Legittima la condanna in appello del marito al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio

Il potere del Giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 21139/20, depositata il 2 ottobre. Proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che rigettava l’appello del marito volto ad ottenere il contributo di mantenimento a carico della moglie negatogli in primo grado, il ricorrente lamenta la sua condanna al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio . Ritenuto fondato il motivo di ricorso, la Cassazione ribadisce il consolidato principio secondo cui in tema di impugnazioni , il potere del Giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali , quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo di impugnazione . Nella fattispecie in esame, la Corte d’Appello ha condannato il marito al pagamento delle spese di entrami i gradi di giudizio, pur in mancanza di un motivo di appello relativo al capo della sentenza del tribunale sulla compensazione delle spese, in quanto l’appellata non aveva proposto ricorso incidentale ma la mera conferma della sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 14 luglio – 2 ottobre 2020, n. 21139 Presidente Giancola – Relatore Caiazzo Rilevato che Con sentenza del 22.11.12 il Tribunale di Vicenza pronunciò la separazione personale dei coniugi B.A. e L.C. , rigettando le reciproche istanze di addebito e di assegnazione della casa coniugale, nonché l’istanza del B. di contributo di mantenimento a carico della moglie e quella della L. di risarcimento dei danni, osservando che il matrimonio da tempo versava in una situazione di crisi irreversibile dovuta all’abuso di alcool da parte del ricorrente e ad episodi di aggressione e violenza entrambi i coniugi godevano di un proprio reddito. Con sentenza del 24.11.14, la Corte d’appello di Venezia rigettò l’impugnazione del B. - condannandolo al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio - rilevando che i coniugi versavano sostanzialmente nella medesima condizione economica, tenuto conto del reddito percepito dalla L. , della comproprietà della casa coniugale e della proprietà di un’autovettura in capo all’appellante e dell’abitazione in cui lo stesso appellante aveva dichiarato di vivere con la figlia di conseguenza, non sussisteva la variazione del tenore di vita di cui i coniugi in convivenza godevano. B.A. ricorre in cassazione con tre motivi. Resiste L. con controricorso, illustrato con memoria. Ritenuto che Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la Corte d’appello ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali anche del primo grado, a differenza del Tribunale che le aveva compensate, pur in mancanza del ricorso incidentale della controparte la quale aveva richiesto la conferma integrale della sentenza di primo grado. Pertanto, il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia pronunciato ultra petita sulla questione della liquidazione delle spese. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 115 e 116 c.p.c., avendo la Corte d’appello condannato il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali, lamentando che la sentenza era stata emessa anche sulla base della documentazione prodotta nel grado d’appello dalla controparte, senza che fosse stato richiesto alla convenuta l’esibizione delle ultime dichiarazioni dei redditi degli anni 2012 e 2013 - oggetto peraltro di istanza ex art. 210 c.p.c. di non aver potuto difendersi in seguito alla costituzione della convenuta in vista dell’udienza dell’1.10.14, non avendo potuto prendere visione della documentazione prodotta il 19.9.14 la decisione era basata su dati reddituali non aggiornati, non rappresentativi della situazione economica attuale dei coniugi. Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 13 c.p.c., comma 4, n. 1, D.M. 10 marzo 2014, n. 55, in quanto il giudice di secondo grado ha liquidato le spese del grado d’appello in violazione dei criteri stabiliti dal suddetto art. 13 circa il valore della causa relativa alle prestazioni alimentari, criteri da ritenere applicabili per analogia anche ai giudizi relativi al mantenimento dei coniugi, come nella fattispecie. Al riguardo, la Corte di merito ha liquidato per spese la somma di Euro 9515,00, somma superiore anche al massimo liquidabile in applicazione dei criteri dettati dal predetto art. 4 del D.M., pur non presentando la causa un grado di complessità tale da giustificare un aumento dei compensi medi. Il primo motivo è fondato. Inverto, secondo il consolidato principio affermato da questa Corte - cui il collegio intende dare continuità - in tema di impugnazioni, il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all’esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata, la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione Cass., n. 27606/19 n. 58/04 . Nel caso concreto, il giudice d’appello, rigettando l’appello del B. , lo ha condannato alla refusione delle spese di entrambi i gradi, pur in mancanza di un motivo d’impugnazione relativo al capo della sentenza del tribunale sulla compensazione delle spese, in quanto l’appellata non aveva proposto ricorso incidentale, chiedendo la mera conferma della sentenza impugnata. Il secondo motivo è infondato. Il ricorrente, il quale si duole anzitutto della violazione del diritto di difesa per non aver potuto replicare ai documenti prodotti dalla convenuta dopo la sua costituzione in appello , non ha allegato quale sarebbe stata la norma processuale violata e il concreto pregiudizio subito, atteso che l’udienza in appello risulta svolta nel pieno rispetto del contraddittorio. Parimenti infondata è la doglianza riguardo alla asserita violazione delle norme processuali sull’esame delle prove. Invero, la Corte d’appello ha deciso valutando i documenti prodotti dalle parti, esaminando, in particolare, le dichiarazioni dei redditi delle parti e le varie proprietà del ricorrente, il quale invece lamenta genericamente l’omesso deposito delle dichiarazioni dell’ex-coniuge degli anni 2012 e 2013, senza dedurre specifiche questioni la cui valutazione sarebbe stata omessa dalla Corte territoriale. Il terzo motivo è infondato in quanto la causa di separazione coniugale, caratterizzata da un pluralità di domande addebito, mantenimento risulta di valore indeterminabile, come implicitamente ritenuto dal giudice d’appello pertanto, non appare corretto invocare l’art. 13 c.p.c., che riguarda le prestazioni alimentari quantunque s’intenda estendere per analogia la norma anche all’assegno di mantenimento . Per quanto esposto, accolto il primo motivo, la sentenza impugnata va cassata la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con una pronuncia di elisione della condanna al pagamento delle spese del primo grado del giudizio, contenuta nella sentenza emessa dalla Corte d’appello, confermando la compensazione delle spese in primo grado. Ricorrono i presupposti per compensare le spese del grado di legittimità, in considerazione del fatto che l’accoglimento del ricorso riguarda una parte del capo della sentenza impugnata, limitatamente alle condanna delle spese. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo e rigetta gli altri. Cassa la sentenza impugnata in parte qua e, decidendo nel merito, espunge la condanna al pagamento delle spese del secondo grado, confermando la compensazione delle spese del primo grado di giudizio. Compensa le spese del giudizio di cassazione. Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.