Fecondazione eterologa occultata, a rischio il legame padre-figlio

L’uomo ha scoperto di avere grosse difficoltà a procreare e l’ex moglie gli ha rivelato di avere fatto ricorso alla scienza per avere il loro figlio. Consequenziale la richiesta di vedere cancellato il suo ruolo di padre. Decisivo sarà l’esame genetico.

Scelta estrema della donna, che fa ricorso alla fecondazione eterologa, però all’insaputa del marito. Quella decisione rischia ora di avere serie ripercussioni sul figlio avuto grazie all’aiuto della scienza. Plausibile, difatti, la richiesta di disconoscimento della paternità presentata dall’uomo Cassazione, sentenza n. 7965/17, sez. I Civile, depositata oggi . Genetica. L’amara scoperta compiuta dall’uomo arriva qualche anno dopo la separazione dalla moglie. I problemi incontrati nel riuscire ad avere con la nuova compagna un figlio lo hanno spinto a sottoporsi ad alcuni accertamenti diagnostici , che ne hanno certificato l’impotenza . Consequenziali i dubbi sul figlio avuto anni prima con l’ex moglie, dubbi poi confermati dalla donna che ha ammesso di avere fatto ricorso, all’epoca del matrimonio, a un aiuto di laboratorio , ossia la fecondazione eterologa . Adesso è comprensibile, e legittima, la richiesta dell’uomo di ottenere una dichiarazione ufficiale con cui si attesti che egli non è il vero padre del bambino – ora divenuto un ragazzo di oltre 18 anni – avuto dall’ex moglie. Per una decisione, però, sarà necessario un esame genetico ad hoc, spiegano i magistrati della Cassazione, riaffidando la vicenda all’esame dei giudici d’Appello. Solo con una prova ematologica , difatti, sarà possibile, facendo ricorso alle avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica , verificare il legame biologico tra il padre e il presunto figlio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 ottobre 2016 – 28 marzo 2017, n. 7965 Presidente Di Palma – Relatore Lamorgese Fatti di causa 1.- Con atto di citazione notificato il 7 agosto 2008, R. T. ha convenuto in giudizio la moglie A. V., con la quale aveva contratto matrimonio il 19 febbraio 1985 e dalla quale era separato dal 2004, e ha chiesto di dichiarare di non essere padre del figlio minore L. T. nato il omissis e rappresentato in giudizio dalla curatrice speciale avv. S. G Il T. ha riferito di avere scoperto il proprio stato di impotenza a generare quando, a seguito della difficoltà di avere un figlio da un'altra donna con la quale aveva intrapreso una successiva relazione, si era sottoposto ad accertamenti diagnostici che nell'aprile 2008 avevano rivelato la sua condizione ne aveva avuto certezza nel giugno 2008 quando aveva ricevuto una lettera nella quale la V. lo informava che L. era nato grazie ad un imprecisato aiuto di laboratorio . 2.- Nel contraddittorio con i convenuti, il Tribunale di Bergamo ha rigettato la domanda. 3.- Il gravame di R. T. è stato rigettato dalla Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 16 aprile 2014, sulla base delle seguenti considerazioni la domanda di disconoscimento di paternità era stata proposta dall'attore sul presupposto della sua impotenza a generare e mai nel giudizio di primo grado egli aveva introdotto, come impropriamente aveva tentato di fare in appello, nuove cause fondanti il disconoscimento, come l'adulterio o l'inseminazione eterologa cui la V. si sarebbe sottoposta a sua insaputa, sicché a ragione il primo giudice non le aveva esaminate tanto premesso, secondo la Corte, l'impotenza dell'attore non era assoluta, come risultava dalla c.t.u. e dalla dichiarazione della moglie di avere in passato concepito un bambino con il marito mediante fecondazione omologa cui era seguito un aborto spontaneo inoltre, l'azione era stata proposta quando era già decorso il termine di decadenza annuale previsto dall'art. 244, secondo comma, cc., non avendo l'attore provato di essere venuto a conoscenza della propria incapacità di generare non più di un anno prima della proposizione della domanda giudiziale risultava invece che egli fosse venuto a conoscenza della sua condizione sin dal 1995, quando si era sottoposto a pratiche mediche per avere un figlio pertanto la Corte non ha accolto l'istanza istruttoria di accertamento genetico della paternità. 4.- Avverso questa sentenza il T. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi si sono difesi con controricorsi L. T. e la V., quest'ultima anche con memoria. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo di ricorso il T. denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112, 115, 116, 132, secondo coma, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. e 111, sesto comma, Cost., per avere trascurato le sue deduzioni e argomentazioni relative al fatto, costituente adulterio, che il figlio era nato da una fecondazione eterologa praticata dalla moglie a sua insaputa tale fatto era stato posto ad ulteriore fondamento della propria domanda di disconoscimento di paternità non appena ne aveva avuto conoscenza, nel primo grado di giudizio, a seguito della confessione della V. all'udienza del 30 luglio 2009. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dei medesimi parametri indicati nel precedente motivo, nonché dell'art. 345 c.p.c imputa alla Corte d'appello di avere erroneamente ravvisato un mutamento di domanda per aver egli fatto valere in appello non più la scoperta della sua incapacità a generare ma la fecondazione eterologa riferita dalla V. e della quale non v'era neppure certezza, essendosi invece egli limitato a precisare la domanda iniziale, adeguandola alle prove acquisite nel corso del processo. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115, 116, c.p.c, 235 n. 2 e 3, 244 e 2697 cc, per avere la Corte ignorato fatti decisivi che dimostrerebbero la tempestività dell'azione di disconoscimento, avendo egli avuto conoscenza della propria incapacità di generare nel periodo tra aprile 2008 in base ai risultati di un test diagnostico e giugno 2008 quando quelle che lui considerava difficoltà superabili si erano rivelate un vero e proprio impedimento a generare . Il quarto motivo denuncia omesso esame di un punto decisivo e controverso tra le parti, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c, in ordine alla mancata ammissione di una indispensabile e decisiva c.t.u. ematico genetica. 2.- Il primo, secondo e quarto motivo, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei termini che si esporranno il terzo è infondato. 3.- La domanda di disconoscimento della paternità del figlio è stata proposta da R. T. in ragione della scoperta della sua totale impotenza a generare. Egli era tenuto a dare prova della sua condizione, poiché il padre che fonda l'azione di disconoscimento di paternità sull'impotenza ha l'onere di fornire la prova dell'incapacità assoluta a generare per tutto il periodo corrispondente a quello del concepimento v. Cass. n. 4783/1984 . I giudici di merito, con adeguato e incensurato apprezzamento di fatto che a questa Corte non è consentito sovvertire, hanno accertato una incapacità solo parziale a generare a causa di una azoospermia severa , ma non di una assoluta azoospermia . Ciò è sufficiente a rendere il terzo motivo infondato, rimanendo superata la questione della tempestività dell'azione rispetto al momento in cui l'interessato aveva avuto la possibilità di proporla. 4.- La questione posta negli altri motivi è se, proposta un'azione di disconoscimento per impotenza a generare art. 235 n. 2 c.c., abrogato dall'art. 106, comma 1, lett. a, del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, trasfuso, quanto alle ipotesi di disconoscimento di paternità, nell'art. 244 cc, come sostituito dall'art. 18 del D.Lgs. 154/2013 , chi agisce possa, nel corso del processo, fare valere ragioni diverse a sostegno del disconoscimento, come quella rappresentata dal ricorrente, il quale ha assimilato all'adulterio v. l'abrogato art. 235 n. 3 e il vigente art. 244, secondo comma, c.c. il concepimento mediante ricorso da parte della moglie, a sua insaputa, alla fecondazione eterologa. A tale questione si deve dare risposta affermativa. 5.- Nell'azione di disconoscimento della paternità - la quale, con la negazione della paternità del marito della madre, tende all'accertamento negativo dello status di figlio risultante dall'atto di nascita - petitum e causa petendi restano identici ed unitari, quali siano i fatti che, nell'ambito di quelli tipizzati dal legislatore art. 244 c.c. , vengano in concreto addotti a sostegno della pretesa. Ne consegue che il mutamento dei predetti fatti, non integranti distinte causae petendi, è consentito nel corso del giudizio, purché nel rispetto del principio del contraddittorio e dei limiti di deducibilità di nuove prove nelle varie fasi e gradi del giudizio medesimo, in quanto non comporta la proposizione di una domanda nuova in tal senso Cass. n. 852/1976, secondo cui l'eventuale giudicato di rigetto dell'azione di disconoscimento, coprendo il dedotto ed il deducibile, preclude la riproposizione dell'azione stessa, anche se, nel nuovo giudizio, la prova della negazione del rapporto di paternità abbia per oggetto un fatto tipico diverso da quello in precedenza invocato . Che la deduzione in corso di causa dell'adulterio della moglie - o, si deve aggiungere, di fatti ora assimilabili -non costituisca una non consentita mutatio libelli v. Cass. n. 5687/1984 , essendo l'azione di disconoscimento unicamente volta a fare accertare l’inussistenza del legame biologico con il figlio nato nell'ambito del rapporto matrimoniale, è dimostrato anche dal fatto che, ove l'azione sia promossa per l'impotenza del marito, l'esperimento della prova ematico-genetica non è subordinato all'esito positivo della prova dell'impotenza a generare v. Cass. n. 15089/2008 analogamente, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 266 del 2006, è possibile dare ingresso alla prova ematico-genetica indipendentemente dalla previa dimostrazione dell'adulterio della moglie v. Cass. n. 8356/2007 . La possibilità di dare accesso alla suddetta prova presuppone il rispetto, da parte del marito che agisca in giudizio, del termine annuale di decadenza fissato dall'art. 244 cc., a decorrere, però, dal momento in cui egli abbia avuto conoscenza certa dell'adulterio inteso come vera e propria relazione, o incontro, di tipo sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, e non come semplice sospetto v. Cass. n. 14556/2014, n. 15777/2010 . Questa Corte ha precisato che la disciplina contenuta nell'art. 235 cc. è applicabile anche alla filiazione derivante da fecondazione artificiale, tenuto conto che il quadro normativo, a seguito della legge 19 febbraio 2004, n. 40, come interpretabile alla luce del principio del favor veritatis, si è arricchito di una nuova ipotesi di disconoscimento, che si aggiunge a quelle previste dalla citata disposizione codicistica pertanto, per ragioni sistematiche e di identità della ratio, il termine di decadenza previsto dall'art. 244 cc. è applicabile in tale ipotesi e decorre dal momento comunque successivo alla nascita in cui sia acquisita la certezza del ricorso al metodo di procreazione assistita v. Cass. n. 11644/2012 . 6.- La sentenza impugnata si è erroneamente arrestata a valutare la tempestività dell'azione di disconoscimento con riguardo al momento di presunta acquisizione della conoscenza dell'impotenza peraltro rivelatasi non assoluta e l'ha ritenuta tardiva, sul presupposto che quella conoscenza risalisse al 1995, mentre, a fondamento dell'azione, il T. aveva legittimamente dedotto un fatto ulteriore rispetto al quale l'azione era certamente tempestiva, per avere la moglie fatto ricorso, a sua insaputa, alla pratica della procreazione assistita. In particolare, il ricorrente fa plausibilmente coincidere il momento in cui ebbe sicura conoscenza dell'utilizzazione di tale pratica con quello della ricezione, nel giugno 2008, della lettera con cui la moglie faceva cenno ad un imprecisato aiuto di laboratorio per la nascita del figlio, oppure con la dichiarazione, resa in giudizio all'udienza del 30 luglio 2009, nella quale la moglie ammetteva di avere effettuato un'inseminazione eterologa in entrambi i casi, la domanda giudiziale, proposta nel mese di agosto 2008, è tempestiva, non essendo stati prospettati elementi concreti per ritenere che tale conoscenza risalisse ad un'epoca anteriore. 7.- Di conseguenza, risulta fondata anche la doglianza esposta nel quarto motivo relativa al mancato espletamento della prova ematologica, la quale, presentando un elevatissimo grado di attendibilità, grazie alle avanzate acquisizione scientifiche nel campo della genetica, avrebbe consentito e potrà consentire nel giudizio di rinvio di accertare la sussistenza o no della paternità biologica del T 8.- In conclusione, in accoglimento del primo, secondo e quarto motivo, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, secondo e quarto motivo di ricorso e rigetta il terzo in relazione ai motivi accolti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi.