Le questioni di competenza interna alla giustizia sportiva non rientrano nella giurisdizione statuale

È inesistente la giurisdizione statuale, annoverando il giudizio sulla irrogazione della sanzione disciplinare sportiva anche quello sul procedimento che vi conduce, ivi compresa l’individuazione degli organi competenti, e ciò in ragione del consolidato principio normativo di autonomia dell’ordinamento sportivo, sussistendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo in ordine alla tutela risarcitoria per equivalente non operando in tal caso alcuna riserva a favore della giustizia sportiva .

La vicenda processuale. Un tesserato della Federazione italiana di danza sportiva veniva attinto da deferimento. Il Tribunale Federale Nazionale dichiarava inammissibile l’azione disciplinare promossa per difetto di titolarità in capo al Procuratore Generale dello Sport nonché per difetto di legittimazione dei Procuratori Nazionali dello Sport Applicati per nullità dell’atto di delega. La decisione era confermata dalla Corte d’Appello Federale. La Procura Generale dello Sport ricorreva dinanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del CONI a Sezioni Unite. Quest’ultimo accoglieva il ricorso e rimetteva gli atti al Tribunale Federale Nazionale affinché procedesse nel merito. Il tesserato, tuttavia, proponeva ricorso al TAR Lazio avverso la decisione del Collegio di Garanzia dello Sport del CONI. Il TAR-Lazio accoglieva la domanda e, ritenuta la giurisdizione dell’autorità giudiziaria amministrativa, annullava tutti i provvedimenti impugnati, rigettando solo l’avanzata domanda risarcitoria. Nello specifico la decisione poggiava sul seguente assunto motivazionale, in base al quale quando nella controversia non vengano in rilievo né comportamenti rilevanti sul piano disciplinare né sanzioni disciplinari già irrogate spetta alla giurisdizione del Giudice amministrativo fatto salvo se si discuta di rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, la cui cognizione è demandata al giudice ordinario. Il CONI interponeva appello davanti al Consiglio di Stato che riformava la predetta decisione affermando il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, ritenendola rimessa all’ordinamento sportivo. Ricorreva per cassazione il tesserato. I motivi del ricorso. Il tesserato si duole dell’erroneo e illegittimo diniego di giurisdizione del giudice amministrativo in violazione del c.p.a. e della l. n. 280/2003 art. 2 . La questione posta, in altri termini ed in estrema sintesi, attiene se vi sia stata o meno una errata valutazione della insussistenza della giurisdizione statuale, ritenuta ricorrente dal tesserato ricorrente, rispetto a quella del Giudice sportivo. La decisione delle Sezioni Unite. La Corte di Cassazione respinge il ricorso. Per gli ermellini non può essere fornita una interpretazione distorta dell’art. 2 della l. n. 280/2003 giacché, in tal modo, verrebbe meno il principio normativo del riparto di giurisdizione statale/sportiva. Le questioni attinenti alla concreta individuazione degli organi sportivi competenti alla promozione dell’azione disciplinare ed alla irrogazione di eventuali sanzioni sportive sono logicamente rientranti nell’alveo della giurisdizione sportiva. Pertanto, non può essere attratta nella giurisdizione dello Stato una questione di competenza interna alla giustizia sportiva. Questo perché, alla luce dell’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, allo Stato è riservata la tutela risarcitoria, mentre spetta alla giurisdizione sportiva l’ambito dell’irrogazione delle sanzioni disciplinari. In conclusione. È possibile trarre dalla sentenza in commento uno spunto operativo È inesistente la giurisdizione statuale anche quando si controverta sul procedimento che conduce alla irrogazione della sanzione disciplinare, ivi compresa l’individuazione degli organi all’uopo ciò deputati. Competente invece, e altrettanto sicuramente, al giudice statuale le questioni di natura risarcitoria per equivalente ove non opera la riserva a favore della giustizia sportiva.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, ordinanza 13 ottobre – 28 dicembre 2020, n. 29654 Presidente Tirelli – Relatore Oricchio Fatti di causa P.P. ricorre per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 7165/2018 con la quale veniva declinata la giurisdizione del Giudice Ammnistrativo in relazione all’impugnazione della decisione del Collegio di Garanzia del C.O.N.I. Comitato Olimpico Nazionale Italiano a Sezioni Unite del 7 novembre 2017. Nell’occasione la sentenza del Consiglio di Stato, adito su ricorso del C.O.N. I., accoglieva il proposto gravame, riformava l’appellata sentenza del T.A.R. Lazio n. 4041/2018 e dichiarava il detto difetto di giurisdizione. Il ricorso è affidato ad un articolato motivo ed è resistito con controricorso del C.O.N.I Va, in breve, riepilogato che la vicenda processuale per cui è causa ebbe inizio a seguito della apertura di due procedimenti disciplinari n.ri 3 e 6/17 da parte della Procura Generale dello sport, con deferimento dell’odierno ricorrente e di altri tesserati della Federazione italiana di danza sportiva innanzi al Tribunale federale della Federazione stessa. Tale Tribunale, riuniti i detti procedimenti, dichiarava con decisione n. 20/2017 inammissibile l’azione disciplinare promossa con l’atto di deferimento del 21 aprile 2017 prot. 2456 per difetto di titolarità in capo al Procuratore Generale dello Sport , nonché per difetto di legittimazione dei Procuratori Nazionali dello Sport applicati e la nullità dell’atto di delega del 19 aprile 2017 nonché di tutti gli atti di indagine . Giova al riguardo data la particolarità della non consueta fattispecie in esame ed al fine di comprenderla al meglio specificare che nel corso dei citati procedimenti il Procuratore Federale formulava al Procuratore Generale dello Sport due istanze di autorizzazione all’astensione la prima rigettata e la seconda accolta in relazione al procedimento n. 3/17, nonché altra analoga istanza accolta in ordine al procedimento n. 6/17. Conseguentemente alle alterne sorti delle succitate istanze si verificava dapprima l’assegnazione del procedimento 3/17, da parte del Procuratore Federale, ad un Sostituto e successivamente l’applicazione di altro Procuratore Nazionale in entrambi i procedimenti , con conclusivo atto del 21.4.2017 di esercizio dell’azione disciplinare. Il Tribunale Federale dichiarava, quindi e come già detto, l’inammissibilità dell’azione disciplinare, con decisione confermata dalla Corte di Appello federale, ma impugnata dalla Procura Generale dello sport con ricorso innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport del C.O.N. I. a Sezioni Unite. Quest’ultimo -come innanzi accennato accoglieva l’impugnazione e rimetteva gli atti al Tribunale Federale Nazionale di primo grado affinché si proceda nel merito . L’odierno ricorrente, in uno agli altri tesserati interessati dall’azione disciplinare esercitata, proponeva -avverso la decisione del Collegio di Garanzia ricorso innanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio. Quest’ultimo, con sentenza n. 4041/2018, accoglieva, in punto e per quanto oggi rileva, la domanda di cui al ricorso e -ritenuta la giurisdizione dell’A.G.A. annullava tutti i provvedimenti impugnati, rigettando, per il resto, la domanda risarcitoria pure avanzata in giudizio. Nell’occasione veniva prospettata una interpretazione costituzionalmente orientata del D.L. n. 220 del 2003, art. 2, comma 1, lett. b , convertito nella L. n. 280 del 2003. Alla stregua di tale interpretazione, definita perfettamente conforme al dato letterale del termine irrogazione di cui alla citata norma , sarebbero riservati alla cognizione del Giudice sportivo solo comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e relativi a sanzioni. Il C.O.N.I. interponeva appello avverso la succitata decisione del tribunale ammnistrativo di prima istanza, appello resistito dall’odierno ricorrente e dagli altri tesserati interessati. Con la sentenza per cui oggi è ricorso il Consiglio di Stato affermava -per quanto oggi rileva ed in riforma della prima decisione il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo ritenendo la specifica materia rimessa all’ordinamento sportivo. L’affermazione del Consiglio poggiava sulla ritenuta affermazione che anche le questioni come quelle che hanno dato vita alla controversia di competenza all’interno dell’ordinamento sportivo ovvero della titolarità del potere di azione disciplinate e di individuazione dell’organo in concreto a tanto legittimato attenevano, comunque, ed erano in sostanza finalizzati alla materia della irrogazione ed applicazione delle sanzioni sportive ex art. 2 cit. a prescindere se, in concreto, concorreva o meno una già intervenuta sanzione. Dopo la proposizione degli atti introduttivi del giudizio innanzi a questa Suprema Corte, hanno depositato memorie il ricorrente e il Comitato controricorrente. La Procura Generale presso questa Corte ha rassegnato, come in atti, proprie conclusioni scritte. Ragioni della decisione 1. Con il motivo del ricorso si deduce l’ erroneo ed illegittimo diniego di giurisdizione in violazione del Codice del processo amministrativo di cui al D.Lgs. n. 104 del 2010 e s.m.i. art. 1 e 7, nonché art. 133, comma 1, lett. z , nonché l’errata e/o mancata applicazione delle disposizioni di cui al D.L. n. 220 del 2003 convertito nella L. 17 ottobre, n. 280 con conseguenti violazioni dei principi in tema di sussistenza della giurisdizione statale e delle norme sul giusto processo ex artt. 24, 103, 111 e 113 Cost In sostanza il ricorso pone il problema della ricorrenza o meno del potere giurisdizionale da parte del Giudice dell’ordinamento sportivo. L’odierna controversia si condensa, quindi, nella questione se vi sia stato o meno, nella fattispecie, una errata valutazione della insussistenza della giurisdizione statale rispetto a quella -ritenuta unicamente ricorrente del Giudice sportivo. La questione posta ed il ricorso, conseguentemente non è fondata. Con il motivo in esame si presuppone una interpretazione del tutto particolare dell’art. 2 cit. per cui in assenza di sanzione sportiva verrebbe meno il noto principio normativo del riparto di giurisdizione statale/sportiva. La proposta interpretazione non può essere condivisa dovendosi ritenere che le questioni sulla concreta individuazione degli organi sportivi competenti alla promozione dell’azione disciplinare ed alla irrogazione di eventuali sanzioni sportive siano questioni logicamente rientranti nell’alveo tipico della giurisdizione sportiva. Nè appare condivisibile il dedotto stravolgimento del riparto di giurisdizione al punto da considerare rientrante in quella dello Stato anche la questione di competenza interna alla giustizia sportiva. E tanto alla stregua del noto principio dell’ autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale riconosciuto dallo Stato, che ha riservato a sé la tutela risarcitoria lasciando alla giurisdizione sportiva ogni attribuzione in tema di irrogazione di sanzioni disciplinari. Infatti, la riserva a favore della giustizia sportiva non intacca la facoltà di chi ritenga di essere stato leso nelle sue posizioni soggettive, ivi comprese quelle di interesse legittimo, di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno. Il sistema, così configurato, risulta improntato al necessario bilanciamento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo con il rispetto dei limiti e delle altre garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali vi sono il diritto di difesa ed il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiati dagli artt. 24, 103 e 113 Cost Nella ipotesi per cui è controversia si verte, nella sostanza, in tema di sola determinazione degli organismi interni della giustizia sportiva preposti secondo l’ordinamento sportivo-al giudizio su sanzioni disciplinari. Non può esservi a tal solo riguardo dubbio sulla inesistenza della giurisdizione statuale, comprendendo il giudizio sulla irrogazione della sanzione anche quello sul procedimento che vi conduce, ivi compresa l’individuazione degli organi competenti. In proposito non può che richiamarsi nota e consolidata giurisprudenza di questa Corte, che -ormai da tempo e con molteplici pronunce ha chiarito definitivamente ogni aspetto della concorrenza fra la giurisdizione statale e quella dell’ordinamento sportivo e della ricorrenza di quest’ultima. In tema di sanzioni disciplinari sportive, vi è difetto assoluto di giurisdizione sulle controversie riguardanti i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni, riservate, a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, agli organi di giustizia sportiva che le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l’onere di adire ai sensi del D.L. n. 220 del 2003, conv. in L. n. 280 del 2003, anche ove si invochi la tutela in forma specifica della rimozione della sanzione disciplinare, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 133, comma 1, lett. z , c.p.a., in ordine alla tutela risarcitoria per equivalente, non operando in tal caso alcuna riserva a favore della giustizia sportiva e potendo il giudice amministrativo conoscere in via incidentale e indiretta delle sanzioni disciplinari, ove lesive di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento statale. Cass. S.U., Sent. 27 dicembre 2018, n. 33536 . Al riguardo non può che richiamarsi, in breve, anche quanto ritenuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 160/2019, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale del D.L. 19 agosto 2003, n. 220, art. 2, comma 1, lett. b e comma 2, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva , convertito con modificazioni con la L. 17 ottobre 2003, n. 280. Il motivo è, pertanto, infondato. 2. Il ricorso va, dunque, rigettato. 3. Le spese seguono la soccombenza e si determinano così come in dispositivo. 4. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.