Rischio di pericoli psichici per la figlia minorenne: no al rimpatrio

Per il rimpatrio del figlio minorenne è necessario che, al momento del trasferimento, il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato dal richiedente, non rilevando ai fini dell’accoglimento della domanda le motivazione di tale mancato esercizio.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16043/15, depositata il 29 luglio. Il caso. A seguito dell’attivazione della procedura di rimpatrio, il Tribunale per i minorenni di Napoli accoglieva la domanda di restituzione di una figlia minorenne al padre. La vicenda era la seguente la famiglia – formata da madre, padre e figlia – si trasferiva in Florida dall’Italia ma successivamente, per visitare il nonno infermo, la madre ritornava in Italia con la figlia. Dopo la formalizzazione della domanda di separazione – in cui la madre prospettava l’inadeguatezza genitoriale, per alcolismo ed altre ragioni, del coniuge - il padre proponeva domanda di divorzio e presentava istanza di restituzione della minore. Sulla base della Convenzione dell’Aja del 1980 il Tribunale disponeva l’immediato rimpatrio della minore, alla luce di varie considerazioni la Florida era la residenza abituale della figlia, la madre non avrebbe potuto decidere da sola il trasferimento in Italia, l’istanza di restituzione era tempestiva e il rimpatrio non sottoponeva la figlia a gravi pericoli fisici o psichici. Si sosteneva, infatti, che nonostante una condotta censurabile del padre, non erano emersi maltrattamenti o traumi nella figlia, con cui, anzi, vi era una buona relazione affettiva. La madre propone ricorso avverso questo provvedimento, a cui il padre resiste con controricorso. Nel ricorso si sottolinea che per concedere il rimpatrio è necessario verificare la sussistenza dei requisiti del diritto di custodia da parte del padre, in quanto privato della libertà personale a seguito di un arresto per guida in stato di ubriachezza e successivi ricoveri in centri di recupero a causa della dedizione al consumo di droghe e alcol. Presupposti per il rimpatrio . La Corte ribadisce che requisito indispensabile perché possa essere disposto il rimpatrio del minore, ai sensi dell’art. 12, Convenzione dell’Aja del 1980, è che al momento del trasferimento il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato dal richiedente, non rilevano le cause del mancato esercizio ai fini dell’accoglimento della domanda di rimpatrio Cass. n. 277/2011 . In particolare, l’accertamento di questo presupposto deve essere eseguito puntualmente dal giudice e non può essere omesso Cass. n. 14561/2014 , essendo necessario verificare se colui che richiede il rimpatrio eserciti concretamente il diritto di affidamento sul minore al momento del suo trasferimento in Italia, prescindendo da ogni rilievo diretto al ripristino della situazione corrispondente all’affidamento legale. La Cassazione ritiene l’accertamento svolto dal Tribunale meramente formale avrebbe dovuto essere accertata la sussistenza o meno, a fronte dei periodi di detenzione e ricovero del padre, di una custodia effettiva da parte del padre all’epoca del trasferimento, indipendentemente dall’esistenza di un titolo legittimante. Necessità di considerare tutte le tipologie di rischi. Alla luce dei principi affermati dalla Grande Camera della Cedu nel 2010, il Best Interest of the Child assume un rilievo interpretativo fondamentale anche in materia di sottrazione internazionale di minori. La Corte ritiene, infatti, che il rischio psichico grave a cui potrebbe essere esposta la minore non risulta adeguatamente valutato nella sentenza impugnata. Il Tribunale non ha considerato l’età della minore, l’impossibilità, anche a causa della diversità linguistica, di comunicare con il padre, la possibilità di esposizione a situazioni di rischi sia fisici che psicologici a causa della dedizione del padre all’uso di alcol e droghe, l’assenza della madre nel caso di rimpatrio negli USA. Appare chiaro che la semplice insussistenza di episodi di maltrattamento non esaurisce la gamma dei rischi, anche gravi, ai quali la minore può essere esposta in caso di rientro. Per questo motivo la sentenza impugnata viene cassata e rinviata al Tribunale per i minorenni di Napoli.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 febbraio – 29 luglio 2015, n. 16043 Presidente Luccioli – Relatore Campanile Svolgimento del processo 1 - Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale per i Minorenni di Napoli ha accolto la domanda di restituzione della minore B.V.A. nata a omissis , al padre B.B.K. , a seguito dell'attivazione, in data 29 aprile 2013, della procedura di rimpatrio da parte della Procura della Repubblica. 1.1 - In particolare, è stato dedotto che la famiglia dell'istante, formata dallo stesso, dalla moglie M.D. e dalla predetta figlia, si era trasferita dall'Italia, dove il B. prestava il servizio militare presso una base della Nato, in Florida USA , dove il predetto intendeva proseguire gli studi universitari. Nell'anno 2012 la M. , essendo ritornata in Italia per visitare il nonno materno gravemente infermo, decideva di prolungare il soggiorno, tenendo con sé la bambina, allo scopo dichiarato di assistere il proprio parente, mentre il B. era tornato in Florida per ragioni di studio. A un certo punto, dopo aver compreso che la moglie intendeva trattenersi permanentemente in Italia, trattenendo con sé la figlia intenzione poi formalizzata con la domanda di separazione presentata al Tribunale di Napoli nel dicembre del 2012, in cui si prospettava l'inadeguatezza genitoriale, per alcolismo ed altre ragioni, del coniuge , il B. , dopo aver presentato nell'ottobre del 2012 domanda di divorzio alla Corte di Palm Beach, presentava istanza di restituzione della minore. La M. , costituitasi, si opponeva all'accoglimento dell'istanza, rappresentando che il marito aveva prestato il proprio consenso, quanto meno fino al marzo del 2013, alla permanenza in Italia della minore, ed aggiungendo che, essendo ella impossibilitata al rientro negli Usa, in quanto ormai priva della Green Card, il coniuge era assolutamente inadeguato al ruolo genitoriale, a causa del cronico abuso di alcool, e delle sue intemperanze, essendo stato per altro tratto in arresto e più volte ricoverato in centri di riabilitazione. Chiedeva, pertanto, che la figlia le venisse affidata in via esclusiva. 1.2 - Sulla base di quanto sopra evidenziato, il Tribunale ha ritenuto che ricorressero i presupposti richiesti dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, e che, quindi, si dovesse disporre l'immediato rimpatrio della minore. Si è osservato che, essendosi accertato che la minore aveva in Florida la sua residenza abituale, che la madre non avrebbe potuto da sola decidere il suo trasferimento in Italia, che l'istanza di restituzione era stata proposta tempestivamente, non era stato dimostrato che la restituzione della stessa al padre la esponessi, a gravi pericoli fisici e psichici o fosse per lei intollerabile. Invero, pur essendo la condotta del B. censurabile, non erano emersi episodi relativi a maltrattamenti nei confronti della figlia o a traumi di natura psichica anche in relazione all'inserimento nel contesto territoriale della cittadina di Boca Raton, essendo al contrario risultata la sussistenza di una buona relazione affettiva con il padre, del quale era stata disposta ed effettuata l’audizione. Si aggiungeva che la domanda della M. in merito all'affidamento della minore era inammissibile, in quanto estranea all'oggetto della procedura inerente alla sottrazione della minore. 1.3 - Avverso tale provvedimento la M. propone ricorso, deducendo due motivi, cui il B. resiste con controricorso. Motivi della decisione 2 - Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 13, comma 1, lett. b della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 e dell'art. 8 della Cedu. In particolare, il Tribunale avrebbe, da un lato, omesso di verificare la sussistenza del presupposto dell'effettività del diritto di custodia da parte del padre, in quanto privato della libertà personale a seguito dell'arresto per guida in stato di ubriachezza, delle successiva sottoposizione a detenzione e ricoveri obbligatori in centri di recupero, dall'altro non avrebbe valutato la ricorrenza o meno di una situazione intollerabile e di pericolo per la minore, tenuto conto della dedizione del padre al consumo di droghe e di alcool. 3- Il motivo è fondato. 3.1 - Quanto al primo profilo, deve osservarsi che questa Corte ha più volte affermato che presupposto indispensabile perché possa essere disposto il rimpatrio del minore, ai sensi dell'art. 12 della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, è che, al momento del trasferimento, il diritto di affidamento sia effettivamente esercitato dal richiedente, non rilevando ai fini dell'accoglimento della domanda di rimpatrio le cause e le ragioni di tale mancato esercizio Cass., 7 gennaio 2011, n. 277 . In particolare, l'accertamento della sussistenza di tale presupposto deve essere puntualmente eseguito dal giudice e non può essere omesso Cass., 26 giugno 2014, n. 14561 , dovendosi verificare se il richiedente il rimpatrio esercitasse concretamente il diritto di affidamento sul minore al momento del suo trasferimento in Italia, prescindendo da ogni rilievo diretto al ripristino della situazione corrispondente all'affidamento legale. 3.1 - Il Tribunale ha svolto un accertamento meramente formale, per altro attribuendo rilievo alla pronuncia della Corte di Palm Beach sulla cui irrilevanza, in quanto emessa in itinere, cfr. Cass., 28 dicembre 2006, n. 27593 , che, per come sommariamente richiamata, sembra disporre l'affidamento della minore alla madre e attribuire al padre un mero diritto di visita. Avrebbe dovuto essere accertata la sussistenza o meno, a fronte dei periodi di detenzione e di ricovero del B. , rispettivamente dovuti agli illeciti commessi e alla necessità di essere sottoposto a cure riabilitative, di una custodia effettiva da parte del padre all'epoca del trasferimento, indipendentemente dall'esistenza di un titolo legittimante. 4- Il secondo profilo assume connotati maggiormente pregnanti, dovendosi innanzitutto ribadire che, anche alla luce dei principi affermati dalla Grande Camera della Cedu Neulinger del 6 luglio 2010 , il principio del Best Interest of the Child assume un rilievo interpretativo fondamentale anche in materia di sottrazione internazionale di minori. Il tema del pericolo dell'esposizione della minore a un rischio psichico grave, ovvero a una situazione intollerabile, posto alla base della disposizione contenuta nell'art. 13, primo comma, lett. b , della Convenzione dell'Afa non risulta adeguatamente valutato nella sentenza impugnata. 5- Il Tribunale, infatti, da un lato ha omesso di considerare l'età della minore, l'impossibilità, anche per la diversità delle lingue, di comunicare con il padre, la probabilità di esposizione a situazione di rischio dal punto di vista fisico, ma soprattutto psicologico, a causa della pacifica dedizione del B. - in assenza di attestazioni circa un suo completo recupero -ad alcool e droghe, l'assenza, in caso di rientro della bambina negli USA, della madre, anche per ragioni di natura giuridica dall'altro, si è limitato ad affermare l'insussistenza di episodi di maltrattamento, che, all'evidenza, in presenza della situazione sopra descritta, non esauriscono la gamma dei rischi, anche gravi, ai quali la minore potrebbe essere esposta in caso di rientro. 6 - L'accoglimento del primo motivo, tale da imporre la cassazione della decisione impugnata con rinvio, anche per le spese, al Tribunale per i Minorenni di Napoli, che applicherà i principi sopra indicati, comporta l'assorbimento del secondo motivo, inerente alla rilevata inammissibilità della domanda di affidamento esclusivo proposta dalla M. . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, al Tribunale per i Minorenni di Napoli, in diversa composizione.