Lui cerca compagnia online, lei va via di casa: separazione non addebitabile alla moglie

Esclusa l’ipotesi che la crisi sia stata provocata dalla fuga della donna. Per i Giudici, difatti, quel comportamento è giustificato dal fatto che il marito, andando a caccia di relazioni extraconiugali sul web, ha violato il proprio obbligo di fedeltà e ha minato la fiducia della consorte.

Scopre che il marito cerca compagnia femminile sul web e reagisce malissimo, andando via di casa. Questa decisione è comprensibile e legittima, secondo i Giudici, che escludono, di conseguenza, l’ipotesi che la separazione della coppia – dopo un solo anno di matrimonio – sia addebitabile alla moglie. Anzi, quest’ultima ha anche diritto all’assegno di mantenimento Cassazione, ordinanza n. 9384, sez. I Civile, depositata oggi . Fedeltà. Doppia sconfitta per l’uomo, che vede prima respinta la sua richiesta di addebitare alla moglie la responsabilità della separazione e si ritrova poi obbligato a versarle anche 600 euro al mese come assegno di mantenimento. Secondo i Giudici sono inequivocabili i diversi rapporti di forza dal punto di vista economico lui vanta una pensione da 3mila euro al mese, lei è disoccupata. Per quanto concerne invece le ragioni della rottura, l’uomo sostiene che tutto sia cominciato con la decisione della donna di andare a vivere in un altro appartamento, abbandonando il tetto coniugale. Per i Giudici, invece, la scelta della moglie è comprensibile, poiché frutto della scoperta di un interesse del marito alla ricerca di compagnie femminili sul web . In sostanza, il comportamento dell’uomo va letto – e su questo concordano Tribunale, Corte d’appello e Cassazione – come una violazione degli obblighi di fedeltà , poiché le sue ricerche online erano finalizzate alla concretizzazione di relazioni extraconiugali . E questo dato è ritenuto sicuramente sufficiente, secondo i giudici, a compromettere la fiducia tra i coniugi e a provocare l’insorgere della crisi matrimoniale sfociata poi nella separazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 22 marzo – 16 aprile 2018, numero 9384 Presidente Giancola – Relatore Tricomi In fatto e in diritto Rilevato che Pi. Be. ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Bologna, in epigrafe indicata, che aveva confermato la prima decisione in controversia concernente la separazione giudiziale da Fe. Mi. in primo grado, respinta la domanda di addebito a carico della moglie, il marito era stato onerato di un contributo al di lei mantenimento di Euro.600,00= mensili. Fe. Mi., provvisoriamente ammessa al patrocinio a spese dello Stato, replica con controricorso. Il ricorso e stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ. Considerato che 1.1. Primo motivo - Violazione e falsa applicazione degli artt. 151, secondo comma, cod. civ. articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. . A parere del ricorrente la Corte di appello ha errato nell'escludere la pronuncia di addebito della separazione a carico della moglie per violazione dei doveri di assistenza materiale e di collaborazione dell'interesse della famiglia, sulla ritenuta assenza di allegazione e prova di un accordo tra essi in ordine alla gestione del ménage familiare da parte della sola moglie , in quanto - a suo dire - il dovere di accudimento non presuppone un accordo, ma consegue agli obblighi nascenti dal matrimonio. 1.2. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi in rito, espressa dalla Corte di appello circa la mancanza di specificità del motivo di appello redatto in violazione dell'articolo 342 cod. proc. civ rispetto alla statuizione di primo grado. 2.1. Secondo motivo - Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. individuato negli esiti delle investigazioni private dalle quali sarebbe emerso che la moglie aveva preso in affitto altri appartamenti, all'insaputa del marito, ove si sarebbe recata quotidianamente. 2.2. Terzo motivo - Violazione e falsa applicazione degli artt. 151 cod. civ. e 143, secondo comma, cod. civ. articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. erronea valutazione dell'obbligo di coabitazione. Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto giustificato l'allontanamento della moglie dalla casa coniugale senza preavviso esclusivamente per la scoperta di un interesse del marito alla ricerca di compagnie femminili sul Web sostiene che tale circostanza non era sufficiente a provare che l'allontanamento fosse dipeso esclusivamente da ciò, in assenza di pregresse tensioni tra i coniugi. 2.3. Sul piano logico/giuridico l'esame del terzo motivo deve precedere quello del secondo. 2.4. Il terzo motivo è inammissibile perché la Corte di appello ha escluso la violazione dell'obbligo di coartazione ravvisando una violazione degli obblighi di fedeltà ex articolo 143 cod. civ. da parte del marito, intento alla ricerca di relazioni extraconiugali tramite internet, ritenendo ciò circostanza oggettivamente idonea a compromettere la fiducia tra i coniugi e a provocare l'insorgere della crisi matrimoniale all'origine della separazione fol.6 della sent. su tale statuizione, non oggetto di impugnazione in quanto il ricorrente si è limitato a minimizzare la sua condotta, si è formato un giudicato interno incompatibile con la pronuncia di addebito per abbandono del tetto coniugale perché questo è stato ritenuto giustificato, dalla Corte territoriale, proprio dalla violazione degli obblighi di fedeltà. 2.5. All'inammissibilità del terzo motivo consegue l'assorbimento del secondo motivo che, oltre ad essere carente sul piano dell'autosufficienza in ordine al momento in cui tali circostanze -dedotte, peraltro, in modo generico - siano state introdotte nel giudizio, risulta privo di decisività, sia per il contenuto intrinseco -che attiene al libero esercizio del diritto di circolazione della moglie -, sia perché -come già chiarito - l'abbandono della casa coniugale è stato considerato, con statuizione non impugnata, come conseguenza della violazione dell'obbligo di fedeltà da parte del marito. 3.1. Quarto motivo - Violazione e falsa applicazione dell'articolo 156 cod. civ. articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. . Il ricorrente si duole che la Corte di appello nel determinare l'assegno di mantenimento per la moglie nella somma di Euro.600,00 = , oltre ISTAT, non abbia tenuto conto della breve durata del matrimonio nemmeno un anno, così in ricorso, fol. 11 si duole altresì che sia stata considerato solo l'ammontare della pensione dallo stesso percepita di Euro.3.000,00= e non anche la circostanza ammessa dalla stessa moglie di svolgere lavori in nero, la proprietà da parte di questa di automobili di grossa cilindrata, nonché la nuda proprietà di quote di immobili, oltre che l'intera proprietà dell'immobile ed altre potenzialità economiche a lei favorevoli, che il ricorrente illustra senza precisare se e quando siano state sottoposte al giudice del merito, così violando l'onere di autosufficienza. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi fondata, quanto al profilo della durata del matrimonio, sulla inconferenza di tale criterio - in quanto proprio dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio - rispetto al riconoscimento del diritto all'assegno ex articolo 156 cod. civ. quanto al profilo delle possidenze immobiliari della moglie, sulla mancanza di specificità del motivo di appello in violazione dell'articolo 342 cod. proc. civ., tenuto conto dello stato di disoccupazione della stessa. La doglianza è inoltre volta ad ottenere una inammissibile rivalutazione del merito. 4.1. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile Pi. Be., in ragione della soccombenza, è tenuto alla refusione delle spese del ricorso. Posto che il difensore della controricorrente ha allegato che l'assistita è stata provvisoriamente ammessa al patrocinio a spese dello Stato, va statuito ai sensi dell'articolo 133 del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, l'obbligo del soccombente di versare all'Amministrazione Finanziaria dello Stato le spese sostenute dalla parte vittoriosa nel giudizio di legittimità. Non compete a questa Corte adottare alcun provvedimento di liquidazione, alla stregua della corretta lettura degli artt. 82 e 83 del citato D.P.R., data dalla giurisprudenza di legittimità Cass. nnumero 22616/2004 - 16986/2006 - 13760/2007 - 11028/2009 -23007/2010 - Sez. U. numero 22792/2012 , tal liquidazione spettando al giudice del merito che ha emesso la pronuncia passata in giudicato per effetto della presente sentenza. Si dà atto, - ai sensi 13, comma 1 quater del D.P.R. del 30.05.2002 numero 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma dell'articolo 52 del D.Lgs. 30 giugno 2003, numero 196. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso - Condanna il ricorrente a corrispondere le spese del giudizio di legittimità all'Amministrazione Finanziaria dello Stato - Dà atto, ai sensi 13, comma 1 quater del D.P.R. del 30.05.2002 numero 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13 - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52.