Le Sezioni Unite negano il riconoscimento della paternità a seguito di maternità surrogata all’estero

Il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero, con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d’intenzione, trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali quali la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione. La tutela di tali valori non esclude peraltro la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici quali l’adozione in casi particolari.

Con la pronuncia n. 12193/19 pubblicata in data 8 maggio, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha enunciato il sopra riportato principio di diritto in materia di trascrizione e riconoscimento nel nostro ordinamento dell’atto di nascita formatosi all’estero derivante dal contratto di maternità surrogata, vietato come noto nel nostro ordinamento. I fatti di causa. Il caso sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione riguarda due uomini, cittadini italiani, sposati in Canada, Paese nel quale avevano fatto ricorso alla maternità surrogata consentita purché a titolo gratuito con l’intervento di due donne, l’una donatrice di ovociti e l’altra che aveva portato a termine la gravidanza consegnando poi alla nascita i due neonati ai due uomini italiani. I coniugi, dopo aver ottenuto il riconoscimento in Italia della paternità biologica in capo ad uno dei due, richiedevano all’ufficiale di stato civile di trascrivere anche il provvedimento della corte canadese con cui era stato accertato il rapporto di genitorialità tra l’altro coniuge e i minori, seppur in assenza di legami biologici e genetici. L’ufficiale dello stato civile rifiutava di riconoscere tale provvedimento e di modificare nel senso richiesto l’atto di nascita. I coniugi presentavano ricorso alla Corte d’Appello ai sensi dell’art. 67 l. n. 218/95 affermando, tra l’altro, che i minori erano anche cittadini italiani e che entrambi i coniugi avevano sin dalla nascita assunto il ruolo di padre e venivano riconosciuti come tali tanto dai figli quanto anche dalla cerchia di amici, familiari e colleghi. L’accoglimento della Corte d’Appello. La Corte d’Appello di Trento accoglieva il ricorso sui presupposti che il riconoscimento del provvedimento straniero non fosse contrario all’ordine pubblico, desunto dai principi supremi e fondamentali della Costituzione, dei Trattati dell’Unione Europea, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e che ciò fosse conforme al superiore interesse del minore alla conservazione dello status di figlio riconosciutogli in un atto validamente formatosi all’estero con la conseguenza che il mancato riconoscimento di tale status avrebbe determinato un pregiudizio per i minori, precludendo il riconoscimento in Italia di tutti quei diritti nascenti dal rapporto di filiazione col genitore d’intenzione. Secondo la Corte d’Appello la circostanza che in Italia non sia consentito ricorrere alla surrogazione di maternità non è ostacolo al riconoscimento dell’efficacia del provvedimento canadese posto che la Corte Europea di Strasburgo in questo argomento lascerebbe agli Stati contraenti un ampio margine di apprezzamento e le conseguenze dei divieti posti dalla legge 40 del 2004 non possono ricadere su chi è nato. Il ricorso alla Corte di Cassazione. Profili preliminari. Avverso tale sentenza propongono ricorso il Procuratore Generale e il Ministero dell’Interno ed il Sindaco di Trento, resistendo con controricorso i due coniugi. Assegnata la causa alle Sezioni Unite, il Collegio di nove giudici dichiara ammissibile il ricorso da parte del Ministero e del Sindaco essendo questa una controversia di stato da risolversi in contraddittorio con Sindaco, ufficiale di stato civile, ed eventualmente col Ministero dell’Interno legittimato ad intervenire e ad impugnare la decisione, in quanto titolare della competenza in materia di tenuta dei registri dello stato civile. Diversamente, il Pubblico Ministero, che è litisconsorte necessario, non ha poteri di impugnazione. Circa i controricorrenti, non è legittimato ad agire il genitore d’intenzione perché privo della rappresentanza dei minori non avendo egli la responsabilità genitoriale sui medesimi. La contrarietà all’ordine pubblico. La Corte di Cassazione critica il ragionamento logico-giuridico che ha condotto la corte di merito nel non considerare principio di ordine pubblico il divieto di surrogazione di maternità art. 12 l. n. 40/2004 e nel considerare, dunque, prevalente l’interesse superiore dei minori a conservare il loro status formatosi all’estero. Al contrario, le Sezioni Unite enunciano il seguente principio di diritto In tema di riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero, la compatibilità con l’ordine pubblico, richiesta dagli artt. 64 e ss l. n. 218/1995 deve esser valutata non solo alla stregua dei principi fondamentali della nostra Costituzione e di quelli consacrati nelle fonti internazionali e sovranazionali, ma anche del modo in cui gli stessi si sono incarnati nella disciplina ordinaria dei singoli istituti, nonché dell’interpretazione fornitane dalla giurisprudenza costituzionale ed ordinaria”. Il divieto di ricorrere alla maternità surrogata costituisce ordine pubblico, così come riconosciuto dalla Corte Costituzionale quando ha affermato che la legge n. 40/2004 è una legge costituzionalmente necessaria. In questo caso, il bilanciamento di interessi è effettuato dalla legge che ha scelto di vietare la maternità surrogata ove l’interesse al favor veritatis riveste natura pubblica perché correlato ad una pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane” Corte Cost. 272/2017 . L’interesse del minore. Secondo le Sezioni Unite, pertanto, non è condivisibile il ragionamento della Corte d’Appello di Trento che ha attribuito prevalenza all’interesse dei minori alla conservazione dello status acquisito all’estero, nonostante la pacifica insussistenza del legame biologico tra il genitore d’intenzione e i figli, rispetto al divieto imposto per legge alla surrogazione di maternità. In quest’ambito prevale il favor veritatis alla identità biologica e genetica. Ad ogni buon conto, tranquillizzano i giudici di legittimità, il superiore interesse del minore è tutelato attraverso strumenti di tutela già presenti nel nostro ordinamento che consentono la costituzione di un legame giuridico tra la prole e il genitore intenzionale come nel caso dell’adozione in casi particolari, con particolare riferimento all’adozione da parte del partner stepchild adoption art. 44, comma 1, lett. d, l. n. 184/1983 . La conformità con la Corte Edu. L’interpretazione delle Sezioni Unite è conforme anche alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo allorquando non ha ravvisato una violazione delle norme della Convenzione ne caso in cui il mancato riconoscimento del rapporto genitoriale pieno tra il genitore non biologico e la prole non preclude a quest’ultima l’inserimento nel nucleo familiare della coppia genitoriale né l’accesso al trattamento giuridico ricollegabile allo stato di figlio, pacificamente riconosciuto verso l’altro genitore biologico. Il principio di diritto. Le Sezioni Unite, pertanto, nel riconoscere che il divieto di ricorrere alla maternità surrogata costituisce principio di ordine pubblico volto a tutelare valori fondamentali individuati nella dignità umana della gestante e dell’istituto dell’adozione, afferma che ciò è un ostacolo all’ingresso nel nostro ordinamento dell’efficacia di un provvedimento straniero che abbia accertato il rapporto di filiazione tra il genitore intenzionale e la prole nata a seguito di surrogazione di maternità. Nel bilanciamento di interessi, i valori di cui sopra sono prevalenti rispetto all’interesse dei figli alla conservazione dello status acquisito all’estero, interesse che, in ogni caso, viene tutelato attraverso il ricorso ad altri strumenti giuridici quali l’adozione in casi particolari che crea un rapporto genitoriale con le limitazioni dell’art. 44, lett. d , l. n. 184/1983 in tema di successione e parentela.