fatti diversi, operando in tal caso un'inversione dell'onere della prova. Nella specie, nessuna prova della mancanza di tale nesso è stata fornita dalla Ci Con il terzo motivo viene censurata la violazione degli artt. 143, 151, 2697 c.c., perché la Corte d'appello ha omesso un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, essendo tale comparazione necessaria per riscontrare se e quale incidenza abbiano rivestito le condotte dei coniugi nel determinarsi della crisi coniugale. Nella specie non è stata dedotta né provata alcuna violazione dei doveri coniugali compiuta dall'odierno ricorrente. Al contrario, è provato che la relazione extraconiugale della Ci. abbia avuto un peso fondamentale nel verificarsi della crisi. Con il quarto motivo si censura la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c, nonché omessa valutazione di un fatto storico, in ordine alla valutazione delle deposizioni testimoniali. Si sostiene in particolare che il giudice abbia trascurato il valore delle deposizioni dei testimoni del sig. La To. dalle quali non emergeva alcuna problematica all'interno della coppia coniugale e attribuito un valore superiore alle deposizioni dei figli in mancanza di elementi oggettivi di riscontro. Con il quinto motivo si censura la violazione dell'art. 92 c.p.c., dovendo l'odierno ricorrente, alla luce di quanto sopra, ritenersi vittorioso anche nel secondo grado di giudizio. I primi tre motivi - da trattarsi congiuntamente, denunciando entrambi la non corretta valutazione del materiale probatorio e l'erronea ripartizione dell'onus probandi - sono manifestamente infondati. In primo luogo deve osservarsi che la pronuncia di addebito non può fondarsi sulla sola violazione dei doveri posti dall'art. 143 c.c. a carico dei coniugi, essendo, invece, necessario accertare se tale violazione, lungi dall'essere intervenuta quando era già maturata una situazione di intollerabilità della convivenza, abbia, viceversa, assunto efficacia causale nel determinarsi della crisi del rapporto coniugale. L'apprezzamento circa la responsabilità di uno o di entrambi i coniugi nel determinarsi della intollerabilità della convivenza è istituzionalmente riservato al giudice di merito Cass. n. 18074/2014, par. 2.10 Cass. n. 4550/2011 . In tema di onere della prova, questa Corte ha affermato che grava sulla parte che richieda, per l'inosservanza degli obblighi nascenti dal matrimonio, l'addebito della separazione all'altro coniuge l'onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale all'accertata violazione ex multis, Cass. 3923/2018, par. 2 . Nella specie la Corte d'appello ha imputato a una situazione di estrema e prolungata tensione tra i coniugi, tale da determinare l'impossibilità di prosecuzione di una civile convivenza, la causa della separazione, rilevando altresì che siffatta situazione si è verificata antecedentemente alla violazione dei doveri coniugali obbligo di fedeltà e di coabitazione da parte della Ci Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, l'abbandono del tetto coniugale non giustifica l'addebito ove sia motivato da una giusta causa costituita dal determinarsi di una situazione di intollerabilità della convivenza coniugale Cass. 4540/2011 . Il quarto motivo è inammissibile, in quanto si risolve nella contestazione dell'accertamento di fatto e della valutazione probatoria della Corte territoriale, non equivalendo il controllo di legittimità alla revisione del ragionamento decisorio né costituendo occasione per accedere ad un terzo grado ove fare valere la ritenuta ingiustizia della decisione impugnata Cass., sez. un., n. 8053/2014, n. 7931/2013 . Inoltre, la dedotta violazione dell'art. 115 c.p.c. non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice di merito abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, ma soltanto nel caso in cui il giudice abbia giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio Cass., sez. un., n. 16598/2016, n. 11892/2016 . Parimenti la violazione dell'art. 116 c.p.c. è configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile Cass. n. 11892/2016, n. 13960/2014, n. 20119/2009, n. 26965/2007 . Il quinto motivo, relativo alla ripartizione delle spese processuali, è manifestamente infondato, in quanto esse sono state correttamente poste a carico del soccombente. La memoria di parte ricorrente insiste su una diversa ripartizione dell'onere della prova. Ma la causalità delle condotte in sé significative ai fini dell'addebito allontanamento e infedeltà è stata esclusa dalla Corte d'Appello e solo un riesame dei fatti può mutare questo giudizio, del tutto rimesso al giudice del merito. Il medesimo rilievo vale per la richiesta di diversa valutazione della rilevanza delle prove testimoniali. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza tenuto conto, a norma dell'art. 133 T.U. N. 115/2002, che la controricorrente vittoriosa risulta ammessa al Patrocinio a spese dello Stato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito. Dispone che il pagamento sia eseguito in favore dello Stato. Dà atto, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pan a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.