Obiettore di coscienza, scappa dalla guerra e dalla patria: protezione in Italia

Riprende vigore la richiesta avanzata da un cittadino ucraino. Per i Giudici della Cassazione vi sono tutti i presupposti per riconoscergli lo status di rifugiato.

Va concesso lo status di rifugiato allo straniero che è scappato dal proprio Paese – l’Ucraina, in questo caso – per evitare di essere coinvolto in un conflitto armato caratterizzato anche dalla commissione di crimini di guerra. Decisivo per i giudici del ‘Palazzaccio’ il riferimento al fondamentale valore della obiezione di coscienza”. Cassazione, ordinanza n. 102/21, sezione I Civile, depositata oggi . Sotto i riflettori la vicenda riguardante un cittadino ucraino che, appena approdato in Italia, ha chiesto protezione, spiegando di essere fuggito dalla guerra in corso nel suo Paese. Per la Commissione territoriale e per i giudici di merito, però, la domanda dello straniero va respinta. In particolare, in Appello, viene ritenuto privo di fondamento il pericolo lamentato dallo straniero poiché, da un lato, manca la prova che egli, in caso di rimpatrio, sarebbe costretto ad arruolarsi nell’esercito, e, dall’altro, non vi sono certezze sul fatto che egli sarebbe inquadrato in un’unità operativa che con elevata probabilità commetterà crimini di guerra . A queste considerazioni il cittadino ucraino ribatte, tramite il proprio legale, ponendo in evidenza col ricorso in Cassazione che è erroneo il presupposto dell’assenza di rischio di coinvolgimento in crimini di guerra , soprattutto perché in Ucraina è in corso una guerra e la chiamata alle armi avrebbe comunque comportato il pericolo di essere coinvolto in episodi configurabili come crimini di guerra . Dalla Cassazione arriva una decisione che ridà speranza al cittadino ucraino e smentisce in modo netto la posizione assunta dai giudici dell’appello. I magistrati di terzo grado ribadiscono, innanzitutto, che l’ obiettore di coscienza ha diritto di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato politico, quando l’arruolamento possa implicare il rischio di essere coinvolto, anche indirettamente, in un conflitto armato nel cui ambito siano stati commessi, o possano essere commessi, crimini di guerra o contro l’umanità , e in questa ottica la sanzione prevista dall’ordinamento straniero per il rifiuto di arruolarsi, a prescindere dalla sua proporzionalità, integra atto di persecuzione , anche, va aggiunto se si parla di personale militare logistico e di sostegno . Bisogna poi tener presenti le caratteristiche del conflitto per valutare il rischio che possano essere commessi dal personale militare crimini di guerra o contro l’umanità e per questo è stata estesa la tutela dell’obiezione di coscienza anche al personale logistico e di supporto, sul presupposto che l’attività da quest’ultimo assicurata sia funzionalmente diretta a rendere possibile, o comunque ad agevolare, lo svolgimento delle operazioni militari . Di conseguenza, va esclusa l’ipotesi che si possa limitare la configurabilità del rischio di commissione di crimini di guerra o contro l’umanità, e dunque l’area di rilevanza dell’obiezione di coscienza, alle sole unità operative, e – tra di esse – alle sole unità che, in concreto, abbiano effettivamente condotto azioni di guerra con modalità idonee ad integrare crimini di guerra o contro l’umanità . Dando poi per accertato il conflitto armato esistente in Ucraina, caratterizzato da gravi violazioni e crimini di guerra, commessi da ambo le parti in conflitto , va ricordato che l’istituto dell’obiezione di coscienza è previsto nella legislazione ucraina soltanto per motivi religiosi, i quali tuttavia vengono solitamente ignorati, con avvio all’arruolamento, in forma indiscriminata, di tutti i soggetti richiamati alle armi, a prescindere dalla loro professione religiosa . Di conseguenza, appare plausibile la commissione di crimini di guerra da parte del cittadino ucraino in caso di arruolamento, e ciò è sufficiente per il riconoscimento dello status di rifugiato . Nessun dubbio, in sostanza, sulla concretezza del timore, manifestato dallo straniero, di essere arruolato ed inviato al fronte nella guerra in corso in Ucraina, nonostante la sua opposizione all’uso delle armi, rischiando pene gravi e sproporzionate in caso di espresso rifiuto all’arruolamento, per evitare il quale è fuggito dall’Ucraina . Di questa indicazione dovrà tenere contro la Corte d’appello, chiamata nuovamente ad esaminare la vicenda. Ai giudici di secondo grado, comunque, dalla Cassazione arrivano anche alcuni principi di diritto l’obiezione di coscienza – definita, in base alle Linee Guida UNHCR in materia di protezione internazionale, come obiezione al servizio militare derivante da principi e motivi di coscienza, tra cui convinzioni profonde derivanti da motivi religiosi, morali, etici, umanitari o simili” – rileva sia come obiezione assoluta cosiddetti obiettori pacifisti che sotto forma di obiezione parziale, ed in quest’ultimo caso tanto con riguardo al rifiuto dell’uso illegale della forza ius ad bellum che sotto l’aspetto del rifiuto dell’uso di mezzi e metodi di guerra non consentiti o non conformi al diritto internazionale o al diritto internazionale umanitario ius in bello . Il rischio di coinvolgimento in atti idonei ad integrare crimini di guerra o contro l’umanità va apprezzato, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea sentenza C.G.U.E., 26 febbraio 2015, nella causa C-472/13, Sheperd contro Germania , secondo il criterio della ragionevole plausibilità”, in base al quale anche il personale ausiliario, di supporto e logistico può avvalersi dell’obiezione di coscienza, risultando comunque l’attività dallo stesso assicurata funzionale a consentire, o ad agevolare, lo svolgimento delle azioni militari. In presenza del predetto requisito di ragionevole plausibilità” va riconosciuta la protezione internazionale al soggetto che rischi, in ragione della sua obiezione di coscienza, di essere assoggettato in patria ad una sanzione per renitenza alla leva, senza che possa attribuirsi rilevanza alla proporzionalità di quest’ultima .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 29 ottobre 2020 – 8 gennaio 2021, n. 102 Presidente Campanile – Relatore Oliva Fatti di causa Con ordinanza del 4.5.2017 il Tribunale di Catanzaro rigettava il ricorso avverso il provvedimento con il quale la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale aveva respinto la domanda di Bi. Ya. volta al riconoscimento della protezione, internazionale o umanitaria. Interponeva appello il Bi. e la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza oggi impugnata, n. 552 del 2019, rigettava il gravame. Propone ricorso per la cassazione di tale decisione Bi. Ya. affidandosi a tre motivi. Il Ministero dell'Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta l'omesso esame di fatto decisivo, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. perché la Corte di Appello avrebbe respinto la domanda di protezione internazionale sulla base dell'erroneo presupposto dell'assenza di rischio di coinvolgimento del richiedente in crimini di guerra. Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che in Ucraina, suo Paese di origine, è in corso una guerra e che la chiamata alle armi avrebbe comunque comportato, per il Bi., il pericolo di essere coinvolto in episodi configurabili come crimini di guerra. La censura è fondata. La Corte di Appello ha infatti escluso la sussistenza del pericolo lamentato dal Bi. sulla base della mancanza di prova che il richiedente, in caso di rimpatrio, sarebbe costretto ad arruolarsi, e che comunque lo stesso sarebbe inquadrato in un'unità operativa che con elevata probabilità commetterà crimini di guerra cfr. pag. 10 della sentenza . Ambedue le affermazioni sono errate. La prima, in quanto questa Corte ha affermato che l'obiettore di coscienza ha diritto di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato politico, quando l'arruolamento possa implicare il rischio di essere coinvolto, anche indirettamente, in un conflitto armato nel cui ambito siano stati commessi, o possano essere commessi, crimini di guerra o contro l'umanità. La sanzione prevista dall'ordinamento straniero per il rifiuto di arruolarsi, a prescindere dalla sua proporzionalità, integra atto di persecuzione ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. e , del D.Lgs. n. 251 del 2007 e dell'art. 9, par. 2, lett. e , della Direttiva n. 2004/83/CE, come interpretato da C.G.U.E., 26 febbraio 2015 causa C-472/13, Sheperd contro Germania , che estende la tutela anche al personale militare logistico e di sostegno Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 22873 del 21/10/2020, non massimata Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 30031 del 19/11/2019, Rv. 656354 . La seconda, in quanto la Corte di Appello ha fatto ricorso ad un criterio di elevata probabilità che risulta diverso, e molto più restrittivo, di quello di ragionevole plausibilità al quale fa riferimento la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea in particolare, la già citata sentenza Sheperd contro Germania . Si configura infatti ragionevole plausibilità in ogni caso in cui, in ragione delle caratteristiche del conflitto, sussista il rischio che possano essere commessi, dal personale militare, crimini di guerra o contro l'umanità e proprio in funzione dell'adozione di tale criterio, è stata estesa la tutela dell'obiezione di coscienza anche al personale logistico e di supporto, sul presupposto che l'attività da quest'ultimo assicurata sia funzionalmente diretta a rendere possibile, o comunque ad agevolare, lo svolgimento delle operazioni militari. Il differente criterio della elevata probabilità che è stato utilizzato in concreto dal giudice di merito non appare coerente con gli insegnamenti, tanto della Corte di Giustizia Europea che di questa Corte, posto che esso limita in modo arbitrario la configurabilità del rischio di commissione di crimini di guerra o contro l'umanità, e dunque l'area di rilevanza dell'obiezione di coscienza, alle sole unità operative, e -tra di esse alle sole unità che, in concreto, abbiano effettivamente condotto azioni di guerra con modalità idonee ad integrare crimini di guerra o contro l'umanità. Questa Corte ha già affrontato la problematica dell'obiezione di coscienza con riferimento al conflitto esistente in Ucraina Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 30031 del 19/11/2020, non massimata , affermando, all'esito di una articolata disamina del contesto locale sostanzialmente omessa dal giudice di merito 1 che tutte le fonti internazionali concordano sull'esistenza, in Ucraina, di un conflitto armato, nel cui ambito le parti non hanno rispettato gli accordi del 2015-2016 sul cessate il fuoco ed hanno continuato a combattere nonostante la tregua 2 che le stesse fonti evidenziano la presenza di gravi violazioni e di crimini di guerra, commessi da ambo le parti in conflitto 3 che in data 7 settembre 2019 si è concluso tra le parti uno scambio di prigionieri, che costituisce notoriamente e chiaramente atto tipico degli scenari di conflitto armato 4 che l'istituto dell'obiezione di coscienza -definita, in base alle Linee Guida UNHCR in materia di protezione internazionale, come obiezione al servizio militare derivante da principi e motivi di coscienza, tra cui convinzioni profonde derivanti da motivi religiosi, morali, etici, umanitari o simili rileva sia come obiezione assoluta cd. obiettori pacifisti che sotto forma di obiezione parziale, ed in quest'ultimo caso tanto con riguardo al rifiuto dell'uso illegale della forza ius ad bellum che sotto l'aspetto del rifiuto dell'uso di mezzi e metodi di guerra non consentiti o non conformi al diritto internazionale o al diritto internazionale umanitario ius in bello 5 che l'istituto dell'obiezione di coscienza è previsto nella legislazione Ucraina soltanto per motivi religiosi, i quali tuttavia vengono solitamente ignorati, con avvio all'arruolamento, in forma indiscriminata, di tutti i soggetti richiamati alle armi, a prescindere dalla loro professione religiosa 6 che appare plausibile, quindi, alla luce di tutte le considerazioni sopra riportate, la commissione di crimini di guerra in caso di prestazione da parte del ricorrente del servizio richiesto ricorrono quindi tutti i presupposti di legge per il riconoscimento dello status di rifugiato a favore del ricorrente, diversamente da quanto erroneamente ritenuto dal giudice dell'appello è infatti chiaramente fondato il timore di costui di essere arruolato, ed inviato al fronte nella guerra in corso in Ucraina, nonostante la sua opposizione all'uso delle armi, rischiando pene gravi e sproporzionate in caso di espresso rifiuto all'arruolamento, per evitare il quale è fuggito dall'Ucraina . Il collegio non ravvisa alcun motivo per discostarsi dal precedente da ultimo richiamato, a fronte della sovrapponibilità della fattispecie cittadino ucraino, obiettore di coscienza, richiamato alle armi ed in vista della considerazione che il fatto storico presupposto -rappresentato dal conflitto esistente in Ucraina va interpretato in modo unitario, in ragione dell'esigenza di evitare rischi di conflitto tra giudicati. Ne deriva che la Corte di Appello di Catanzaro, nel caso specifico, ha erroneamente applicato i principi posti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea e da questa Corte, adottando uno standard di valutazione del rischio di coinvolgimento del ricorrente in crimini di guerra o contro l'umanità non conforme a quello della ragionevole plausibilità di cui alla sentenza C.G.U.E., 26 febbraio 2015, causa C-472/13, Sheperd contro Germania, ed omettendo di conseguenza di considerare il profilo dell'obiezione di coscienza, di per sé suscettibile di rilevare ai fini del riconoscimento della tutela internazionale, anche a prescindere da qualsiasi considerazione circa la proporzionalità della sanzione prevista per la renitenza alla leva dall'ordinamento nazionale del Paese di appartenenza dell'obiettore. L'accoglimento del primo motivo, nei termini indicati, implica l'assorbimento del secondo e terzo motivo, con cui il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo, rappresentato, rispettivamente, dalla condizione delle carceri ucraine secondo motivo e dalla sussistenza della vulnerabilità del Bi. terzo motivo . La sentenza impugnata va quindi cassata, in relazione alla censura accolta, e la causa rinviata alla Corte di Appello di Catanzaro, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità. Il giudice di merito si conformerà al seguente principio di diritto L'obiezione di coscienza -definita, in base alle Linee Guida UNHCR in materia di protezione internazionale, come obiezione al servizio militare derivante da principi e motivi di coscienza, tra cui convinzioni profonde derivanti da motivi religiosi, morali, etici, umanitari o simili rileva sia come obiezione assoluta cd. obiettori pacifisti che sotto forma di obiezione parziale, ed in quest'ultimo caso tanto con riguardo al rifiuto dell'uso illegale della forza ius ad bellum che sotto l'aspetto del rifiuto dell'uso di mezzi e metodi di guerra non consentiti o non conformi al diritto internazionale o al diritto internazionale umanitario ius in bello . Il rischio di coinvolgimento in atti idonei ad integrare crimini di guerra o contro l'umanità va apprezzato, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea sentenza C.G.U.E., 26 febbraio 2015, nella causa C-472/13, Sheperd contro Germania , secondo il criterio della ragionevole plausibilità , in base al quale anche il personale ausiliario, di supporto e logistico può avvalersi dell'obiezione di coscienza, risultando comunque l'attività dallo stesso assicurata funzionale a consentire, o ad agevolare, lo svolgimento delle azioni militari. In presenza del predetto requisito di ragionevole plausibilità va riconosciuta la protezione internazionale al soggetto che rischi, in ragione della sua obiezione di coscienza, di essere assoggettato in patria ad una sanzione per renitenza alla leva, senza che possa attribuirsi rilevanza alla proporzionalità di quest'ultima . P.Q.M. la Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Catanzaro, in differente composizione.