Per il riconoscimento del minore rileva anche il percorso di vita del padre richiedente

Qualora il figlio infraquattordicenne, nato al di fuori del matrimonio, sia stato riconosciuto da un genitore, per il riconoscimento del minore da parte dell’altro genitore ex art. 250 c.c., rileva non solo il percorso di vita del genitore richiedente, ma anche l’idoneità dello stesso a rivestire la figura genitoriale.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 4763/18, depositata il 28 febbraio. Il caso. La Corte d’Appello di Roma, Sezione Minorenni, rigettava l’appello proposto dalla madre esercente la potestà della figlia minore, nata al di fuori del matrimonio, avverso la sentenza del Giudice di prime cure che aveva accolto la domanda di riconoscimento del figlio proposta dall’altro genitore ex art. 250, comma 4, c.c. Riconoscimento . La Corte distrettuale rilevava che, nonostante il dissenso al riconoscimento espresso dalla madre in seguito agli episodi di violenza da questa subiti per mano del richiedente, il rifiuto a tale riconoscimento era ingiustificato, in considerazione dell’ammissione di responsabilità da parte del richiedente stesso degli episodi contestatigli. Pertanto, l’adeguatezza genitoriale, secondo il Giudice d’Appello, poteva rilevare semmai in materia di affidamento o di esercizio della responsabilità genitoriale. Avverso la sentenza della Corte distrettuale la madre del minore infraquattordicenne ricorre per cassazione denunciando la mancata considerazione degli episodi di violenza accertati e commessi d richiedente. Il riconoscimento del minore. Il Supremo Collegio ribadisce che, pur essendo il riconoscimento di un figlio minore infraquattordicenne, nato fuori dal matrimonio e già riconosciuto da un genitore, un diritto soggettivo dell’altro genitore, tale diritto può essere sacrificato in presenza del rischio della compromissione dello sviluppo psicofisico del minore stesso . Ebbene, la Suprema Corte sottolinea che se il riconoscimento del figlio da parte dell’altro genitore non può escludersi per aver questi tenuto una condotta morale non impeccabile, o in ragione della pendenza di un processo penale a suo carico, resta ferma la rilevanza che può assumere il percorso di vita del richiedente e l’eventuale accertamento di gravi carenze come figura genitoriale, con conseguente compromissione dello sviluppo psicofisico del minore derivante dal riconoscimento . Il bilanciamento di tali interessi è stato, secondo i Giudici di legittimità, condotto dalla Corte territoriale non in concreto, ma attraverso formule generali che o non danno conto delle conclusioni raggiunte o valorizzano profili privi di concludenza . La Corte dunque cassa la sentenza impugnata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 27 ottobre 2017 – 28 febbraio 2018, n. 4763 Presidente Bisogni – Relatore De Marzo Fatti di causa 1. Con sentenza depositata il 12 maggio 2016 la Corte d’appello di Roma, sezione per i minorenni, ha rigettato l’appello proposto da C.B. , in proprio e nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore C.E. , nei confronti di P.C. avverso la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda proposta da quest’ultimo, ai sensi dell’art. 250, comma quarto, cod. civ., in tal modo tenendo luogo del consenso mancante della prima al riconoscimento della minore. 2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato a che, a fronte dell’interesse prioritario della minore ad acquisire uno stato che completi la sua personalità nella integrale dimensione psico - fisica, perdevano di significato i singoli episodi riferiti dalla C. , che non assumevano rilievo tale da screditare la figura del P. b che il diritto del genitore ad operare il riconoscimento del figlio naturale, garantito dall’art. 30 Cost., non si pone in contrapposizione con l’interesse del minore, ma come misura ed elemento di definizione dello stesso c che il rifiuto della C. doveva ritenersi ingiustificato, considerato il diritto della minore ad entrambi i genitori in vista di una serena ed equilibrata crescita psico - fisica e dell’arricchimento che la stessa avrebbe ricevuto, da un punto di vista affettivo, oltre che materiale, dalla presenza anche del nucleo familiare paterno, composto da persone irreprensibili d che il P. , nel corso dell’indagine da parte dei servizi sociali, aveva mostrato consapevolezza dei reati commessi, dei quali si era assunto ogni responsabilità e che l’adeguatezza dell’uno o dell’altro genitore, avrebbe potuto essere oggetto di successiva valutazione da parte del giudice, ai fini dei provvedimenti da adottare sia con riguardo alle modalità dell’affidamento, sia con riguardo all’esercizio della responsabilità genitoriale. 3. Avverso tale sentenza la C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resiste il P. con controricorso. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 250, comma quarto, cod. civ., rilevando a che il sistema normativo esclude che al minore infraquattordicenne possano essere imposti rapporti familiari che infondano angoscia e che costituiscano fonte di dissidi, di distruzione o di oppressione b che, pertanto, dovevano essere presi in considerazione i numerosi episodi di violenza posti in essere dal P. in danno della C. , anche in presenza di terze persone e degli altri figli della donna c che, del pari, doveva essere considerato che il P. non aveva ma fatto nulla per la figlia e non aveva contribuito in alcun modo alla sua crescita. 2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla mancata considerazione dei gravi episodi di violenza dei quali il P. si era reso responsabile. 3. I due motivi, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati. Secondo il costante orientamento espresso da questa Corte v., ad es., di recente, Cass. 27 marzo 2017, n. 7762 il riconoscimento del figlio minore infraquattordicenne nato fuori dal matrimonio, già riconosciuto da un genitore, costituisce un diritto soggettivo dell’altro, tutelato nell’art. 30 Cost., che può, tuttavia, essere sacrificato in presenza del rischio della compromissione dello sviluppo psicofisico del minore stesso. In questo quadro, si pone la necessità di realizzare un bilanciamento tra l’esigenza di affermare la verità biologica con l’interesse alla stabilità dei rapporti familiari, attraverso una valutazione in concreto dell’interesse del minore stesso. In tale contesto, è certamente esatto che il riconoscimento di un figlio naturale minore, già riconosciuto da un genitore, da parte dell’altro genitore non può essere escluso sulla sola base di una condotta morale non esente da censure, di per sé rilevante per il diverso fine dell’affidamento Cass. 22 febbraio 2000, n. 1990 , come pure in ragione della mera pendenza di un processo penale a carico del genitore richiedente Cass. 3 febbraio 2011, n. 2645 . Tuttavia, resta ferma la rilevanza che può assumere il percorso di vita del richiedente e l’eventuale accertamento di gravi carenze come figura genitoriale, con conseguente compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore derivante dal riconoscimento Cass. 11 dicembre 2013, n. 27729 . In tale contesto, l’indicato bilanciamento è stato condotto dalla Corte territoriale non in concreto, ma attraverso formule generali che o non danno conto delle conclusioni raggiunte così, ad es., quando si afferma semplicemente, a fronte dell’interesse del minore al secondo riconoscimento, che perdono valenza i singoli episodi riferiti dalla resistente, che non assumono una portata tale da screditare la figura del richiedente o, ancora, quando a fronte della commissione di reati dei quali dà atto la medesima decisione, senza esaminarne tipologia e caratteristiche concrete, si attribuisce significato al fatto che il P. se ne sia assunto la responsabilità, rimproverandosi di aver coinvolto i genitori, senza che venga dato conto di alcuna rimeditazione verso le vittime di tali illeciti e con riguardo al contesto in cui sono maturati o valorizzano profili privi di concludenza quale la premessa, secondo la quale l’altro genitore è quello che ognuno ha scelto per il proprio figlio o l’inadeguatezza genitoriale della madre . 4. Ne discende che la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, sezione per i minorenni, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma, sezione per i minorenni, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Dispone che, in caso di utilizzazione del presente provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti, riportati nel provvedimento.