Se l’ex moglie si crea una nuova famiglia

Cosa accade all’assegno divorzile quando l’ex moglie instaura una nuova famiglia, ancorché di fatto?

Così la Cassazione con la pronuncia n. 25528/16 del 13 dicembre. Il caso. La Corte d’appello respingeva il reclamo proposto dal soccombente in primo grado, dopo che il Tribunale aveva rigettato il suo ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio con l’ex coniuge, stabilendo a carico di costei l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento del figlio e la soppressione di quello divorzile posto a carico dell’ex marito dalla sentenza di divorzio. Il giudice confermava la decisione di primo grado sostenendo che la mancata autosufficienza del figlio fosse dovuta ad una sua scelta abbandonare il lavoro per iscriversi ad una scuola privata la convivenza more uxorio della ex moglie sarebbe un fatto irrilevante, atteso lo stato di disoccupazione del convivente la situazione reddituale del reclamante era invariata. L’ex marito ricorre dunque per cassazione. Il nuovo convivente more uxorio. Il ricorso appare, a parere della Suprema Corte, in parte qua fondato, giacché il dictum giudiziale oggetto di ricorso è in palese contrasto con il principio di diritto enunciato da Cass. n. 6855/2015 secondo cui L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione che il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo . Il sostentamento del figlio. Con riguardo al figlio, invece, la ratio decidendi del giudice di seconde cure appare invece conforme al principio di diritto espresso da Cass. n. 18974/2013 secondo cui l’obbligo del genitore di concorrere al suo mantenimento non cessa con il raggiungimento da parte del figlio di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita . Profili processuali. Infine, le ultime doglianze risultano inammissibili, infatti, il presunto deficit motivazionale non risulta scrutinabile in relazione ai decreti pronunciati ex art. 739 c.p.c., infatti tale decreto può essere impugnato avanti alla Corte di Cassazione solo con il ricorso straordinario per la violazione di legge , ex art. 111 Cost., essendo preclusa, dall’art. 739, comma terzo, c.p.c. [] la proponibilità di un ordinario ricorso per cassazione. Ne consegue che il suddetto ricorso straordinario può investire la motivazione del provvedimento solo per lamentarne la radicale carenza o la mera apparenza ravvisabile in presenza di argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi ” e non già per dedurne eventuali lacune od inadeguatezze, riconducibili al n. 5 dell’art. 360 c.p.c In particolare, il ricorso straordinario per cassazione, nella materia de qua , dev’essere escluso anche quando sia denunciata la difettosa valutazione della prova sull’entità del fatto nuovo, oggetto della domanda giudiziale, tendente alla modifica delle condizioni della separazione personale, da parte del giudice della vertenza, atteso che anche una tale doglianza si risolve in una censura che, per quanto lacunosa o inadeguata sia la motivazione contenuta nel provvedimento censurato, è inammissibile in sede di ricorso straordinario per cassazione Cass. n. 10229/2005 . Il ricorso è accolto e la pronuncia cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 16 settembre – 13 dicembre 2016, numero 25528 Presidente Dogliotti – Relatore Genovese Fatto e diritto Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380-bis cod. proc. civ. Con decreto in data 21 aprile 2015, la Corte d’Appello di Bologna, ha respinto il reclamo proposto ex articolo 739 c.p.c. da C.C. , contro la pronuncia del Tribunale di Ferrara, che - a sua volta aveva rigettato il ricorso per la modifica delle condizioni di divorzio con l’ex coniuge, Ce.Ma.Lu. , stabilendo a carico di costei l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento del figlio M. e, comunque, la soppressione di quello divorzile posto a carico del C. dalla sentenza di divorzio numero 2193 del 2008. La Corte territoriale ha confermato la decisione di prime cure, sostenendo che a la mancanza di autosufficienza economica del figlio era dovuta ad una sua scelta, quella di abbandonare il lavoro per iscriversi ad una scuola privata legittima ma non comportante la reviviscenza dell’obbligo di mantenimento b la convivenza more uxorio della Ce. con tale G.S. sarebbe fatto irrilevante atteso lo stato di disoccupazione del menzionato convivente, incapace di dare sostegno economico alla compagna c la situazione reddituale del reclamante era invariata, per sua stessa ammissione. Avverso la decisione della Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione il C. , con atto notificato il 18 giugno 2015, sulla base di quattro motivi violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 L. numero 898 del 1970, 132 e 115 c.p.c., 111 Cost. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia . La signora Ce. non ha svolto difese. Il ricorso, che merita una congiunta trattazione del primo e terzo mezzo di doglianza, appare, in parte qua, manifestamente fondato giacché il dictum giudiziale oggetto di ricorso è palese in contrasto con il principio idi diritto enunciato da questa Corte Sez. 1, Sentenza numero 6855 del 2015 e secondo cui L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto - costituzionalmente tutelata ai sensi dell’articolo 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo che la seconda doglianza non può invece trovare accoglimento risultando la ratio decidendi conforme alla giurisprudenza di questa Corte e, in particolare, con il principio di diritto secondo cui L’obbligo del genitore separato o divorziato di concorrere al mantenimento del figlio maggiorenne non convivente cessa con il raggiungimento, da parte di quest’ultimo, di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita Cass. Sez. 1, Sentenza numero 18974 del 2013 che, in ogni caso, le ulteriori doglianze e, particolarmente quella contenuta nel quarto mezzo sono inammissibili in quanto, il presunto deficit motivazionale non risulta scrutinabile in riferimento ai decreti come quello oggetto del presente giudizio pronunciati ai sensi dell’articolo 739 c.p.c., alla stregua del diritto vivente di questa Corte secondo cui Il decreto emesso in camera di consiglio dalla corte d’appello a seguito di reclamo avverso i provvedimenti emanati dal tribunale sull’istanza di revisione delle disposizioni relative alla misura ed alle modalità dell’assegno, posto precedentemente a carico di uno dei coniugi dalla sentenza che abbia pronunciato sulla separazione, può essere impugnato avanti alla Corte di cassazione solo con il ricorso straordinario per violazione di legge, ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione, essendo preclusa, dall’articolo 739, comma terzo, cod. proc. civ. in forza dell’effetto estensivo previsto dall’articolo 742 - bis dello stesso codice , la proponibilità di un ordinario ricorso per cassazione. Ne consegue che il suddetto ricorso straordinario può investire la motivazione del provvedimento solo per lamentarne la radicale carenza o la mera apparenza ravvisabile in presenza di argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi e non già per dedurne eventuali lacune od inadeguatezze, riconducibili al numero 5 dell’articolo 360 cod. proc. civ. In particolare, il ricorso straordinario per cassazione, nella materia de qua, dev’essere escluso anche quando sia denunciata la difettosa valutazione della prova sull’entità del fatto nuovo, oggetto della domanda giudiziale, tendente alla modifica delle condizioni della separazione personale, da parte del giudice della vertenza, atteso che anche una tale doglianza si risolve in una censura che, per quanto lacunosa o inadeguata sia la motivazione contenuta nel provvedimento censurato, è inammissibile in sede di ricorso straordinario per cassazione . Sez. 1, Sentenza numero 10229 del 2005 , principio ch’oggi appare ancor più marcato, alla luce dell’interpretazione dell’articolo 360 numero 5 c.p.c. chiarita di recente dalle SU civili nella Sentenza numero 8053 del 2014 . In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale, ai sensi degli artt. 380-bis e 375 numero 5 c.p.c., apparendo il ricorso - con riferimento ai mezzi sopra precisati - manifestamente fondato”. Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non risultano essere state mosse osservazioni critiche che, perciò, il ricorso, manifestamente fondato, deve essere accolto in relazione ai mezzi primo e terzo, respinti i restanti, con la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’Appello di Bologna che, in diversa composizione, nel decidere nuovamente della vertenza si atterrà al principio di diritto sopra richiamato. P.Q.M. La Corte, accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, respinti i restanti, cassa il decreto impugnato, e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione. Dispone che, ai sensi dell’articolo 52 D. Lgs. numero 198 del 2003, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.