I doveri del giudice in tema di protezione internazionale

La Corte di Cassazione si esprime sulla richiesta di protezione internazionale da parte di un cittadino straniero, affermando che il giudice deve accertare d’ufficio, acquisendo informazioni specifiche ed aggiornate, se si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura richiesta. Essa afferma inoltre che il giudizio di comparazione dovrà tener conto dell’integrazione raggiunta da parte dello straniero nel paese ospitante.

Sul tema la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4078/21, depositata il 16 febbraio. Un cittadino senegalese ricorre in Cassazione vedendosi negata la richiesta di protezione internazionale da parte della Corte d’Appello di Catanzaro. Egli è fuggito dal suo paese, dopo aver ferito un ragazzo che aveva violentato la sorella minore, con il timore di subire un ingiusto processo ed essere sottoposto a trattamenti disumani e degradanti. Di conseguenza egli ricorre deducendo la nullità della sentenza sia per l’omessa pronuncia sulla domanda di protezione sussidiaria , sia per non aver preso in considerazione il suo timore di subire una condanna ingiusta eseguita con modalità disumane, caratteristiche facenti capo al sistema giudiziario penale e carcerario del Senegal. Egli lamenta inoltre l’assoluta carenza di motivazione nonché l’omesso esame di fatti decisivi da lui prospettati. Solo uno dei motivi è fondato, in quanto la Corte territoriale ha declinato la domanda di protezione umanitaria , escludendo sia qualsiasi forma di vulnerabilità del ricorrente sia l’idoneità della documentazione prodotta a far ritenere che egli si fosse validamente integrato in Italia, non considerando le condizioni sociopolitiche del paese d’origine, avendole esaminate in modo generico rispetto alla protezione sussidiaria. La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro, che in diversa composizione dovrà riesaminare la controversia sulla base dei seguenti principi di diritto enunciati da codesta Corte in tema di protezione umanitaria, il dovere di cooperazione istruttoria comporta che il giudice debba accertare d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente, si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’ assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione e che focalizzino il livello di tutela dei diritti fondamentali sia in relazione alle condizioni esistenziali sia in relazione alle garanzie apprestate dallo Stato per il rispetto del principio di dignità umana . Essa afferma inoltre che il giudizio di comparazione dovrà raffrontare a tale condizione l’integrazione raggiunta nel paese ospitante, tenendo conto principalmente della vulnerabilità emergente che deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della vita privata del ricorrente in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status” di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 11 novembre 2020 – 16 febbraio 2021, n. 4078 Presidente Travaglino – Relatore Di Florio Rilevato che 1. D.A. , proveniente dal , ricorre affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva confermato la pronuncia di rigetto del Tribunale della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale. 1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere fuggito dal proprio paese, per il timore di subire un ingiusto processo e di essere sottoposto a pene e trattamenti disumani e degradanti in quanto aveva ferito un ragazzo che aveva violentato la sorella minore. Ha aggiunto che sussisteva il rischio di subire un danno grave, in ragione della situazione di instabilità e violenza esistente nella regione di origine e cioè il omissis . 2. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1. Considerato che 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b . 2. Con il secondo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b per non aver ritenuto che il timore di subire una condanna ingiusta eseguita con modalità disumane o degradanti rientrasse fra le ipotesi normativamente previste per il riconoscimento della protezione sussidiaria. 3. Con il terzo motivo deduce, inoltre, l’omesso esame di fatti decisivi prospettati in relazione alla domanda di protezione sussidiaria, consistenti nella condizione del sistema giudiziario penale e carcerario del come causa dei trattamenti disumani e degradanti che costituivano un rischio concreto rispetto alla vicenda narrata. 4. Con il quarto motivo lamenta la violazione dell’art. 5, comma 6 TUI e l’assoluta carenza di motivazione nonché l’omesso esame di fatti decisivi da lui prospettati in particolare, assume che il giudice aveva rigettato la domanda di protezione umanitaria omettendo di esaminare sotto tale profilo sia la vicenda personale del richiedente sia la condizione di violenza e insicurezza generalizzata e diffusa nella regione del omissis . 5. I primi tre motivi devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono intrinsecamente connessi. 5.1. La prima censura è infondata. Si osserva, infatti, che la motivazione della sentenza si diffonde sulla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b cfr. pag. 6, secondo cpv pag. 11 primo cpv 13 e 14 della sentenza impugnata , negando che ne ricorressero i presupposti la Corte territoriale pertanto, si è pronunciata sulla specifica fattispecie e la doglianza contrasta con le emergenze motivazionali. 5.2. La seconda e la terza censura sono inammissibili. Premesso, infatti, che entrambe si riferiscono all’ipotesi di cui all’art. 14, lett. b e cioè alla protezione richiesta per timore di subire un danno grave derivante da tortura o altra forma di pena o trattamento disumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine , si osserva che la Corte territoriale, in premessa, ha negato che il racconto narrato fosse credibile, evidenziando numerose lacune, fra le quali la principale è rappresentata dall’assenza di qualsiasi notizia sul prosieguo penalistico della vicenda narrata, sull’esistenza di un processo volto a colpire i colpevoli o delle ragioni per le quali egli non aveva ritenuto di difendere la sua posizione nel paese di origine, risolvendosi a fuggire. 5.3. Alla mancanza di credibilità del racconto, in relazione alla quale non è stata proposta alcuna censura, consegue che, rispetto alla fattispecie dedotta, la doglianza prospettata non può ritenersi decisiva, in quanto si limita ad enunciare il mancato esame delle condizioni dei detenuti e dell’amministrazione della giustizia, mancando tuttavia, a monte, qualsiasi allegazione in ordine alla avvenuta attivazione dell’intervento dei poteri statuali e della loro eventuale inerzia. 5.4. Le stesse argomentazioni devono essere spese in relazione alla critica, invero generica, relativa alle condizioni di violenza esistenti nel suo paese, e sulle condizioni disumane e degradanti del trattamento carcerario, mancando qualsiasi allegazione in ordine al rischio concreto di doverlo subire. 6. Il quarto motivo, invece, è fondato. 6.1. La Corte territoriale ha respinto la domanda di protezione umanitaria, escludendo qualsiasi forma di vulnerabilità del ricorrente nonché l’idoneità della documentazione prodotta a far ritenere che egli si fosse validamente integrato in Italia, ed omettendo del tutto di considerare, ai fini del riconoscimento della specifica fattispecie, le condizioni sociopolitiche del paese di origine, esaminate in modo del tutto generico rispetto alla protezione sussidiaria al riguardo, oltretutto, è stata richiamata esclusivamente una fonte, quale il sito OMISSIS , non idonea, di per se sola, ai fini dell’indagine da compiere e, dunque, insufficiente per giungere ad una corretta decisione sulla protezione minore in esame cfr., al riguardo, Cass. 10834/2020 Cass. 8819/2020 . 6.2. Risulta, pertanto, non validamente compiuto, in relazione alla protezione umanitaria invocata, il giudizio di comparazione - per il quale la credibilità del racconto riveste una rilevanza marginale cfr. Cass. 8020/2020 Cass. 11935/2020 Cass. 13753/2020 - non essendo stato validamente esaminato il principale elemento da raffrontare, e cioè il livello di tutela dei diritti umani nel paese di origine al fine di verificare se un eventuale rimpatrio possa violare il nucleo ineliminabile della dignità umana cfr. Cass. 4455/2018 Cass. SU 20459/2029 . 7. La sentenza, pertanto, deve essere, in parte qua, cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Catanzaro che, in diversa composizione, dovrà riesaminare la controversia in relazione al motivo accolto sulla base dei seguenti principi di diritto in tema protezione umanitaria, il dovere di cooperazione istruttoria comporta che il giudice debba accertare d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente, si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura, mediante l’assunzione di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione, che il giudice deve riportare nel contesto della motivazione e che focalizzino il livello di tutela dei diritti fondamentali sia in relazione alle condizioni esistenziali sia in relazione alle garanzie apprestate dallo Stato per il rispetto del principio di dignità umana . Il giudizio di comparazione dovrà raffrontare a tale condizione l’integrazione raggiunta nel paese ospitante, tenendo conto principalmente della vulnerabilità emergente che deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della vita privata del ricorrente in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione. . 8. La Corte dovrà altresì decidere in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. LA CORTE accoglie il quarto motivo di ricorso rigetta il primo e dichiara inammissibile il secondo ed il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catanzaro in diversa composizione per il riesame della controversia in relazione al motivo accolto e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.