Il giudizio di scarsa credibilità del richiedente non preclude l’esame per il riconoscimento della protezione umanitaria

La domanda volta all'accertamento dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 296/1998 ratione temporis applicabile deve essere esaminata al fine di verificare se, a prescindere dal giudizio di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, sussiste una condizione soggettiva od oggettiva di vulnerabilità, da valutare caso per caso tale condizione sussiste ove il giudice accerti, anche attivando il potere-dovere d'integrazione istruttoria, che il rimpatrio forzato esporrebbe il richiedente, a fronte dell'integrazione sociale e lavorativa raggiunta nel paese di accoglienza, al rischio della perdita della titolarità dei diritti umani fondamentali costitutivi dello statuto della dignità personale.

Con la sentenza n. 1433/21, depositata il 25 gennaio, la Corte Suprema di Cassazione –Seconde Sez. Civile – accoglie il sesto motivo del ricorso proposto dal cittadino bengalese avverso il decreto del Tribunale di Napoli che ha rigettato la domanda di protezione internazionale avanzata in via principale nonché la subordinata domanda di riconoscimento della protezione umanitaria . La Suprema Corte ritiene fondato il motivo che concerne il diniego della protezione umanitaria. Ad avviso del ricorrente, il Giudice di primo grado, ha rigettato la domanda di protezione umanitaria valutando unicamente i fatti oggetto della richiesta di protezione internazionale e a seguito di un giudizio di non credibilità del richiedente asilo, ritenendo per tanto irrilevante l'integrazione sociale e lavorativa raggiunta dallo stesso nel paese di accoglienza. La Corte di Cassazione accoglie il presente motivo di ricorso, affermando che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie è una misura atipica e residuale , e in quanto tale deve essere frutto di una valutazione autonoma , caso per caso, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale. La Corte statuisce cioè che il giudizio di scarsa credibilità dei fatti oggetto della domanda di protezione internazionale, non deve precludere la valutazione di altre circostanze che possono integrare una situazione di vulnerabilità ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, essendo necessario a tal fine comparare le condizioni di vita del richiedente nel paese di origine con il grado di integrazione raggiunto e l'eventuale rischio di compromissione del nucleo ineliminabile dei diritti umani, in caso di rimpatrio forzato cfr. Cass.4455/2018 Cass. SU 29549/2019 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 23 luglio 2020 – 25 gennaio 2021, n. 1433 Presidente Manna – Relatore Casadonte Rilevato che - il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto da A.M.R. , cittadino omissis , avverso il provvedimento di rigetto reso dalla Commissione territorialmente competente di Caserta sulla sua domanda per il riconoscimento della protezione internazionale ovvero, in via subordinata, di quella umanitaria di [ ] - il ricorrente ha quindi impugnato il predetto rigetto chiedendo al Tribunale di Napoli di riconoscere la protezione internazionale, quella sussidiaria e umanitaria - a tal fine egli ha allegato di essere fuggito dalla sua comunità che vive nelle barche e nelle tende sulle rive del fiume [ ] sia perché perseguitato dai bengalesi che distruggono le barche e le abitazioni sia per aiutare economicamente la sua famiglia - la sezione specializzata del tribunale di Napoli rigettava il ricorso - la cassazione del decreto del tribunale napoletano è chiesta dal richiedente asilo sulla base di sette motivi - non ha svolto attività difensiva l’intimato Ministero dell’interno. Considerato che - in via preliminare, con il primo motivo di ricorso si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g , per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre ricorso per Cassazione è di giorni trenta a decorrere dalla comunicazione a cura della cancelleria del decreto di primo grado - ad avviso del ricorrente, la disposizione oggetto della presente questione di legittimità risulta illogica e incongrua rispetto alle stesse premesse normative formulate dal legislatore secondo le quali le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’art. 35 sono regolate dalle disposizioni di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg. - con il secondo motivo di ricorso, si chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g , per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato - ad avviso del ricorrente, la norma in questione violerebbe il diritto di difesa del richiedente la protezione internazionale perché introdurrebbe un onere decadenziale non previsto dall’art. 369 c.p.c., che risulta essere una condizione ulteriore da soddisfare in un lasso temporale inferiore ai 60 giorni di tempo previsti - in generale - come termine breve per i ricorsi in Cassazione - ancora in via preliminare, si chiede con il terzo motivo di sollevare una questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g , per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo parametro così come integrato dall’art. 46, paragrafo 3 della Direttiva n. 32/2013 e dagli artt. 6 e 13 della CEDU, per quanto concerne la previsione del rito camerale ex artt. 737 c.p.c. e segg. e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie in materia di protezione internazionale - secondo il ricorrente, il nuovo rito camerale sarebbe palesemente incostituzionale perché violerebbe le garanzie del contraddittorio e della parità processuale delle parti in quanto il rito sommario di cognizione che regolava la materia della protezione internazionale è stato sostituito da un rito a contraddittorio scritto e a udienza eventuale, impedendo, per quanto concerne il caso del ricorrente, di presenziare e partecipare all’udienza - in subordine, con il quarto motivo, il ricorrente chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10 e 11, così come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g , per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., art. 111 Cost., commi 1 e 2, art. 117 Cost., comma 1, così come integrato dagli artt. 6 e 13 CEDU e dall’art. 46, paragrafo 3 della Direttiva n. 32/2013 - secondo il ricorrente, sarebbe illegittima la normativa che prevede la fissazione dell’udienza per l’audizione dell’interessato soltanto in via eventuale - con riguardo ai primi quattro motivi sin qui enunciati, osserva il Collegio che il ricorrente veicola con essi eccezioni di legittimità costituzionali genericamente formulate ed irrilevanti - con riguardo alla prima, in particolare, il decreto del tribunale risulta tempestivamente impugnato nel termine dei trenta giorni ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 2 - come riconosciuto dallo stesso ricorrente a pag. 2 del ricorso - sicché la questione non è rilevante nel caso di specie - anche la questione concernente la procura alle liti è irrilevante dal momento che, come pure riconosciuto anche in tale caso dal ricorrente a pag. 3 e 4 del ricorso, l’avvocato ha certificato l’intervenuto rilascio di quest’ultima in data successiva alla comunicazione dell’avvenuto deposito del decreto - parimenti irrilevanti sono le ultime due questioni di legittimità costituzionale riguardanti la garanzia del contraddittorio nel rito previsto per la protezione internazionale poiché l’udienza di comparizione delle parti è stata fissata per il 18/6/2019 ed il ricorrente non è comparso - con il quinto motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis commi 9, 10, 11 - secondo il ricorrente, il Collegio di primo grado avrebbe errato nel non tenere conto che il legislatore ha chiaramente stabilito che in mancanza di disponibilità della videoregistrazione il giudice è tenuto a fissare l’udienza per la comparazione delle parti - il motivo è inammissibile - come già osservato in relazione alla questione di legittimità sollevata con riferimento alla del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9, 10, 11, l’udienza di comparizione delle parti è stata fissata dal Tribunale di Napoli ma il richiedente asilo non è comparso e tale circostanza è stata evidenziata dal tribunale come mancato adempimento all’onere di cooperazione, fornendo i chiarimenti utili a circostanziare meglio i fatti storici allegati a sostegno delle domande - la censura non si confronta con tale statuizione ed è, perciò, destinata all’inammissibilità - con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, letto in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e con art. 19, comma 1, n. 1 e, in relazione all’ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c - ad avviso del ricorrente, il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato ha negato la protezione umanitaria senza fare corretta applicazione dei principi interpretativi affermati in proposito il tribunale napoletano si sarebbe fermato a valutare le sole ragioni che hanno spinto il ricorrente a lasciare il paese d’origine omettendo l’esame delle condizioni socio-politiche del Bangladesh, caratterizzato da gravi e oggettive difficoltà economiche al contempo ritenendo irrilevante l’integrazione sociale e lavorativa raggiunta dal richiedente nel paese di accoglienza - con il settimo motivo di ricorso si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 8, violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 - violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2 - violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, violazione dell’art. 10 Cost. - violazione della direttiva n. 2004-83 dell’art. 8 della direttiva n. 2004/83/CE violazione dell’art. 8 della direttiva n. 2001/95/UE - violazione dell’art. 3 CEDU - secondo il ricorrente, il Tribunale di Napoli avrebbe violato la disciplina prevista per il riconoscimento della protezione sussidiaria, si sarebbe limitato ad una valutazione parziale e avrebbe omesso l’approfondimento della conoscenza della situazione di violenza indiscriminata che caratterizzerebbe il Bangladesh - il settimo motivo, logicamente prioritario riguardando la protezione sussidiaria, è infondato - il provvedimento impugnato ha esaminato, oltre alle fonti informative relative all’allegata appartenenza del richiedente alla minoranza etnica dei XXXX cfr. pag. 6 e 7 del decreto , anche la situazione socio-politica del Bangladesh acquisendo e consultando le fonti informative specificamente indicate e motivatamente escludendo sulla scorta di esse la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria - il sesto motivo, che concerne il diniego della c.d. protezione umanitaria è fondato - è stato, infatti, chiarito da questa Corte che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, che è misura atipica e residuale, deve essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale, essendo necessario considerare la specificità della condizione personale di particolare vulnerabilità del richiedente, da valutarsi anche in relazione alla sua situazione psico-fisica attuale ed al contesto culturale e sociale di riferimento cfr. Cass. 13088/2019 id. 21123/2019 id. 11935/2020 - nè il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, relativo alla specifica situazione dedotta a sostegno di una domanda di protezione internazionale, preclude al giudice di valutare altre circostanze che integrino una situazione di vulnerabilità ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, poiché la statuizione su questa domanda è frutto di una valutazione autonoma e non può conseguire automaticamente al rigetto di quella concernente la protezione internazionale cfr. Cass. 8020/2020 id. 8819/2020 - nel caso di specie il diniego della protezione umanitaria è stato ricollegato dal tribunale alla valutazione dei medesimi fatti esaminati ai fini della protezione maggiore ed alla ritenuta non credibilità del richiedente asilo, trascurando il carattere non decisivo dell’esito del giudizio di credibilità soggettiva a fronte della rilevanza, ai fini del riconoscimento delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, dell’accertamento delle condizioni di vita nel paese di origine in vista della valutazione comparativa fra il grado di integrazione raggiunto dal richiedente asilo e l’eventuale rischio di compromissione del nucleo ineliminabile dei diritti umani, in caso di rimpatrio forzato cfr. Cass. 4455/2018 Cass. SU 29549/2019 - al contrario, il tribunale ha ritenuto che nei medesimi fatti allegati per la protezione internazionale non era ravvisabile la ricorrenza della vulnerabilità necessaria per il riconoscimento delle ragioni umanitarie e che ciò rendeva irrilevante l’apprezzamento degli elementi allegati ai fini dell’asserita integrazione sociale, in tal modo omettendo ogni verifica officiosa rispetto alla vicenda storica narrate ed incorrendo nella violazione della disciplina sulla protezione umanitaria - il sesto motivo di ricorso va dunque accolto - atteso l’esito dei motivi, il ricorso va accolto in relazione al sesto motivo e respinto in relazione agli altri il decreto impugnato va, quindi, cassato in relazione al sesto motivo, con rinvio al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, affinché esamini la domanda del richiedente alla stregua del seguente principio di diritto la domanda volta all’accertamento dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 296 del 1998, art. 5, comma 6, ratione temporis applicabile deve essere esaminata al fine di verificare se, a prescindere dal giudizio di credibilità delle dichiarazioni del richiedente, sussiste una condizione soggettiva od oggettiva di vulnerabilità, da valutare caso per caso tale condizione sussiste ove il giudice accerti, anche attivando il potere-dovere d’integrazione istruttoria, che il rimpatrio forzato esporrebbe il richiedente, a fronte dell’integrazione sociale e lavorativa raggiunta nel paese di accoglienza, al rischio della perdita della titolarità dei diritti umani fondamentali costitutivi dello statuto della dignità personale - il giudice del rinvio provvederà altresì alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, respinti gli altri cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Napoli in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.