Prete trasferito, tiene per sé le chiavi della canonica: la reazione tardiva costa cara alla parrocchia...

Respinta la reintegra del possesso chiesta dai legali della chiesa di una piccola comunità in Molise. Fatale l’avere agito ben oltre i dodici mesi dopo lo spoglio compiuto dal sacerdote trasferito in una nuova parrocchia.

Decisivi due elementi il rifiuto del sacerdote di consegnare le chiavi al suo sostituto, da un lato, e il ritardo nell’azione legale tentata dalla chiesa per recuperare il possesso dell’immobile. Cassazione, ordinanza n. 22425/20, depositata il 16 ottobre . A fare da scenario alla vicenda – da commedia all’italiana – è una piccola comunità di duemila anime in Molise. Lì il cambio di parroco diventa una battaglia legale avente per oggetto il possesso della casa canonica che funge da pertinenza della chiesa e, ovviamente, da casa del sacerdote. Siamo nel gennaio del 2019. A lasciare è don Tonino – nome di fantasia –, trasferito in Campania, e a sostituirlo è don Cosimo – nome di fantasia – che però, una volta arrivato in paese, si vede negare le chiavi per prendere possesso della canonica su cui esercita, seppur a distanza, il proprio imperio il vecchio parroco. Quest’ultimo ha addirittura deciso di consentire l’accesso a terze persone solo tramite il sagrestano , ordinando a quest’ultimo, peraltro, di non far accedere nessuno senza la sua autorizzazione . Inevitabile l’azione legale da parte della chiesa, che deve combattere non più con don Tonino – intanto deceduto – ma con suo fratello, Diego – nome di fantasia –, ma gli esiti non sono quelli ipotizzati, perché i giudici d’Appello rigettano l’azione di reintegra del possesso , osservando che essa è stata proposta dopo un anno dallo spoglio . Inutile, quindi, la ricostruzione della vicenda ad opera dei legali della chiesa, ricostruzione centrata su alcuni dati certi, ossia che la casa canonica, di pertinenza della parrocchia, era stata abitata da don Tonino, fratello di Diego, fino al suo trasferimento in Campania, avvenuto nel gennaio 2009 , e che dopo il decesso di don Tonino la parrocchia aveva chiesto ai familiari di liberare l’immobile ma Diego si era rifiutato. Per i Giudici di secondo grado lo spoglio nel possesso è avvenuto allorché don Tonino si è rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco e quindi dal gennaio 2009 la parrocchia ha perso il possesso dell’immobile , sicché l’azione di reintegra, esercitata a fine dicembre del 2010, è stata tardiva . A dirimere la questione è stata chiamata, infine, la Cassazione. E anche dai Giudici di terzo grado è arrivata una doccia gelata per la parrocchia respinta l’azione di reintegra nel possesso della canonica. Condivisa, in sostanza, la valutazione compiuta in Appello e centrata sulla tardività dell’azione intentata dalla chiesa. Difatti, si è ritenuto che don Tonino, dopo il suo trasferimento in Campania, avvenuto nel gennaio del 2009, si era rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco, consentendo l’accesso a terze persone tramite il sagrestano , e ciò significa, ribadiscono dalla Cassazione, che dal gennaio del 2009 la parrocchia aveva perso il possesso dell’immobile e l’azione di reintegra esercitata a fine dicembre del 2010, è stata quindi tardiva . Col comportamento tenuto dopo il trasferimento in un’altra comunità don Tonino ha esercitato sul bene un potere di fatto corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà che sì era manifestato nell’esclusione della parrocchia dal possesso della casa canonica e tali attività, manifeste e non clandestine, sono idonee a provare che la parrocchia, sin dal gennaio del 2009, aveva perso il possesso della casa canonica . Di conseguenza, tirando le somme, poiché il rifiuto della consegna delle chiavi al nuovo sacerdote si è verificato oltre un anno prima della proposizione della domanda da parte della parrocchia, vi è stata la decadenza dall’azione per decorso del termine annuale fissato dal Codice Civile, che stabilisce, difatti, che chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso della cosa può, entro l’anno dal sofferto spoglio , chiedere contro l’autore dello spoglio la reintegrazione del possesso .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 3 giugno – 16 ottobre 2020, numero 22425 Presidente Cosentino – Relatore Casadonte Fatti di causa 1. La Parrocchia San Michele Arcangelo di Fornelli propose ricorso, innanzi al Tribunale di Isernia, per la reintegra nel possesso di una casa canonica, ubicata in Fornelli, nei confronti di Di Sc. Ci Espose che la casa canonica, di pertinenza della parrocchia era stata abitata dal parroco Don Gi. Gi. Di Sc., fratello di Di Sc. Ci., fino al suo trasferimento ad Ischia, avvenuto nel gennaio 2009 dopo il suo decesso, la parrocchia aveva chiesto ai familiari di rimuovere gli effetti e di liberare l'immobile ma Di Sc. Ci. si era rifiutato. 1.1. All'esito del giudizio di possessorio, la Corte d'appello di Campobasso, con sentenza del 14.3.2019, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Isernia, rigettò l'azione di reintegra del possesso perché proposto dopo un ano dallo spoglio. 1.2. La corte di merito osservò che lo spoglio nel possesso era avvenuto nel dicembre 2009, allorché Don Giovanni Di Sc., dante causa del resistente, aveva rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco. Conseguentemente dal gennaio 2009, la Parrocchia di San Michele Arcangelo aveva perso il possesso dell'immobile, sicché l'azione di reintegra, esercitata in data 28.12.2010, era tardiva. La corte distrettuale, con autonoma ratio affermò che l'azione andava rigettata quand'anche si dovesse affermare che la Parrocchia avrebbe esercitato il possesso per il tramite del sagrestano Pa. perché in tal caso non sussisterebbe il presunto spoglio ai suoi danni. 2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Parrocchia San Michele Arcangelo di Fornelli sulla base di due motivi, illustrati con memoria difensiva depositata in prossimità dell'udienza. 2.1. Di Sc. Ci. non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 116 c.p.c. in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. in quanto la corte di merito, mal governando le prove, avrebbe accertato che don Giovanni Scala si era rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo Parroco, dopo la sua partenza ad Ischia. 1.1. Il motivo non è fondato. 1.2. Le dedotte violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c. sono prive di consistenza, in quanto la violazione dell'articolo 115 c.p.c. può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre la violazione dell'articolo 116 c.p.c. è idonea ad integrare il vizio di cui all'articolo 360, numero 4, c.p.c. denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova ex multis Cass. Sez. 3, 10/06/2016, numero 11892 . 1.3. Nella specie, il giudice, nell'ambito della valutazione delle prove, insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che Don Gi. Gi. Di Sc., dopo il suo trasferimento ad Ischia, avvenuto nel gennaio 2009 si fosse rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco, consentendo l'accesso a terzi tramite il sagrestano Pa Conseguentemente dal gennaio 2009 la Parrocchia aveva perso il possesso dell'immobile e l'azione di reintegra esercitata in data 28.12.2010 era quindi tardiva. 1.4. Detta ratio decidendi è autonoma ed idonea a sostenere l'impugnazione, sicché è inammissibile la censura in ordine alla seconda ratio Cassazione civile sez. III, 14/02/2012, numero 2108 . 2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140 c.c., 1168 c.c. e 2697 c.c., in relazione all'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. in quanto sarebbe stato onere del Di Sc. provare che la Parrocchia fosse a conoscenza dello spossessamento oltre un anno prima dell'introduzione del giudizio possessorio. 2.1. Il motivo non è fondato. 2.2. La corte di merito ha accertato che Don Giovanni Scala, dopo la sua partenza ad Ischia, si era rifiutato di consegnare le chiavi al nuovo parroco ed aveva consentito l'accesso a terzi tramite il sagrestano, al quale aveva ordinato di non far accedere nessuno senza la sua autorizzazione. 2.3. Egli aveva esercitato sul bene un potere di fatto corrispondente all'esercizio del diritto di proprietà che si era manifestato nell'esclusione della parrocchia dal possesso della casa canonica tali attività, manifeste e non clandestine, erano idonee a provare che la Parrocchia, sin dal 2009, aveva perso il possesso della casa canonica. Conseguentemente, poiché il rifiuto della consegna delle chiavi si era verificato oltre un anno prima della proposizione della domanda, vi era stata comportare la decadenza dall'azione per decorso del termine annuale fissato dall'articolo 1168 comma 1 c.c. Cassazione civile sez. II, 15/02/1986, numero 901 . 3. Il ricorso va pertanto rigettato. 3.1. Non deve provvedersi sulle spese non avendo l'intimato svolto attività difensiva. 4. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma I-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.