Il mancato rilascio della procura alle liti non esaurisce l’accertamento sulla sussistenza del contratto di patrocinio

In sede di impugnazione del decreto del Tribunale che respingeva l’opposizione allo stato passivo di un’impresa, proposta da un avvocato per vedere riconosciuto il compenso per l’attività professionale svolta a favore dell’imprenditore fallito, la Suprema Corte fornisce chiarimenti sulla distinzione tra il mandato professionale e la procura alle liti, precisando che quest’ultima può sì essere rivelatrice del conferimento del primo, ma ciò non basta per accertare la sussistenza di un contratto di patrocinio tra le parti.

Questo l’oggetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 22048/20, depositata il 13 ottobre. Il Tribunale di Foggia respingeva l’ opposizione allo stato passivo del fallimento di una farmacia proposta da un avvocato, concernente il credito derivante dal corrispettivo a lui dovuto per la prestazione professionale svolta a favore dell’imprenditore con riferimento a un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. La decisione trovava giustificazione nel fatto che l’avvocato non avesse fornito prova del diritto posto a fondamento della sua domanda di insinuazione. Il decreto del Giudice dell’opposizione viene impugnato dall’avvocato, il quale propone ricorso per cassazione contestando, tra i diversi motivi, il fatto che la ritenuta mancata dimostrazione della procura incide solo sulla riferibilità al cliente degli effetti dell’attività professionale da lui svolta, non spiegando, invece, alcun effetto sulla prova del mandato professionale , il quale non necessita la forma scritta. La Corte di Cassazione dichiara fondato il motivo di ricorso prospettato dal ricorrente, rilevando come il Tribunale abbia confuso il mandato professionale con la procura alle liti . A tal proposito, la Corte chiarisce che la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale mediante il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio il mandato professionale, invece, è un negozio bilaterale contratto di patrocinio con cui il difensore viene incaricato di svolgere la sua attività professionale a favore dell’altra parte, sulla base dello schema negoziale proprio del mandato. Di conseguenza, per la conclusione del contratto di patrocinio non è necessario il rilascio di una procura alle liti, essendo essa richiesta solo ai fini dello svolgimento dell’ attività processuale . Esso, inoltre, può essere conferito anche in forma verbale , la cui prova può essere data anche per testimoni ovvero in via presuntiva. Ciò posto, gli Ermellini rilevano che la procura alle liti può essere anche rivelatrice del conferimento del mandato professionale, ma ciò costituisce solo un indice presuntivo circa l’esistenza di un autonomo rapporto di patrocinio tra le parti. Non potendo, dunque, il solo ritenuto mancato rilascio della procura alle liti a favore del ricorrente esaurire l’accertamento relativo alla sussistenza del contratto di patrocinio, gli Ermellini accolgono il motivo di ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 settembre – 13 ottobre 2020, n. 22048 Presidente Cristiano – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - S.S. , avvocato, proponeva opposizione allo stato passivo del fallimento dell’impresa individuale denominata omissis con riferimento al proprio credito di Euro 22.641,16 il credito concerneva il corrispettivo della prestazione professionale da lui asseritamente svolta in favore dell’imprenditore fallito e resa con riguardo a un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo che era stato trattato avanti al Tribunale di Foggia. Deduceva l’opponente di aver svolto attività consistenti nello studio della causa, nella redazione dell’atto di citazione in opposizione e nella stesura delle memorie istruttorie. Il Tribunale di Foggia, nel contraddittorio con la curatela, costituita in giudizio, respingeva l’opposizione. Rilevava che il ricorrente non aveva fornito la prova del diritto posto a fondamento della propria domanda di insinuazione riteneva, in particolare, essere insufficiente, a tal fine, la copia dell’atto di citazione in opposizione con l’indicazione del nominativo del difensore a margine, tenuto conto che il documento prodotto risultava essere difforme sia da quello depositato con la domanda di ammissione al passivo, sia da quello in possesso della curatela, nel quale compariva il nominativo di un diverso avvocato, e solo di quello. 2. - Il decreto del giudice dell’opposizione è impugnato per cassazione da S.S. con un ricorso articolato in quattro motivi, che è corredato di memoria. Resiste con controricorso il fallimento. Ragioni della decisione 1. - Il primo motivo di ricorso oppone l’omessa applicazione degli artt. 2230 e 2233 c.c., nonché la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4. Osserva il ricorrente che la mancata dimostrazione della procura incide sulla sola riferibilità al cliente degli effetti dell’attività professionale svolta dal professionista essa non spiegherebbe effetto, dunque, sulla prova del mandato professionale, che non esige la forma scritta. Il Tribunale avrebbe quindi errato nel trascurare la documentazione della corrispondenza intercorsa tra lo stesso istante e il co-difensore, indicato nella procura ad litem documentazione comprovante l’avvenuto conferimento dell’incarico professionale ad esso avvocato S. , oltre che l’espletamento di tale incarico. Con il secondo motivo è lamentata la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 2696 c.c Il ricorrente si duole di ciò il Tribunale aveva ritenuto di non ammettere la prova testimoniale richiesta senza addurre alcuna motivazione in relazione al contratto d’opera professionale concluso tra il ricorrente e l’imprenditore fallito. Il terzo motivo prospetta l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lo scrutinio che si assume mancato è quello relativo allo svolgimento di attività professionale da parte del ricorrente in favore di D.M.A. . Con il quarto motivo viene denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c L’istante deduce che dal contesto dell’atto di citazione si rilevava che egli era stato indicato quale difensore da parte di D.M.A. questi, sottoscrivendo la procura a margine dell’atto di citazione, non poteva non aver conferito l’incarico relativo alla difesa giudiziale anche al ricorrente, nonostante il nome di quest’ultimo non comparisse in testa alla procura ad litem. 2. - Risulta essere fondato il primo motivo il secondo e il terzo restano assorbiti, mentre il quarto deve essere respinto. Il Tribunale mostra di confondere il mandato professionale con la procura ad litem. Mentre quest’ultima è un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale il contratto di patrocinio con il quale il legale viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte conseguentemente, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa richiesta solo per lo svolgimento dell’attività processuale Cass. 8 giugno 2017, n. 14276 Cass. 16 giugno 2006, n. 13963 . Il mandato professionale può essere conferito anche in forma verbale, e la prova di esso può quindi darsi anche per testimoni Cass. 5 febbraio 2016, n. 2319 e Cass. 25 febbraio 2011, n. 4705, con riferimento al mandato professionale per l’espletamento di attività di consulenza o di attività stragiudiziale , oltre che in via presuntiva, attraverso idonei indizi plurimi, precisi e concordanti Cass. 10 maggio 2004, n. 8850 . La procura alle liti, poi, può certamente essere rivelatrice del conferimento del mandato professionale ma è solo un indice presuntivo della sussistenza tra le parti dell’autonomo rapporto di patrocinio Cass. 11 marzo 2019, n. 6905 . Il ritenuto mancato rilascio della procura ad litem in favore dell’odierno ricorrente non poteva perciò esaurire l’accertamento circa l’esistenza del contratto di patrocinio. Il Tribunale avrebbe dovuto indagare se tale contratto potesse desumersi da altri elementi. Non può invece condividersi quanto dedotto, col quarto motivo, in ordine alla possibilità di ricavare il mandato ad litem dall’intestazione dell’atto di citazione, in cui sarebbe indicato, quale difensore, anche l’avvocato S. . Non è infatti concludente, ai fini che qui interessano, l’insegnamento di Cass. 14 aprile 2010, n. 8903 - richiamata dall’istante -, secondo cui la mancanza del nome del difensore nella procura ad litem non determina la nullità dell’atto quando, avuto riguardo agli altri riferimenti in esso contenuti ed al contesto in cui esso è inserito, non possa sorgere alcun ragionevole dubbio sulla individuazione del difensore e sulla legittimazione del medesimo alle attività processuali da lui compiute. È evidente che nel caso in esame, in cui la procura inerisce non a un atto del presente giudizio di cui la Corte debba conoscere ex art. 360 c.p.c., n. 4 , ma alla citazione con cui è stato introdotto un diverso procedimento il procedimento in cui l’istante assume di aver svolto il proprio ufficio di difensore, in relazione al quale è stato domandato il compenso professionale , sia precluso, in sede di legittimità, un apprezzamento di fatto quanto all’estensione del mandato ad litem deve negarsi, in altri termini, che possa avere ingresso in questa sede un qualche giudizio circa l’asserita assenza del ragionevole dubbio sulla individuazione del difensore e sulla legittimazione del medesimo alle attività processuali da lui compiute per citare Cass. 14 aprile 2010, n. 8903 . L’esame di un tale profilo è riservato al giudice del merito e può esser sindacato in questa sede solo per assenza di motivazione o a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5 censure che il quarto motivo non solleva. 3. - Alla cassazione del decreto segue il rinvio della causa al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, cui è pure demandata la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, respinge il quarto e dichiara assorbiti i restanti cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto, rinviando al Tribunale di Foggia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.