La madre perde la casa coniugale anche se la figlia maggiorenne, trasferitasi all’estero, torna spesso a casa

Posto che, ai fini dell’assegnazione della casa familiare in favore di un genitore, il figlio deve avere uno stabile collegamento con l’abitazione e deve risiedervi in maniera prevalente, la madre perde il diritto all’assegnazione della casa familiare anche se la figlia, trasferitasi all’estero, fa ritorno a casa con frequenza. In questo ultimo caso, infatti, si configura un rapporto di mera ospitalità.

Così si è pronunciata la Cassazione con l’ordinanza n. 11844/19, depositata il 6 maggio. Figlia maggiorenne trasferita all’estero. La Corte d’Appello di Venezia rigettava il reclamo avverso la decisione di primo grado, che aveva revocato l’assegnazione della casa familiare in favore della madre poiché la figlia maggiorenne si era trasferita all’estero. Avverso tale decisione ha proposto ricorso la madre lamentando che i Giudici non avessero valutato adeguatamente la circostanza che l’allontanamento della figlia dalla casa familiare fosse solo temporaneo e che, nonostante il trasferimento all’estero, la giovane facesse ritorno a casa con frequenza. Utilizzo saltuario della casa familiare. La Corte rileva che, nonostante la figlia maggiorenne faccia ritorno presso l’abitazione familiare con una certa frequenza, ciò non esclude che essa abbia trasferito il centro delle proprie attività ed interessi all’estero . Inoltre, continuano i Giudici, la giurisprudenza ha chiarito in varie occasioni che l’utilizzazione saltuaria della casa familiare da parte della prole esclude la circostanza che tale abitazione rappresenti ancora l’ambiente domestico e il centro degli affetti Cass. n. 11218/13 . Criterio dello stabile collegamento e della prevalenza temporale. Oltretutto, secondo quanto chiarito dalla Cass. n. 4555/19 la nozione di convivenza rilevante agli effetti dell’assegnazione della casa familiare comporta la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, della ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di mera ospitalità . Ciò che rileva, dunque, è da un lato il criterio dello stabile collegamento con l’abitazione del genitore che, pur potendo non essere quotidiana, deve vedere il figlio farvi ritorno appena possibile e dall’altro quello dell’effettiva prevalenza temporale della presenza in casa familiare rispetto al periodo fuori da essa. Svolto il sopradetto ragionamento, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 2 aprile – 6 maggio 2019, n. 11844 Presidente Scaldaferri – Relatore Nazzicone Rilevato in fatto - che è stato proposto ricorso, sulla base di due motivi, avverso il decreto della Corte d’appello di Venezia n. 349 del 17 ottobre 2017, di rigetto del reclamo avverso la decisione di primo grado pronunciata della L. n. 898 del 1970, ex art. 9, la quale ha ridotto l’ammontare del contributo mensile a carico del padre per il mantenimento della figlia maggiorenne, nonché revocato l’assegnazione della casa familiare in favore della madre odierna ricorrente, in considerazione del trasferimento della figlia all’estero - che si difende con controricorso l’intimato. Ritenuto in diritto - che i motivi di ricorso possono essere così riassunti 1 vizio di motivazione in relazione all’art. 115 c.p.c. , avendo la corte territoriale omesso di valutare i documenti prodotti dalla reclamante, volti a dimostrare il carattere meramente temporaneo dell’allontanamento della figlia maggiorenne dalla città di residenza 2 violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, con nullità della decisione, per la mera apparenza e la contraddittorietà della motivazione, avendo il giudice d’appello ritenuto sciolto il legame della figlia maggiorenne con la città ove era ubicata la casa familiare, salvo poi riconoscere la frequenza con cui quest’ultima si reca presso tale abitazione - che il primo motivo è inammissibile - che questa Corte ha chiarito in numerose occasioni come il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa e plurimis Cass. 16812/2018 Cass. 19150/2016 - che, nel caso di specie, il ricorso non contiene indicazione circa la decisività dei documenti, neppure specificamente indicati, che si reputa non siano stati valutati dal giudice di merito - che, inoltre, tali risultanze anagrafiche - al pari degli altri elementi probatori dall’odierna ricorrente prodotti nel corso del giudizio di merito ed espressamente menzionati nella motivazione della decisione censurata - sono inidonee ad invalidare i dati probatori posti a fondamento della decisione in primis, si veda quanto dalla corte dedotto in forza della audizione della stessa figlia maggiorenne - che, in definitiva, la formulazione di tale motivo di ricorso pare piuttosto essere funzionale all’ottenimento in questa sede di un inammissibile riesame del merito e a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo della parte - che il secondo motivo di ricorso è parimenti inammissibile - che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra le affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Cass. Sez. U. 8053/2014 - che, nel caso di specie, la motivazione dell’impugnato decreto risulta essere puntuale, coerente e perfettamente idonea a consentire di individuare il procedimento logico-giuridico che ne costituisce fondamento, nonché pienamente conforme alla giurisprudenza di legittimità - che, infatti, la circostanza per cui la figlia maggiorenne si rechi con una certa frequenza presso l’abitazione materna non esclude la conclusione fattuale, di cui al decreto impugnato, secondo cui essa abbia trasferito il centro delle proprie attività ed interessi all’estero - che, d’altronde, questa Corte ha chiarito in diverse occasioni come il carattere del tutto saltuario dell’utilizzazione da parte della prole dell’originaria casa familiare escluda che questa possa ancora rappresentarne l’habitat domestico e, di conseguenza, il centro dei suoi affetti Cass. n. 11218/13 , e come la nozione di convivenza rilevante agli effetti dell’assegnazione della casa familiare comporti la stabile dimora del figlio presso l’abitazione di uno dei genitori, con eventuali, sporadici allontanamenti per brevi periodi, e con esclusione, quindi, della ipotesi di saltuario ritorno presso detta abitazione per i fine settimana, ipotesi nella quale si configura invece un rapporto di mera ospitalità deve, pertanto, sussistere un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, benché la coabitazione possa non essere quotidiana, essendo tale concetto compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché egli vi faccia ritorno regolarmente appena possibile quest’ultimo criterio, tuttavia, deve coniugarsi con quello della prevalenza temporale dell’effettiva presenza, in relazione ad una determinata unità di tempo anno, semestre, mese Cass. 4555/2012 - che, pertanto, nessuna censura può essere mossa all’impugnato decreto, avendo la corte valutato, con apprezzamento di fatto insindacabile, la cessazione della necessità del mantenimento dell’assetto abitativo fruito dalla figlia delle parti in epoca antecedente alla separazione - che la condanna alle spese segue la regola della soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte costituita, di Euro 3.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi , oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. In caso di diffusione del presente provvedimento, dispone omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.