Il consenso alla pubblicazione di dati dei minori di anni 14 in internet spetta ai genitori

La tutela della vita privata e dell’immagine e del minore - tradizionalmente garantita dagli artt. 10 c.c., e 4, 7, 8 e 145 d.lgs. n. 196/2003, in materia di tutela dei dati personali e gli artt. 1 e 16, comma 1 della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo e art. 97 l. n. 633/1941 - oggi comprende quanto statuito dal regolamento UE n. 679/206 entrato in vigore il 25.05.2018 e dalle norme di adeguamento del codice della privacy contenute nel d.lgs. n. 101/2018, secondo le quali, con riguardo all'offerta diretta di servizi della società dell’informazione, il trattamento dei dati personali dei minori di anni quattordici da parte di terzi, dunque anche alla pubblicazione delle foto, può avvenire solo previo consenso di chi esercita la potestà genitoriale.

Sussiste periculum in mora e quindi è legittimata l’azione cautelare, nella pubblicazione ad opera di terzi, di foto, la quale deve considerarsi un’attività in sé pregiudizievole per via delle caratteristiche proprie di internet, che consente a chiunque di avvicinarsi ai bambini dopo avere visto le loro foto online e anche, mediante operazioni di fotomontaggio, di produrre e far circolare materiale pedopornografico. Tali i principi ribaditi dal provvedimento del Tribunale di Rieti, datato 6 marzo 2019, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. Il caso la pubblicazione sui social di foto di minori da parte di terzi. All’origine della vicenda giudiziaria, secondo quanto prospetta la ricorrente, la pubblicazione sui social network ripetuta nel tempo di alcune foto con la presenza di minori nonché di commenti riferiti alla madre di questi. L’autrice delle pubblicazioni è l’amante di un uomo e i minori sono i figli di questi. Le pubblicazioni avvengono sia prima che dopo il divorzio e nonostante una diffida inviata dalla madre dei bambini mesi prima del divorzio e, ancora, nonostante l’inserimento, in sede di divorzio, della condizione secondo cui solo i genitori avrebbero potuto pubblicare le foto dei minori, e non terze persone, salvo il consenso di entrambi. Con il divorzio i figli vengono affidati congiuntamente ai genitori con collocazione presso la madre. Proseguendo le dette pubblicazioni – in seguito alla diffida erano state cancellate, ma poi erano riprese sebbene con l’oscuramento dei volti in una prima fase e poi a volti scoperti dopo il divorzio - la madre ricorre al giudice in via cautelare, ed il giudice accoglie il ricorso, con le motivazioni ed i termini che stiamo per vedere. Ammissibilità delle prove depositate con note nel procedimento cautelare? Esprimendosi sull’ammissibilità delle foto depositate con le note autorizzate, dunque successivamente alla proposizione del ricorso, in primis, il Giudice osserva che esse prove corrispondono a ben vedere a quelle depositate in sede di ricorso. In ogni caso, rammenta come in sede di procedimento cautelare, la fase dell’istruzione probatoria sia sommaria e semplificata e non soggetta al rigore delle forme e dei limiti del procedimento di cognizione piena, potendo il giudice ammetterle al di là dei suddetti, ove rilevanti e funzionali allo scopo, in coerenza con le esigenze di speditezza tipiche dei procedimenti cautelari cfr. Tribunale di Bologna, 04.10.2005 Tribunale di Arezzo, 15.03.2002 Trib. Rieti, 6.03.2019 . Condizioni sull’esperibilità dell’azione cautelare. In via preliminare il giudice è chiamato ad esprimersi sulla sussistenza delle condizioni prescritte dalla legge per l’esperimento del giudizio cautelare, il fumus boni iuris – cioè la probabile sussistenza del diritto soggettivo - ed il periculum in mora , cioè il pericolo, durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, che questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile v. art. 700 c.p.c. menziona sul punto le sentenze Trib. Milano 28.02.1996, Trib. Pistoia 22.4.00, Trib. Nola, 26.02.2003 . Secondo la ricorrente il periculum in mora qui è dato dal pregiudizio imminente e irreparabile per i minori che potrebbe derivare dal tempo occorrente per fare valere il diritto in via ordinaria. A sua volta, la resistente contesta la presenza del periculum, affermando che esso deve essere presente non solo al momento in cui è proposta l’azione cautelare, ma anche dopo, in corso di causa, dovendosi escludere nel caso in cui la domanda sia proposta una volta trascorso dall’evento lesivo un tempo pari a quello che sarebbe trascorso con l’esperimento dell’azione in via ordinaria. La resistente sostiene inoltre che in seguito alla diffida il periculm non sussiste, essendo state le foto rimosse, dunque l’azione cautelare non ha ragione di essere esperita. Ciò non è però, osserva il Giudice, quanto risulta dall’abbondante materiale fotografico allegato dalla ricorrente nel giudizio da esso si evince infatti quanto asserito dalla ricorrente e cioè che le pubblicazioni sono proseguite ben oltre la diffida, sia pure con l’oscuramento dei volti, nonché dopo la sentenza di divorzio, e quivi a volto scoperto, nonostante la condizione richiesta dalla madre in sede di divorzio la resistente, da parte sua, non ha specificamente contestato le circostanze indicate nel ricorso e avvenute successivamente alla diffida pubblicazioni con volto coperto, condizioni indicate in sede di divorzio, nuove pubblicazioni con volto scoperto , né i tempi cui si riferisce il materiale fotografico prodotto, limitandosi a chiederne lo stralcio. Dunque, il periculum in mora , che deve essere grave ed irreparabile e tale da non poter attendere i tempi del giudizio in via ordinaria e richiedere invece un intervento preventivo e immediato, sussiste. La tutela in caso di pubblicazioni di foto di minori sui social network. Passando al merito, cioè alla verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti per cui si richiede l’intervento cautelare nel caso di specie, relativo alla pubblicazione e divulgazione di foto e dati di minori su social network, il Giudice premette che si terrà conto di elementi quali l’a – territorialità della rete, che consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico potenzialmente mondiale e globalizzato, per un tempo non circoscrivibile . Successivamente il provvedimento procede con l’esposizione del quadro giuridico in cui si muove la tutela dei minori in caso di pubblicazioni della loro immagine o di altri dati. In punto di fumus boni iuris , la ricorrente, con riferimento alla pubblicazione senza scopo di lucro, aveva richiamato i riferimenti normativi degli artt. 10 c.c. e 4, 7, 8 e 145 del d.lgs. n. 196/2003, e degli artt. 1 e 16, comma 1 della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo, affermando inoltre che la pubblicazione di foto di minori social network costituisce in sé un potenziale pregiudizio, determinando la diffusione di immagini presso un numero indeterminato di persone, tra le quali vi può essere chi voglia avvicinarsi ai bambini con cattive intenzioni o montare le loro immagini al fine di produrre materiale pedopornografico da diffondere in internet. Il Giudice indica quali tradizionali riferimenti normativi in materia di vita privata e tutela dell’immagine quelli già indicati dalla ricorrente e poi rileva che con lo sviluppo dei sistemi di diffusione delle immagini nel web, è mutato anche lo scenario normativo, segnatamente ad opera delle nuove norme in materia di privacy introdotte dal regolamento europeo n. 679/206 entrato in vigore il 25.05.2018, il quale prevede una tutela specifica per i dati personali dei minori, i quali possono non essere consapevoli dei rischi che corrono, ed ammette il trattamento dei dati personali nella società dell’informazione dei minori di anni sedici solo dietro consenso di chi esercita la responsabilità genitoriale Cons. n. 38 il regolamento prevede poi che gli stati membri possono abbassare detto limite di età, ma non oltre i tredici anni v. art. 8 . Nel nostro ordinamento il decreto di adeguamento del Codice della Privacy e cioè il d.lgs. n. 101/2018 ha stabilito come limite di età i quattordici anni v. art. 2, comma 2- quinques dunque, nell’ordinamento italiano è espressamente previsto che in relazione all'offerta diretta di servizi della società dell'informazione, il trattamento dei dati personali inerenti i minori di anni quattordici, dunque anche alla pubblicazione delle foto, è soggetto al consenso di chi esercita la potestà genitoriale. Inoltre, rammenta il Giudice, la diffusione delle immagini ritraenti le persone deve avvenire nel rispetto dell’onore, del decoro e della reputazione ex art. 97, L. n. 633/1941 . A tali dati normativi si aggiungono, nel caso de quo, le condizioni stabilite al momento divorzio in merito al consenso dei genitori per la pubblicazione da parte di terzi circa la pubblicazione di foto dei figli. Dunque, sussiste il fumus boni iuris e sussiste anche il periculum. Il Giudice condivide pienamente la prospettazione della ricorrente sul punto, citando altresì giurisprudenza cita cioè Trib. Mantova 19.09.2017 e menziona il Trib. Roma 23.12.2017 il pregiudizio, si osserva, è insito nella pubblicazione di foto di minori sui social, date la caratteristiche proprie di internet, il quale consente a chiunque di avvicinarsi ai bambini dopo avere visto le loro foto online e anche, mediante operazioni di fotomontaggio, di produrne e far circolare materiale pedopornografico, come più volte rilevato dalle forze di polizia. Il giudice dunque accoglie la domanda cautelare ritenendo presenti entrambe le condizioni previste e per l’effetto ordina la rimozione di immagini, informazioni o dati presenti nonché, per il futuro, l’inibitoria, in assenza di consenso dei due genitori, della detta pubblicazione su social network e mass media. Condanna in caso di mancato o tardivo adempimento. Ma il giudice accoglie anche la richiesta di condanna ex art. 614- bis c.p.c. e cioè delle misure di coercizione indiretta nei casi di condanna ad obblighi diversi dal pagamento di somme e dunque stabilisce la somma che la resistente dovrà pagare per il caso ritardo nella rimozione o di mancato rispetto dell’inibitoria osserva il giudice che tali misure sono in primis funzionali ad indurre l’adempimento degli ordini contenuti nel provvedimento e al contempo ad evitare o ridurre la produzione del danno, assicurando già in fase cautelare un serio ristoro nel caso che l’inadempimento perduri in funzione deflattiva del contenzioso successivo quello relativo al risarcimento del danno concetti espressi dal Trib. Cagliari con l’ ord. 19.10.2009, menzionata nel provvedimento . Con il provvedimento, la resistente è altresì condannata al pagamento delle spese di giudizio.

Tribunale di Rieti, sez. Civile, sentenza 6 – 7 marzo 2019 Giudice Sbarra Considerato che in data 10.06.2000 contraeva matrimonio con Da. Ia Dall’unione nascevano i figli Ma., il 17.03.2007, e La., il 06.12.2010. I coniugi si separavano con separazione consensuale omologata il 19.12.2012 e successivamente divorziavano con sentenza del Tribunale di Roma del 16.11.2018. I figli erano affidati congiuntamente ai genitori con collocazione presso la madre 2. Che già prima del divorzio l’attuale compagna di Da. Ia., Ga. Fr., era solita pubblicare, sul suo profilo Facebook e su altri social networks, le foto dei figli minorenni della ricorrente e dell’ex marito nonchè dei commenti indirizzati, seppure senza farne il nome, alla prima 3. Che, quindi, essendo risultati vani gli inviti per le vie brevi effettuati dalla Lo. sia alla medesima che allo Ia., la ricorrente inoltrava formale diffida a mezzo di lettera raccomandata del 24.01.2018, solo a seguito della quale la Ga. rimuoveva le foto e i commenti 4. Che, tuttavia, in un secondo momento, la pubblicazione delle foto dei minori riprendeva, seppur con il viso coperto, seguita da commenti offensivi sia della Ga. sia delle cognate della medesima 5. Che, quindi, in sede di divorzio congiunto la ricorrente pretendeva l’inserimento della seguente condizione la pubblicazione di fotografie dei figli minori sui social network sarà consentita esclusivamente ai genitori e non a terze persone, salvo consenso congiunto di entrambi” 6. Che, tuttavia, dopo il divorzio la pubblicazione riprendeva, sia su Facebook sia su Instagram, senza alcun oscuramento nemmeno del viso 7. Che, dunque, la pubblicazione senza scopo di lucro di immagini dei minori integrebbe la violazione dell’art. 10 c.c., nonché degli artt. 4, 7, 8 e 145 del D.lgs. 196/2003, e degli artt. 1 e 16, 1° comma, della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo 8. Che il pregiudizio per un minore sarebbe insito nella diffusione della sua immagine, in quanto l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi, determinando la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini, non potendosi trascurare il pericolo che qualcuno, con procedimenti di fotomontaggi ne tragga materiale pedopornografico da far circolare in rete 9. Che il periculum in mora deriverebbe dal tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, potendo comportare, per i minori, un pregiudizio imminente ed irreparabile. Preso atto che che con la propria comparsa di costituzione e di risposta Ga. Fr. assumeva - che il periculum deve essere presente non solo al momento della proposizione del ricorso ma anche in corso di causa, dovendosi reputare insussistente in caso di tardiva proposizione della domanda cautelare, ossia quando il ricorrente invochi la tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. dopo che sia trascorso dall'evento lesivo un periodo di tempo pari a quello che sarebbe stato occorrente per tutelare il diritto controverso per mezzo di un ordinario giudizio di merito - che, quanto alla pubblicazione delle foto, la medesima Lo. sosterrebbe che le foto dei minori sono state rimosse sin dal gennaio 2018, in seguito a diffida inoltrata alla resistente. Ne discenderebbe l’insussistenza del periculum, stante la condotta adempiente della Ga., confermata ufficialmente dalla stessa difesa della ricorrente - che, quanto ai commenti, trattasi di presunti commenti offensivi da parte di soggetti terzi, sui quali la Ga. non poteva e non può avere alcun preventivo controllo, peraltro in assenza di un espresso riferimento alla ricorrente - che, dunque, la fattispecie in esame denoterebbe la totale assenza di qualsivoglia elemento quantomeno il periculum che giustifichi il ricorso alla tutela in via d’urgenza, atteso che dal gennaio 2018 la Ga. spontaneamente dava seguito alle richieste della ricorrente spiegate in via di diffida, come affermato dalla difesa della stessa Lo. in sede di ricorso introduttivo. Alla prima udienza del 19.02.2019, il Giudice concedeva temine per note di replica a parte ricorrente, riservando all’esito la decisione. Osserva In via preliminare, deve rilevarsi l’ammissibilità ed utilizzabilità della documentazione fotografica depositata da parte ricorrente, in uno alle note autorizzate. In primo luogo, tale documentazione è la medesima già prodotta in sede di ricorso introduttivo sub. All. nn. 7 e 8 fascicolo di parte ricorrente , con l’unica differenza che le copie prodotte in sede di note recano evidenziata la data della pubblicazione dei posts sui relativi social networks. Tali coordinate temporali risultano, peraltro, già indicate in sede di ricorso introduttivo, laddove a pagina 2 si legge dopo il divorzio quindi, dopo la data del 16.11.2018 la pubblicazione è ripresa sia su Facebook sia su Instagram senza alcun oscuramento nemmeno degli occhi doc. n/ri 7 e 8 ”. In secondo luogo, si osserva brevemente come, in sede cautelare, l’istruzione probatoria della causa sia sommaria e semplificata, essendo rimessa al giudice la possibilità di ammettere le prove senza rispettare le forme ed i limiti imposti dalla legge per la cognizione piena, purchè rilevanti e funzionali allo scopo, in coerenza con le esigenze di speditezza tipiche dei procedimenti cautelari cfr. Tribunale di Bologna, 04.10.2005 Tribunale di Arezzo, 15.03.2002 . Ciò premesso, si osserva, in via generale, come la concessione del provvedimento d’urgenza presuppone una cognizione necessariamente semplificata rispetto a quella del giudizio di merito, pur nella necessaria ricorrenza dei requisiti fumus boni iuris e del periculum in mora. Nella fattispecie, il c.d. fumus boni iuris è la probabile sussistenza del diritto soggettivo” di cui il ricorrente chiede la tutela, in quanto teme che un pregiudizio possa incidere negativamente nella propria sfera giuridica. Quanto, poi, al secondo requisito, ai fini della concessione del provvedimento occorre che il diritto del ricorrente sia seriamente soggetto al rischio di subire, per il tempo occorrente a farlo valere in via ordinaria, un danno grave capace di arrecare un pregiudizio definitivo tale da rendere inutile la successiva sentenza che ne accertasse la sussistenza, laddove detto pregiudizio non deve essere solo grave ed irreparabile” ma anche imminente”, cioè concretamente incombente al momento della presentazione della istanza e tale da richiedere un intervento preventivo immediato cfr. Trib. Milano 28.2.96, Trib. Pistoia 22.4.00, Trib. Nola 26.2.03 . Tutto ciò chiarito quanto ai presupposti della tutela d’urgenza, si osserva che, dalla documentazione prodotta in atti e dalle allegazioni delle parti, le prospettazioni della ricorrente appaiono fondate, stante l’abbondante documentazione fotografica allegata – con specifico riguardo agli all. nn. 3, 4 laddove è dimostrata la pubblicazione di immagini dei bambini – seppure con il volto coperto – successivamente alla diffida, nell’agosto dello scorso anno , 7, 8 del ricorso e le medesime immagini depositate con le note autorizzate dalle quali risulta la pubblicazione di ulteriori posts, contenenti immagini dei bambini senza il volto coperto, nel dicembre dello scorso anno, successivamente alla sentenza di divorzio . A fronte delle allegazioni e della produzione documentale della ricorrente, la difesa resistente si è limitata ad insistere in ordine alla insussistenza del requisito del periculum, stante il fatto che – come affermato dalla medesima ricorrente – in seguito alla diffida la Ga. spontaneamente dava seguito alle richieste della Lo Tuttavia, parte resistente non ha specificamente contestato le ulteriori circostanze evidenziate nell’atto introduttivo, ovvero che i successivamente alla diffida ed alla rimozione delle immagini, la Ga. riprendeva la pubblicazione sui propri profili social, seppure coprendo il volto dei minori cfr. all. n. 4 al ricorso ii per tale motivo, la Lo. pretendeva l’inserimento, tra le condizioni di divorzio, del previo consenso di entrambi i genitori per la pubblicazione, a mezzo social networks, di fotografie ritraenti i minori cfr. all. nn. 5 e 6 al ricorso iii in seguito al divorzio, la Ga. riprendeva a pubblicare foto dei bambini, senza neanche coprirne il viso cfr. all. n. 8 al ricorso e foto allegate alle note . Né parte resistente ha provveduto a contestare le immagini depositate in atti sopra indicate ovvero la relativa contestualizzazione temporale e richiamate nella narrazione dei fatti contenuta nel ricorso medesimo, limitandosi a richiedere lo stralcio della documentazione prodotta in sede di note autorizzate. Di talché le eccezioni della difesa resistente – in ordine alla insussistenza del requisito del periculum in mora, stante la risalenza nel tempo della condotta lamentata e la non attualità della lesione – non possono essere accolte. Passando, quindi, all’esame del merito della questione, onde verificare la sussistenza dei presupposti dello strumento cautelare nel particolare ambito della pubblicazione e divulgazione, a mezzo social networks, di immagini e dati afferenti soggetti minori. Con la necessaria premessa che i requisiti del fumus e del periculum andranno valutati tenendo conto di elementi quali l’a – territorialità della rete, che consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico potenzialmente mondiale e globalizzato, per un tempo non circoscrivibile. Al riguardo, si osserva che la tutela della vita privata e dell’immagine dei minori ha trovato tradizionalmente cittadinanza, nel nostro ordinamento, nell’art. 10 c.c. concernente la tutela dell’immagine nel combinato disposto degli artt. 4,7,8 e 145 del D.Lgs. 30.06.2003 n. 196 riguardanti la tutela della riservatezza dei dati personali nonché negli artt. 1 e 16 I co. della Convenzione di New York del 20-11-1989, ratificata dall’Italia con legge 27-5-1991 n. 176 laddove, in particolare, l’art. 16 stabilisce che 1. Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. 2. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti” . Con l’evoluzione dei sistemi di diffusione delle immagini legate allo sviluppo del web, lo scenario normativo è mutato, adattandosi alle nuove realtà digitali, laddove Il Considerando n. 38 del regolamento UE n. 679/2016 del 27.04.2016 entrato in vigore il 25.05.2018 dispone che i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali ” L’ art. 8 del citato regolamento – rubricato Condizioni applicabili al consenso dei minori in relazione ai servizi della società dell’informazione – prevede che qualora si applichi l’articolo 6, paragrafo 1, lettera a il consenso , per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un’età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni.” Pertanto, riprendendo la distinzione fra i c.d. petite enfantes e grands enfantes, già esistente nel diritto francese, la nuova disciplina comunitaria impone che il consenso necessario ai fini del trattamento dei dati personali del minore, e dunque anche per le immagini che possano identificarlo, nel caso di minori di anni sedici, sia prestato dai soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, in vece dei propri figli, concordemente fra loro e senza arrecare pregiudizio all’onore, al decoro e alla reputazione dell’immagine del minore art. 97 L.n. 633/41 . In tale prospettiva, il legislatore italiano, col decreto di adeguamento del Codice Privacy D.Lgs. 101/18 art. 2 quinquies , ha fissato il limite di età da applicare in Italia a 14 anni, espressamente prevedendo che, con riguardo ai servizi della società dell'informazione, il trattamento dei dati personali del minore di età inferiore a quattordici anni è lecito a condizione che sia prestato da chi esercita la responsabilità genitoriale. Tali considerazioni in punto di fumus boni iuris della domanda cautelare in avanzata sono, peraltro, ulteriormente rafforzate dalla circostanza che, in sede di divorzio congiunto, Ilario Lo. e Da. Ia. hanno espressamente stabilito che la pubblicazione di fotografie dei figli minori sui social network sarà consentita esclusivamente ai genitori e non a terze persone, salvo consenso congiunto di entrambi”. Con tale previsione, dunque, i medesimi ex coniugi hanno inteso regolamentare – nell’interesse della prole – le modalità di diffusione delle relative immagini sul web, subordinandola al consenso congiunto di entrambi. Ciò chiarito in ordine al fumus boni iuris, si osserva la sussistenza, altresì, del periculum in mora – atteso che l’inserimento di foto di minori sui social network deve considerarsi un’attività in sé pregiudizievole in ragione delle caratteristiche proprie della rete internet. Il web, infatti, consente la diffusione dati personali e di immagini ad alta rapidità, rendendo difficoltose ed inefficaci le forme di controllo dei flussi informativi ex post. In questo senso, la più recente giurisprudenza ha evidenziato che l’inserimento di foto di minori sui social network costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia il pregiudizio per il minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network” cfr. Tribunale di Mantova, 19 settembre 2017 in senso conforme, Tribunale di Roma – Sez. I Civ. del 23 dicembre 2017 . Alla luce della considerazioni sopra svolte, quindi, ritenuta la domanda sorretta dai requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, il ricorso deve essere accolto, con conseguente condanna della resistente alla rimozione – dai propri profili social – delle immagini relative ai minori Ma. e La. Ia. ed alla contestuale inibitoria dalla futura diffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori. Parimenti, merita accoglimento la richiesta di condanna ex art. 614 bis c.p.c Al riguardo, si rileva come la misura prevista dalla richiamata norma sia funzionale, innanzitutto, a favorire la conformazione a diritto della condotta della parte inadempiente e di qui ad evitare la produzione del danno ovvero a ridurre l'entità del possibile pregiudizio, assicurando anche in sede cautelare l'esigenza di garantire un serio ristoro di fronte al perdurare dell'inadempimento, in funzione deflattiva del possibile contenzioso successivo, limitato all'eventualità che si produca un danno non integralmente soddisfatto dalla statuizione giudiziale cfr. sul punto in termini Trib. Cagliari ord. 19 ottobre 2009 . Nella presente vicenda, l’applicazione dell’astreinte è pienamente giustificata dall’esigenza di tutelare l’integrità dei minori e l’interesse ad evitare la diffusione delle proprie immagini a mezzo web nonchè, in quanto collegato a questo, dell'interesse del genitore a cui spetta pretendere il rispetto degli obblighi sopra sanciti. P.Q.M. Il Tribunale di Rieti, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta a R.G. n. 2008/2018, e vertente tra le parti di cui in epigrafe, così provvede - Accoglie il ricorso - Per l’effetto, dispone che Ga. Fr. provveda, entro il 31 marzo 2019, alla rimozione di immagini, informazioni, dati relativi ai minori Ma. e La. Ia. inseriti su social networks, comunque denominati - Inibisce dal momento della comunicazione del presente provvedimento a Ga. Fr. la diffusione in social networks, comunque denominati, e nei mass media delle immagini, delle informazioni e di ogni dato relativo ai minori Ma. e La. Ia., in assenza del consenso di entrambi i genitori - Determina ex art. 614-bis c.p.c., nella misura di Euro 50,00, la somma dovuta da Ga. Fr., per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, in favore dei minori in solido tra loro, da versarsi su conto corrente intestato ai minori medesimi - Condanna Ga. Fr. a rifondere alla ricorrente Lo. Il. le spese del presente giudizio, che liquida nella somma di Euro 1.500,00 per compensi, Euro 316,37 per esborsi, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge. Si comunichi.