Il rispetto dei giorni liberi di preavviso per la convocazione dell’assemblea della comunione ereditaria

In materia comunione ereditaria, fra la data della ricezione della convocazione dell’assemblea e la data fissata per la tenuta dell’assemblea stessa, devono essere rispettati i termini liberi di preavviso.

Così il Tribunale di Roma con sentenza n. 20212/18, depositata il 23 ottobre. Il caso. L’attrice, con atto di citazione, dichiarava di essere comproprietaria iure ereditatis con le convenute di una serie di immobili e che si era tenuta un’assemblea della comunione alla quale non aveva partecipato. In particolare, l’attrice chiedeva l’annullamento delle delibere assunte durante la suddetta assemblea. Si costituivano in giudizio le convenute chiedendo il rigetto della domanda attorea. La decisione del Tribunale. Con riferimento al caso in esame, il Tribunale afferma che, stando difronte ad un’ipotesi di comunione ereditaria e non vertendo in un caso di condominio negli edifici, non si applica la disposizione normativa di cui all’art. 66 disp. att. c.c., ma la norma di cui all’art. 1105 c.c. che non indica un termine di convocazione ma riconosce al giudice la valutazione della congruità del termine concesso. Ebbene, nella fattispecie, si evince che l’avviso di convocazione dell’assemblea sarebbe stato recapitato alla parte attrice solo il giorno prima dell’assemblea e un solo giorno libero non può essere considerato un termine congruo a consentire ai comunisti di partecipare informati o di attivarsi per delega qualora non riuscissero a partecipare personalmente. Sulla base di quanto esposto, il Tribunale di Roma dichiara cessata la materia del contendere, condannando le convenute alla rifusione delle spese di giudizio.

Tribunale di Roma, sez. V Civile, sentenza 22 – 23 ottobre 2018, n. 20212 Giudice Ghiron Fatto e diritto Con citazione introduttiva del giudizio l’attrice esponeva di essere comproprietaria iure ereditatis con le convenute di alcuni immobili e, che in data 31-7-2015, si era tenuta un’assemblea della comunione alla quale non aveva partecipato. Che le delibere assunta in tale data erano illegittime fra l’altro in quanto non erano stati rispettati i giorni liberi di preavviso. Concludeva chiedendo che le impugnate delibere fossero annullate e che nella doveva in base alle stesse. Si costituiva parte convenuta chiedendo il rigetto dell’avversa domanda. Nel corso del giudizio si dava atto che successiva delibera aveva sostituito quelle impugnate. All’esito del giudizio venivano precisate le conclusioni come in atti e, all’udienza del 20-6-2018, la causa veniva trattenuta in decisione con i termini di cui all’art. 190 cpc. Deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere avuto riguardo alla domanda avanzata dall’attrice. Invero, come emerge dalle allegazioni delle parti v. in particolare la memoria ex art. 190 cpc n. 1 di parte attrice laddove quest’ultima riconosce che successiva delibera ha sostituito quella impugnata , è emerso, appunto, che la successiva delibera del 19-7-2016 ha sostituito quella impugnata con la conseguenza che la presente decisione non è più idonea ad incidere concretamente sulla res litigiosa v. Cass. 11961/04 e Cass. 10344/09 né sotto il profilo della validità/invalidità della delibera impugnata né sotto il profilo delle sue ‘conseguenze’ per effetto della sua successiva ‘sostituzione’ non potendo, la delibera sostituita da altra diidentico tenore, produrre ulteriormente effetti. E del tutto errata è l’allegazione della difesa dell’attrice secondo la quale, in caso di identità di delibere, non vi è ’necessità di impugnare la successiva’. Ciò perché la delibera ‘successiva’ costituisce nuova manifestazione di volontà della comunione che supera la prima mentre l’impugnazione della prima non vale a superare gli eventuali vizi della seconda che ben possono essere diversi e devono essere fatti valere con specifica ulteriore impugnazione. In ordine alle spese, per le quali l’attrice mantiene l’interesse ad agire ed a conseguire una pronunzia giudiziale, si deve ricorrente al criterio della soccombenza teorica e si deve, pertanto, valutare in astratto quale delle parti sarebbe risultata vincitrice. Ritiene questo giudicante che la prima delle doglianze sollevate da parte attrice, volta a conseguire una pronuncia di annullamento delle delibere assunte in data 31-7-2015 in quanto non sarebbero stati rispettati i termini liberi di preavviso che debbono decorrere fra la data della ricezione della convocazione e la data fissata per la tenuta dell’assemblea, sia risultata astrattamente fondata e che quindi le delibere impugnate avrebbero dovuto essere annullate. Al riguardo mette conto di rilevare che nel caso in esame, trattandosi di comunione ereditaria e non vertendosi in ipotesi di condominio negli edifici, non si applica la norma di cui all’art. 66 disp att cc norma speciale ma la disposizione di cui all’art. 1105 cc che non prevede un termine di convocazione ma demanda al giudice la valutazione della congruità del termine in concreto concesso Cass. 9291/92, Cass. 26408/08 e Cass. 29747/17 . Ciò posto si osserva che, dalle non contestate allegazioni di parte attrice, emerge che l’avviso di convocazione dell’assemblea sarebbe stato recapitato solo il 29-7-2015 e cioè concedendo un solo giorno libero prima dell’assemblea. Ritiene questo giudicante che tale termine di un solo giorno libero non possa all’evidenza ritenersi congruo per consentire ai comunisti di partecipare informati e per consentire loro di attivarsi per una personale partecipazione o per delega, che deve essere rilasciata per iscritto, previa individuazione del soggetto incaricato a partecipare per conto di altri. La necessità della concessione di più di un giorno libero si appalesa necessaria per quanto emerge dalla comune esperienza laddove sia necessario organizzarsi per la partecipazione o per l’individuazione di altro soggetto cui conferire delega scritta. Assorbite le ulteriori doglianze. Alla soccombenza teorica segue la condanna della parte convenuta a rifondere, in favore di controparte, le spese di lite che si liquidano come in dispositivo tenendo in cale, a mente dell’art. 92 cpc, il rigetto dell’istanza ex art. 1109 cc. P.Q.M. Definitivamente decidendo, ogni ulteriore eccezione o allegazione assorbita, dichiara cessata la materia del contendere. Condanna il convenuto a rifondere, in favore di controparte, le spese del giudizio che liquida in complessivi €4800,00 di cui €300,00 per spese vive ed €4500,00 per compensi oltre iva, cpa e spese generali.