Solo motivi sopraggiunti giustificano la modifica delle disposizioni patrimoniali della sentenza di divorzio

Da valutare adeguatamente la ricorrenza del presupposto della novità della situazione occupazionale e reddituale della parti rispetto a quella esistente al momento della pronuncia della sentenza di divorzio.

La Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 24515 del 30 ottobre 2013, ha deciso il caso in esame con ordinanza ai sensi del combinato disposto degli artt. 375, n. 5, e 380 bis c.p.c., ovvero l’ordinanza prevista per le ipotesi in cui debba accogliere o respingere il ricorso per manifesta fondatezza o infondatezza . Il caso. Il Tribunale di Trapani aveva rigettato la richiesta del marito di eliminazione dell’assegno di mantenimento a favore delle figlie maggiorenni non ancora indipendenti economicamente e accolto invece la richiesta delle stesse di adeguamento dell’assegno stesso. Il decreto del tribunale veniva riformato dalla Corte di Appello che da un lato eliminava del tutto l’assegno di mantenimento e dall’altro revocava l’assegnazione della casa coniugale in favore della moglie. Ricorrevano quindi in Cassazione sia la moglie e le figlie che il marito. Per modificare la sentenza di divorzio occorre che vi siano situazioni nuove rispetto al momento della sentenza. Il motivo per cui la Sesta Sezione ha accolto il ricorso di moglie e figlie, consiste nel mancato rispetto, da parte dei giudici di appello, di quanto prescrive il primo comma dell’art. 9, legge n. 898/1970, il quale prescrive che Qualora sopravvengano giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, in camera di consiglio e, per i provvedimenti relativi ai figli, con la partecipazione del pubblico ministero, può, su istanza di parte, disporre la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere ai sensi degli articoli 5 e 6 . In particolare, hanno osservato gli Ermellini, la motivazione della Corte di appello non consente di verificare se sia stata adeguatamente valutata la ricorrenza del presupposto della novità della situazione occupazionale e reddituale della parti rispetto a quella esistente al momento della pronuncia della sentenza di divorzio emessa dal Tribunale . Toccherà quindi alla Corte di Appello, in diversa composizione, valutare se sussistano motivi sopravvenuti rispetto alla sentenza accertata dalla sentenza di divorzio che giustifichino l’eliminazione o riduzione dell’assegno di mantenimento delle figlie maggiorenni e di revoca dell’assegnazione della casa coniugale, specificamente in relazione alla situazione economica delle parti, all’eventuale conseguimento di uno stato consolidato di indipendenza economica delle figlie e alla cessazione della convivenza delle stesse con la madre.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 18 giugno - 30 ottobre 2013, n. 24515 Presidente Di Palma – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che in data 10/29 aprile 2013 è stata depositata relazione ex art. 380 bis che qui si riporta con alcuni adattamenti formali e precisazioni 1. La controversia ha per oggetto il diritto della D.M. a percepire dal C. il contributo mensile di mantenimento a favore delle figlie C.C. e Cl. nonché la revoca del provvedimento di assegnazione della casa coniugale. 2. Il Tribunale di Trapani, con decreto dell'11-16 novembre 2010, aveva respinto la richiesta di C. di eliminazione dell'assegno di mantenimento e accolto la richiesta della D.M. e delle figlie C.C. e Ca.Cl. di adeguamento a 1.200 Euro mensili del contributo gravante sul C. a titolo di contributo al mantenimento delle figlie maggiorenni non ancora indipendenti economicamente. 3. La Corte di appello di Palermo ha riformato la decisione di primo grado e ha eliminato l'assegno di mantenimento. Ha altresì revocato l'assegnazione della casa coniugale in favore della D.M. . 4. Ricorrono per cassazione R D.M. , C.C. e Cl. deducendo a violazione o falsa applicazione di norme, ai sensi dell'art. 360 comma In. 3, in relazione all'art. 115 c.p.c., all'art. 9 della legge n. 898/1970, all'art. 2909 c.c., violazione di legge ex art. 111 Cost., insussistenza di giustificati motivi sopravvenuti alla sentenza divorzile. Le ricorrenti lamentano che la Corte di appello abbia accolto il ricorso senza attenersi alla prescrizione, di cui all'art. 9 della legge n. 898/1970, della modificabilità della sentenza di divorzio solo in caso di giustificati motivi sopraggiunti b omissione, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione in relazione a fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione di legge per difetto di argomenti idonei a rilevare la ratio decidendi o, comunque, in quanto la decisione impugnata è fondata su argomenti logicamente inconciliabili, insussistenza di giustificati motivi sopravvenuti alla sentenza divorzile. Secondo le ricorrenti il decreto impugnato non ha affatto messo a confronto la situazione esistente al momento della pronuncia da revisionare con quella prospettata in questo giudizio c violazione e falsa applicazione di norme ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 147, 148, 155 c.c., violazione dell'art. 111 Cost., difetto di autosufficienza economica di C.C. e Cl. . Le ricorrenti contestano la decisione della Corte di appello in quanto ha ritenuto erroneamente raggiunta cfr. Cass. Civ. n. 407/2007 l'autosufficienza economica di C.C. e Cl. sulla base dell'effettuazione di lavori saltuari e precari d contraddittorietà della motivazione in relazione a fatto controverso e decisivo per il giudizio, violazione di legge per difetto di argomenti idonei a rilevare la ratio decidendi o, comunque, in quanto la decisione impugnata è fondata su argomenti logicamente inconciliabili. Le ricorrenti lamentano la carenza della motivazione laddove non ha preso in considerazione la entità della retribuzione percepita saltuariamente dalle C. anche in relazione alle aspettative di vita e di inserimento professionale e sociale delle stesse derivanti non solo dagli studi seguiti ma anche dal contesto familiare, qualificato dalla professione di primario ospedaliero del padre e dai suoi consistenti redditi e violazione e falsa applicazione di norme ai sensi dell'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 6 della legge n. 898/1970, all'art. 111 della Costituzione. Insussistenza dei presupposti per la revoca del provvedimento di assegnazione della casa familiare in quanto misura consequenziale all'eliminazione dell'obbligo di mantenimento delle figlie erroneamente ritenute autosufficienti economicamente. 5. Si difende con controricorso G C. e si riporta alla giurisprudenza Cass. civ. 7195/1997, Cass. Civ. 23590/2010 secondo cui il diritto del coniuge di ottenere un assegno per il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest'ultimo, ancorché allo stato non autosufficiente economicamente, abbia in passato iniziato ad espletare un'attività lavorativa, così dimostrando il raggiungimento di un'adeguata capacità e determinando la cessazione del corrispondente obbligo di mantenimento da parte del genitore, senza che assuma rilievo il sopravvenire di circostanze ulteriori le quali, se pur determinano l'effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non possono far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti siano già venuti meno. Il controricorrente fa rilevare come non si sia verificato, al contrario di quanto ritenuto dal Tribunale, alcun incremento del suo reddito tale da giustificare il mantenimento del suo obbligo di contribuzione e addirittura il suo aumento mentre, al contrario, la sua capacità di spesa è notevolmente diminuita a seguito della nascita di un figlio dal suo secondo matrimonio. 6. I primi due motivi di ricorso appaiono fondati in quanto la motivazione della Corte di appello non consente di verificare se sia stata adeguatamente valutata la ricorrenza del presupposto della novità della situazione occupazionale e reddituale delle parti rispetto a quella esistente al momento della pronuncia della sentenza di divorzio emessa dal Tribunale di Trapani e modificata dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 25 gennaio 2008. 7. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della causa in camera di consiglio e se l'impostazione della presente relazione verrà condivisa per la cassazione con rinvio del decreto della Corte di appello di Palermo del 7/23 dicembre 2011. Ritenuto che tale relazione appare pienamente condivisibile e che pertanto il ricorso per cassazione deve essere accolto quanto ai suoi primi due motivi, restando assorbiti gli altri, con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio alla Corte di appello di Palermo perché riesamini la controversia valutando la controversia nell'ottica dell'accertamento della eventuale ricorrenza di motivi sopravvenuti, rispetto alla situazione accertata dalla sentenza di divorzio, che giustifichino la richiesta di eliminazione o riduzione dell'assegno corrisposto dal C. a titolo di contributo al mantenimento delle figlie maggiorenni e di revoca dell'assegnazione della casa coniugale a R L.M. , specificamente in relazione alla situazione economica del C. e delle figlie, all'eventuale conseguimento di uno stato consolidato di indipendenza economica delle figlie e alla cessazione della convivenza di queste ultime con la madre. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.