Marito dispotico: addebitabile a lui la separazione

Impossibile, secondo i Giudici, paragonare la condotta del marito, che ha intimidito e maltrattato la moglie, con la condotta di lei, che è semplicemente venuta meno ai suoi doveri coniugali. A rendere impossibile la prosecuzione della convivenza è stato quindi palesemente il comportamento violento del marito.

Colpevole il marito dispotico e violento per la separazione dalla moglie. Irrilevante, invece, il comportamento della donna, anche se ella è venuta meno ai propri doveri coniugali Corte di Cassazione, ordinanza n. 31901, sezione prima civile, depositata oggi Reazione. Una volta ufficializzata nel 2010 la separazione della coppia, la battaglia legale è focalizzata sull’ addebito della rottura coniugale. Su questo fronte la donna sostiene l’intollerabilità della convivenza a causa del comportamento dispotico e violento del marito , caratterizzato anche da una relazione extraconiugale . Questa ricostruzione non convince però i Giudici, che prima in Tribunale e poi in Corte d’Appello osservano che la condotta violenta e intimidatoria dell’uomo non poteva avere efficacia causale rispetto all’intollerabilità della convivenza poiché emersa precedentemente . E a questo proposito i Giudici spiegano che la condotta aggressiva dell’uomo era stata innescata come reazione all’ostinato comportamento della moglie, la quale, constatato il rifiuto del marito di assecondare il suo progetto di fargli adottare il proprio figlio naturale, era venuta meno ai suoi doveri coniugale , contribuendo così, secondo i giudici, significativamente all’intollerabilità della convivenza . Violenza. La visione tracciata in Appello viene però messa fortemente in discussione dai Giudici della Cassazione, i quali, pur ritenendo necessario un nuovo giudizio in secondo grado, sembrano valutare come plausibile l’ipotesi dell’ addebito della separazione al marito. In premessa, vengono considerati come certi i comportamenti del marito, ossia le condotte violente e i maltrattamenti ai danni della moglie. Partendo da questo dato di fatto, i Giudici del Palazzaccio criticano la Corte d’Appello, che ha ignorato la regola secondo cui le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di quelle violenze . E, aggiungono i Magistrati della Cassazione, il loro accertamento esonera il giudice di merito dal dovere di procedere alla comparazione col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei . Invece, in questa vicenda, i Giudici di secondo grado hanno omesso di considerare l’efficacia causale della condotta violenta del marito sulla crisi coniugale, effettuando una erronea comparazione tra la condotta attribuita a lei e quella ascritta a lui e deducendone che la crisi coniugale sarebbe stata innescata anche dal comportamento della donna, la quale era venuta meno ai suoi doveri familiari . Ma su questo fronte non si può ignorare, spiegano in chiusura i Giudici della Cassazione, che il marito non ha a sua volta richiesto l’addebito della separazione alla moglie e quindi è irrilevante accertare l’efficacia causale della condotta ascritta alla donna sulla intollerabilità della prosecuzione della convivenza tra i due coniugi.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 9 ottobre – 10 dicembre 2018, n. 31901 Presidente Giancola – Relatore Caiazzo Rilevato che Con sentenza del 2010 il Tribunale di Trani pronunciò la separazione personale dei coniugi Ma. Gr. Dell’Og. e Vi. Fr., rigettando l'istanza di addebito proposta dalla moglie che lamentava l'intollerabilità della convivenza a causa del comportamento dispotico e violento del marito, nonché una sua relazione extraconiugale. La Dell’Og. propose appello, che fu respinto della Corte d'appello di Bari. La stessa Dell’Og. impugnò per cassazione con ricorso accolto dalla Corte con ordinanza del 30.1.14 che cassò la sentenza impugnata per palese illogicità e contraddittorietà della motivazione, rinviando alla Corte territoriale. La Dell’Og. riassunse il giudizio innanzi alla Corte d'appello di Bari si costituì il Vi Con sentenza del 29.7.15, la Corte ha rigettato ancora l'appello osservando che gli elementi probatori acquisiti a sostegno dell'istanza di addebito della separazione coniugale a Fr. Vi., relativi alla condotta violenta ed intimidatoria di quest'ultimo, non avevano efficacia causale rispetto all'intollerabilità della convivenza, in quanto emersa precedentemente. In particolare, il giudice d'appello ha rilevato che la condotta aggressiva del Vi. era stata innescata proprio a seguito dell'ostinato comportamento della moglie la quale, constatato il rifiuto del marito di assecondare il suo progetto di far adottare il suo figlio naturale dallo stesso Vi., era venuta meno ai suoi doveri coniugali, contribuendo dunque significativamente all'intollerabilità della convivenza. Avvero detta sentenza, la Dell’Og. ha proposto altro ricorso per cassazione affidato a due motivi. Non si è costituito il Vi., al quale il ricorso è stato notificato in mani del procuratore. Ritenuto che Con il primo motivo è denunziata la violazione dell'art. 384 c.p.c. per aver il giudice del rinvio fatte proprie le motivazioni della sentenza poi cassata per vizio di motivazione, pur condividendo la tesi della Corte di Cassazione circa la decisività della condotta violenta del marito nel causare la crisi coniugale, nonché degli artt. 143 e 151, c.c., in quanto la Corte d'appello ha ritenuto non provata l'imputabilità al marito della condotta causativa dell'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, avendo erroneamente escluso che i comportamenti violenti ascritti al Vi., oggetto anche di procedimento penale definito in appello con pronuncia d'estinzione del reato per prescrizione in tema, Cass., n. 22200/2010 , ne avessero costituito causa efficiente. Con il secondo motivo è dedotto l'omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte d'appello adottato una motivazione identica a quella ritenuta non corretta dalla sentenza della cassazione, e per non aver esaminato tutti i fatti allegati e provati nonché alcune delle prove testimoniali assunte a sostegno della richiesta di addebito della separazione coniugale al Vi Il primo motivo va accolto. Preliminarmente, va osservato che la Corte territoriale non ha violato l'art. 384 c.p.c. in quanto, come dalla stessa Corte evidenziato in sentenza, la sentenza cassata era affetta da vizio di motivazione e non da violazione di legge. Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in caso di cassazione con rinvio per vizi di motivazione, il giudice del rinvio conserva tutti i poteri di indagine e di valutazione della prova e può compiere anche ulteriori accertamenti, purché essi trovino giustificazione nella sentenza di annullamento con rinvio e nell'esigenza di colmare le lacune e le insufficienze da questa riscontrate. Detto principio, pertanto, non opera in ordine ai fatti che la sentenza di cassazione ha considerato come definitivamente accertati per non essere investiti dall'impugnazione, ne' in via principale ne' in via incidentale, e sui quali la pronuncia di annullamento è stata fondata in tal caso, un nuovo e diverso accertamento dei fatti deve ritenersi precluso nel giudizio di rinvio Cass., SU, n. 19217/03 n. 12102/14 . La critica è fondata in relazione alla violazione degli artt. 143 e 151, c.c Nella fattispecie, in applicazione dei suddetti principi, ai fini della verifica dell'addebitabilità o meno al Vi. della separazione, la Corte d'appello avrebbe dovuto mantenere fermi i fatti già considerati accertati dalla Corte di Cassazione ossia le condotte violente e i maltrattamenti attuati dal marito senza però incorrere nell'illogicità e contraddittorietà di giudizio riscontrate nella relativa valutazione. La Corte di merito rispetto a quei fatti avrebbe dovuto anche tenere conto della regola secondo cui le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all'altro, costituiscono violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore di esse. Al riguardo, va osservato che il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, col comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di atti che, in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti omogenei Cass., n. 3925/18 n. 7388/17 n. 4333/16 . Invece, la Corte d'appello ha omesso di considerare l'efficacia causale della condotta violenta del Vi. sulla crisi coniugale, effettuando un'erronea comparazione tra la condotta attribuita alla ricorrente e quella ascritta al marito, presupposta dall'ordinanza n. 2086/2014 che ha cassato la prima sentenza della Corte d'appello, per inferirne che la crisi coniugale sarebbe stata innescata anche dal comportamento della Dell'Og. la quale era venuta meno ai suoi doveri familiari. D'altra parte, non avendo il Vi. a sua volta richiesto l'addebito della separazione alla moglie, è irrilevante accertare l'efficacia causale della condotta ascritta alla Dell'Og. sull'intollerabilità della prosecuzione della convivenza. Il secondo motivo, relativo al vizio motivazionale, è da ritenere assorbito dall'accoglimento del primo. Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte territoriale, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.