Pensione sociale per la donna: possibile ridurre l’assegno divorzile a carico del marito

L’uomo è stato obbligato a versare all’ex moglie 250 euro mensili. Ora però la cifra è di nuovo in discussione. Va tenuta presente, difatti, la pensione sociale percepita dalla donna.

Rottura definitiva per la coppia. Ufficiale il divorzio. E il marito è obbligato a versare un assegno mensile all’ex moglie. Da rivedere, però, la cifra è necessario, difatti, tener conto della pensione sociale percepita dalla donna Cassazione, sentenza n. 18092/2016, Sezione Prima Civile, depositata il 14 settembre . Importo. Pomo della discordia è la decisione emessa in Appello. Lì i giudici hanno stabilito che l’uomo dovrà provvedere a un assegno mensile da 250 euro a favore dell’ex moglie. Questa cifra viene ora contestata. Il legale del marito pone in evidenza un fatto importante, eppure trascurato in secondo grado, cioè la pensione sociale percepita dalla donna. Tale rilievo spinge i magistrati della Cassazione a ritenere non corretta la sentenza della Corte d’appello. Ciò perché la pensione sociale, costituendo fonte idonea a sopperire in qualche misura alle esigenze di vita di chi la percepisce, rappresenta un elemento valutabile ai fini dell’accertamento della condizione economica della persona che richiede l’assegno di divorzio . Di conseguenza, in questa vicenda, prima di fissare la cifra che l’uomo dovrà versare all’ex moglie, sarà obbligatorio prendere in esame – compito questo affidato ai giudici d’Appello – il reddito mensile fisso percepito dalla donna. L’importo è modesto , riconoscono i magistrati in conclusione, ma esso può comunque influire sulla determinazione dell’assegno divorzile dovuto dall’ex marito.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 luglio – 14 settembre 2016, n. 18092 Presidente Di Palma – Relatore Cristiano Fatto e diritto 1 La Corte d'Appello di Bologna, con sentenza del 23.5.011 emessa in sede di giudizio di rinvio dalla Cassazione, ha determinato conformemente a quanto già deciso nella sentenza cassata in € 250 mensili, rivalutabili in base agli indici ISTAT a partire dal 1°.7.03, l'assegno dovuto da D.V. a R.B. a seguito della cessazione degli effetti civili del matrimonio dagli stessi contratto. 2 La sentenza è stata impugnata da D.V. con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale si lamenta violazione dell'art. 384, 2° comma c.p.c., nonché vizio di motivazione, per avere la corte del merito ignorato la statuizione contenuta nella sentenza rescindente, che le imponeva di tener conto nella determinazione della misura dell'assegno divorzile, del reddito pensionistico percepito dalla B., e si chiede a questa Corte di decidere la controversia nel merito. R.B. non ha svolto attività difensiva. 3 Il motivo, nella sua prima parte, deve essere accolto. Questa Corte aveva infatti cassato la prima sentenza d'appello, che aveva fissato la misura dell'assegno divorzile in € 250 mensili, rilevando che il giudice del merito, nel pervenire a tale determinazione, aveva erroneamente ritenuto di non dare rilevanza alla titolarità in capo alla B. della pensione sociale, che, costituendo fonte idonea a sopperire in qualche misura alle esigenze di vita di chi la percepisce, rappresenta un elemento valutabile ai finì dell'accertamento della condizione economica del richiedente l'assegno di divorzio. La causa era stata in conseguenza rinviata al giudice d'appello perché la decidesse dando rilievo, ai fini dell'accertamento della situazione economica della B., alla percezione, da parte sua, della pensione sociale. L'unico accertamento devoluto alla corte d'appello in sede rescissoria concerneva pertanto la valutazione dell'incidenza di tale elemento, in precedenza totalmente trascurato, sulla misura dell'assegno. La corte del merito sì è invece inutilmente dilungata a riaffermare la ricorrenza dei presupposti di diritto che legittimavano la domanda della B. ed a riesaminare tutte le altre circostanze di fatto che, nella specie, dovevano essere considerate ai fini della sua determinazione - ancorché gli uni e le altre non potessero più ritenersi in discussione - mentre ha sostanzialmente ignorato il dictum di questa Corte, limitandosi in conclusione a rilevare che la fissazione della misura dell'assegno in € 250 mensili trovava giustificazione nella valorizzazione degli elementi di cui il primo giudice d'appello aveva già tenuto conto e non era inficiata” dalla titolarità in capo alla B. della pensione sociale la sentenza ha dunque confermato la decisione cassata sulla scorta del medesimo percorso motivazionale, senza chiarire perché la percezione da parte della richiedente di un reddito mensile fisso sia pure modesto non influiva in alcun modo sulla determinazione del quantum dovuto dal V Nella sua seconda parte il motivo deve invece essere respinto, atteso che non compete al giudice di legittimità la valutazione degli elementi di fatto sui quali deve fondarsi la decisione. All'accoglimento del ricorso, nei termini che si sono precisati, conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame, alla Corte d'appello di Bologna in diversa composizione, che regolerà le spese anche di questo secondo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione e rimette la causa alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, anche per le spese. Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati.