Il divario economico tra coniugi incide sulla determinazione dell’assegno

Lo scopo dell’assegno divorzile è quello di tendere a ricostruire il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio indice di tale tenore può ben essere il divario reddituale attuale dei coniugi.

La sentenza dichiarativa di cessazione degli effetti civili del matrimonio che ponga a carico del marito la corresponsione, in favore della moglie, di una somma a titolo di assegno divorzile, è adeguatamente motivata ove i giudici, nell’analizzare la situazione economica dei coniugi, abbiano evidenziato un notevole divario a vantaggio del marito. Ciò in quanto lo scopo dell’assegno divorzile è quello di tendere a ricostruire il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio indice di tale tenore può ben essere il divario reddituale attuale dei coniugi. L'assegno divorzile ha una componente assistenziale, una risarcitoria ed una compensativa. La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2313 depositata il 31 gennaio 2013, torna ad occuparsi della funzione dell’assegno di divorzio. Come noto, l’assegno divorzile, originato dallo scioglimento del vincolo coniugale, ha natura complessa essendo nello stesso individuabile una componente assistenziale, una risarcitoria ed una compensativa. Ai sensi dell’art. 5 L. D., come modificato dall’art. 10, l. n. 74/1987, il Tribunale determina l’obbligo della corresponsione dell’assegno divorzile a carico di un coniuge ed in favore dell’altro, tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico conferito da ciascuno nella formazione del patrimonio comune. Dalla natura prevalentemente assistenziale dell’istituto discende, quindi, l’insorgenza del diritto qualora uno dei due coniugi abbia una condizione reddituale e patrimoniale inidonea a consentirgli la conservazione del tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio. In tale quadro significativa è la valutazione del giudice di merito il quale deve, in primo luogo, verificare la sussistenza del diritto del richiedente, per poi procedere con la quantificazione dell’importo alla luce dei parametri indicati dall’art. 5 L.D Il fatto . Il Tribunale, con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, condannava il marito alla corresponsione di un assegno mensile in favore della figlia minore, al pagamento di un ulteriore assegno, sempre con cadenza mensile, in favore della moglie, nonché alla metà delle spese scolastiche, mediche e straordinarie affrontate dalla madre per la minore. Avverso la predetta sentenza proponeva appello il marito. La Corte territoriale competente, in parziale accoglimento della domanda principale rigettava la richiesta di corresponsione dell’assegno divorzile, come pure quella di rifusione della metà di alcune spese sostenute per la figlia. Rivoltasi la donna al giudice di legittimità, lo stesso cassava la pronuncia con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello competente, la quale avrebbe dovuto accertare il diritto della moglie all’attribuzione dell’assegno oltre a quello di vedersi rimborsate la metà delle spese sostenute per la figlia. Il giudice del rinvio condannava l’uomo al pagamento dell’assegno divorzile ad al rimborso della metà di quasi tutte le spese affrontate dalla donna per la minore. L’uomo proponeva ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, resisteva con controricorso la donna. Indice del tenore di vita? Il marito lamentava vizio di motivazione in punto di assegno di mantenimento così come in merito alle spese per la figlia. La Cassazione, nel respingere il ricorso, evidenzia come l’assegno di mantenimento sia finalizzato a ricostruire il tenore di vita goduto dalla parte debole del rapporto in costanza di matrimonio. Specifica ancora la Corte che indice del tenore di vita può ben essere il divario delle condizioni reddituali tra coniugi in tal senso Cass. civ. n. 2156/2010 . Nel caso specifico il ricorrente aveva sollevato agli Ermellini una serie di questioni relative a valutazioni di merito che non potevano essere analizzate in sede di legittimità nella misura in cui il giudice di seconde cure, chiamato a conoscere della causa, abbia argomentato con motivazioni logiche e coerenti. Il divario economico dei coniugi. In effetti, nel caso di specie la Corte di Appello nell’analizzare la situazione economica dei coniugi ha avuto modo di apprezzare un considerevole divario tra le due posizioni reddituali. Da una parte il marito gestore di una attività commerciale ben avviata, dall’altra la moglie impiegata in cassa integrazione prestata a lavori socialmente utili e con la necessità di ricorrere sovente all’ausilio dei familiari. Orbene, alla luce di questa situazione il giudice, ha correttamente condannato l’ex marito alla corresponsione di un assegno divorzile di € 280,00 mensili. Allo stesso tempo è stata giudicata corretta ed adeguata la motivazione relativa alle spese affrontate per la figlia nella misura in cui il giudice dell’appello aveva avuto modo di analizzare ogni singolo giustificativo di spesa sino ad escludere la rifusione, in favore della madre, della somma di € 50,00 spesa per l’iscrizione della figlia ad un corso di pallavolo, trattandosi di un esborso non approvato preventivamente dal padre.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 13 dicembre 2012 – 31 gennaio 2013, n. 2313 Presidente Carnevale – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con sentenza in data 29-12-2003, il Tribunale di Forlì dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra C.S. e Ca.Da. , confermando l'affidamento ad essa della loro figlia minore, e condannando il C. alla corresponsione con cadenza mensile, di un assegno per la minore stessa, oltre alla metà delle spese scolastiche, mediche e straordinarie, e di uno per la Ca. . Con sentenza in data 20-5-2004, la Corte d'Appello di Bologna, in parziale accoglimento dell'appello principale proposto dal C. , rigettava la domanda della Ca. di assegno divorzile, e rigettava l'appello incidentale di questa, volto alla condanna del coniuge al pagamento pro quota di alcune spese sostenute per la figlia. A seguito del ricorso della Ca. questa Corte con sentenza 28-1-2008 n. 1758, cassava la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Bologna, in diversa composizione. Il giudice del rinvio avrebbe dovuto accertare il diritto della Ca. all'attribuzione di assegno, nonché di ottenere la condanna del C. al pagamento della somma di Euro 1722,06, corrispondente alla metà delle spese sopra indicate, per la figlia minore, poste a carico del padre in sede di separazione dei coniugi. La Ca. riassumeva la causa davanti alla Corte d'Appello di Bologna, chiedendo la condanna del C. a corrisponderle l'assegno di divorzio nonché l'importo pro quota di dette spese il C. chiedeva rigettarsi le domande della Ca. . La Corte d'Appello di Bologna, con sentenza in data 6-2/4-3-2009, condannava il C. a corrisponderle assegno per l'importo di Euro 280.00 mensili, nonché la somma di Euro 1672,06, quale quota delle spese suindicate. Ricorre per cassazione il C. . Resiste, con controricorso, la Ca. . Le parti hanno presentato memorie per l'udienza. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione in punto assegno. Con il secondo vizio di motivazione, in ordine alle spese per la figlia. Con il terzo, violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. sulle spese processuali. La controricorrente lamenta la erronea formulazione dei quesiti e delle sintesi , relative a vizi di motivazione, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., abrogato, ma ancora operante per i rapporti pregressi. Al contrario, quesiti e sintesi appaiono adeguatamente formulati. I motivi vanno rigettati in quanto infondati. Va precisato che l'assegno di divorzio deve tendere a ricostituire il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Indice di tale tenore di vita può essere il divario reddituale attuale tra i coniugi per tutte, Cass. n. 2156 del 2010 . Il ricorrente, in sostanza, propone, per gran parte, profili di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da una motivazione adeguata e non illogica. Il giudice a quo analizza la situazione economica dei coniugi, evidenziando un notevole divario, a vantaggio del marito il C. , titolare di un esercizio di bar, in condizioni particolarmente floride, cui ha conferito apporti finanziari notevoli, riducendone notevolmente le perdite, secondo gli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza la Ca. , già impiegata, in cassa integrazione per molto tempo, ha svolto lavori socialmente utili , presso il Comune di , a carattere temporaneo, e successivamente ha dovuto ricorrere all'aiuto di parenti. Correttamente, dunque, il Giudice a quo ha condannato il C. a corrispondere assegno divorzile alla moglie, determinandone l’importo in Euro 280,00. Quanto alle spese pro quota perla figlia minore delle parti, seguendo le indicazioni di questa Corte e dovendosi pertanto accertare ulteriormente, ai fini dell’esecuzione forzata, l’effettiva sopravvenienza degli specifici esborsi, contemplati nel titolo e la relativa entità ancora una volta, con motivazione adeguata e non illogica, la sentenza impugnata precisa di aver esaminato i singoli documenti di spesa, relativi ad oneri, di natura straordinaria e medica, indicando le diverse tipologie e, tra l’altro, escludendo la somma di Euro 50,00, relativa a un corso di pallavolo svolto dalla minore, in quanto spesa non approvata preventivamente dal padre. Il giudice a quo ha condannato pertanto il Co veri al pagamento della somma di Euro 1672,00, lievemente inferiore a quella richiesta dalla Ca. . Quanto alle spese processuali, la sentenza impugnata le pone a carico del C. , in relazione alla sua totale soccombenza. Il ricorso va, conclusivamente, rigettato. Seguono parimenti la soccombenza le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 3000,00 per compensi, ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.