No al riconoscimento di adozione disposta all'estero in violazione della normativa italiana

Il Tribunale per i Minorenni di Bologna ha rigettato la domanda di riconoscimento di un’adozione disposta all’estero da parte di due coniugi il marito cittadino italiano e la moglie cittadina bulgara e italiana, ma entrambi residenti in Italia i quali avevano fittiziamente spostato la residenza in Bulgaria al fine di accelerare le pratiche adottive.

Sul tema il Tribunale per i minorenni di Bologna con decreto depositato l’11 maggio 2018. Il caso. Nel delicato caso affrontato dal Tribunale per i Minorenni di Bologna i due istanti, marito e moglie, l’uno cittadino italiano e l’altra cittadina sia bulgara sia italiana, entrambi residenti in Italia, chiedevano il riconoscimento di un provvedimento di adozione emesso dalle competenti autorità bulgare. In particolare, nell’atto introduttivo i ricorrenti evidenziavano che l’adozione del bambino era stata originariamente disposta, in Bulgaria, nei confronti della moglie successivamente il marito aveva spostato la sua residenza proprio nel Paese estero e aveva riconosciuto il bambino come suo figlio. Dagli atti di causa, pertanto, risultava che il minore fosse figlio biologico del ricorrente e figlio adottivo della ricorrente. Nel corso dell’istruttoria, il Tribunale provvedeva a sentire i coniugi i quali ammettevano di aver seguito questo particolare iter al fine di aggirare la normativa italiana in materia di adozione, sfruttando la cittadinanza bulgara della moglie e riuscendo in questo modo a ottenere l’adozione in poche settimane, senza lunghe attese. Tra l’altro, emergeva che le autorità bulgare, a seguito dell’adozione, avevano iscritto la donna quale madre biologica del minore, stratagemma spesso adottato dalle autorità di quel Paese, come dichiarato dalla donna, con l’unico obiettivo di impedire al bambino, una volta divenuto adulto, di accedere alle proprie origini. Legge applicabile. Il Tribunale, da parte sua, evidenzia che ai coniugi devono applicarsi gli artt. 29- bis l. n. 184/1983 e 40 l. n. 218/1995, i quali prevedono che sia applicata la legge italiana nel caso in cui gli adottanti siano residenti in Italia o cittadini italiani residenti all’estero. Non può essere applicato l’art. 36 l. n. 184/1983 dal momento che richiede, quale requisito per poter applicare la legge straniera in questo caso, per ipotesi, la normativa bulgara , la residenza all’estero prima dell’adozione per almeno due anni. Ne consegue, pertanto, il rigetto della domanda dei coniugi in ogni caso, il Tribunale ritiene che, in virtù della situazione familiare di fatto creatasi e del legame affettivo consolidatosi tra il minore e i due istanti, non si possa escludere la possibilità di formalizzare tale condizione di fatto mediante una eventuale richiesta ex art. 44, lett. d , l. n. 184/1983 per valutare, con le modalità ivi indicate, l’opportunità di operare in tal senso ove ciò si riterrà rispondente all’esclusivo e preminente interesse del bambino. Fonte ilfamiliarista.it

Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna in Bologna, decreto 5 aprile 11 maggio 2018 Presidente Spadaro Giudice Tarozzi Fatto e diritto Letti gli atti relativi all'istanza proposta dal sig. omissis cittadino italiano e dalla sig.ra omissis cittadina italiana e bulgara , residenti a omissis in con la quale si chiede che venga dichiarato efficace in Italia il provvedimento emesso in data omissis dal Tribunale regionale di omissis BULGARIA con il quale la sig.ra omissis ha adottato il minore omissis letta altresì la richiesta del sig. omissis il quale ha chiesto di inserire ad integrazione del suddetto provvedimento di adozione ed al certificato di nascita del minore, la dichiarazione dallo stesso effettuata nello studio del notaio omissis presso la città di Sofia in data 15/02/2017 e registrato come atto n., con il quale il comune di ha provveduto a registrare il minore come omissis , dunque, come figlio del sig. omissis considerato che - in data 31/08/2017 perveniva a questo Tribunale la richiesta dei coniugi omissis - omissis volta ad ottenere il riconoscimento in Italia ai sensi dell'art. 41 comma 2., L. n. 218/1995 con conseguente trascrizione nei registri di Stato Civile del Comune di omissis del provvedimento di adozione emesso in data 31/01/2017 con il quale la sig.ra omissis ha adottato il minore omissis - in data 07/09/2017 il sig. omissis chiedeva di inserire ad integrazione del provvedimento di adozione e al certificato di nascita del minore, la dichiarazione dallo stesso effettuata davanti ad un notaio presso la città di Sofia in data 15/02/2017, con la quale lo stesso riconosceva il minore omissis omissis come proprio figlio, attribuendogli il nome omissis . In forza di tale dichiarazione, infatti, il Comune di omissis provvedeva a registrare il minore come figlio del sig. omissis - in ragione delle particolarità del caso concreto e nel precipuo interesse del minore, il Tribunale riteneva opportuno ascoltare i due coniugi. Dall'istruttoria esperita dinanzi ai Giudici onorari delegati emergeva che i coniugi omissis - omissis avevano deciso di intraprendere un percorso di adozione in Bulgaria sfruttando la cittadinanza straniera della sig.ra omissis , in ragione della complessità e delle tempistiche troppo onerose della procedura italiana. In particolare, il sig. omissis riferiva io sono un dipendente statale qui in Italia e per adottare assieme a mia moglie in Bulgaria avrei dovuto prendere due anni di aspettativa e pertanto abbiamo deciso di procedere con l'adozione di un solo coniuge con il consenso del marito . A questo punto la sig.ra omissis otteneva l'adozione del minore e il sig. omissis registrava la propria domiciliazione a presso la residenza dei genitori della moglie al fine di poter successivamente fere richiesta di riconoscimento del piccolo omissis . In merito a tale ultimo adempimento, il sig. omissis riferiva che ai fini della creazione del certificato di nascita, il Comune bulgaro non avesse chiesto particolari requisiti e quindi, di fatto, lo stesso risultava come padre biologico del minore. Sulla scorta dei dati sin qui brevemente illustrati, può procedersi all'esame del merito della domanda. La questione oggetto di giudizio concerne in primis, la corretta applicazione della normativa italiana in materia di adozione internazionale di cui si occupano le disposizioni della L. n. 184/1983. Tali norme stabiliscono che l'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai principi e secondo le direttive della Convenzione dell'Aja, resa esecutiva nel nostro ordinamento dalla legge n. 476/1998. Ai sensi dell'art 29 bis della L. n. 184/1983, la disciplina in esame si applica all'adozione di un minore straniero residente all'estero, qualora gli adottanti siano persone residenti in Italia o cittadini italiani residenti in uno Stato straniero e si svolge, nel primo caso, dinanzi al Tribunale per i minorenni del distretto in cui gli adottanti hanno la residenza, mentre nel secondo dinanzi a quello del distretto in cui si trova il luogo della loro ultima residenza. Coerentemente con tali principi, l'art. 40 della L. n. 218/1995 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, nell'indicare il giudice competente in materia di adozione stabilisce che la giurisdizione in materia appartiene al giudice italiano quando gli adottanti o uno di essi siano italiani o siano residenti in Italia. Tanto premesso, risulta opportuno osservare come i coniugi omissis - omissis , entrambi cittadini italiani residenti in Italia, siano inequivocabilmente assoggettati alla normativa italiana e tenuti, pertanto, all'osservanza dei principi introdotti dagli artt. 29 bis e ss. della L. n. 184/1983. Tale assunto è suffragato non solo da quanto statuito dai già citati artt. 29 bis, L. n. 184/1983 e 40, L. n. 218/1995, ma anche da quanto stabilito dall'art. 38, L. n. 218/1995 che, nell'indicare la legge applicabile alla costituzione del rapporto adottivo, prevede tre diversi criteri di collegamento a cascata a la cittadinanza dell'adottante o degli adottanti, se comune b la residenza comune degli adottanti c il luogo in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. In ogni caso la norma in parola prevede l'applicazione del diritto italiano quando si chiede al giudice italiano l'adozione legittimante di un minore. Alla luce di simili considerazioni, atteso che i coniugi avrebbero dovuto avviare le pratiche di adozione internazionale conformemente alla normativa italiana per le ragioni suesposte, deve tuttavia osservarsi come, in virtù della necessità di dare una risposta alle diverse esigenze che possono presentarsi in una società in continuo movimento, il legislatore e la giurisprudenza non possono ignorare il crescente fenomeno di quelle coppie che, per diverse ragioni, decidano di sfruttare la cittadinanza di uno dei coniugi per intraprendere un'adozione nazionale nello Stato d'origine del coniuge straniero. Un simile modus operandi non è considerato illegittimo ma deve tuttavia rispondere a determinate regole volte ad evitare una frode alla legge, ovvero che la disciplina italiana in materia di adozione venga aggirata ed elusa ad opera dei cittadini italiani. In ossequio a tali principi, l'art. 36 comma 4 della L. n. 184/1983 prevede che l'adozione pronunciata dalia competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i minorenni, purché conforme ai principi della Convenzione . Orbene, atteso che in forza di tale disposizione i coniugi italiani possono scegliere se seguire la procedura stabilita dalla normativa italiana o quella dello Stato in cui risiedono, la coppia che voglia intraprendere un percorso di adozione nazionale nel Paese di origine del coniuge straniero deve avere avuto residenza continuativa in tale Paese per almeno due anni consecutivi e dimostrare di avervi effettivamente soggiornato. La ratio dell'art. 36, L. n. 184/1983, pertanto, risponde all'esigenza di evitare che le norme italiane vengano aggirate, ad esempio, mediante uno spostamento fittizio di residenza in un altro Stato. Risulterà allora fondamentale che la coppia dimostri di aver risieduto all'estero per almeno due anni e ciò sarà possibile o mediante la produzione del certificato di iscrizione all'A.I.R.E. o, in mancanza, attraverso ogni altra documentazione che possa dimostrare l'effettività della residenza all'estero. Durante il colloquio dinanzi ai Giudici Onorari, il sig. omissis dichiarava che, essendo omissis dipendente statale e non potendo richiedere due anni di aspettativa, aveva deciso, di concerto con sua moglie, di procedere in Bulgaria con l'adozione di un solo coniuge, prestando dunque il consenso affinché la sig.ra omissis potesse adottare un minore in stato di abbandono. Si osserva che secondo l'art 38 comma 1, della L. n. 218/1995, ut supra debitamente argomentato, i presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione. Tuttavia si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo stato di figlio legittimo . Il riferimento al diritto nazionale dell'adottante può consentire di affermare l'operatività dei criteri elencati dalla norma de qua, anche in ordine alle fattispecie di adozioni poste in essere da una persona singola. Nell'ipotesi in cui l'adottante singolo sia titolare di più cittadinanze, sarà comunque possibile individuare la legge applicabile sulla base di quanto disposto dall'art. 19 della L. n. 218/1995, secondo il quale se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale . Nel caso sub indice, la sig.ra omissis si recava in Bulgaria al solo fine di adottare, aggirando la normativa italiana in materia senza peraltro produrre alcuna documentazione idonea a provare di aver risieduto all'estero per il tempo richiesto dalla legge agli atti, la signora risulta infatti residente in via omissis . Alla stregua di predetta disciplina, il Collegio non può pertanto ignorare come il provvedimento di adozione emesso in data 31/01/2017 con il quale la sig.ra omissis ha adottato il minore omissis , sia stato emanato in violazione della legge italiana in materia di adozione internazionale, essendosi la signora, cittadina italiana e bulgara residente in Italia, sottratta all'applicazione di tale disciplina. Né rientra nei poteri di questo Giudice la facoltà di integrare una sentenza pronunciata da un'Autorità straniera con un atto di nascita in cui, di fatto, si viene a costituire un vinculum filiationis pieno e legittimante a seguito di una dichiarazione effettuata dall'aspirante genitore dinanzi ad un notaio, al di fuori di qualsiasi garanzia giurisdizionale. Nella fattispecie concreta sottoposta al vaglio di questo Tribunale, infatti, la sig.ra omissis adottava il piccolo omissis e, contestualmente, il Tribunale regionale di omissis disponeva all'Ufficiale dello Stato civile di omissis di rilasciare il nuovo certificato di nascita del minore ove la signora omissis appare come sua madre biologica risulto come madre non adottiva ma unica di omissis questa è una modalità che la Bulgaria utilizza per non far accedere il minore alle sue origini cfr. verbale di udienza in atti . A tal proposito, il sig. omissis dichiarava io in quanto marito di mia moglie mi sono recato al Comune perché venisse registrata lì la mia domiciliazione, presso la residenza dei genitori di mia moglie che è a omissis essendo lei residente in Italia. Questo era un passaggio necessario al fine di poter successivamente fare richiesta di riconoscimento di omissis Per fare il certificato di nascita in Bulgaria, il Comune non ti chiede più di tanto di approfondire le specifiche e di fatto risulto come padre biologico perché quello è un certificato di nascita vero e proprio {cfr. verbale di udienza in atti . Ciò posto, deve osservarsi come nell'Ordinamento italiano la possibilità di sostituire al vincolo biologico un'attribuzione giuridica della responsabilità genitoriale sia necessariamente ed esclusivamente demandato all'autorità giurisdizionale alla quale è attribuito il compito di garantire che la procedura adottiva si svolga nel superiore interesse del minore, immune da qualsiasi tipo di abuso. Pertanto non potrà disporsi la trascrizione di un atto di nascita in cui la creazione del vincolo di filiazione derivi da una dichiarazione notarile proveniente dall'aspirante genitore e al di fuori delle garanzie processuali necessariamente richieste dalla normativa in tema di adozione. Sulla base delle ragioni suesposte la domanda dei coniugi omissis - omissis non può essere accolta. Tuttavia, dovendo il criterio del best interest of the child guidare imprescindibilmente l'operato del giudice nelle controversie aventi ad oggetto i minori, il Collegio non può sottrarsi dal rilevare come, in virtù della situazione familiare di fatto creatasi e del legame affettivo probabilmente consolidatosi tra il minore e i coniugi, non si possa escludere la possibilità di formalizzare tale condizione di fatto mediante un'eventuale richiesta ex art. 44, lett. d , L. n. 184/1983 per valutare, nelle modalità indicate dalla legge, l'opportunità di operare in tal senso ove ciò si riterrà rispondente all'esclusivo e preminente interesse del piccolo omissis . Il Collegio, alla luce di quanto riportato, nonostante il parere favorevole del P.M.M. P.Q.M. Rigetta la domanda dei coniugi omissis - omissis poiché l'adozione del minore omissis a seguito di sentenza di adozione e successivamente omissis a seguito di riconoscimento da parte di omissis non può essere dichiarata efficace in Italia in quanto disposta in violazione della normativa italiana in tema di adozione.