La coincidenza “COMI” - sede statutaria è presunta fino a prova contraria

In tema di insolvenza transfrontaliera, secondo il Regolamento UE n. 848/2015 è competente a dichiarare l’insolvenza il Giudice dello stato membro in cui si trova il centro degli interessi principali dell’impresa il cosiddetto COMI”, centre of main interests . Ai sensi del Regolamento citato vale la presunzione di coincidenza del COMI con la sede legale fino a prova contraria. La presunzione opera se la sede non è stata trasferita in altro Stato membro nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura di insolvenza.

Il caso. Nel giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento la società fallita contestava la sussistenza della giurisdizione del Giudice italiano per violazione del Regolamento CE 1346/2000 in quanto la sede era stata trasferita a Londra. La Corte d'Appello respingeva il reclamo confermando la dichiarazione di fallimento poiché riteneva che lo spostamento della sede all'estero era solo fittizio. La società proponeva ricorso in Cassazione. La decisione della Cassazione. Secondo la Corte d'Appello la società in realtà non aveva svolto alcuna attività produttiva a Londra e soprattutto non aveva spostato il centro direttivo, amministrativo e organizzativo dell'impresa stessa. Il trasferimento in Inghilterra era quindi fittizio e non valeva a radicare la giurisdizione del Giudice estero, dovendosi al contrario confermare quella italiana. Con il primo motivo di ricorso la parte sostiene la violazione del Regolamento CE 1346/2000 spiegando che l'individuazione in Italia del centro degli interessi principali della debitrice era in contrasto con i principi della Cassazione e della Corte di Giustizia UE. Sotto altro profilo la società insisteva sul fatto che lo spostamento di sede era certamente effettivo come confermato dal mutamento della compagine sociale e dell'organo amministrativo, dalla cessione dell'azienda, dalla cancellazione dal registro imprese con estinzione dei titoli abilitativi per l'uso degli impianti produttivi. Con il secondo motivo la società sosteneva che la Corte d'Appello non aveva svolto accertamenti istruttori per sostenere la fittizietà del trasferimento e che comunque non spettava alla società dimostrare la coincidenza tra il centro di interessi principali il cosiddetto COMI e la sede legale, dato che simile circostanza era presunta sollevando la debitrice dall'onere probatorio relativo. La Corte di Cassazione respinge i motivi di ricorso giudicando il gravame non ammissibile. In primo luogo, evidenzia che il ricorso per la dichiarazione di fallimento è stato depositato il 12 febbraio 2018 pertanto, ratione temporis , non è possibile invocare il Regolamento CE 1346/2000, bensì il Regolamento UE 848/2015 sulle procedure di insolvenza applicabile a partire dal 26 giugno 2017. Anche nella normativa del 2000 – come in quella del 2015 – era previsto che il Giudice competente a dichiarare lo stato di insolvenza fosse quello in cui era situato il COMI, cioè il centro principale degli interessi dell’impresa. Si prevedeva altresì una presunzione di coincidenza tra COMI e sede statutaria, ma non vi era una specifica definizione del concetto. Vi era solo un riferimento nel tredicesimo Considerando del testo normativo stesso. Il Regolamento 848/2015 esplicita la definizione inserendo nell’art. 3 una disposizione conforme al tredicesimo Considerando citato. In definitiva la norma in questione ai primi due commi così recita sono competenti ad aprire la procedura d'insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore procedura principale di insolvenza . Il centro degli interessi principali è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede legale. Tale presunzione si applica solo se la sede legale non è stata spostata in un altro Stato membro entro il periodo di tre mesi precedente la domanda di apertura della procedura d'insolvenza . Nel caso in esame la sede era stata trasferita a gennaio 2017, mentre l’istanza di fallimento era del febbraio 2018. Di conseguenza, sebbene il riferimento al Regolamento 1346/2000 fosse errato, era corretta l’affermazione della parte sulla regola della presunzione di coincidenza tra COMI e sede statutaria. All’atto pratico però la Corte d’Appello ha ritenuto superata tale presunzione sulla base degli elementi di fatto emersi nel corso del giudizio. Il tutto era motivato puntualmente in sentenza e le contestazioni relative svolte dalla ricorrente – a giudizio della Cassazione – erano generiche e non conformi neppure ai principi di autosufficienza che regolano il procedimento in Cassazione. In particolare, non era decisiva l’avvenuta cancellazione della società dal registro imprese italiano in conseguenza dell’avvenuto trasferimento all’estero. Infatti, secondo gli Ermellini è sempre possibile accertare successivamente che il trasferimento è in realtà fittizio, anche nel caso in cui la cancellazione non sia stata seguita da altro provvedimento di segno contrario. La Corte dichiara quindi non ammissibile il ricorso della società fallita.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ordinanza 9 marzo – 20 aprile 2021, n. 10356 Presidente Amendola – Relatore Terrusi Rilevato che il tribunale di Velletri, con sentenza del 9 agosto 2018, ha dichiarato il fallimento di omissis s.r.l. su istanza dell’Agenzia delle entrate - Riscossione, per crediti tributari recati da cartelle esattoriali previamente notificate la società ha proposto reclamo à sensi della L. Fall., art. 18, deducendo che era stata erroneamente ritenuta la giurisdizione del giudice italiano in violazione della L. Fall., art. 9 e art. 3 del Regolamento CE n. 1346 del 2000 ciò in quanto la sede statutaria era stata trasferita a con cessazione dell’attività in Italia e cancellazione della società dal registro delle imprese l’adita corte d’appello di Roma ha respinto il reclamo, condividendo, in ordine al Regolamento CE n. 1346 del 2000 ivi erroneamente indicato dapprima come n. 1383 e poi come n. 1326 , la valutazione del tribunale secondo la quale il trasferimento di sede era da aversi per fittizio, giacché i era stato deliberato dopo la notifica di cartelle esattoriali per un ammontare di oltre un milione Euro, allorché la società era già risultata, in base all’ultimo bilancio, gravemente indebitata ii la stessa, dopo il trasferimento della sede, non aveva in concreto svolto alcuna attività produttiva a iii essa - soprattutto - non aveva spostato il centro dell’attività direttiva amministrativa e organizzativa dell’impresa contro la sentenza, depositata il 26 agosto 2019, la società ha proposto ricorso sorretto da due motivi l’Agenzia delle entrate-Riscossione ha replicato con controricorso la curatela del fallimento non ha svolto difese. Considerato che I. - col primo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dei citati L. Fall., art. 9 e art. 3 del Regolamento CE n. 1346 del 2000, sostenendo che l’individuazione in Italia del centro degli interessi principali della debitrice sarebbe avvenuta in contrasto coi principi elaborati da questa Corte Suprema e dalla Corte di giustizia UE a suo dire, l’impugnata sentenza non avrebbe tenuto conto della serie di elementi forniti nel quadro normativo di riferimento, che avrebbero dovuto esser considerati idonei a provare, invece, che nella nuova sede era stata effettivamente esercitata l’attività economica della società, e che ivi era stato altresì spostato il centro dell’attività amministrativa organizzativa e direttiva stante l’avvenuta cessazione dell’impresa in Italia ricordato che l’elemento temporale a ridosso della presentazione di istanze di fallimento dota il giudice italiano della giurisdizione solo se il trasferimento di sede non sia effettivo, la ricorrente afferma che l’effettività si sarebbe dovuta apprezzare in base al cambiamento della compagine e dell’amministratore a poca distanza dalla Delibera di trasferimento e alla solo parziale cessione dell’azienda un mese prima del trasferimento medesimo, atteso il venir meno dell’attività in Italia per effetto della cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione dei titoli abilitativi per l’uso degli impianti produttivi ascrive quindi alla corte d’appello a di aver motivato apoditticamente, b di aver enfatizzato l’asserita esistenza di un rapporto di lavoro del nuovo amministratore D.N.T. con una società terza Traktor International LTD , posto che del fatto non era stata fornita prova e che comunque nessuna norma vieta la simultaneità del rapporto di lavoro e l’assunzione di una carica amministrativa in diverso ente societario c di aver errato nell’affermare la coincidenza, al momento del trasferimento, della sede sociale estera con lo studio di un professionista, quando invece la sede era stata trasferita presso il detto studio in un momento ancora successivo d di aver errato nell’attribuzione di rilevanza al fatto che mancava la data certa dei preventivi depositati a sostegno dello svolgimento in concreto di attività economica all’estero II. - col secondo motivo la ricorrente censura la sentenza per violazione o falsa applicazione della L. Fall., art. 18, posto che la corte d’appello, in spregio dell’acclarata assenza in Italia di elementi obiettivi e riconoscibili dai terzi, che avrebbero consentito di determinare l’effettività di una situazione diversa da quella presumibilmente corrispondente alla sede statutaria, avrebbe mancato di svolgere supplementi istruttori officiosi per stabilire la fittizietà del trasferimento fatto - codesto - ancor più grave, in quanto non spetta sulla società, nei cui confronti sia presentata un’istanza di fallimento, dimostrare la coincidenza tra il centro effettivo dei propri affari e la nuova ubicazione della sede sociale III. - il ricorso, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati per connessione, è inammissibile innanzi tutto va puntualizzato che il fallimento, nella concreta fattispecie, risulta conseguente a un ricorso dell’Agenzia delle entrate-Riscossione depositato il 12 febbraio 2018 trova dunque applicazione il Regolamento UE n. 848/2015 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulle procedure di insolvenza, applicabile a partire dal 26 giugno 2017 ai sensi dell’art. 84, non il Regolamento CE n. 1346/2000 al quale hanno alluso la ricorrente e la corte d’appello di Roma il Regolamento CE del 2000 continua ad applicarsi, ma in relazione alle procedure di insolvenza aperte anteriormente alla data di cui sopra le censure che la ricorrente ha enunciato come poste in base alla evidenza del quadro normativo di riferimento così il ricorso, a pag. 7 sono minate dall’erroneità della ricostruzione normativa applicabile ratione temporis IV. - a scopo di chiarificazione occorre specificare il margine di differenza che corre tra le discipline per la parte che attiene al COMI Centre of main interests anche nel Regolamento CE n. 1346/2000 era stabilita la regola di attribuzione della competenza al giudice dello stato membro nel quale fosse situato il COMI id est, il centro degli interessi principale dell’impresa tuttavia, introdotta la presunzione di corrispondenza tra il COMI e la sede statutaria, nell’articolato non era stata fornita una definizione del primo concetto, per risalire alla quale occorreva far riferimento al solo Considerando 13 viceversa il Regolamento UE n. 848/2015 ha esplicitato la definizione inserendo, nell’art. 3, un inciso conforme a quello dell’anteriore Considerando 13 del Regolamento CE del 2000, in coerenza con l’interpretazione invalsa in sede Eurounitaria v. soprattutto C. giust. 20 Ottobre 2011 Interedil, causa C396/09 ne segue che i in base all’art. 3 del pertinente Regolamento UE n. 848/2015 competenti ad aprire la procedura d’insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore cd. procedura principale d’insolvenza e ii il centro degli interessi principale è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e soprattutto riconoscibile dai terzi V. - ancora è opportuno sottolineare che pure in base al citato Regolamento UE n. 848/2015 vale la presunzione di coincidenza del COMI con la sede legale, nel senso che per le società, e le persone giuridiche in genere, si presume che il COMI coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria solo che la presunzione opera se la sede non sia stata trasferita in altro Stato membro nei tre mesi precedenti la domanda di apertura della procedura d’insolvenza in tal modo il Regolamento UE n. 848/2015 ha dato soluzione all’annoso tema del trasferimento della sede legale nel periodo ritenuto sospetto, che determina una inversa presunzione di fraudolenza VI. - ora, fermi i rilievi che precedono, nel caso di specie risulta dalla sentenza che il trasferimento di sede era stato deliberato a gennaio 2017, a fronte dell’istanza di fallimento presentata a febbraio 2018, cosicché, sebbene erroneamente riferita al regime del vecchio Regolamento CE del 2000, è corretta l’affermazione di parte ricorrente circa l’operatività della presunzione di coincidenza del COMI con la sede statutaria vi è però che il riferimento alla regola presuntiva non toglie validità al criterio di giudizio seguito dalla corte d’appello, per quanto al netto del citato errore normativo è principio altrettanto generale che, ove, prima della domanda di apertura della procedura fallimentare, la società abbia trasferito all’estero la propria sede legale, la suddetta presunzione deve considerarsi vinta, e tale trasferimento ritenersi fittizio, permanendo, così, la giurisdizione del giudice italiano a decidere su quella domanda, allorquando nella nuova sede non sia effettivamente esercitata attività economica e soprattutto non sia stato ivi spostato il centro dell’attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell’impresa ex aliis, cfr. Cass. Sez. U. n. 28981-20, ma v. pure Cass. Sez. U. n. 5945-13, Cass. Sez. U. n. 3059-16, Cass. Sez. U. n. 5419-16, in relazione all’anteriore disciplina del Regolamento CE erroneamente evocato dalla ricorrente VII. - l’individuazione a tal riguardo del COMI si basa su valutazioni di fatto, e la corte d’appello di Roma ha fondato l’affermazione della propria giurisdizione sull’accertamento di una situazione in concreto diversa da quella risultante dalle indicazioni ufficiali desumibili dal registro delle imprese essa è pervenuta a tale conclusione all’esito di una valutazione globale dei dati di cui disponeva, puntualmente indicati in sentenza le censure svolte dalla ricorrente sono sul punto generiche, a partire dall’erroneo riferimento al quadro normativo applicabile e alla inesplicata questione delle verifiche officiose ulteriori, che non si comprende su cosa si sarebbero dovute svolgere lo sono in quanto la ricorrente pretende, in verità, di mettere in discussione i fatti accertati sulla base di elementi extraprocessuali, col fine di giungere a una diversa ricostruzione neppure assistita dal necessario livello di autosufficienza e inoltre in quanto, a fronte delle confacenti valutazioni operate dal giudice del merito, la somma di affermazioni che ne sorreggono la diversa tesi prospettata è parziale rispetto alla necessità di stabilire - come detto - la riconoscibilità da parte dei terzi dell’asserita allocazione all’estero del centro effettivo di direzione della società tale riconoscibilità, difatti, è stata implicitamente esclusa dalla corte d’appello VIII. - ulteriormente è vano insistere sulla avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese laddove la cancellazione di una società dal registro delle imprese italiano sia avvenuta come conseguenza dell’asserito trasferimento all’estero della sua sede sociale, il successivo accertamento della fittizietà del trasferimento non è precluso dalla circostanza che non sia preventivamente intervenuto, alla stregua dell’art. 2191 c.c., alcun provvedimento di segno opposto alla predetta cancellazione per poter fornire la prova contraria alle risultanze della pubblicità legale riguardanti la sede dell’impresa non occorre precedentemente ottenere dal giudice del registro una pronuncia che ripristini, anche sotto il profilo formale, la corrispondenza tra la realtà effettiva e quella da esso risultante v. Cass. Sez. U. n. 9414-13 IX. - in conclusione, stabiliti i riferimenti normativi nel pertinente senso all’inizio indicato, il ricorso va dichiarato inammissibile le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 6.000,00 Euro oltre le spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.