Il difensore che si cancella volontariamente dall’Albo determina l’interruzione del processo

La cancellazione volontaria dall’Albo degli avvocati è equiparata alle altre cause di interruzione del processo, indipendentemente dal fatto che il giudice ovvero le altre parti ne abbiano avuto conoscenza, precludendo il compimento di ogni altra attività processuale e determinando la nullità degli atti successivi e della decisione eventualmente emessa.

Questo l’oggetto dell’ordinanza della Suprema Corte n. 21359/20, depositata il 6 ottobre. Il Giudice di prima istanza rigettava la domanda dell’attuale ricorrente, volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti per via di un incidente causato da persona ignota, avendo ritenuto insufficienti le prove addotte. La pronuncia veniva confermata anche in secondo grado, dunque il ricorrente si rivolge alla Corte di Cassazione, lamentando una questione del tutto diversa, ovvero la mancata interruzione del processo di secondo grado pur essendosi il suo difensore cancellato dall’Albo degli avvocati , in violazione dell’art. 301 c.p.c La Suprema Corte dichiara fondato il ricorso, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite n. 3702/2019, la quale include la cancellazione volontaria dall’Albo tra le cause di interruzione del processo, conseguendone che il termine di impugnazione non ricomincia a decorrere fino a quando la causa interruttiva non venga meno ovvero fino alla sostituzione del difensore. In tal senso, la stessa pronuncia chiarisce come l’art. 301 c.p.c. distingua quella in oggetto dalle altre cause non per il venir meno dello ius postulandi proprio del difensore, ma per la perdita dello status di avvocato, qualsiasi ne sia la causa. Tenendo, quindi, conto dell’ equiparazione della cancellazione volontaria alle altre cause interruttive, gli Ermellini rilevano che in tal caso l’interruzione del processo è automatica , anche quando il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con la conseguenza che sono nulli gli atti successivi e la sentenza eventualmente pronunciata. Qualora, invece, il processo sia stato proseguito, la causa interruttiva può essere dedotta e provata in sede di legittimità con la produzione dei documenti necessari, ma solo dalla parte colpita dall’evento interruttivo. Per tali ragioni, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 settembre – 6 ottobre 2020, n. 21359 Presidente De Stefano – Relatore Cricenti Fatti di causa Il ricorrente, M.C. , ha instaurato una causa volta ad ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di un incidente causato da persona rimasta ignota ha citato in giudizio le Assicurazioni Generali spa, che si sono costituite chiedendo il rigetto della domanda. Il Giudice di primo grado ha ritenuto insufficienti le prove addotte dal M. , ed in particolare inattendibili quelle testimoniali, ed ha rigettato la domanda. Questo giudizio di insufficienza probatoria è stato confermato in appello, dove il ricorrente aveva contestato la ratio decidendi di primo grado proprio su tale aspetto. Ora il M. ricorre con un solo motivo su una questione del tutto diversa da quella posta nei due gradi di merito, ossia sulla mancata interruzione del procedimento di secondo grado v’è costituzione con controricorso delle Assicurazioni Generali. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso è basato su un solo motivo. Il ricorrente denuncia violazione dell’art. 301 c.p.c., sostenendo che, dopo la notifica della citazione in appello, il suo difensore di fiducia ha provveduto a cancellarsi dall’albo degli avvocati, perdendo quindi lo ius postulandi con la conseguenza che il procedimento andava interrotto, ed invece non lo è stato, con violazione dunque della norma sopra citata. 1.1. - Il ricorso è fondato. 1. - È pacifico, non contestato dalla controparte, che il difensore di fiducia del M. , dopo la notifica dell’atto di citazione in appello, ha effettuato cancellazione dall’albo degli avvocati circostanza questa documentata altresì, ex art. 372 c.p.c., dal ricorrente. Le Assicurazioni Generali spa contestano che la cancellazione volontaria dall’albo possa costituire una causa di interruzione del processo, al pari della morte del difensore. La questione, controversa in passato, ha trovato una soluzione nella decisione delle sezioni unite n. 3702 del 2017 secondo cui un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 301 c.p.c., comma 1, porta ad includere la cancellazione volontaria suddetta tra le cause di interruzione del processo, con la conseguenza che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al relativo suo venir meno o fino alla sostituzione del menzionato difensore”. Precisano le Sezioni unite che non rileva la causa della cancellazione quanto all’asserita inapplicabilità dell’art. 301 c.p.c., comma 1, si può obiettare che la norma può essere intesa come disposizione che distingue le ipotesi non già in relazione alle cause del venir meno dello ius postulandi se connesse o non al loro verificarsi entro la sfera di dominio del difensore , ma alla perdita dello status di avvocato e procuratore legalmente esercente, non importa per quale causa che sia volontaria o non lo sia ” Cass. Sez. Un. 3702/2017 . Ciò detto, e posta l’equiparazione della cancellazione volontaria alle altre cause di interruzione, è altresì regola quella per cui la causa interruttiva determina automaticamente l’interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata ove, tuttavia, il processo sia irritualmente proseguito, nonostante il verificarsi dell’evento morte, la causa interruttiva può essere dedotta e provata in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., mediante la produzione dei documenti necessari, ma solo dalla parte colpita dal predetto evento, a tutela della quale sono poste le norme che disciplinano l’interruzione, non potendo essere rilevata d’ufficio dal giudice, nè eccepita dalla controparte come motivo di nullità della sentenza” Cass. 1574/2020 . Presupposti, questi, tutti sussistenti nel caso concreto, cui si applicano pure i principi di Cass. Ord. 26856/17 ove riferimenti . Il ricorso va pertanto accolto la gravata sentenza è cassata, con rinvio alla stessa corte territoriale, in diversa composizione, anche per le spese. P.Q.M. La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.