Lavoro trovato, ma con reddito basso: assegno dall’ex marito

Confermato il diritto della donna ad ottenere un contributo mensile. Decisivo il riferimento al tenore di vita goduto durante il rapporto matrimoniale. Emerge, difatti, che la retribuzione percepita oggi non consente all’ex moglie di conservare quello stile di vita.

Età avanzata e crisi economica. Due fattori che rendono difficile per la donna trovare un lavoro adeguato, tale, cioè, da consentirle di conservare lo stile di vita avuto durante il matrimonio. Consequenziale l’obbligo, per l’uomo, di versare all’ ex moglie un assegno mensile da 500 euro Cassazione, ordinanza n. 6433/2016, sezione Sesta Civile, depositata oggi . Assegno. Ufficiale la cessazione degli effetti civili del matrimonio . Resta da affrontare il delicato tema dei rapporti economici tra i due coniugi. E su questo fronte i giudici d’appello confermano il dovere dell’uomo di corrispondere all’ ex moglie l’assegno divorzile , e, allo stesso tempo, come richiesto dalla donna, aumentano la cifra, portandola a 500 euro . Decisive, in sostanza, le differenti disponibilità degli ex coniugi, ovviamente alla luce del tenore di vita mantenuto durante il matrimonio. Tenore di vita. Inevitabili le contestazioni da parte dell’uomo. Egli pone in evidenza, soprattutto, le capacità lavorative dell’ ex moglie, comprovate dalla giovane età e dalla titolarità di un lavoro retribuito . E, sempre secondo l’ ex marito, la donna ha sicuramente la possibilità di aspirare ad una occupazione più adeguata alle sue esigenze economiche . Chiaro l’obiettivo dell’uomo vedere ridotto l’ assegno divorzile . Per i Giudici della Cassazione, però, non sono state trascurate le risorse economiche e lavorative della donna. Semplicemente si è considerato che l’ occupazione come lavoratrice dipendente non le fornisce una retribuzione tale da conservare un tenore di vita comparabile a quello goduto nel corso della convivenza matrimoniale, durata quasi quindici anni. E, aggiungono i Magistrati, non si possono trascurare due dati significativi l’ età della donna e l’ attuale crisi economica . Logico ritenere, di conseguenza, che sia per lei difficile trovare una occupazione adeguata . Ecco spiegata la necessità del contributo in denaro, tramite assegno divorzile , da parte dell’ ex marito.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 19 febbraio – 4 aprile 2016, n. 6433 Presidente Ragonesi – Relatore Mercolino Fatto e Diritto E' stata depositata in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ. 1. - Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d'Appello di Roma ha accolto parzialmente l'appello proposto da A.S. avverso la sentenza emessa il 4 gennaio 2012, con cui il Tribunale di Frosinone, nel pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dall'appellante con R.A., aveva posto a carico di quest'ultimo l'obbligo dì corrispondere l'assegno divorzile, ed ha rideterminato l'importo dell'assegno in Euro 590,00 mensili, da rivalutarsi annualmente secondò l'indice Istat, con decorrenza dal mese di febbraio 2012, rigettando l'appello incidentale proposto dall'A 2. - Avverso la predetta sentenza l'A. ha proposto ricorso per cassazio ne, articolato in due motivi, al quale la S. ha resistito con controricorso. 3. A sostegno dell'impugnazione, il ricorrente ha dedotto a la violazione e la falsa applicazione dell'art. 5 della legge 1 ° dicembre 1970, n. 898, sostenendo che, ai fini del riconoscimento e della determinazione dell'assegno, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della capacità lavorativa della S., comprovata dalla giovane età e dalla titolarità di un impiego retribuito, né della sua possibilità di aspirare ad un'occupazione più adeguata al le sue esigenze economiche, ponendo a carico di esso ricorrente gli oneri conse guenti alla scelta della donna di stabilirsi a Roma, e trascurando la breve durata del rapporto coniugale, che aveva impedito la maturazione di aspettative in ordi ne al mantenimento di un elevato standard di vita b la violazione e la falsa applicazione dell'art. 91 cod proc. civ., affermando che, nel condannarlo al pagamento delle spese processuali, in virtù del rigetto dell'appello incidentale, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell'accogli mento soltanto parziale della domanda di rideterminazione dell'assegno divorzile, che avrebbe giustificato quanto meno la compensazione delle spese. 4. - Il primo motivo è infondato. Ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno, la sentenza impugnata si è correttamente attenuta all'orientamento consolidato della giurisprudenza di legit timità, che nell'ambito del relativo accertamento distingue due fasi, la prima di retta a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quel lo avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevol mente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, e la seconda volta alla determinazione in concreto dello assegno, sulla base delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del pa trimonio di ognuno e di quello comune, nonché del reddito di entrambi, da valu tarsi anche in rapporto alla durata del matrimonio cfr. Cass., Sez. I, 9 giugno 2015, n. 11870 15 maggio 2013, n. 11686 4 ottobre 2010, n. 20582 . Nel valuta re l'adeguatezza delle risorse economiche a disposizione della S., essa non ha affatto omesso di conferire rilievo alla capacità lavorativa della stessa, avendo dato opportunamente atto che a seguito della separazione dal coniuge el la ha trovato occupazione come lavoratrice dipendente, ma avendo anche accer tato che la relativa retribuzione non le consente di mantenere un tenore di vita comparabile a quello goduto nel corso della convivenza nell'ambito di tale verifica, la Corte di merito ha peraltro valorizzato anche la difficoltà di reperire u n'occupazione adeguata, in conseguenza dell'età della controricorrente e dell'at tuale situazione di crisi economica, in tal modo conformandosi al principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui la mera attitudine al lavoro del coniu ge che richiede l'assegno non è sufficiente, se valutata in modo ipotetico ed a stratto, a dimostrare il possesso di un'effettiva capacità reddituale, dovendosi te ner conto delle concrete prospettive occupazionali connesse a fattori di carattere individuale ed alla situazione ambientale, nonché delle reali opportunità offerte dalla congiuntura economico-sociale in atto cfr. Cass., Sez. I, 23 ottobre 2015, n. 21670 17 gennaio 2002, n. 432 19 luglio 1980, n. 4741 . Non ha poi fondamento l'affermazione secondo cui la sentenza impugnata avrebbe fatto ricadere sull'A. i maggiori oneri conseguenti al trasferimento dell'abitazione della S. da Ceprano a Roma, in quanto, indipendentemente dal carattere necessitato di tale scelta, imposta dal reperimento di un impiego nella Capitale, la Corte di strettuale ha precisato di non averne tenuto conto ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno. La funzione eminentemente assistenziale di tale contributo, volto a tutelare il coniuge economicamente più debole, esclude infine la possibili tà di negarne l'attribuzione in virtù della breve durata della convivenza, la quale può venire in considerazione, in concorso con altri elementi, esclusivamente ai fini della commisurazione del relativo importo, a meno che, per volontà e colpa del richiedente, non abbia impedito la formazione di una comunione materiale e spirituale di vita tra i coniugi, in modo tale da far ritenere che il vincolo coniuga le si sia solo formalmente costituito cfr. Cass., Sez. VI, 26 marzo 2015, n. 6164 Cass., Sez. 1, 22 marzo 2013, n. 7295 16 giugno 2000, n. 8233 . Nella specie, pe raltro, tale eventualità non è stata in alcun modo prospettata, essendo emersa sul tanto una rilevante sproporzione tra la durata della convivenza protrattasi per poco più di tre anni e quella del matrimonio scioltosi a circa quindici anni di di stanza dalla celebrazione , rispetto alla quale la sentenza impugnata ha ritenuto, con motivazione immune da vizi logici, di dover attribuire prevalente rilievo al vi stoso squilibrio tra le condizioni economico patrimoniali delle parti. 5. - Ealtresì infondato il secondo motivo. Nel condannare l'appellato al pagamento delle spese processuali, nonostante l'accoglimento soltanto parziale del gravame principale, la sentenza impugnata ha fatto puntuale applicazione del criterio della soccombenza, avendo tenuto con to dell'esito complessivo del giudizio, sostanzialmente favorevole all'appellante, in quanto contraddistinto dalla liquidazione dell'assegno in misura superiore a quella determinata dalla sentenza di primo grado e dal rigetto dell'appello inci dentale, con cui era stata chiesta l'esclusione dell'obbligo di corrispondere il pre detto contributo. L'accoglimento soltanto parziale della domanda non attribuisce d'altronde alla controparte il diritto alla compensazione, totale o parziale, delle spese processuali, trattandosi di un provvedimento rimesso al potere discreziona le del giudice di merito, che prescinde da una valutazione della soccombenza in termini puramente quantitativi cfr. Cass., Sez. II, 11 gennaio 1979, n. 199 26 gennaio 1978, n. 375 . . Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ritie ne condivisibile l'opinione espressa dal relatore e la soluzione da lui proposta. II ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, e condanna A. R. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00, ivi compresi Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quaier, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13. Ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.