Qual è il rito applicabile alle controversie aventi ad oggetto solo la domanda di protezione umanitaria?

La Corte di Cassazione riordina la normativa relativa ai riti applicabili in materia di protezione internazionale e protezione umanitaria, specificando che per quelle che hanno ad oggetto solo la domanda di quest’ultima qualora sia stata presentata dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 13/2017 ma prima del d.l. n. 113/2018 si applica il rito ordinario ovvero, a scelta del richiedente e sempre che ne ricorrano i presupposti, il procedimento sommario di cognizione.

Così si è espressa la Suprema Corte nella sentenza n. 28640/20, depositata il 15 dicembre. La Sezione Specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale presso il Tribunale di Caltanissetta rigettava il ricorso proposto da un cittadino del Pakistan contro il provvedimento negativo adottato dalla competente Commissione territoriale in vista del riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria. Il cittadino straniero propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, il fatto che il ricorso di primo grado, nonostante avesse quale oggetto solo l’accertamento del diritto alla protezione umanitaria , fosse stato trattato dal Tribunale in composizione collegiale, e non monocratica, e con la procedura prevista per le controversie in materia di protezione internazionale. La Corte di Cassazione dichiara fondato il motivo di ricorso prospettato dal ricorrente, rilevando che la controversia ha ad oggetto solo la domanda di protezione umanitaria, la quale non è richiamata nell’ambito dell’art. 35- bis , d.lgs. n. 25/2008, mentre il comma 4 dell’art. 3, d.l. n. 13/2017, prevede la competenza del tribunale in composizione monocratica , salvo quanto previsto dall’art. 4- bis . Ora, il rito previsto dal suddetto art. 35- bis , caratterizzato per la composizione collegiale della sezione specializzata, per la procedura camerale di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. e per la non reclamabilità del decreto, avendo quale ambito applicativo solo le controversie di cui all’art. 35 dello stesso decreto e quelle circa l’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino, non si può estendere alle liti aventi ad oggetto solo la richiesta di protezione umanitaria, tenendo conto dell’attribuzione di competenza al giudice specializzato in composizione monocratica per le altre fattispecie contemplate dall’art. 3, comma 4. Ciò posto, gli Ermellini evidenziano che il rito applicabile è quello ordinario ex artt. 281- bis ss. c.p.c. ovvero, a scelta del richiedente e sempre che siano presenti i presupposti, il procedimento sommario di cognizione previsto dagli artt. 702- bis ss. c.p.c., essendo, dunque, il ricorrente titolare di una scelta libera e autonoma relativa alle domande da proporre e al rito che ne consegue. Diversamente accade qualora il ricorrente proponga più domande dirette ad ottenere in via principale lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria ed in via subordinata la protezione umanitaria, applicandosi per tutte il rito camerale di cui all’art. 35- bis dinanzi alla sezione specializzata del tribunale in composizione collegiale. Inoltre, dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 13/2017, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione monocratica o collegiale del tribunale costituisce autonoma causa di nullità della sola decisione, conseguendone la convertibilità in motivo di gravame ed il rinvio alla sezione specializzata del tribunale in composizione collegiale. Alla stregua di tali argomentazioni, la Suprema Corte accoglie il motivo di ricorso e rinvia gli atti al Tribunale in composizione monocratica, enunciando i seguenti principi di diritto Il rito applicabile alle controversie che hanno ad oggetto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, presentate dopo l’entrata in vigore del decreto legge 17 febbraio 2017, n. 13 [] e prima dell’entrata in vigore del decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113, [], è quello ordinario di cui agli artt. 281- bis e segg. c.p.c. o, a scelta del ricorrente e ricorrendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702- bis e segg. c.p.c. e L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione dell’organo che abbia privato il ricorrente di un grado di giudizio di merito, impedendogli la deduzione del vizio di composizione del giudice quale motivo di impugnazione davanti ad altro giudice di merito, determina la rimessione della causa al primo giudice per un nuovo esame della domanda .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 14 ottobre – 15 dicembre 2020, n. 28640 Presidente Scotti – Relatore Caradonna Fatti di causa 1. Con decreto del 15 maggio 2018, il Tribunale di Caltanissetta, Sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale, ha rigettato il ricorso proposto da A.I. , cittadino proveniente dal , avverso il provvedimento negativo della commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria. 2. Il Tribunale ha ritenuto che una valutazione della situazione e della vicenda personale del ricorrente era preclusa dalla mancata e giustificata comparizione del ricorrente, all’udienza fissata per la sua audizione il ricorrente, non comparendo, aveva violato l’obbligo di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda le dichiarazioni rese innanzi alla Commissione territoriale erano contraddittorie poiché il ricorrente aveva riferito una vicenda da lui stesso riconosciuta come non veritiera per poi affermare di essere partito dal per potere sostenere la sua famiglia. 3. A.I. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a due motivi. 4. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese. 5. Con ordinanza interlocutoria del 15 aprile 2020, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in relazione alla questione preliminare processuale della procedura applicabile all’iniziale domanda di protezione internazionale, poi limitata solo alla domanda di protezione umanitaria, ai limiti di accertamento della domanda da parte del giudice e agli oneri di allegazione da parte del richiedente. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.L. n. 13 del 2017, art. 3 convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e/o 3. Il ricorso di primo grado, pur avendo ad oggetto esclusivamente l’accertamento del diritto alla protezione umanitaria, era stato trattato dal Tribunale in composizione collegiale e non monocratica e secondo la specifica procedura prevista per le controversie in materia di protezione internazionale, come disciplinata dal combinato disposto di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 4 bis e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis. Ad avviso del ricorrente la controversia avrebbe dovuto essere trattata dal Giudice monocratico con rito sommario e decisa con ordinanza impugnabile ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c., e non secondo il nuovo rito, applicabile solo alle controversie aventi ad oggetto le forme di protezione tipiche , ossia concernenti il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per il mancato esame delle ragioni di sopravvivenza per le quali il ricorrente aveva lasciato il , analogamente a chi fuggiva dalla guerra o da persecuzioni, non assimilabili al migrante di tipo economico. 3. Il primo motivo è fondato. 3.1 Ed invero, come risulta dal decreto impugnato e come affermato dallo stesso ricorrente, la domanda proposta alla Commissione territoriale aveva ad oggetto la protezione internazionale e la protezione umanitaria è stata impugnata dinanzi al Tribunale Sezione specializzata in materia di immigrazione e protezione internazionale limitatamente nella parte in cui non era stata riconosciuta la protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. 3.2 Tanto premesso, si rende necessario sinteticamente riepilogare il quadro normativo di riferimento vigente ratione temporis. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nel testo allora vigente, stabilisce che la Commissione territoriale, nei casi in cui non accoglie la domanda di protezione internazionale, ma ritiene sussistere i necessari presupposti, trasmette gli atti al questore per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 1, prevede la possibilità di ricorso dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria e avverso la decisione della Commissione in tema di riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria. L’art. 35 bis stesso decreto, nel testo vigente al momento del deposito del ricorso ed introdotto dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017, stabilisce che le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dall’art. 35 sono regolate dalle disposizioni di cui agli artt. 737 c.p.c. e ss. e sono decise dal tribunale in composizione collegiale comma 4 bis del citato art. 3, introdotto dalla Legge di conversione n. 46 del 2017 , ove non diversamente disposto. Lo stesso D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, individua le materie attribuite alla competenza delle sezioni specializzate, indicando sub lettera c le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 e sub lett. d le controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 . 3.3 Ciò posto va in via preliminare affermato che non sussistono ragioni ostative di natura processuale alla tutela giurisdizionale del diritto al riconoscimento del permesso umanitario, che rientra nel sistema di protezione costituzionale dell’asilo. Ed invero questa Corte ha più volte affermato da un lato che la situazione giuridica soggettiva sottesa a tale domanda è riconducibile alla categoria dei diritti umani fondamentali garantiti dall’art. 2 Cost. e art. 3 CEDU e dall’altro che con l’attuale sistema pluralistico di misure riconducibili alla protezione internazionale, realizzatosi all’esito del recepimento delle direttive Europee con i decreti legislativi nn. 251/2007 e 25/2008, è stata data completa attuazione al diritto di asilo previsto dall’art. 10 Cost., comma 3 Cass., 19 aprile 2019, n. 11110 Cass., 4 agosto 2016, n. 16362 del 2016 Cass., Sez. U., 28 febbraio 2017, n. 5059 . 3.4 Inoltre, nell’affrontare la questione del rito applicabile alle controversie in materia di protezione umanitaria, considerato che, per evidenza letterale, non vi è coincidenza tra l’ambito delle controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria e quello delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, non si può prescindere da una interpretazione delle norme che sia conforme alla finalità perseguita dal legislatore del 2017, che è quella di concentrare tutto il contenzioso in materia di protezione internazionale davanti ad un giudice specializzato. Con il conseguente corollario che il legislatore, nel riferirsi alle controversie in materia di riconoscimento della protezione umanitaria nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3 , ha inteso disciplinare le controversie concernenti il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, richiamato, per l’appunto, dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3. Ed invero, argomentando diversamente, le controversie in materia di protezione umanitaria non ricomprese nei casi di cui al D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, resterebbero affidate alla competenza delle sezioni ordinarie del tribunale, ciò in evidente contrasto con la finalità di concentrazione e specializzazione chiaramente esplicitata dal legislatore. 3.5 Non è superfluo rilevare che tali conclusioni valgono per le controversie introdotte prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla L. n. 132 del 2018, che ha introdotto nel D.Lgs. n. 151 del 2011, l’art. 19 ter, che ha stabilito che le controversie di cui al D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 1, lett. d e d bis convertito con modificazioni dalla L. n. 46 del 2017, sono regolate dal rito sommario di cognizione da proporsi davanti al tribunale, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, che giudica in composizione collegiale e pronuncia con ordinanza non appellabile, ma ricorribile per cassazione. 3.6 Riguardo alla questione del rito applicabile alle controversie che hanno ad oggetto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, si è già detto che sono soggette al rito camerale speciale solo le controversie di cui all’art. 3, comma 1, lett. c , mentre non si rinviene nell’art. 3, comma 4 bis alcun richiamo alle controversie di cui alla lett. d Legge di conversione n. 46 del 2017, art. 3, comma 4 bis . Le controversie in materia di protezione umanitaria non sono richiamate nell’art. 35 bis citato, mentre il D.L. n. 13 del 2017, art. 3, comma 4 e la relativa Legge di conversione n. 46 del 2017 prevedono la competenza del tribunale in composizione monocratica nelle controversie di cui all’art. 3, salvo quanto previsto dal comma 4 bis del medesimo art. 3. Il rito previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis che si caratterizza per la composizione collegiale della sezione specializzata, la procedura camerale ai sensi degli artt. 737 c.p.c. e ss. e la non reclamabilità del decreto, avendo un ambito di applicabilità espressamente limitato alle controversie di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis e a quelle relative all’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’Unità Dublino, non può estendersi alle controversie aventi ad oggetto soltanto la domanda di protezione umanitaria, tenuto in debito rilievo l’attribuzione di competenza al giudice specializzato in composizione monocratica per le altre fattispecie prevista dall’art. 3, comma 4 richiamato. 3.7 Se tale è il tenore letterale delle norme di riferimento, il rito applicabile alle controversie in materia di protezione umanitaria deve essere individuato secondo le regole generali, sicché il rito applicabile è quello ordinario di cui agli artt. 281 bis c.p.c. e segg. o, a scelta del ricorrente e ricorrendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e segg 3.8 Il ricorrente è titolare, quindi, della scelta libera, autonoma e consapevole di natura processuale concernente la selezione delle domande da proporre e, conseguentemente, del rito che ne consegue anche per ciò che concerne i rimedi impugnatori esperibili. Detta ricostruzione ermeneutica, peraltro già affermata da questa Corte Cass.,13 febbraio 2000, n. 3668 Cass., 19 giugno 2019, n. 16458 e 16459 , oltre che rispettosa della lettera delle norme, risulta coerente sotto il profilo sistematico, dato che l’esplicita volontà legislativa di attribuire, nelle controversie di cui trattasi, la competenza all’organo giudicante in composizione monocratica è bilanciata dal mantenimento del doppio grado di merito, poiché sia la sentenza che definisce il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, sia l’ordinanza che conclude il procedimento sommario di cognizione sono impugnabili davanti la Corte di appello. Come affermato da questa Corte L’accennata formulazione normativa ha così creato una distinzione tra le azioni volte al riconoscimento della protezione internazionale finalizzate al riconoscimento dello status di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria e le azioni volte al riconoscimento della sola protezione umanitaria il legislatore, pur avendo attribuito per tutte tali controversie la competenza alle sezioni specializzate, ha tuttavia scelto riti diversi, ossia per il giudizio di protezione internazionale, uno speciale rito camerale, e per il giudizio relativo alla protezione umanitaria, il rito ordinario dinanzi al Tribunale in composizione monocratica Cass., 5 aprile 2019, n. 9658 . 3.9 Diversamente va affermato con riguardo alle ipotesi in cui il ricorso venga proposto con più domande, dirette ad ottenere in via principale lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria ed in via subordinata la protezione umanitaria. In queste ipotesi, infatti, si applica per tutte le domande il rito camerale di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis davanti alla sezione specializzata del tribunale in composizione collegiale, in ragione della connessione esistente tra dette domande e della prevalenza della composizione collegiale del tribunale in forza del disposto dell’art. 281 nonies c.p.c., tenuto altresì conto del carattere unitario dell’accertamento dei presupposti dei vari tipi di tutela, dell’esigenza di evitare contrasto di giudicati e del principio della ragionevole durata del processo. Questa Corte ha precisato che tale conclusione è corroborata dai seguenti principi in primo luogo, il carattere unitario dell’accertamento dei presupposti dei vari tipi di tutela, che normalmente richiede l’indagine officiosa circa le medesime realtà socio-politiche del Paese di origine in secondo luogo, la fondamentale esigenza di evitare contrasto di giudicati, in considerazione del rapporto di sussidiarietà e conseguente relativa residualità reciproca che connota le tre forme graduate di protezione, che attuano ed esauriscono nel nostro ordinamento il diritto di asilo costituzionale ex art. 10 Cost., comma 3 in terzo luogo, il principio della ragionevole durata del processo, che impone una soluzione interpretativa che eviti le duplicazione di accertamenti processuali e i ritardi connessi alle inevitabili relazioni di pregiudizialità tra i processi celebrati separatamente Cass., 5 aprile 2019, n. 9658, citata . 3.10 Questa Corte, inoltre, con riferimento alle conseguenze della violazione della regola di composizione, ha affermato, in un’ipotesi in cui la decisione era stata assunta dal giudice monocratico, anziché collegiale, che In tema di protezione internazionale, dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017, che ha devoluto le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 alle sezioni specializzate in materia di immigrazione del tribunale, l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale, costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c. al successivo art. 161, comma 1, un’autonoma causa di nullità della sola decisione, con la sua conseguente convertibilità in motivo di impugnazione e rinvio alla sezione specializzata del Tribunale in composizione collegiale Cass., 3 marzo 2020, n. 5858 . Ed ancora, è stato evidenziato, in una fattispecie in materia di protezione internazionale erroneamente trattata dal tribunale in composizione collegiale, nelle forme del rito speciale camerale previsto per la protezione internazionale, anziché con quello ordinario, in composizione monocratica, come nel caso in esame, che l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale costituisce, per effetto del rinvio operato dall’art. 50 quater c.p.c., al successivo art. 161 c.p.c., comma 1, un’autonoma causa di nullità della decisione, che si converte in motivo di impugnazione, con la conseguenza che rimane ferma la validità degli atti che hanno preceduto la pronuncia della sentenza nulla e resta esclusa la rimessione degli atti al primo giudice, ove quello dell’impugnazione sia anche giudice del merito quando peraltro il procedimento applicato dal giudice di merito abbia di fatto privato il ricorrente di un grado di giudizio, impedendogli la deduzione del vizio di composizione del giudice quale motivo di impugnazione davanti ad altro giudice di merito, l’accoglimento del ricorso per cassazione deve comportare la remissione della causa al primo giudice per un nuovo esame della domanda Cass., 26 febbraio 2020, n. 5232 . 4. In conclusione, la violazione delle norme processuali denunciata con il primo motivo di ricorso deve ravvisarsi sussistente e il Tribunale del rinvio dovrà fare applicazione dei principi di diritto che si vengono ad enunciare Il rito applicabile alle controversie che hanno ad oggetto esclusivamente la domanda di protezione umanitaria, presentate dopo l’entrata in vigore del decreto L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 18 aprile 2017, n. 46 e prima dell’entrata in vigore del decreto L. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 dicembre 2018, n. 132, è quello ordinario di cui agli artt. 281 bis c.p.c. e segg. o, a scelta del ricorrente e ricorrendone i presupposti, il procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis c.p.c. e segg. L’inosservanza delle disposizioni sulla composizione dell’organo che abbia privato il ricorrente di un grado di giudizio di merito, impedendogli la deduzione del vizio di composizione del giudice quale motivo di impugnazione davanti ad altro giudice di merito, determina la rimessione della causa al primo giudice per un nuovo esame della domanda . Ne consegue l’accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, con la cassazione del decreto impugnato e rinvio, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio, al Tribunale di Caltanissetta, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in composizione monocratica. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Caltanissetta, sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in composizione monocratica, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.