Matrimonio nullo per la Chiesa: niente mantenimento

Vittoria di un marito nella battaglia con la consorte. Decisivo il fatto che la pronuncia ecclesiastica sia divenuta efficace anche per lo Stato italiano. Ciò comporta la cessazione del vincolo coniugale, osservano i Giudici. Logica conseguenza è l’assenza del presupposto per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento.

Se il matrimonio – celebrato in chiesa – è dichiarato nullo dal Tribunale ecclesiastico, viene meno il vincolo coniugale e con esso anche le decisioni economiche, relative al rapporto moglie-marito, fissate nella separazione pronunciata dal Tribunale dello Stato italiano. Questo il paletto fissato dai Giudici del Palazzaccio, che hanno accolto il ricorso proposto da un marito e finalizzato a mettere in discussione – richiamando la nullità del matrimonio concordatario – il suo obbligo di versare 250 euro al mese alla consorte Cassazione, ordinanza n. 11553, Sezione Prima Civile, depositata oggi . Nullità. Prima puntata della vicenda è la pronuncia di separazione personale della coppia, con annesso assegno di mantenimento di 250 euro mensili in favore della donna. Seconda puntata è la decisione ecclesiastica con cui viene dichiarata la nullità del loro matrimonio concordatario . Proprio quest’ultimo dato viene richiamato dall’uomo per ‘suggerire’ ai giudici italiani la revoca del proprio obbligo verso la moglie. La richiesta viene accolta in Tribunale, ma, per la gioia della moglie, viene respinta in Corte d’Appello, dove i giudici, richiamando una pronuncia della Cassazione, ribadiscono che una volta formatosi il giudicato sull’attribuzione del diritto all’assegno, il sopravvenire della dichiarazione di nullità del matrimonio non può determinare il venire meno del diritto alla percezione dell’assegno . Le ultime fragili speranze dell’uomo sono affidate al ricorso che il suo legale propone in Cassazione, ricorso che però non sembra avere molte possibilità di raggiungere l’obiettivo. Vincolo. E invece, a sorpresa, i Giudici del Palazzaccio smentiscono la valutazione compiuta dalla Corte d’Appello, che aveva ritenuto che l’attribuzione di efficacia civile alla sentenza ecclesiastica di invalidità del vincolo coniugale, intervenuta dopo la pronuncia di separazione, non incide sulle statuizioni economiche accessorie al provvedimento di separazione su cui si è formato già il giudicato . Dai magistrati della Cassazione arriva una precisazione importante la separazione personale dei coniugi non elide, anzi presuppone, la permanenza del vincolo coniugale, sicché il dovere di assistenza materiale, nel quale si attualizza l’assegno di mantenimento, conserva la sua efficacia e la sua pienezza , mentre, invece, una volta sciolto il matrimonio civile o , come in questo caso, cessati gli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso , il rapporto coniugale si estingue definitivamente, sia sul piano dello status personale dei coniugi i quali devono essere considerati, da allora in poi, persone singole , sia su quello dei loro rapporti economico-patrimoniali e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale . E subito dopo i Giudici osservano che è innegabile che il vincolo matrimoniale venga meno anche – ed eventualmente ancor prima della definitiva decisione concernente il divorzio, se rispetto ad essa anteriore – allorquando sia resa efficace nello Stato italiano la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario . Di conseguenza, tirando le somme, una volta dichiarata l’invalidità originaria del vincolo matrimoniale, viene meno il presupposto per l’assegno di mantenimento , concludono i Giudici.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 13 aprile – 11 maggio 2018, n. 11553 Presidente Campanile – Relatore Campanese Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Successivamente alla pronuncia della separazione personale dei coniugi Al. Ma. e Ma. Pi. Ri., con attribuzione a quest'ultima di un assegno di mantenimento di Euro 250,000 mensili, il primo richiese, ai sensi dell'art. 710 cod. proc. civ., la revoca del proprio obbligo a corrispondere quell'assegno adducendo che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, era intervenuta la delibazione, da parte della competente corte di appello, della decisione ecclesiastica dichiarativa della nullità del loro matrimonio concordatario. 1.1. L'adito Tribunale di Benevento accolse la sua domanda, ma la Corte di appello di Napoli, decidendo sul corrispondente reclamo della Ri., riformò quella statuizione, respingendo la richiesta del Ma 1.2. Per quanto di interesse in questa sede, la corte partenopea, con il decreto del 27 giugno/4 luglio 2014, oggi impugnato, dopo avere rilevato che il primo giudice aveva fatto un non corretto richiamo a quella giurisprudenza relativa al diverso caso di pronuncia di nullità sopravvenuta prima del passaggio in giudicato della sentenza di separazione o di divorzio , affermò cfr. pag. 3 che il problema dei rapporti tra la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio e l'anteriore giudicato di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e ciò vale anche per la sentenza che ha pronunciato la separazione sul presupposto pacifico della validità del vincolo è stato affrontato . dalla Corte di Cassazione in due occasioni ed in entrambi i casi la Corte regolatrice è giunta alla conclusione che, una volta formatosi il giudicato sulla sentenza che attribuisce il diritto all'assegno divorzile ovvero il diritto all'assegno di mantenimento a favore del coniuge separato , il sopravvenire della dichiarazione di nullità del matrimonio non può determinare il venir meno del diritto alla percezione dell'assegno . I giudici napoletani, dunque, fecero propria tale conclusione, sostanzialmente invocando i principi adottati da Cass. n. 4202 del 2001. 2. Avverso tale decreto, il Ma. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, resistito dalla Ri 2.1. Con esso, rubricato violazione e falsa applicazione degli artt. 708 e 710 c.p.c, in relazione agli artt. 2909 cod. civ. e 324 c.p.c, ai sensi dell'art. 111 Cost., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c , si contesta alla corte territoriale di aver utilizzato una pronuncia di legittimità che, però, aveva esaminato la questione del giudicato formatosi su statuizioni economiche adottate nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, e non una sua fase transitoria o interlocutoria, quale è quella della separazione. Al contrario, assume il ricorrente che i bisogna piuttosto fare riferimento a quella costante giurisprudenza di legittimità secondo cui, resa esecutiva la sentenza della giurisdizione ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio, in pendenza della causa di separazione dei coniugi, e venuto perciò meno il vincolo matrimoniale, viene di conseguenza meno il potere-dovere del giudice di statuire in ordine all'assegno di mantenimento in favore del coniuge separato . e restano nella specie anche travolte le decisioni adottate sul punto nei precedenti gradi di giudizio . cfr. pag. 4 del ricorso ii il problema, nel caso di cui si discute, non è il rapporto tra le due giurisdizioni, civile ed ecclesiastica, quanto ciò che, invece, attiene agli effetti all'efficacia del giudicato, ai sensi dell'art. 2909 c.c La sentenza di delibazione della pronuncia ecclesiastica di nullità del matrimonio fa stato tra le parti ed assume l'autorità di cosa giudicata che preclude ogni altra pronuncia con essa contrastante al contrario, le statuizioni richieste ex art. 708 c.p.c. appaiono prive di qualsiasi attitudine al giudicato formale e sostanziale, costituendo provvedimenti meramente provvisori ed esecutivi e destinati, pertanto, a risultare travolti e caducati dinanzi alla delibazione, e cioè alla intervenuta efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario nello Stato Italiano cfr. pag. 6 del ricorso . 3. L'odierno ricorso, certamente ammissibile alla stregua di Cass., SU, n. 22238 del 2009 secondo cui il decreto emesso in camera di consiglio dalla corte d'appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull'istanza di revisione delle disposizioni accessorie alla separazione, in quanto incidente su diritti soggettivi delle parti, nonché caratterizzato da stabilità temporanea, che lo rende idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure rebus sic stantibus, è impugnabile dinanzi alla Corte di cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111 Cost. , va accolto per le ragioni di seguito esposte. 3.1. Esso pone all'attenzione della Suprema Corte il problema riguardante la sorte da attribuire alle statuizioni economiche e patrimoniali contenute nella pronuncia di separazione personale dei coniugi divenuta cosa giudicata, ed in particolare all'assegno di mantenimento riconosciuto ad uno degli ex coniugi, qualora sopraggiunga il provvedimento che attribuisce efficacia civile alla sentenza ecclesiastica di nullità del vincolo. Va, dunque, stabilito se, in simile ipotesi, l'obbligo di corresponsione dell'assegno permanga, oppure venga meno in virtù dell'efficacia retroattiva della dichiarazione di invalidità originaria del matrimonio. 3.2. La giurisprudenza di legittimità, peraltro, ha già avuto occasione di esprimersi sulle ipotesi, affatto diverse da quella appena descritta, in cui la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio intervenga allorquando tra i medesimi coniugi a sia ancora pendente il giudizio di separazione personale b sia ancora pendente il giudizio di divorzio c si sia già formato il giudicato in ordine ad una precedente sentenza di divorzio. 3.2.1. Con riferimento alla prima di tali fattispecie, si è affermato che il riconoscimento degli effetti civili della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio non è precluso dalla preventiva instaurazione di un giudizio di separazione personale tra gli stessi coniugi dinanzi al giudice civile, perché il giudizio e la sentenza di separazione personale hanno petitum e causa petendi, nonché conseguenze giuridiche, del tutto diverse rispetto a quelle del giudizio e della sentenza che dichiarano la nullità del matrimonio cfr. Cass. n. 3378 del 2012 Cass. n. 3339 del 2003 , ed è altresì consolidata l'opinione, qui condivisa, che, qualora, in pendenza del giudizio di separazione personale dei coniugi, siano riconosciuti gli effetti civili alla sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale, con decisione passata in giudicato, il giudizio di separazione viene meno per la cessazione della materia del contendere cfr. Cass. n. 30496 del 2017 Cass. n. 10794 del 2013 Cass. n. 399 del 2010 . 3.2.2. Circa la seconda, si è opinato che tra il giudizio di nullità del matrimonio concordatario e quello avente ad oggetto la cessazione dei suoi effetti civili non sussiste alcun rapporto di pregiudizialità, così che il secondo debba essere necessariamente sospeso, ex art. 295 cod. proc. civ., a causa della pendenza del primo ed in attesa della sua definizione, trattandosi di procedimenti autonomi, sfocianti in decisioni di natura diversa ed aventi finalità e presupposti differenti, di specifico rilievo in ordinamenti distinti cfr. Cass. 17969 del 2015 Cass. n. 2089 del 2014 Cass. n. 24990 del 2010 Cass. n. 11020 del 2005 Cass. n. 11751 del 2001 . 3.2.3. Quanto, invece, alla terza, in un primo periodo, nel vigore del Concordato lateranense e fino alla sentenza 9 dicembre 1993 n. 12144, la Corte di cassazione ha sempre ritenuto che l'esistenza della pronuncia di divorzio non impedisse il successivo riconoscimento in sede civile della sentenza canonica di nullità del vincolo, che travolgeva il provvedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio con tutte le relative pronunce, comprese quelle di natura economica. A sostegno di tale assunto veniva rilevato che la statuizione avente ad oggetto il divorzio non fa stato in ordine alla validità originaria del vincolo. Si osservava, infatti, che, nonostante valga il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, in realtà, dinanzi al giudice del divorzio, in difetto di specifica eccezione sul punto, non si ha statuizione riguardo alla validità del matrimonio, con la conseguenza che il provvedimento che ne dichiara la cessazione degli effetti civili lascia impregiudicata detta questione. Il rilievo acquistava ulteriore fondamento in presenza della riserva di giurisdizione a favore dei tribunali ecclesiastici in materia matrimoniale, ora venuta meno secondo la Suprema Corte di cfr. Cass., SU, n. 1824 del 1993 , in quanto il difetto di giurisdizione precludeva al giudice statale la stessa possibilità di sindacare la validità originaria del vincolo, con la conseguenza che, a maggior ragione, la pronuncia di divorzio non potesse far stato, neppure implicitamente, su detto aspetto. 3.2.4. Le prospettive sono mutate allorché la medesima Corte, nella sentenza 23 marzo 2001 n. 4202, pur riconoscendo che giudizio di divorzio e giudizio di nullità presentano differenti petitum e causa petendi, e che, dunque, la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio non ostacola la delibazione della sentenza canonica di invalidità del vincolo, ha ritenuto, tuttavia, che, relativamente ai capi del provvedimento di divorzio contenenti statuizioni di natura economica, debba essere applicata la regola secondo cui, una volta accertata con sentenza passata in cosa giudicata la spettanza di un diritto, stanti gli effetti sostanziali del giudicato ex art. 2909 del codice civile, questa non è suscettibile di formare oggetto di un nuovo giudizio al di fuori degli eccezionali e tassativi casi di revocazione previsti dall'art. 395 cod. proc. civ. . Ne deriverebbe l'intangibilità della pronuncia che attribuisce l'assegno di divorzio, una volta che sulla stessa si sia formato il giudicato, nonostante il sopravvenire della dichiarazione di invalidità originaria del vincolo. Nel nuovo orientamento giurisprudenziale viene, così, stabilita la permanenza dei provvedimenti economici accessori al divorzio anche in presenza della riconosciuta nullità del matrimonio, sebbene le sentenze che operano la cessazione degli effetti civili di detto vincolo siano soggette, quanto ai suddetti provvedimenti, al principio rebus sic stantibus, in quanto suscettibili di modifica ai sensi dell'art. 9 della legge 1 dicembre 1970 n. 898, in presenza di mutamenti delle condizioni originarie. Secondo tale interpretazione, infatti, la modificabilità dei provvedimenti emanati in sede di divorzio presuppone la presenza di giustificati motivi sopravvenuti, da intendere come circostanze che abbiano alterato l'assetto economico fra le parti, o di relazione con i figli, e non come circostanze che sarebbero state impeditive della emanazione della sentenza di divorzio e dell'attribuzione dell'assegno, le quali non sono idonee ad incidere sul giudicato se non nei limiti in cui sono utilizzabili attraverso il rimedio della revocazione . La ricordata novità giurisprudenziale è stata, poi, ripetutamente confermata da ulteriori pronunce cfr. Cass. n. 4795 del 2005 Cass. n. 3186 del 2008 Cass. n. 12989 del 2012 Cass. n. 21331 del 2013 , le quali hanno ribadito che l'attribuzione di efficacia civile alla sentenza ecclesiastica di invalidità del vincolo coniugale può intervenire nonostante la presenza della pronuncia di divorzio, ma vengono, comunque, fatte salve le statuizioni economiche accessorie al provvedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio sulle quali si sia già formato il giudicato, in forza del principio contenuto nell'art. 2909 cod. civ 3.3. Nella odierna fattispecie la corte partenopea ha utilizzato, per la propria decisione, proprio i principi da ultimo ricordati. Ha, infatti, ritenuto che l'attribuzione di efficacia civile alla sentenza ecclesiastica di invalidità del vincolo coniugale, intervenuta dopo la pronuncia di separazione, non incide sulle statuizioni economiche accessorie al provvedimento di separazione sulle quali si sia già formato il giudicato. 3.3.1. Tale affermazione non merita, però, condivisione, atteso che l'equiparazione, così realizzata, tra gli effetti della sopravvenuta delibazione, cioè della intervenuta efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario nello Stato Italiano, sul giudicato riguardante le statuizioni economiche adottate nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili di detto matrimonio e su quello afferente le statuizioni economiche accessorie al provvedimento di separazione non tiene conto della sostanziale diversità del contributo in favore del coniuge separato dall'assegno divorzile, sia perché fondati su presupposti del tutto distinti, sia in quanto disciplinati in maniera autonoma ed in termini niente affatto coincidenti. 3.3.2. La separazione personale dei coniugi, invero, non elide, anzi presuppone, la permanenza del vincolo coniugale, sicché il dovere di assistenza materiale, nel quale si attualizza l'assegno di mantenimento, conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto costituisce uno dei cardini fondamentali del matrimonio e non presenta alcun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche solo temporanea, di separazione. In altri termini, il rapporto coniugale non viene meno, determinandosi soltanto una sospensione dei doveri di natura personale, quali la fedeltà, la convivenza, la collaborazione al contrario, gli aspetti di natura patrimoniale permangono, sebbene assumendo forme confacenti alla nuova situazione cfr. Cass. n. 12196 del 2017 . 3.3.3. Diversamente, una volta sciolto il matrimonio civile o cessati gli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso, - sulla base dell'accertamento giudiziale, passato in giudicato, che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3 della legge n. 898 del 1970 se ne vedano anche gli artt. 1 e 2, mai modificati, nonché 4, commi 12 e 16 - il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sia sul piano dello status personale dei coniugi, i quali devono essere considerati, da allora in poi, persone singole , sia dei loro rapporti economico patrimoniali art. 191, comma 1, cod. civ. e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale art. 143, comma 2, cod. civ. , fermo, ovviamente, in presenza di figli, l'esercizio della responsabilità genitoriale, con i relativi doveri e diritti, da parte di entrambi gli ex coniugi cfr. art. 317, comma 2, e artt. da 337-bis a 337-octies cod. civ. . Perfezionatasi tale fattispecie estintiva del rapporto matrimoniale, il diritto all'assegno di divorzio art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, nel testo sostituito dall'art. 10 della legge n. 74 del 1987 è condizionato al previo riconoscimento di esso in base all'accertamento giudiziale della mancanza di mezzi adeguati dell'ex coniuge richiedente l'assegno, o comunque dell'impossibilità dello stesso di procurarseli per ragioni oggettive . La complessiva ratio dell'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, dunque, ha fondamento costituzionale nel dovere inderogabile di solidarietà economica art. 2, in relazione all'art. 23 Cost. , il cui adempimento è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali persone singole , a tutela della persona economicamente più debole cd. solidarietà post coniugale sta precisamente in questo duplice fondamento costituzionale sia la qualificazione della natura dell'assegno di divorzio come esclusivamente assistenziale in favore dell'ex coniuge economicamente più debole art. 2 Cost , sia la giustificazione della doverosità della sua prestazione art. 23 Cost . In definitiva, il diritto all'assegno di divorzio è riconosciuto alla persona dell'ex coniuge che sia stato ritenuto, tramite accertamento giudiziale, sprovvisto di mezzi adeguati o effettivamente impossibilitato a procurarseli , così scattando quella solidarietà post coniugale di cui si è detto cfr. Cass. n. 11504 del 2017 . 3.4. Le fin qui descritte differenze tra gli effetti della separazione e quelli dello scioglimento del matrimonio civile o della cessazione degli effetti civili di quello religioso, nonché tra l'assegno di mantenimento accessorio alla pronuncia concernente la prima e le statuizioni economiche adottate nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, non consentono, allora, di poter equiparare -come, invece, ha ritenuto di poter fare, nella specie, la corte territoriale - gli effetti della intervenuta efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario nello Stato Italiano sul giudicato riguardante le statuizioni economiche adottate nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili di detto matrimonio e su quello afferente le statuizioni economiche accessorie al provvedimento di separazione. 3.4.1. Le prime, infatti, rinvengono la loro essenziale giustificazione in quel dovere inderogabile di solidarietà economica il cui adempimento non postula, quale necessario ed attuale suo presupposto, lo status di coniuge, ma è richiesto ad entrambi gli ex coniugi, quali persone singole , a tutela della persona economicamente più debole cd. solidarietà post coniugale le seconde, invece, trovano il loro fondamento proprio nella permanenza del vincolo coniugale e, conseguentemente, di quel dovere di assistenza materiale, di cui è espressione l'assegno di mantenimento, che conserva la sua efficacia e la sua pienezza in quanto rappresenta uno dei cardini fondamentali del matrimonio, senza che ciò determini alcuna incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche solo temporanea, di separazione. 3.4.2. Questa Corte, del resto, ha già ripetutamente chiarito che esclusivamente il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio fa venir meno il vincolo matrimoniale e lo stato di separati, che costituisce il presupposto dell'obbligo di mantenimento della moglie, il quale contestualmente cessa ed è eventualmente sostituito da quello di corrispondere l'assegno divorzile cfr., ex aliis, Cass. 28990 del 2008 Cass. n. 21091 del 2005 Cass. n. 9689 del 2000 Cass. n. 8381 del 1997 , permanendo ovviamente gli obblighi genitoriali, come stabiliti o concordati nella separazione o come regolamentati diversamente in sede di divorzio. 3.4.3. E' innegabile, però, che il vincolo matrimoniale venga meno anche - ed eventualmente ancor prima della definitiva decisione concernente il divorzio, se rispetto ad essa anteriore - allorquando sia resa efficace nello Stato Italiano, attraverso il relativo procedimento di delibazione, la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, e ciò pur tenendosi conto della differenza tradizionalmente esistente tra tali pronunce quella di nullità del matrimonio operante in presenza di vizi originari, relativi all'atto di matrimonio, quella di divorzio presupponente vizi sopravvenuti, incidenti sul rapporto coniugale. 3.4.4. Ne deriva, allora, del tutto plausibilmente, che, a fronte del travolgimento del presupposto permanenza del vincolo coniugale dell'assegno di mantenimento conseguente alla sopravvenienza della dichiarazione ecclesiastica di nullità originaria di quel vincolo, non possono resistere le statuizioni economiche, relative al rapporto tra i coniugi, contenute nella sentenza di loro separazione, benché divenuta cosa giudicata, apparendo irragionevole - così dovendosi escludere qualsivoglia violazione del principio dell'intangibilità del giudicato - che possano sopravvivere pronunce accessorie al venir meno della pronuncia principale dalla quale queste dipendono. Prova ne sia che, ove intervenisse una dichiarazione di nullità di quel vincolo ai sensi della normativa civile, non vi sarebbe luogo a statuizioni corrispondenti a quelle previste in sede di separazione personale, in quanto, in simile ipotesi, il legislatore ritiene che la disciplina dei rapporti economici trovi la sua sede adeguata nel cd. matrimonio putativo. 3.5. Non si tratta, dunque, di stabilire se la sopravvenienza della delibazione della pronuncia ecclesiastica di nullità matrimoniale costituisca, o meno, giustificato motivo per la modifica del provvedimento relativo all'assegno di mantenimento riconosciuto in sede di separazione personale, quanto, piuttosto, di prendere atto del fatto che, una volta dichiarata l'invalidità originaria del vincolo matrimoniale, vengono meno il presupposto per il riconoscimento di quell'assegno e le statuizioni accessorie ad esso connesse e da esso inevitabilmente dipendenti. 4. Alla stregua delle argomentazioni tutte fin qui esposte, pertanto, il decreto impugnato deve essere cassato, e la causa va rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo esame della domanda del Ma. e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo esame della domanda del Ma. e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio. Va, disposta, per l'ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 del D.Lgs. n. 196/2003.