Padre e figlia lontani, violenza domestica e spaccio non lo aiutano ad ottenere il permesso di soggiorno

L’attività di spaccio di sostanze stupefacenti e la reiterata violenza domestica non lo aiutano ad ottenere il permesso di soggiorno richiesto per poter sopperire alle esigenze della figlia. Ma qual è l’indagine che il giudice deve condurre? Il giudizio prognostico, operato nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole , a che cosa deve guardare?

Lo spiega la Suprema Corte con ordinanza n. 15082/17 depositata il 19 giugno. Il caso. Il Tribunale per i minorenni di Perugia respingeva la domanda volta ad ottenere un permesso temporaneo di soggiorno proposta dal padre in funzione delle esigenze della figlia minore. La Corte d’appello confermava tale decisione rilevando come il disagio della minore non fosse diverso da quello normalmente connesso all’allontanamento di un genitore, considerata, poi, la situazione del padre che sia per l’attività di spaccio, sia per la condotta violenta in famiglia non risultava di certo essere una guida educativa adeguata per la figlia. Il padre ricorre in Cassazione. La prognosi del giudice. Gli Ermellini affermano l’inammissibilità del ricorso poiché volto a prospettare una ricostruzione dei fatti alternativa a quella fornita dalla Corte d’appello. A tal proposito, rilevano il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore . Nella fattispecie, a fondamento della decisione del Giudice di merito sono stati posti, correttamente, gli esiti di un’apposita indagine affidata ai servizi sociali. Pertanto, il Collegio di legittimità dichiara il ricorso proposto dal padre inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 7 aprile – 19 giugno 2017, n. 15082 Presidente Dogliotti – Relatore Acierno Ragioni della decisione Con decreto del 18/11/2014 il Tribunale per i minorenni di Perugia respingeva la domanda avanzata da S.N. ex art. 31 d.lgs n. 286 del 1998 volta ad ottenere un permesso temporaneo di soggiorno in funzione delle esigenze della figlia minore E. . A sostegno della decisione il Tribunale rilevava che l’allontanamento del padre non avrebbe arrecato danno al concreto interesse della minore nelle relazioni familiari che la prognosi sulle capacità educative del padre era negativa, considerando che questi si era dedicato all’attività di spaccio di stupefacenti che le esigenze ordinarie di accompagnamento del minore nel processo d’integrazione e nel percorso educativo erano asimmetriche rispetto alla funzione della deroga all’ordinario regime di soggiorno degli stranieri. Nel 2015 S.S. proponeva reclamo presso la Corte d’Appello di Perugia, la quale con decreto del 12/02/2015 respingeva l’impugnazione sulla base delle seguenti argomentazioni premesso che il giudice di primo grado ha affidato una specifica indagine ai servizi sociali in ordine alle conseguenze dell’allontanamento del richiedente, non risulta che alla minore deriverebbe un disagio diverso da quello normalmente connesso all’allontanamento di un genitore, dal momento che il padre è risultato non essere una guida educativa adeguata sia in ordine all’attività di spaccio di stupefacenti sia in ordine alla condotta violenta in famiglia, attestata in particolare da uno specifico episodio accertato. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il sig. S. , sulla base di due motivi. Non svolge difese la Procura generale. Deduce il ricorrente 1 violazione e/o falsa applicazione dell’art. 31 comma 3 D. Lgs. 286 del 1998, ex art. 360 n. 3 c.p.c. nonché contraddittorietà e/o difetto della motivazione sull’interpretazione della norma quale eccezionale ed applicabile ai soli casi di estremo pericolo il ricorrente ha affermato che la Corte adita non ha ritenuto realizzata la condizione necessaria ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione evidenziando come l’esigenza della minore è quella ordinaria, propria di ciascun figlio, di vivere in una famiglia unita, e che tale motivo non trascende il normale e comprensibile disagio connesso all’allontanamento di uno dei genitori. Inoltre, il Tribunale per i Minorenni prima e la Corte d’Appello non hanno per nulla tenuto conto del pregiudizio che deriverebbe alla bambina dall’allontanamento del padre, evidenziando meramente la dubbia capacità del sig. S. di ergersi a guida educativa della minore tenuto conto del reato di spaccio, commesso 10 anni prima, seguito dallo svolgimento di un’attività lavorativa continuativa, e di una condotta negativa nell’ambito familiare 2 violazione dell’art. 29 della Costituzione e dell’art. 3 della Convenzione dei Diritti sull’infanzia il ricorrente ha rilevato che è mancato qualsivoglia approfondimento sulla situazione reale e concreta della minore e della sua famiglia, avendo il giudice minorile l’onere di accertare pregiudizialmente che la coesione familiare vi sia stata davvero e che nell’ambito di essa lo straniero richiedente abbia esercitato effettivamente a beneficio del figlio minore la propria funzione genitoriale, la cui improvvisa interruzione costituirebbe un nocumento irreversibile per il suo sviluppo psico-fisico. Entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili. Il primo motivo è inammissibile perché rivolto a prospettare una ricostruzione dei fatti alternativa a quella esaurientemente illustrata dalla Corte d’Appello e posta a base della decisione. Al riguardo, deve sottolinearsi che risulta osservato l’orientamento consolidato di questa Corte secondo il quale il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore cfr. Cass. Civ. n. 18817 del 2015 . Nella specie la motivazione del giudice di merito si è basata su un’indagine svolta dai servizi territoriali i cui esiti sono stati posti a fondamento della valutazione finale. Il secondo motivo è radicalmente inammissibile perché del tutto generico ed astratto rispetto al concreto accertamento dell’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento del diritto azionato dal ricorrente. Ne consegue che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile. Non si fa luogo a statuizione in ordine alle spese processuali. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.