Delibazione della sentenza estera che disciplina le questioni patrimoniali tra i coniugi: solo se non è contraria all’ordine pubblico

La sentenza straniera che disciplina i rapporti patrimoniali tra i coniugi è riconosciuta in Italia se le sue disposizioni non sono contrarie all’ordine pubblico. Non spetta al giudice italiano la valutazione sul merito della sentenza.

Questo è il principio stabilito dalla Prima Sezione Civile della Suprema Corte, con la sentenza n. 9483 depositata il 18 aprile 2013, chiamata ad esprimersi sulla questione relativa alla delibazione di una sentenza pronunciata negli Stati Uniti, relativa alla definizione delle questioni economico patrimoniali del divorzio, in precedenza dichiarato dalla medesima Corte. Il caso. Con sentenza del 13 febbraio 2008, la Corte d’Appello di Roma, su ricorso di una donna, aveva riconosciuto e dichiarato esecutiva in Italia la sentenza emessa dalla Corte Circondariale di una Contea, negli Stati Uniti, con cui essa, regolando le questioni patrimoniali tra i coniugi, aveva in particolare stabilito la divisione dei beni immobili e mobili posseduti dagli ex coniugi in Italia e negli Stati Uniti. Sentenza contraria all’ordine pubblico italiano? Tale sentenza era stata emessa, come detto, a seguito di richiesta effettuata dalla moglie, alla quale era stato assegnato, in sede di divisione, un immobile sito in Roma ma intestato al marito questi aveva contestato la decisione poiché, secondo lui, contraria all’ordine pubblico italiano, dato che a suo dire, secondo il regime patrimoniale applicabile in virtù della legge italiana, ovvero la separazione dei beni, l’immobile in questione non poteva essere assegnato alla moglie. La Corte d’Appello aveva invece optato per la delibazione della sentenza americana, sostenendo che fossero sussistenti tutte le condizioni di riconoscimento, in quanto all’epoca i coniugi erano entrambi residenti negli Stati Uniti, era stato regolarmente rispettato il fondamentale principio del contraddittorio, e non pendeva, dinanzi al giudice italiano, alcun procedimento per il medesimo oggetto, e per le stesse parti, iniziato prima di quello straniero. Inoltre, secondo la Corte, la sentenza non era contraria all’ordine pubblico italiano, perché si era limitata a disciplinare, secondo la legge n. 218/1995, le questioni patrimoniali conseguenti alla domanda di scioglimento del matrimonio. Nei confronti della sentenza della Corte d’Appello, il marito presentò quindi ricorso sostenendo, tra l’altro, che la Corte statunitense non aveva tenuto in debita considerazione la normativa italiana riguardante il diritto di proprietà dell’immobile, che secondo lui ricadeva nel regime della separazione dei beni. Inoltre, secondo il ricorrente, la sentenza americana sarebbe stata contraria all’ordine pubblico italiano, avendo violato il diritto di proprietà, costituzionalmente garantito, per aver assegnato alla moglie una casa a lui intestata. La sentenza che regola i rapporti patrimoniali tra i coniugi non è contraria all’ordine pubblico italiano. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso. Infatti, secondo la Cassazione, la valutazione che deve compiere il giudice al quale venga richiesto di accertare la conformità della sentenza straniera all’ordine pubblico italiano, deve essere fatta sugli effetti della decisione nel nostro ordinamento, e non sulla correttezza della soluzione adottata alla luce dell’ordinamento straniero o della legge italiana. Detta valutazione va effettuata sugli effetti che la statuizione giudiziale può determinare nell’ordinamento italiano, al fine di verificare se la produzione di tali effetti nella specie l’acquisto della titolarità del diritto di proprietà su beni immobili conseguente alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi dopo il divorzio determini una violazione del complesso dei principi giuridici italiani non deve essere fondato invece, il giudizio di compatibilità degli effetti della pronuncia straniera rispetto al parametro dell’ordine pubblico interno e internazionale, su un’indagine del merito della decisione della Corte straniera, essendo questo superfluo e comunque precluso al giudice che deve delibare. Nel caso in specie, la Suprema Corte ha ritenuto che gli effetti della sentenza straniera non interferiscano sui principi di uguaglianza, parità e non discriminazione tra i coniugi e nemmeno che violino i principi essenziali ed inviolabili del diritto di proprietà, alla luce del dettato costituzionale e visto che gli effetti della sentenza straniera si limitano a definire l’assetto dei rapporti patrimoniali tra i coniugi relativamente agli immobili situati in Italia. Di conseguenza, ha ritenuto che la sentenza della Corte d’Appello avesse correttamente statuito, nell’effettuare il riconoscimento di quella americana, dato che questa non è contraria all’ordine pubblico italiano, e ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 gennaio – 18 aprile 2013, n. 9483 Presidente Luccioli – Relatore Acierno Svolgimento del processo Nella sentenza impugnata, emessa dalla Corte d'Appello di Roma, è stata riconosciuta e dichiarata esecutiva nella Repubblica Italiana la sentenza della Corte Circondariale della contea di Cook, Illinois, USA, relativa alla definizione delle questioni economico patrimoniali del divorzio, in precedenza dichiarato dalla medesima Corte, tra N B.M. e G.A M. . La pronuncia americana aveva in particolare stabilito la divisione dei beni immobili e mobili posseduti dagli ex coniugi in Italia e negli Stati Uniti. La richiesta di riconoscimento ai sensi dell'art. 64 della l. n. 218 del 1995 era stata formulata da B.M.N. , essendo stato a lei assegnato, in sede di divisione, un immobile sito a omissis , intestato al marito. Nella causa dinanzi alla Corte d'appello, la parte convenuta aveva contestato il fondamento della domanda di riconoscimento in quanto contraria all'ordine pubblico interno, per non aver considerato che secondo il regime patrimoniale applicabile in virtù della legge italiana, ovvero la separazione dei beni, l'immobile in questione non poteva essere assegnato alla moglie. Tale immobile era stato acquistato nel 1968, qualche anno dopo la celebrazione del matrimonio e le parti, anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 151 del 1975, non avevano optato, ai sensi del penultimo comma dell'art. 228 l. n. 151 del 1975, per il regime della comunione, in ordine agli acquisti effettuati in costanza di matrimonio anteriormente all'entrata in vigore della nuova legge. Ne conseguiva la conservazione della titolarità esclusiva del diritto di proprietà in capo al M. e la conseguente violazione del diritto costituzionale ed inalienabile di proprietà conseguente al riconoscimento della sentenza straniera. Il convenuto faceva inoltre presente che era pendente giudizio di separazione personale da esso introdotto e chiedeva, in via preliminare, la sospensione del giudizio ex art. 295 cod. proc. civ A sostegno dell'accoglimento della domanda di riconoscimento della sentenza emessa negli Stati Uniti d'America, la Corte d'appello aveva affermato - non poteva disporsi la richiesta sospensione perché i due giudizi avevano oggetto diverso e la causa di separazione, successivamente introdotta, non costituiva un indispensabile antecedente rispetto alla definizione del procedimento ex art. 64 l. n. 218 del 1995 nella specie sussistevano tutte le condizioni di riconoscimento della sentenza straniera, in quanto i coniugi, al momento dell'introduzione del giudizio, risiedevano entrambi in America, il contraddittorio era stato rispettato, la sentenza USA era passata in giudicato e non pendeva alcun processo davanti al giudice italiano per il medesimo oggetto e tra le stesse parti iniziate prima del processo straniero. la sentenza straniera non era contraria all'ordine pubblico perché, lungi dal violare i principi cardine della nostra Costituzione, tra i quali va compreso il diritto di proprietà, si era limitata a disciplinare, secondo la legge americana, correttamente applicabile ai sensi degli art. 29 e 30 della l. n. 218 del 1995, le questioni patrimoniali conseguenti alla pronuncia di scioglimento del matrimonio tra le parti. In particolare, osservava la Corte d'Appello, la legge americana si fondava sul principio della comunione legale, salvo il verificarsi di talune eccezioni, che il M. non era riuscito a dimostrare. Pertanto, non aveva rilievo che l'immobile in questione in relazione all'epoca in cui era stato acquistato non rientrasse secondo la legge italiana nella comunione legale, non avendo il M. dimostrato che tale bene potesse essere considerato di sua esclusiva proprietà. La mera difformità della decisione americana rispetto al regime giuridico interno non era, in conclusione, idonea a determinare alcuna lesione di principi essenziali. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione G.A M. , affidandosi a due motivi. Motivi della decisione Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 228 della l. n. 151 del 1975. Secondo il ricorrente la Corte d'Appello di Roma, nel giudizio di delibazione della sentenza USA non ha tenuto nella dovuta considerazione la disciplina normativa interna riguardante il diritto di proprietà sull'immobile in contestazione, dal momento che quest'ultimo ricadeva incontestabilmente nel regime della separazione dei beni. Il motivo si chiude con il seguente quesito di diritto È vero che il regime di comunione legale dei coniugi può essere applicato automaticamente anche ai cespiti immobiliari acquistati singolarmente prima dell'entrata in vigore del regime di comunione legale dei beni ex art. 228 l. n. 151 del 1975, e nel caso di specie, ai cespiti siti in via OMISSIS e via della OMISSIS acquistati dal sig. G.A M. in regime di separazione dei beni in data 4/12/1969 e in data 12/10/1971 e quindi prima dell'entrata in vigore della medesima, in violazione a quanto stabilito nell'art. 228 comma secondo l. n. 151 del 1975? Nel secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 64 della 1. n. 218 del 1995 per non aver ritenuto contraria all'ordine pubblico interno sotto il profilo della lesione del diritto costituzionalmente garantito di proprietà privata, la sentenza straniera delibata. Secondo il ricorrente il limite dell'ordine pubblico deve essere valutato non solo con riferimento alle norme astratte di natura sostanziale applicate dal giudice straniero, ma anche con riferimento al risultato cui la sentenza da riconoscere è pervenuta. Il giudizio di compatibilità deve essere operato raffrontando le disposizioni del prodotto giudiziale estero senza estendere tale verifica a tutto ciò che sta a monte di quelle disposizioni e di quella decisione. Devono, pertanto, essere considerati gli effetti che le disposizioni giudiziali possono produrre nel nostro ordinamento. Al riguardo viene sottolineato dal ricorrente di aver proposto giudizio di separazione personale davanti al giudice italiano al fine di affermarne la giurisdizione in concomitanza con quello americano, essendo possibile ai sensi dell'art. 3, punto 2 lettera e della l. n. 898 del 1970 chiedere lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili anche quando l'altro coniuge, cittadino straniero, abbia richiesto e ottenuto l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio. Nella specie è stata pronunciata la separazione personale senza addebito dal giudice italiano che ha altresì rilevato come l'assegnazione dei beni alla B. da parte della sentenza americana sia stata sproporzionata ed in contrasto con i principi essenziali irrinunciabili dell'ordinamento italiano con particolare riferimento al diritto di proprietà. Il motivo si chiude con il seguente quesiti di diritto È vero che l'art. 64 1. n. 218 del 1995 stabilisce i requisiti necessari ai fini del riconoscimento automatico della sentenza straniera tutelando i principi fondamentali dell'ordinamento italiano, e tra tali principi si riconosce il diritto di proprietà costituzionalmente sancito dall'art. 42 e che nel caso di specie il riconoscimento ed attuazione della sentenza della Corte di Cook, Illinois, mediante la sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 602 del 2008 viola tale diritto riconosciuto come diritto assoluto e principio fondamentale dell'ordinamento italiano?” La decisione merita di essere confermata ma la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta ai sensi dell'art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ. L'art. 64, lettera g della l. 218 del 1995 dispone che la sentenza straniera e1 riconosciuta in Italia, quando le sue disposizioni non producono effetti contrari all'ordine pubblico. La valutazione che deve compiere il giudice al quale, in caso di contestazione del riconoscimento automatico, venga richiesto l'accertamento del predetto requisito deve, di conseguenza, rivolgere il proprio esame sugli effetti della decisione nel nostro ordinamento e non sulla correttezza della soluzione adottata alla luce dell'ordinamento straniero o della legge italiana. Il rilievo esclusivo degli effetti è stato di recente ribadito da Cass. 16511 del 2012 e 1163 del 2013 . Nella sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Roma ha, invece, fondato il giudizio di compatibilità degli effetti della pronuncia straniera rispetto al parametro dell'ordine pubblico interno ed internazionale su un'indagine, non consentita, del merito della decisione della Corte straniera, esaminandone la coerenza giuridica con la normativa americana e con i criteri di valutazione delle prove. Così operando, la Corte d'Appello,, svolge un inammissibile sindacato di merito, del tutto estraneo all'oggetto del giudizio, dovendosi evidenziare che la valutazione di compatibilità non deve svolgersi sul rapporto giuridico dedotto ed esaminato dal giudice straniero, ma sugli effetti che la statuizione giudiziale può determinare nell'ordinamento italiano al fine di verificare se la produzione di tali effetti nella specie l'acquisto della titolarità del diritto di proprietà su beni immobili conseguente alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi dopo il divorzio determini una violazione del complesso dei principi - ivi compresi quelli desumibili dalla Carta Costituzionale – che formano il cardine della struttura economico sociale della comunità nazionale in un determinato momento storico, conferendole una ben individuata ed inconfondibile fisionomia, nonché quelle regole inderogabili, le quali abbiano carattere di fondamentalità che le distingue dal più ampio genere delle norme imperative e siano immanenti ai più importanti istituti giuridici Cass. n. 13928 del 1999 16017 del 2007 , tenuto conto del contesto Europeo, internazionale e convenzionale nel quali tali principi cardine etico giuridici sono da collocare Cass., 11 novembre 2000, n. 14662 Cass., 26 novembre 2004, n. 22332 . Con riferimento alla fattispecie dedotta nel presente giudizio, la valutazione dell'eventuale contrasto con il parametro dell'ordine pubblico, nell'ampia cornice disegnata dalla giurisprudenza di legittimità, si sarebbe dovuta compiere alla luce dei principi di uguaglianza, parità e non discriminazione tra i coniugi o, con riferimento ai principi che costituiscono il nucleo essenziale ed inviolabile del diritto di proprietà, alla luce del contenuto costituzionale e di derivazione CEDU del diritto stesso. Poiché gli effetti della sentenza straniera non interferiscono col piano dei principi sopra evidenziati, limitandosi a definire l'assetto dei rapporti patrimoniali tra i coniugi M.B. con riferimenti agli immobili situati in Italia, la soluzione della Corte d'Appello è, come già osservato, pienamente condivisibile. Né tale soluzione risulta scalfita dai motivi di ricorso, in quanto anch'essi incentrati su una critica della soluzione di merito della Corte americana. In particolare, nel primo viene sollevato prevalentemente il problema della compatibilità della decisione straniera oggetto di riconoscimento con il regime patrimoniale coniugale italiano, temporalmente applicabile al matrimonio contratto dalle parti. Nel secondo, la contrarietà all'ordine pubblico degli effetti della sentenza straniera e la conseguente erroneità del riconoscimento eseguito dalla pronuncia della Corte d'Appello impugnata,, si fondano sulla non conformità con il parametro normativo interno di dettaglio, senza alcun riferimento concreto al contenuto costituzionale del diritto inviolabile di proprietà privata o a qualche altro principio essenziale dell'ordinamento. Peraltro, occorre osservare che il motivo contiene anche una lunga digressione sull'instaurato giudizio di separazione personale, in Italia, tra i coniugi da parte del ricorrente che non conduce ad alcuna specifica censura della decisione impugnata e che conseguentemente deve essere dichiarato per tale limitata parte manifestamente inammissibile. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso.