La cessazione degli effetti della separazione non avviene con la mera frequentazione tra i coniugi

Affinché, a fini successori, si possa riconoscere la cessazione degli effetti della separazione personale è necessario dimostrare l’avvenuta riconciliazione o la coabitazione, la quale, tuttavia deve essere volta alla ricostituzione delle relazioni materiali e spirituali tra i coniugi.

Così la Corte di Cassazione con ordinanza n. 1630/18, depositata il 23 gennaio. Il caso. La consorte del de cuius conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli gli eredi universali istituiti da quest’ultimo attraverso testamento olografo rivendicando la propria qualità di erede legittimaria, in seguito alla cessazione degli effetti della separazione con addebito reciproco avvenuta attraverso la ricostituzione del vincolo coniugale. Di contro, gli eredi eccepivano l’assenza di legittimazione dell’attrice per l’avvenuta separazione in forza di sentenza. Il Tribunale rigettava le domande dell’attrice rilevando la formazione del giudicato riguardo all’avvenuta separazione. Avverso la sentenza della Corte distrettuale, con cui veniva negato l’appello ai sensi degli artt. 348- bis e 348- ter c.p.c., la consorte ricorre per cassazione denunciando l’erroneità delle conclusioni nonché delle motivazioni circa l’avvenuta separazione, in considerazione delle circostanze che avrebbero dovuto far presumere la ricostituzione del vincolo coniugale. Il passaggio in giudicato della sentenza. Il Supremo Collegio, rilevando l’assenza di qualsivoglia riferimento alla separazione coniugale nella citazione introduttiva, nonché di deduzioni volte a dar prova della cessazione degli effetti civili della separazione ed infine la mera allegazione della questione della riconciliazione , ha riconosciuto che l’esistenza di quella separazione con addebito reciproco del marzo 1974, abbondantemente passata in giudicato al momento dell’apertura della successione, si è rivelata decisiva per negare la sussistenza dei diritti successori del coniuge superstite, tenuto conto dell’incidenza di tale addebitabilità sugli indicati diritti, a norma degli artt. 548 e 585 c.c. . Del resto, la Suprema Corte evidenzia che gli effetti della separazione personale, in assenza di dichiarazione di riconciliazione, cessano con la circostanza della coabitazione, la quale non può ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontri e di frequentazioni tra i coniugi, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali costituenti manifestazione ed effetto della rinnovata società coniugale . La Corte, condividendo le conclusioni cui il Tribunale giunse circa la mancata allegazione, da parte della ricorrente, dell’avvenuta cessazione degli effetti della separazione nonché dell’eccezione di avvenuta riconciliazione, rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 28 settembre 2017 – 23 gennaio 2018, n. 1630 Presidente Mazzacane – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione R.F. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 9632/2012 del 2 febbraio 2012, essendo stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello a norma dell’art. 348-bis e dell’art. 348-ter c.p.c. con ordinanza della Corte d’Appello di Napoli del 16 ottobre 2013, comunicata in pari data. Sono rimasti intimati, senza svolgere attività difensive, C.E., S.M.G. e S.S. . Con citazione del 25 marzo 2011, R.F. convenne C.E., S.M.G. e S.S., deducendo di aver contratto matrimonio religioso ad effetti civili in data 25 ottobre 1970 con il de cuius S.C., deceduto il omissis , e che il rapporto matrimoniale si fosse di fatto protratto nonostante la crisi coniugale determinatasi negli anni novanta. Allegando, pertanto, la propria qualità di erede legittimaria, R.F. domandò la declaratoria di invalidità del testamento olografo del omissis , con cui S.C. aveva istituito suoi eredi universali i nipoti S.M.G. e S.S., e chiese di accertare la simulazione di una compravendita del omissis , intercorsa tra lo stesso S.C. ed C.E. . S.M.G., unica convenuta costituitasi, oppose tuttavia che R.F. fosse priva di legittimazione, essendosi separata con reciproco addebito di colpa da S.C. in forza di sentenza n. 6912/1974 del 15 marzo 1974. L’adito Tribunale di Napoli rigettò le domande di R.F., alla luce dell’art. 584, comma 2, c.c., e superò anche la deduzione operata dall’attrice nella memoria scritta del 5 ottobre 2011, depositata ai sensi dell’art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c. secondo cui la separazione coniugale era il frutto di simulazione. In particolare, osservò il Tribunale che tale dedotta simulazione fosse contrastata dal giudicato formatosi e dalla cessazione della convivenza tra i coniugi che conseguì alla separazione, risultando peraltro inammissibile per genericità e per la novità dell’allegazione di fatto la prova per testi dedotta dalla R. nella memoria del 3 novembre 2011, volta a dimostrare che i coniugi avessero mantenuto, pur dopo la separazione, ordinari rapporti di natura coniugale nonché una indefessa comunione di intenti e di spirito . Il primo motivo del ricorso di R.F., che è rubricato error in procedendo , ipotizza poi nella parte espositiva la violazione degli artt. 163 e ss. c.p.c. ed assume la nullità della sentenza per aver il Tribunale ritenuto intempestiva la deduzione dell’avvenuta ricostituzione del vincolo coniugale dopo la separazione, avendo l’attrice già in citazione allegato le circostanze del protrarsi , conservarsi e rinnovarsi del rapporto matrimoniale. Si ribadisce la decisività dei capitoli di prova articolati nella memoria istruttoria. Anche il secondo motivo di ricorso è rubricato error in procedendo , e denuncia la nullità dell’ordinanza istruttoria del 30 gennaio 2012 di rigetto delle deduzioni istruttorie, per mancanza di motivazione. Il terzo motivo è rubricato violazione di legge in materia di ammissibilità della prova , e contesta la valutazione di genericità dei capitoli di prova formulati nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. del 3 novembre 2011. Il quarto motivo del ricorso di R.F. censura, infine, la violazione dell’art. 157 c.c., avendo il Tribunale erroneamente ritenuto che solo la ripresa della coabitazione avrebbe comportato la cessazione degli effetti della separazione. I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto logicamente connessi, e si rivelano infondati. Come allega la stessa ricorrente, riproducendone pedissequamente il contenuto nel ricorso, la citazione introduttiva non faceva alcun riferimento alla separazione coniugale intervenuta nel 1974 tra i coniugi R.F. e S.C., con reciproco addebito. L’attrice espose piuttosto in citazione di un rapporto matrimoniale protratto , conservato e rinnovato nonostante la cessazione della coabitazione impostale dal 1995 per i dissapori con la famiglia S., ma non dedusse ancora alcunché nell’atto introduttivo della lite circa la cessazione degli effetti civili della separazione , proprio perché non introdusse nel giudizio in origine il tema della intervenuta separazione coniugale. La questione della riconciliazione fu poi allegata dall’attrice soltanto nel verbale di udienza del 21 luglio 2011 in risposta alle difese della convenuta costituitasi. L’esistenza di quella sentenza di separazione con addebito reciproco del 15 marzo 1974, abbondantemente passata in giudicato al momento dell’apertura della successione di S.C., si è rivelata decisiva per negare la sussistenza dei diritti successori del coniuge superstite, tenuto conto dell’incidenza di tale addebitabilità sugli indicati diritti, a norma degli artt. 548 e 585 c.c. La ricorrente assume ora di aver dedotto già appunto all’udienza del 21 luglio 2011 l’inefficacia della separazione determinata da riconciliazione protratta e dalla ricostituzione della comunione familiare , allegazione confermata nei capitoli della prova per testi respinta, ove si discuteva di ordinari rapporti di natura coniugale nonché una indefessa comunione di intenti e di spirito , ricostituita comunione affettiva, materiale e spirituale , frequenti incontri , e condivisione di luoghi di lavoro e di culto. Il Tribunale ha affermato che non fosse stata comunque specificamente formulata dall’attrice R. una deduzione dell’avvenuta riconciliazione dei coniugi, successiva alla sentenza di separazione del 1974, istituto che, invero, sia nel vigore della precedente disciplina degli artt. 157 e 158 c.c., che secondo la formulazione di queste norme risultante a seguito della riforma del diritto di famiglia artt. 39 e 40 legge 19 maggio 1975 n. 151 , determina la cessazione degli effetti della separazione. In forza dell’art. 157 c.c., tuttavia, gli effetti della separazione personale, in mancanza di una dichiarazione espressa di riconciliazione, cessano soltanto col fatto della coabitazione, la quale non può, quindi, ritenersi ripristinata per la sola sussistenza di ripetute occasioni di incontri e di frequentazioni tra i coniugi, ove le stesse non depongano per una reale e concreta ripresa delle relazioni materiali e spirituali costituenti manifestazione ed effetto della rinnovata società coniugale cfr. Cass. Sez. 3, 26/08/2013, n. 19541 Cass. Sez. 1, 22/08/2006, n. 18220 Cass. Sez. 1, 28/05/1975, n. 2172 . Correttamente provvedendo al giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, di interpretazione degli atti processuali e, in particolare, delle istanze e deduzioni delle parti, il Tribunale di Napoli concluse che R.F., in conseguenza delle eccezioni proposte dalla convenuta S.M.G., non avesse specificamente allegato l’avvenuta cessazione degli effetti della separazione, con correlata caducazione della sentenza a far data dal ripristino della convivenza spirituale e materiale, a tanto non valendo, peraltro, le generiche deduzioni inserite nel verbale dell’udienza del 21 luglio 2011. Come da questa Corte già sostenuto in una remota pronuncia, va qui riaffermato che l’avvenuta riconciliazione dei coniugi, quale causa estintiva degli effetti della separazione, concreta un’eccezione in senso proprio, che deve essere perciò formulata mediante una specifica deduzione, non essendo all’uopo sufficiente la generica istanza di rigetto della domanda o delle eccezioni proposte dall’altra parte Cass. Sez. 1, 10/01/1974, n. 70 . Parimenti, non è sindacabile nel giudizio di cassazione, sotto il profilo della violazione di legge processuale, come dedotto dalla ricorrente, il giudizio sulla superfluità o genericità della prova testimoniale, involgendo esso una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Cass. Sez. 2, 10/09/2004, n. 18222 Cass. Sez. 3, 16/11/1971, n. 3284 . È coerente allora con l’individuato tema di causa la decisione del Tribunale di Napoli da valutare in questa sede per come espressa nella sentenza impugnata, e non nell’ordinanza istruttoria del 30 gennaio 2012, la quale non ha contenuto decisorio e non è perciò immediatamente sindacabile con ricorso per cassazione di ritenere comunque generica, ai fini delle circostanze rilevanti per la riconciliazione ex art. 157 c.c., le prove articolate nella memoria del 3 novembre 2011. Si consideri, da ultimo, che la morte di uno dei coniugi preclude ogni successiva pronuncia giudiziale attinente alla separazione personale, sia pure anche con riferimento alle istanze accessorie circa la regolamentazione dei rapporti patrimoniali attinenti alla cessazione della convivenza, restando salve le sole domande autonome che, ove già proposte nel giudizio di separazione, riguardino diritti e rapporti patrimoniali indipendenti dalla modificazione soggettiva dello status, già acquisiti al patrimonio dei coniugi, e nei quali subentrano gli eredi cfr. Cass. Sez. 1, 20 novembre 2008, n. 27556 Cass. Sez. 1, 20/02/1984, n. 1199 Cass. Sez. 1, 12/05/1981, n. 3129 . Di tal che, la morte del coniuge S.C., avvenuta prima dell’inizio del presente giudizio, esclude comunque che possa più accertarsi l’avvenuta riconciliazione successiva alla sentenza di separazione con reciproco addebito, sia pure al fine di farne cessare gli effetti nell’interesse dalla coniuge R.F., la quale si professa erede del defunto ed intende far valere nel processo i suoi diritti di natura successoria. Il ricorso va dunque rigettato. Non occorre regolare le spese del giudizio di legittimità, in quanto gli intimati non hanno svolto attività difensive. Sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.