La procura alle liti rilasciata per il giudizio di cognizione vale anche per l’esecuzione forzata

La procura rilasciata al difensore per il giudizio di cognizione deve essere intesa come volta non solo al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, ma anche all’attuazione concreta del comando giudiziale attraverso l’esecuzione forzata laddove manchi la spontanea ottemperanza della controparte.

Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23753/20, depositata il 28 ottobre. A seguito di un atto di precetto per l’intimazione al rilascio di un immobile e al pagamento delle spese legali riportate nella sentenza costituente tiolo esecutivo, l’intimato proponeva opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. sostenendo che il precetto era stato intimato in carenza di mandato alle liti in capo al difensore. Nell’atto si faceva infatti riferimento ad una procura rilasciata a margine di un precedente e distinto precetto. Il Tribunale di Latina rigettava l’opposizione. La questione è dunque giunta all’attenzione della Corte di legittimità. Il Collegio ha rigettato il ricorso. La giurisprudenza ha infatti già avuto modo di affermare che la procura rilasciata al difensore per il giudizio di cognizione deve essere intesa non solo come volta al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte vittoriosa dal bene oggetto della controversia, ma anche all’attuazione concreta del comando giudiziale, cioè al conseguimento di quel bene attraverso l’ esecuzione forzata , quando manchi la spontanea ottemperanza della controparte Cass.Civ. n. 26926/07 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 settembre – 28 ottobre 2020, n. 23753 Presidente De Stefano – Relatore D’Arrigo Ritenuto D.E. proponeva opposizione, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso l’atto di precetto con il quale C.A. gli aveva intimato il rilascio di un immobile ed il pagamento delle spese legali riportate nella sentenza costituente titolo esecutivo. Deduceva l’opponente che tale precetto era stato intimato in carenza di mandato alle liti in capo al difensore, poiché nell’atto si faceva riferimento ad una procura rilasciata a margine di un precedente precetto datato 24 maggio 2016, laddove il titolo esecutivo risultava formatosi in data successiva 13 ottobre 2016 . Nel contraddittorio fra le parti, il Tribunale di Latina rigettava l’opposizione, rilevando che, a prescindere dalla imprecisione contenuta nell’indicazione della procura, il difensore del C. risultava comunque munito di mandato alle liti, valendo ai fini della intimazione dell’atto di precetto quello rilasciato per il giudizio di merito. Avverso tale sentenza il D. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Il C. non ha svolto attività difensiva. Il consigliere relatore, ritenuta la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c. come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e, conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 , ha formulato proposta di trattazione del ricorso in camera di consiglio non partecipata. Considerato In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011. Il ricorso è manifestamente infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la procura rilasciata al difensore per il giudizio di cognizione deve essere intesa non solo come volta al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte vittoriosa dal bene oggetto della controversia, ma anche all’attuazione concreta del comando giudiziale, cioè al conseguimento di quel bene attraverso l’esecuzione forzata, quando manchi la spontanea ottemperanza della controparte Sez. 3, Sentenza n. 26296 del 14/12/2007, Rv. 601091 - 01 Sez. 3, Sentenza n. 20827 del 29/09/2009, Rv. 609682 - 01 Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3497 del 06/03/2012, Rv. 621314 - 01 . Con il primo motivo di ricorso, il D. , pur prendendo atto di tale consolidato orientamento, afferma tuttavia che la tempestiva e specifica contestazione sulla legittimazione del legale costituisce inevitabilmente una linea di frattura , impeditiva della possibilità che gli effetti della procura difensiva conferita per il giudizio di cognizione possono estendersi alla redazione dell’atto di precetto. Tale argomento, sul quale si incentra - nella sostanza - il ricorso in esame, non coglie nel segno. Infatti, non si comprende, nè il ricorrente chiarisce, in che modo la portata della procura rilasciata al difensore per il giudizio di cognizione possa dipendere dalla contestazione fatta dalla controparte in sede di opposizione a precetto. La mera formulazione, in sé, di un’eccezione processuale, a prescindere dalla sua fondatezza, difatti, risulta del tutto inidonea ad incidere sull’efficacia di un atto giuridico avente anche rilievo sostanziale, qual è il mandato alle liti. L’idea di una linea di frattura , costituita dal sol fatto di aver formulato un’eccezione processuale, risulta del tutto sganciata da ogni substrato normativo, che, del resto, il ricorrente neppure tenta di individuare. Peraltro, in virtù del principio di acquisizione, permane in capo al giudice il potere-dovere di verificare se dal materiale istruttorio, che nella specie neppure si contesta essere stato ritualmente acquisito, emergano con evidenza - come è accaduto nella specie - fatti ad immediata confutazione della tesi azionata, tra cui appunto la sussistenza di una valida procura, sia pure in relazione ad atto diverso rispetto a quello indicato. Con il secondo motivo di ricorso si si deduce la violazione falsa applicazione degli artt. 82, 83 e 166 c.p.c., anche in relazione all’art. 91 c.p.c., sostenendo che pure nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi il difensore del C. sarebbe stato privo di mandato difensivo. Ma della formulazione di una simile eccezione nel corso del giudizio di merito non si trova traccia nella sentenza impugnata, nè il ricorrente ha ottemperato all’onere di indicare specificatamente quando e come egli avrebbe tempestivamente eccepito il difetto di ius postulandi in capo al difensore della controparte. Deve pertanto concludersi che si tratta di un’eccezione inammissibile, in quanto formulata per la prima volta in questa sede. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Non si fa luogo alla liquidazione delle spese processuali, in quanto la parte intimata non ha svolto in questa sede attività difensiva. Ricorrono, però, i presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicché va disposto il versamento, a carico della parte impugnante e soccombente, di un ulteriore importo pari al contributo unificato già dovuto per l’impugnazione proposta. P.Q.M. rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per l’eventuale versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. Motivazione semplificata.