Quale sorte, dopo la separazione, per gli immobili costruiti sul fondo acquistato in comunione legale?

Gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge, e da questi non invalidati, sono annullabili se riguardano beni immobili o mobili iscritti.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4676/18, depositata il 28 febbraio. La vicenda. La pronuncia in oggetto nasce dalla richiesta di scioglimento della comunione sugli immobili acquistati durante il regime di comunione matrimoniale legale avanzata, dinanzi al Tribunale di Rieti, dal marito nei confronti della consorte con la quale era addivenuto a separazione consensuale. La domanda aveva ad oggetto dei terreni acquistati durante il matrimonio sui quali erano stati costruiti con spese a carico dell’attore alcuni fabbricati, anch’essi rientranti nella richiesta di scioglimento della comunione. La convenuta eccepiva che i fabbricati erano stati realizzati in violazione dell’art. 1120 c.c. Innovazioni , non avendo prestato il proprio consenso per iscritto alla costruzione, e ne chiedeva in via riconvenzionale la demolizione, alla quale avrebbe poi potuto seguire una nuova domanda di divisione. La domanda dell’ex moglie veniva accolta dal Tribunale, decisione confermata poi anche in sede di appello. L’ex marito ricorre dunque in Cassazione dolendosi, per quanto d’interesse, per l’inapplicabilità agli edifici contesi della disciplina ordinaria in tema di beni comuni art. 1101 ss. c.c. . Doveva – sempre a detta del ricorrente – applicarsi la disciplina speciale della comunione legale dei coniugi. Mutamento del regime patrimoniale e disciplina applicabile. La Corte sottolinea in primo luogo che i fabbricati contesti insistono su terreni acquistati nel 1987 quando i coniugi erano in regime di comunione legale dei beni e che dopo il mutamento di tale regime in quello della separazione, avvenuto nel 1988, le parti non avevano provveduto allo scioglimento della comunione. L’art. 228 l. n. 151/1975, nell’introdurre come regime patrimoniale legale tra coniugi quello della comunione, non prevede automatismi volti a modificare il regime patrimoniale di beni acquistati prima del 15 gennaio 1978, salvo un diverso regime convenzionale. La precedente comunione convenzionale non si trasforma dunque in comunione legale ma continua ad essere disciplinata dalla normativa generale di cui agli artt. 1100 e ss. c.c Sulla base di tale argomentazione, la Corte afferma che il fondo acquistato dai coniugi in comunione legale dei beni mantiene il suo specifico assetto giuridico fino allo scioglimento della comunione stessa, anche in caso di sopravvenuto mutamento del regime patrimoniale in quello della separazione dei beni. Comunione tra i coniugi e atti di straordinaria amministrazione. L’ipotesi della costruzione sul fondo deve dunque essere definita in applicazione delle disposizioni speciali di cui agli artt. 180 e ss. c.c La norma citata afferma che L'amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi . Il compimento di atti di straordinaria amministrazione, oltre alla stipulazione di contratti con cui si concedano o si acquistino diritti personali di godimento, spettano invece congiuntamente ad entrambi i coniugi. Procedendo nella ricostruzione della disciplina, il Collegio afferma che gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge, e da questi non invalidati, sono annullabili se riguardano beni immobili o mobili iscritti. Il termine per proporre l’azione è di un anno dalla data in cui il coniuge dissenziente ha avuto conoscenza dell’atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Tornando al caso di specie, la S.C. conclude affermando che la realizzazione dei tre fabbricati sul fondo in comunione legale deve essere configurato come atto di straordinaria amministrazione, ma dalla ricostruzione dei fatti non emerge in alcun modo il dissenso della moglie all’edificazione. La domanda di annullamento dell’atto non risulta infatti azionata e nei 13 anni trascorsi dall’inizio dei lavori la donna non aveva mai appalesato una diversa volontà. La Corte in conclusione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame e per colmare le lacune motivazionali evidenziate.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 dicembre 2017 – 28 febbraio 2018, numero 4676 Presidente Mazzacane – Relatore Bellini Fatti di causa I.D. - deducendo di avere contratto matrimonio in data omissis con P.G. e di essere addivenuto, con la stessa, a separazione consensuale omologata dal Tribunale di Rieti in data 16 settembre 2003 chiedeva al medesimo Tribunale lo scioglimento della comunione sugli immobili acquistati in regime di comunione legale, e successivamente interessati, con oneri e spese esclusivamente affrontate dall’attore, dalla realizzazione di tre fabbricati che concorrevano a definire, attualmente, il compendio immobiliare oggetto di comunione e di domanda di scioglimento. Chiedeva, quindi, CTU volta alla stima degli immobili e alla determinazione del valore dei fabbricati, mediante assegnazione a sé delle porzioni dei terreni interessate dai fabbricati medesimi, ovvero, alternativamente, per l’ipotesi di accertata indivisibilità, l’assegnazione degli immobili tutti in questione con contestuale obbligo di refusione, in favore della convenuta, di una somma commisurata al valore dei terreni da determinarsi giudizialmente, ovvero ancora, in via ulteriormente gradata, in ipotesi di assegnazione alla P. di porzioni di terreno includenti i fabbricati - ritenuto e dichiarato il credito dell’attore in ordine al valore dei fabbricati - condannare l’assegnataria al relativo pagamento. Costituitasi in giudizio, la P. deduceva che la realizzazione dei fabbricati sarebbe avvenuta in violazione delle norme che disciplinano la comproprietà e, in specie, dell’articolo 1120 cod. civ., configurandosi quindi il suo diritto di ottenerne la demolizione, solo una volta eseguita la quale avrebbe potuto essere riproposta domanda di divisione. Chiedeva pertanto il rigetto della domanda di divisione e l’accoglimento contestuale, della propria domanda riconvenzionale avente ad oggetto la condanna dell’attore ad abbattere i tre manufatti. In via del tutto subordinata, chiedeva dichiararsi, per accessione, la comproprietà anche sui fabbricati, e quindi procedere alla divisione in parti uguali del compendio immobiliare sull’assunto di un paritetico concorso di entrambi i coniugi alla relativa realizzazione. In ragione delle domande della convenuta, l’attore integrava le proprie conclusioni chiedendo, in via meramente subordinata, nell’ipotesi di accoglimento della avversa domanda di demolizione, di dichiarare la responsabilità della P. per il danno sofferto dall’attore e condannare la stessa al relativo risarcimento in misura corrispondente al valore del fabbricato o delle porzioni di fabbricato da demolire, o ad altra misura maggiore o minore liquidata anche equitativamente. Con sentenza non definitiva numero 397/2006 il Tribunale di Rieti accoglieva la domanda riconvenzionale della P. , condannando l’I. alla demolizione dei fabbricati eretti sui terreni in comunione, e disponeva procedersi al giudizio di divisione. Avverso tale sentenza proponeva appello l’I. , svolgendo molteplici ed articolare censure, concludenti per una necessaria integrale riforma della impugnata decisione parziale di primo grado. Si costituiva l’appellata che contestava la fondatezza del proposto gravame. L’adita Corte d’appello di Roma, con sentenza depositata il 17 luglio 2012, rigettava integralmente l’appello. Per la cassazione di tale sentenza I.D. ha proposto ricorso sulla base di sei articolati motivi, illustrati anche con memoria. P.G. ha resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1.1. - Con il primo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione ex articolo 360 numero 5 c.p.c. omessa - ovvero meramente apparente - motivazione sul fatto processuale controverso, e decisivo per il giudizio, costituito dalla ricorrenza o meno, nella sentenza di primo grado, del vizio di ultrapetizione avendo erroneamente il Tribunale accolto la domanda riconvenzionale dell’appellata di demolizione dei fabbricati, formulata dalla stessa solo nell’ipotesi in cui fosse stata accolta la sua opposizione avverso la domanda di divisione proposta dall’appellante - e comunque di violazione della necessaria corrispondenza tra il chiesto e pronunciato - denunciato dall’appellante con il proprio atto di appello . 1.1.1. - In subordine, la violazione ovvero falsa applicazione, ex articolo 360, numero 3, c.p.c., del principio di diritto processuale che vuole corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato articolo 112 c.p.c. in cui è incorsa la sentenza impugnata nel capo con il quale ha ritenuto e dichiarato insussistente il detto vizio nella sentenza di primo grado da essa scrutinata . 1.2. - Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza ex articolo 360, numero 4, c.p.c. per omessa pronuncia sul secondo motivo dell’appello proposto, incentrato sulla eccezione di inapplicabilità, nel caso di specie, e alla stregua della domanda di divisione proposta dall’appellante e dei relativi effetti, processuali e sostanziali, della norma dettata dall’articolo 1102 c.c. e a maggior ragione dalla norma dettata dall’articolo 1120 c.c. . 1.2.1. - In subordine, omessa ovvero meramente apparente motivazione ex articolo 360 numero 5 c.p.c., per omessa pronuncia sul secondo motivo dell’appello proposto dall’I. , motivo incentrato sull’eccezione di inapplicabilità, nel caso di specie, e alla stregua della domanda di divisione proposta dall’appellante e dei relativi effetti, processuali e sostanziali, della norma dettata dall’articolo 1102 c.c. e a maggior ragione della norma dettata dall’articolo 1120 c.c. . 1.2.2. In ulteriore subordine, violazione ovvero falsa applicazione, ex articolo 360, numero 3, c.p.c., del principio di diritto dedotto e fatto valere col secondo motivo dell’appello proposto dall’I. , motivo incentrato sulla riproposizione dell’eccezione di inapplicabilità, nel caso di specie, e alla stregua della domanda di divisione proposta dall’appellante dei relativi effetti, processuali e sostanziali, della norma dettata dall’articolo 1102 c.c. atteso che in una situazione, quale quella nel caso di specie datasi per effetto della proposizione e dell’accoglimento della domanda di divisione di un bene comune, viene meno il presupposto necessario di applicazione della detta norma costituito, alla luce della lettera e della ratio della norma stessa, dalla persistente comunione del bene . 1.3. - Con il terzo motivo, il ricorrente deduce vizio di infrapetizione, nullità della sentenza ex articolo 360, numero 4, c.p.c., per non aver pronunciato sulla domanda, subordinatamente proposta nel giudizio di appello dall’appellante I. , di necessità di decisione nel merito e congiuntamente tanto della domanda di divisione quanto della domanda di demolizione . 1.3.1. – In subordine omessa motivazione ex articolo 360, numero 5, c.p.c., su un fatto processuale controverso e decisivo ai fini del giudizio, fatto costituito dalla necessità, dedotta dall’appellante, sia pure in via subordinata, rispetto ai superiori e assorbenti motivi di gravame, con autonomo motivo di appello, che il giudizio e la relativa decisione di merito fossero estesi, congiuntamente e contestualmente, senza graduazione, tanto alla domanda di divisione quanto alla domanda di demolizione . 1.3.2. - In ulteriore subordine, - e per l’eventualità che la giustificazione della decisione di ritenere corretta e conforme a diritto la decisione del giudice di prime cure sull’ordine di priorità dell’esame e decisione della domanda di demolizione rispetto alla domanda di divisione venga rinvenuta nell’assunto che debba ritenersi fatto proprio ed accreditato dalla sentenza di secondo grado, dell’inesistenza di una comproprietà della condividente non costruttrice P. sui fabbricati costruiti dal condividente I. - nullità ex articolo 360, numero 4, c.p.c. di detto capo motivazionale e decisorio della sentenza di secondo grado, per violazione del giudicato contrario formatosi sul punto sulla contraria statuizione decisoria della sentenza di primo grado . 1.3.3. - In via ancora ulteriormente subordinata - e per la denegata eventualità che si ritenga esistente, e, sotto il profilo strettamente processuale, legittimamente cristallizzato, nella sentenza di secondo grado qui impugnata, l’assunto motivazionale e decisorio della inesistenza di una comproprietà della condividente non costruttrice P. sui fabbricati costruiti dal condividente I. per essere inapplicabile a detta fattispecie l’istituto generale dell’accessione ex articolo 934 c.c. - violazione ovvero falsa applicazione, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., del principio di diritto res solo cedit sancito dall’articolo 934 c.c. e applicabile anche nella fattispecie oggetto di causa di costruzione eseguita su suolo comune da uno soltanto dei comproprietari del suolo . 1.3.4. - In via ulteriormente gradata, nullità della sentenza ex articolo 360, numero 4, c.p.c., per violazione dell’articolo 112 c.p.c. nel capo col quale, disponendo che la divisione del compendio immobiliare comune investa unicamente i terreni e non abbia ad oggetto anche i fabbricati su detti terreni eretti, incorre in violazione del detto principio, che imponendo al giudice di pronunciare su tutta la domanda , rende illegittima la decisione resa, circoscritta ad alcuni soltanto, e non a tutti, i beni oggetto di divisione, escludendo dal novero di essi quelli oggetto della disposta demolizione . 1.3.5. In via ulteriormente gradata, nullità ex articolo 360, numero 4, c.p.c., del capo della sentenza di secondo grado recante conferma della condanna di merito alla demolizione dei fabbricati pronunciata dalla sindacata sentenza di primo grado prima ed indipendentemente dalla necessariamente presupposta pronuncia dichiarativa in ordine alla proprietà esclusiva in capo all’uno ovvero all’altro dei condividenti dei fabbricati oggetto di demolizione . 1.3.6. - In via ulteriormente subordinata, violazione ovvero falsa applicazione, ex articolo 360, numero 3, c.p.c. del principio di diritto sancito dall’articolo 757 c.c. ed applicabile allo scioglimento anche della comunione non ereditaria in forza e per l’effetto dell’articolo 1116 c.c., principio che attribuisce natura dichiarativa ed efficacia retroattiva alla sentenza di scioglimento della comunione su un bene immobile, principio che, nel caso di specie, imponeva al giudice di addivenire ad una pronuncia di decisone nel merito tanto della domanda di divisione quanto della domanda di demolizione . 1.4. - Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza ex articolo 360, numero 4 c.p.c. per violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex articolo 112 c.p.c. - vizio di infrapetizione - omessa pronuncia sul motivo di appello fondato sull’inapplicabilità alla edificazione controversa oggetto di causa, realizzata da parte di uno solo dei due comproprietari, del regime giuridico proprio degli atti di gestione dei beni comuni dettato dalla disciplina generale relativa alla comunione ordinaria artt. 1101 e ss. c.c. e correlativamente sulla applicabilità, a detta fattispecie, della diversa ed incompatibile disciplina disciplina speciale e di carattere eccezionale della comunione legale dei coniugi . 1.4.1. - Subordinatamente omessa motivazione, ex articolo 360, numero 5, c.p.c., sul fatto controverso, e decisivo ai fini del giudizio, costituito dall’applicabilità alla fattispecie integrata dai fatti di causa - e cioè all’edificazione controversa ed oggetto di causa realizzata da parte di uno solo dei due comproprietari - del regime giuridico proprio degli atti di gestione dei beni comuni dettato dalla disciplina generale della comunione ordinaria artt. 1100 e ss. c.c. ovvero del diverso e incompatibile regime, speciale e di carattere eccezionale, della comunione legale dei coniugi artt. 177 e ss. c.c. . 1.4.2. - In via ulteriormente subordinata nullità della sentenza ex articolo 360, numero 4, c.p.c. per violazione del giudicato formatosi, ai sensi dell’articolo 346 c.p.c., sul punto, dirimente e risolutivo ai fini della decisione di merito, costituito dalla identificazione della questione di diritto dalla cui soluzione dipende la decisione di merito sulla domanda di demolizione, questione identificata dalla sentenza di primo grado con statuizione non impugnata e coperta da giudicato dalla regolamentazione, nei rapporti tra comproprietari, dell’uso della cosa comune fatto da uno solo dei comproprietari e dalla sentenza di secondo grado dall’applicabilità o meno, nell’ipotesi di costruzione su fondo in comproprietà, da parte di uno solo dei comproprietari, dell’istituto dell’accessione al fine di riconoscere l’acquisizione, in capo al comproprietario non autore della costruzione, della comproprietà dell’edificio . 1.4.3. - In via ulteriormente subordinata, violazione ovvero falsa applicazione, ex articolo 360, numero 3, c.p.c., della disciplina di legge applicabile all’edificazione del fondo comune da parte del singolo comproprietario quale fatto controverso ed oggetto di causa 1 irrilevanza giuridica della questione pregiudiziale di diritto identificata, nella sentenza impugnata, nell’applicabilità o meno della disciplina dell’accessione alla fattispecie dell’edificazione da parte di uno solo dei due comproprietari di un terreno comune, ai fini dell’acquisto della comproprietà del fabbricato in capo al comproprietario del suolo non costruttore 2 soggezione del caso di specie alla disciplina speciale e di carattere eccezionale dettata per la comunione legale dei beni nei rapporti coniugali articolo 177 e ss. c.c. e non alla disciplina articolo 1100 e ss. c.c. generale e di carattere ordinario della comproprietà e tanto meno della disciplina del condominio - artt. 1117 e ss. c.c. - alla quale ha dichiaratamente dato applicazione la Corte d’appello . 1.4.4.1. - Error in iudicando nell’identificazione della questione di diritto risolutiva ai fini della decisione di merito . 1.4.4.2. - Error in iudicando nell’identificazione del regime giuridico applicabile all’atto di gestione dei beni comuni edificazione oggetto di causa . 1.5. - Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza ex articolo 360 numero 4 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex articolo 112 c.p.c. vizio di infrapetizione - omessa pronuncia sul motivo di appello fondato sulla inesistenza di prescrizione normativa che, avuto riguardo alla edificazione controversa oggetto di causa, realizzata da parte di uno solo dei due comproprietari del suolo, imponga la forma scritta sotto pena nullità per la validità del consenso alla detta edificazione del comproprietario del suolo non costruttore . 1.5.1. - Subordinatamente, Omessa ovvero meramente apparente motivazione della sentenza ex articolo 360, numero 5, c.p.c. quanto alla pronuncia di rigetto dello specifico motivo di appello fondato sulla inesistenza di prescrizione normativa che, avuto riguardo alla edificazione controversa oggetto di causa, realizzata da parte di uno solo dei due coniugi comproprietari del suolo, imponga la forma scritta sotto pena di nullità per la validità del consenso alla detta edificazione del comproprietario del suolo non costruttore . 1.5.2. - In via ulteriormente subordinata, violazione ovvero falsa applicazione, ex articolo 360, numero 3, c.p.c., della norma di cui all’articolo 1350 c.c. in relazione alla asserita necessità della forma scritta sotto pena di nullità per la validità del consenso del coniuge comproprietario del suolo non costruttore con riferimento alla edificazione controversa oggetto di causa, realizzata dall’altro coniuge comproprietario del suolo, e ciò tanto nell’eventualità di soggezione di siffatto atto di gestione del bene comune alla disciplina speciale della comunione legale dei coniugi artt. 177 e ss. c.c. tanto nell’eventualità di soggezione di detto atto di gestione del bene comune alla disciplina generale ed ordinaria della comunione articolo 1100 c.c. . 1.6. - Con il sesto motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza, ex articolo 360, numero 4, c.p.c., per violazione dell’articolo 112 c.p.c. - vizio di infrapetizione omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento danni condizionatamente proposta, nel primo grado di lite, dall’attore I. , per l’eventualità di accoglimento della domanda di demolizione nei suoi confronti proposta in via riconvenzionale dalla convenuta P. , domanda nuovamente proposta, dall’appellante I. , con autonomo e specifico motivo di appello non esaminato e non deciso dalla sentenza di secondo grado qui impugnata . 2. - Il primo motivo non è fondato. 2.1. - Il ricorrente I. si duole del fatto che l’impugnata sentenza abbia ritenuto infondato il primo motivo d’appello, incentrato sul lamentato vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, denunciato sull’assunto dell’avere erroneamente il Tribunale accolto la domanda riconvenzionale, formulata viceversa dalla convenuta P. solo nell’ipotesi in cui fosse stata accolta la sua opposizione avverso la domanda di divisione proposta dall’appellante. Secondo la tesi dell’appellante, il Giudice, una volta accolta la domanda di divisione, avrebbe dovuto esaminare non già la riconvenzionale di demolizione dei fabbricati, bensì la domanda subordinata dell’appellata di divisione con assegnazione in parti uguali di terreni fabbricati tra i condividenti. Tale assunto è basato dal ricorrente su una interpretazione delle conclusioni rassegnate e ribadite dalla controricorrente che aveva chiesto in via principale di rigettare le domande attrici ed in accoglimento della domanda riconvenzionale condannare l’attore ad abbattere i tre manufatti descritti nell’atto di citazione insistenti sui fondi in comproprietà delle parti e in via subordinata, di ritenere e dichiarare che gli immobili edificati si appartengono per accessione ad entrambe le parti, indi procedere alla divisione dei beni in parti uguali ed eventualmente estinguere per compensazione i conseguenti rapporti di dare-avere tra le parti secondo la quale la domanda principale proposta dalla P. sarebbe inscindibilmente composta da due capi reciprocamente connessi ed interdipendenti, là dove la richiesta di rigetto della domanda di divisione proposta dall’I. avrebbe dovuto ritenersi intrinsecamente collegata in senso logico e consequenziale alla richiesta riconvenzionale di demolizione dei fabbricati. Sicché, secondo il ricorrente, il Tribunale nell’accogliere la domanda di scioglimento, rimettendo sul ruolo la causa per svolgere l’istruttoria a detto esclusivo fine avrebbe dovuto rigettare la riconvenzionale, essendo come detto le due domande reciprocamente condizionate, interdipendenti ed inscindibili. E non avrebbe potuto e dovuto pronunciare su quella domanda di demolizione espressamente e dichiaratamente proposta solo quale necessario presupposto del rigetto della domanda di divisione da ciò il lamentato vizio di ultrapetizione in cui sarebbe incorso il Tribunale. 2.2. - La Corte d’appello ha ritenuto l’infondatezza di siffatto motivo, dichiarando che nessun vizio di ultrapetizione è rinvenibile nella sentenza impugnata poiché il Tribunale, correttamente, nell’esaminare le varie domande delle parti ha ritenuto prioritario decidere la domanda riconvenzionale, diretta al ripristino del fondo, per poi procedere alla divisione dei terreni di proprietà comune in parti uguali pagina 5 . Orbene, è principio consolidato quello secondo cui, nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non è condizionato dalla formulazione letterale adottata dalla parte Cass. numero 26159 del 2014 numero 21087 del 2015 , dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate nel corso del medesimo, nonché del provvedimento in concreto richiesto, non essendo condizionato dalla mera formula adottata dalla parte Cass. numero 5442 del 2006 numero 27428 del 2005 . L’interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito Cass. sez. unumero numero 4617 del 2011 , il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata avuto riguardo all’intero contesto dell’atto e senza che ne risulti alterato il senso letterale Cass. numero 22893 del 2008 . La Corte d’appello di Roma, in stretta coerenza con la formulazione testuale delle domande, ha motivato congruamente e sufficientemente in merito alla correttezza della interpretazione data dal Tribunale alle domande proposte reciprocamente dalle parti, in rapporto anche al fine inequivoco perseguito dalla appellata di ripristinare lo stato del fondo in comunione tra le parti, attraverso la demolizione delle opere su di esso realizzate, per poi procederne alla divisione giudiziale laddove, in senso contrario, la sterilizzazione della domanda riconvenzionale, in tesi non più esaminabile in caso di accoglimento della domanda principale di scioglimento della comunione, si porrebbe in aperta contraddizione col contenuto sostanziale delle pretese azionate dalla appellata, appunto, in via riconvenzionale e subordinata . Non si configura pertanto né il vizio di difetto di motivazione ex articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. nel testo anteriore alla riforma di cui al d.l. numero 83 del 2012, applicabile ratione temporis alla fattispecie , che peraltro potrebbe formare oggetto di ricorso per Cassazione solo per quanto attiene all’accertamento ed alla valutazione dei fatti rilevanti per la decisione Cass. sez. unumero numero 22963 del 2014 e non anche per quanto concerne l’interpretazione e l’applicazione delle norme di diritto e la soluzione di questioni giuridiche ex plurimis Cass. numero 26292 del 2014 . Né il vizio di ultrapetizione ex articolo 112 c.p.c. , giacché questo ricorre solo quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili di ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato mentre al di fuori di tali specifiche previsioni il giudice, nell’esercizio della sua potestas decidendi anche riguardo alla interpretazione della domanda , resta libero non solo d’individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle all’uopo prospettate, bensì di rilevare altresì, indipendentemente dall’iniziativa della controparte, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva od estintiva di una data pretesa della parte, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge Cass. numero 12265 del 2003 conf. Cass. numero 6945 del 2007 . 3. - Ragioni di priorità logico-giuridica rendono opportuno muovere dall’esame congiunto per ragioni di connessione del quarto e quinto motivo di impugnazione nella sua sopra trascritta ampia articolazione , che appaiono fondati, nei termini che seguono. 3.2. - Col quarto motivo, il ricorrente, nella sostanza, censura l’omessa pronuncia sull’esplicito motivo di appello, finalizzato alla affermazione della inapplicabilità alla edificazione controversa oggetto di causa, realizzata sul fondo in comunione legale tra coniugi da parte di uno solo dei due comproprietari, del regime giuridico proprio degli atti di gestione dei beni comuni dettato dalla disciplina generale relativa alla comunione ordinaria artt. 1101 e ss. c.c. e correlativamente della applicabilità, a detta fattispecie, della diversa ed incompatibile disciplina speciale e di carattere eccezionale della comunione legale dei coniugi ex artt. 180 e ss. c.c. . In effetti, della proposizione di tale motivo d’appello formulato avverso l’affermazione del giudice di primo grado in ordine al fatto che ai sensi dell’articolo 1102 c.c. la edificazione dell’opera, da parte di alcuni soltanto dei partecipanti alla comunione, deve essere accompagnata dal consenso espresso nella necessaria forma scritta, trattandosi di un atto dispositivo di diritti immobiliari laddove in assenza di tale volontà concorde la costruzione determina una incontrovertibile lesione del diritto degli altri comunisti e legittima questi ultimi a richiederne la demolizione - viene bensì dato espressamente atto nella impugnata sentenza della Corte d’appello insieme agli altri spiegati motivi pagine 4 e 5 , che lo sintetizza come segue nullità della sentenza per omesso esame circa un punto decisivo della controversia secondo l’appellante la decisione della domanda di demolizione presupponeva l’esame della normativa applicabile nel caso di costruzione di fabbricati nel rapporto dei coniugi in tal caso andava esaminata la disciplina dettata per gli atti di gestione compiuti su beni oggetto di comunione legale, che avendo una diversa disciplina non richiede il consenso scritto per rendere valido l’atto di gestione compiuto dall’appellante . Nonostante ciò, nella motivazione della decisione non si rinviene alcun passaggio argomentativo neppure per relationem a doverosa esplicita o anche implicita risposta al detto mezzo di gravame. 3.3. - Appare pacificamente riconosciuto in giudizio che i terreni sui quali insistono i tre fabbricati in questione furono acquistati nel 1987 da entrambi i coniugi, in regime di comunione legale dei beni e che nel 1988 questi mutarono il loro regime patrimoniale scegliendo quello della separazione dei beni, senza tuttavia procedere allo scioglimento della comunione sui beni precedentemente acquistati. Altrettanto incontestato è che dal 1990 in poi il ricorrente ebbe a realizzare i predetti fabbricati, nel tempo utilizzati da entrambi i coniugi senza alcuna contestazione fino alla separazione personale dei medesimi, nel 2003. Questa Corte nella diversa, ma in parte speculare fattispecie allora sottoposta alla sua decisione ha affermato che il passaggio dal vecchio al nuovo regime patrimoniale tra i coniugi articolo 228, legge numero 151 del 1975 , che individua nella comunione il sistema legale preferenziale, in assenza di un diverso regime convenzionale, non prevede automatismi volti a modificare il regime dei beni acquistati prima della data del 15 gennaio 1978 termine così modificato dall’articolo 1 del d.l. numero 688 del 1977 , ma subordina alla concorde volontà delle parti il nuovo assetto. Pertanto, la precedente comunione convenzionale, che sussista tra i coniugi al riguardo di un bene, non si trasforma in comunione legale, ma continua ad essere disciplinata dagli artt. 1100 e ss. cod. civ. ove non venga posta in essere la convenzione prevista dall’articolo 228 cit. e così manifestata una specifica volontà dei coniugi Cass. numero 2183 del 1991, che precisa, altresì, come il legislatore con tale disposizione abbia contemperato l’esigenza di estendere per il futuro il criterio preferenziale anche alle famiglie già costituite, salva la difforme volontà di uno solo dei coniugi, con il rispetto dell’autonomia e degli assetti dei medesimi realizzati in un tempo in cui esisteva nell’ordinamento la comunione quale regime legale dei rapporti patrimoniali, subordinando alla concorde volontà delle parti la sottoposizione di detti assetti al nuovo sistema . Quello che rileva dalla decisione al di là della già evidenziata diversità della fattispecie è il principio generale secondo cui, ai beni acquistati in un previgente regime patrimoniale, continuino ad applicarsi salva diversa volontà dei coniugi le norme proprie di siffatto regime e non quelle del successivo e sopravvenuto regime coniugale. Il che significa che, nel caso in oggetto, il fondo acquistato dai coniugi in comunione legale dei beni continua a mantenere il suo specifico assetto giuridico, fino allo scioglimento della comunione, anche se successivamente detto regime muti, per volontà dei medesimi, in quello di separazione dei beni. In particolare, questa Corte osserva che la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi permane sino al momento del suo scioglimento, per le cause di cui all’articolo 191 c.c., allorquando i beni cadono in comunione ordinaria e ciascun coniuge, che abbia conservato il potere di disporre della propria quota, può liberamente e separatamente alienarla, essendo venuta meno l’esigenza di tutela del coniuge a non entrare in rapporto di comunione con estranei Cass. numero 8803 del 2017 . 3.4. - Ciò determina evidentemente che, in diritto, il regime di comunione legale tra i coniugi, sussistente al momento dell’acquisto del fondo, e mantenuto per il pregresso nonostante la successiva separazione dei beni, fa sì che la questione della edificazione del fondo medesimo debba essere affrontata e risolta sula base delle disposizioni speciali di cui agli artt. 180 e ss. c.p.c. e non già di quelle disciplinanti la comunione ordinaria. In particolare, l’articolo 180 c.c. dispone che L’amministrazione dei beni della comunione e la rappresentanza in giudizio per gli atti ad essa relativi spettano disgiuntamente ad entrambi i coniugi primo comma . Il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, nonché la stipula dei contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento e la rappresentanza in giudizio per le relative azioni spettano congiuntamente ad entrambi i coniugi secondo comma . Il successivo articolo 181 c.c. prevede che Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l’altro coniuge può rivolgersi al giudice per ottenere l’autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell’atto è necessaria nell’interesse della famiglia o dell’azienda che a norma della lettera d dell’articolo 177 fa parte della comunione . Infine, l’articolo 184 c.c. sancisce che Gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni immobili o beni mobili elencati nell’articolo 2683 primo comma . L’azione può essere proposta dal coniuge il cui consenso era necessario entro un anno dalla data in cui ha avuto conoscenza dell’atto e in ogni caso entro un anno dalla data di trascrizione. Se l’atto non sia stato trascritto e quando il coniuge non ne abbia avuto conoscenza prima dello scioglimento della comunione l’azione non può essere proposta oltre l’anno dallo scioglimento stesso secondo comma . Se gli atti riguardano beni mobili diversi da quelli indicati nel primo comma, il coniuge che li ha compiuti senza il consenso dell’altro è obbligato su istanza di quest’ultimo a ricostituire la comunione nello stato in cui era prima del compimento dell’atto o, qualora ciò non sia possibile, al pagamento dell’equivalente secondo i valori correnti all’epoca della ricostituzione della comunione terzo comma . 3.5. - È del tutto evidente che, nella specie, la realizzazione da parte di uno solo dei coniugi dei tre fabbricati sul fondo in comunione legale, debba essere configurato quale atto eccedente l’ordinaria amministrazione, il compimento del quale spetta congiuntamente ad entrambi i coniugi ai sensi del secondo comma dell’articolo 180 c.c. e che l’eventuale mancanza di necessario consenso dell’altro coniuge si traduce in vizio di annullabilità dell’atto articolo 184, primo comma, c.c. , da farsi valere in giudizio entro un anno dalla data in cui questo è venuto a conoscenza dell’atto ovvero da quando l’atto sia stato trascritto, o da quando si sia sciolta la comunione articolo 184, secondo comma, c.c. . Orbene, nella specie, non solo non risulta esser stata azionata, nel termine annuale, la domanda di annullamento dell’atto eccedente l’ordinaria amministrazione del fondo in comunione, ma soprattutto non si rinviene in alcun modo che la controricorrente, nei circa 13 anni intercorsi tra l’inizio dei lavori di costruzione e la separazione personale, abbia in qualche modo appalesato neppure implicitamente ovvero per fatti concludenti il proprio dissenso rispetto alla edificazione del fondo. Laddove - in virtù del principio di libertà delle forme ed in mancanza di espressa previsione normativa, tanto più in considerazione dell’ambito di incidenza degli effetti, tutti interni rispetto allo svolgimento del rapporto di comunione legale, esclusivo dei coniugi - il consenso di cui all’articolo 181 c.c. non necessita di forma scritta. In una comunione legale tra i coniugi, costituente una comunione senza quote, nella quale i coniugi stessi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei il consenso dell’altro coniuge, quale negozio unilaterale autorizzativo senza vincolo di forma che rimuove un limite all’esercizio del potere dispositivo sul bene, rappresenta dunque un requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’atto di disposizione non solo nei confronti dei terzi, ma innanzitutto nei riguardi dei coniugi stessi Cass. numero 14093 del 2010 cfr. altresì Cass. numero 284 del 1997 e numero 16177 del 2001 . 4.1. - Si rende pertanto necessaria la cassazione della sentenza per un nuovo esame da parte del giudice di rinvio che si atterrà ai citati principi di diritto e colmerà le lacune motivazionali evidenziate. 4.2. - Le considerazioni che precedono con riferimento all’accoglimento del quarto e del quinto motivo, in partibus quibus assorbono logicamente l’esame dei motivi secondo, terzo, e sesto, incentrati nelle loro molteplici articolazioni subordinate rispettivamente sulla inapplicabilità, nel caso di specie, degli artt. 1102 e 1120 c.c., ovvero subordinatamente dell’accessione ex articolo 934 c.c. sulla mancata pronuncia in ordine alla domanda di necessità di decisione nel merito e congiuntamente tanto della domanda di divisione quanto della domanda di demolizione sulla omessa pronuncia in merito alla domanda di risarcimento danni condizionatamente proposta, per l’eventualità di accoglimento della domanda di demolizione nei suoi confronti proposta in via riconvenzionale dalla convenuta P. . 4.3. - Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Roma, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto ed il quinto motivo di ricorso, nei termini indicati in motivazione rigetta il primo motivo, e dichiara assorbiti i motivi secondo, terzo e sesto cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.