Decreto ingiuntivo: cosa include la fase istruttoria ai fini della liquidazione delle spese di lite?

In tema di liquidazione delle spese di giudizio, con specifico riferimento alla fase istruttoria, la Cassazione ricorda che l’art. 4 d.m. n. 55/2014, al comma 5, lett. c include anche l’esame dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione, quale ad esempio quello del decreto ingiuntivo opposto.

Così la Suprema Corte con ordinanza n. 20993/20, depositata il 2 ottobre. Il Tribunale emetteva un decreto ingiuntivo nei confronti del Comune che, in qualità di conduttore , era tenuto al pagamento di una somma per canoni locatizi e oneri condominiali in favore dei due locatori . Il Comune si opponeva e chiedeva di accertare la sussistenza del grave motivo di cui all’art. 27, ultimo comma, l. n. 392/1978 per il suo recesso, oltre che la revoca del decreto ingiuntivo. Il Tribunale dichiarava improcedibile l’opposizione e compensava le spese di giudizio. Proposto appello da parte dei locatori in ordine alla compensazione delle spese, la Corte d’Appello lo accoglieva, condannando il Comune a rifondere le spese dei due gradi. Avverso quest’ultima decisione, il Comune propone ricorso per cassazione , lamentando che, nel liquidare le spese di primo grado, il Giudice d’appello avrebbe erroneamente imposto anche le spese per la fase istruttoria, nonostante questa non vi fosse mai stata. Nel dichiarare il motivo di ricorso palesemente infondato, la Cassazione ricorda che, ai sensi dell’art. 4 d.m. n. 55/2014, la fase istruttoria include anche l’esame dei provvedimenti giudiziali pronunciati . Al comma 5 di tale articolo sono indicate in modo esemplificativo le fasi del giudizio secondo le quali viene liquidato il compenso, ossia la fase di studio della controversia, la fase introduttiva del giudizio, la fase istruttoria e la fase decisionale. All’interno della fase istruttoria di cui alla lett. c , precisa la Corte, viene ricompreso anche l’esame dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione . Tanto premesso, la Cassazione chiarisce che anche i provvedimenti da cui si desume la non necessità di procedere ad istruzione e aventi funzione negativa fanno parte di tale novero, in quanto sono pronunciati in funzione dell’istruzione. In tal senso, dunque, è riconducibile l’esame anche del decreto ingiuntivo opposto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 2 luglio – 2 ottobre 2020, n. 20993 Presidente Amendola – Relatore Graziosi Rilevato che A seguito di ricorso monitorio di S.M. e V.M. il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, emetteva il 1 luglio 2013 un decreto che ingiungeva al Comune di Barletta di pagare ai suddetti, quali locatori di un immobile di cui il Comune era conduttore, l’importo di Euro 10.979.076 per canoni locatizi nonché l’importo di Euro 672,79 per oneri condominiali. Il Comune si opponeva, chiedendo di accertare la sussistenza di grave motivo ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., per il suo recesso quale conduttore, e di revocare conseguentemente il decreto ingiuntivo. Controparte si costituiva, insistendo nella propria pretesa. Il Tribunale, con sentenza n. 1990/2016, dichiarava improcedibile l’opposizione - in quanto proposta mediante atto di citazione, anziché ricorso, la causa venendo poi iscritta a ruolo oltre 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo - compensando le spese. S.M. e V.M. proponevano appello in ordine alle spese compensate, cui resisteva il Comune. La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 2 maggio 2018, accoglieva l’appello, condannando il Comune a rifondere a controparte le spese dei due gradi. Il Comune ha proposto ricorso, articolato in quattro motivi, da cui S.M. e V.M. si sono difesi con controricorso. Il Comune ha depositato una memoria il 27 giugno 2020 e una seconda memoria il 30 giugno 2020 i controricorrenti hanno depositato memoria il 29 giugno 2020. Considerato che In primo luogo deve rilevarsi che sono state depositate tre memorie, di cui l’unica tempestiva è evidentemente quella del 27 giugno 2020, le ulteriori non potendosi considerare. 1. Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 5, lett. c e delle allegate tabelle parametri forensi . Nel liquidare le spese di primo grado, il giudice d’appello avrebbe imposto anche le spese per fase istruttoria, nella misura di Euro 1600, nonostante la fase istruttoria non vi fosse stata. Vengono quindi ricalcolate le somme che sarebbero invece dovute. Il motivo palesemente non è fondato, dal momento che la fase istruttoria include anche l’esame dei provvedimenti giudiziali pronunciati, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4. Detta norma, infatti, al comma 5 indica esemplificativamente il contenuto delle fasi, dopo avere nunciato proprio che il compenso è liquidato per fasi , che sono per il giudizio di cognizione la fase di studio della controversia lett. a , fase introduttiva del giudizio lett. b , fase istruttoria lett. c , fase decisionale lett. d . La lett. c , dunque, include nella fase istruttoria anche l’esame dei provvedimenti giudiziali pronunciati nel corso e in funzione dell’istruzione . Non si può negare che Ndr Testo originale non comprensibile in funzione dell’istruzione anche quei provvedimenti da cui si desume la non necessità di procedere ad istruzione, trattandosi evidentemente di una funzione negativa. In tal senso è riconducibile all’esame anche il decreto ingiuntivo opposto. Peraltro, il giudice d’appello si riferisce al valore medio della tariffa, non menzionando però espressamente la fase istruttoria il Comune di Barletta va condannato alle spese del primo grado di giudizio che, in applicazione dei parametri del D.M. n. 55 del 2014, si liquidano in Euro 250,00 per esborsi ed Euro 4835,00 per compensi pari al valore medio della tariffa , rectius, pari evidente lapsus calami . È pertanto sostenibile che l’importo complessivamente medio sia stato liquidato dalla corte territoriale senza introdurre la fase istruttoria ma determinando in modo sufficientemente elevato le altre fasi per giungere a tale somma conclusiva. 2. Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c Il giudice d’appello non avrebbe esaminato la questione, sollevata nella memoria di costituzione in appello dall’attuale ricorrente, della riduzione delle spese al 50% ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, questione che così sarebbe stata proposta Il D.M. n. 55 del 2014, lo stesso art. 4, comma 1, del prevede possibilità di ridurre i valori medi fino al 50 per cento . Si tratta di una doglianza ictu oculi inconsistente, perché quel che richiama non è qualificabile nè domanda nè eccezione palesemente tardivo è il contenuto al riguardo delle note conclusionali d’appello, se lo si potesse intendere come domanda o eccezione , bensì una mera enunciazione che non ha goduto neppure nelle note conclusionali suddette davanti alla corte territoriale di specifici argomenti in suo sostegno, per cui è rimasta su un piano astratto, per quanto emerge seguendo il contenuto del ricorso in termini di autosufficienza. 3. Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 91 c.p.c. in riferimento al D.M. n. 55 del 2014, art. 4, comma 1, in forza del quale per la liquidazione si devono tenere in conto le caratteristiche della causa e qui si sarebbe trattato di una sola questione di rito. La Corte d’appello non avrebbe effettuato rivisitazioni complessive della vicenda in primo grado . Si invoca la sentenza n. 77 del 2018 della Corte Costituzionale in relazione all’art. 92 c.p.c., comma 2, per concludere che il giudice d’appello avrebbe liquidato acriticamente le spese nella erronea misura chiesta dagli appellanti. Anche questo motivo è palesemente infondato, in quanto la quantificazione effettuata dal giudice d’appello si è collocata nell’ambito della forbice normativa, onde non è configurabile violazione della normativa stessa. 4. Il quarto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 il giudice d’appello non avrebbe valutato una situazione di soccombenza reciproca. Il motivo è manifestamente infondato non rinvenendosi nella vicenda processuale in relazione alla quale il giudice d’appello ha liquidato le spese alcuna soccombenza reciproca. Non è affatto comprensibile, d’altronde, il quanto mai scarno argomento che rappresenta il motivo, e cioè che la condanna a Euro 1600 anche per la fase istruttoria del giudizio di primo grado ha impedito al Giudice di merito di valutare una situazione di soccombenza reciproca che avrebbe giustificato una rivisitazione delle spese del secondo grado 5. In conclusione il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado - liquidate come da dispositivo - alla controparte. Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2012, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere alla controparte le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1500, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonché agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.