Come può il terzo pignorato difendersi in caso di espropriazione di crediti, incorporati in titoli di credito?

Laddove il pignoramento di un diritto di credito incorporato in un titolo di credito intervenga con le forme dell’espropriazione di crediti presso terzi, anziché nelle forme del pignoramento diretto a carico del debitore principale in possesso del titolo, il soggetto pignorato ha interesse a dolersi dell’illegittimità delle forme del pignoramento con il mezzo dell’opposizione agli atti.

Sul tema la Suprema Corte con l’ordinanza n. 20338/20, depositata il 28 settembre. Una società, in rappresentanza dell’INPS, aveva pignorato i crediti vantati dalla società debitrice nei confronti di una terza società. In assenza della dichiarazione di quantità, è stato promosso il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo ex art. 548 c.p.c Il Tribunale di Milano accoglieva la domanda, decisione confermata anche in secondo grado. Avverso tale pronuncia, la società terza pignorata ha proposto ricorso in Cassazione. La ricorrente afferma che il proprio debito nei confronti del debitore principale era già stato convenzionalmente regolato tramite effetti cambiari . Conseguentemente, il pignoramento avrebbe dovuto avvenire mediante la materiale apprensione di questi ultimi. Viene dunque invocata la nullità del procedimento esecutivo, erroneamente promosso nelle forme dell’espropriazione presso terzi, e del successivo giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. La censura viene dichiarata infondata. Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, qualora il pignoramento di un diritto di credito incorporato in un titolo di credito intervenga con le forme dell’ espropriazione di crediti presso terzi anziché, come impone l’art. 1997 c.c., nelle forme del pignoramento diretto a carico del debitore principale in possesso del titolo, il soggetto pignorato che in forza di esso sia debitore cartolare ha un interesse derivante dalla congiunta soggezione al non dover disporre della somma oggetto del credito consacrato nel titolo e dal rischio di vedersi chiedere il pagamento da chi del titolo sia in possesso a dolersi dell’illegittimità delle forme del pignoramento con il mezzo dell’ opposizione agli atti della lesione di tale interesse detto soggetto non può dolersi nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo secondo il regime anteriore all’attuale art. 549 c.p.c. Cass. Civ. n. 6536/16 . La società ricorrente non risulta aver proposto tempestiva opposizione agli atti esecutivi e non può dunque dirsi legittimata ad eccepire successivamente la nullità del processo esecutivo del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Tale giudizio ha infatti autonomo oggetto e non possono esservi dedotte questioni attinenti al diritto di procedere ad esecuzione forzata o alla regolarità degli atti esecutivi. I rimedi in tal caso percorribili restano l’ opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. e l’ opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c Circa il rischio che la società terza pignorata possa essere esposta al rischio di un doppio pagamento” , la Corte precisa che se, da una parte, come precisato nella già richiamata decisione n. 6536/16 di questa Corte, l’eventuale pagamento dell’obbligazione cambiaria effettuato dal terzo dopo il pignoramento non sarà comunque, in quanto tale, opponibile al creditore assegnatario, il diritto alla restituzione dei titoli di credito in occasione dell’esercizio dell’azione causale porrà comunque, d’altra parte, lo stesso terzo pignorato al riparo dal paventato rischio del doppio pagamento , sulla base degli stessi principi generali in tema di circolazione dei titoli di credito e di esercizio delle azioni ad essi ricollegabili . In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 2 luglio – 28 settembre 2020, n. 20338 Presidente Amendola – Relatore Tatangelo Fatti di causa Prelios Property Management S.r.l., in rappresentanza dell’INPS, ha pignorato in data 27 aprile 2010 i crediti vantati dalla propria debitrice CEB Ristorazioni S.r.l. nei confronti della Terzo Millenium S.r.l Non essendo stata resa la dichiarazione di quantità, ha promosso il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, secondo la formulazione dell’art. 548 c.p.c. allora vigente. La domanda è stata accolta dal Tribunale di Milano, che ha dichiarato sussistente un credito della società pignorata di Euro 120.000,00. La Corte di Appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado. Ricorre Terzo Millenium S.r.l., sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso l’INPS. Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra intimata. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato. È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta. La ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia art. 360 c.p.c., n. 4 nullità del procedimento di accertamento dell’obbligo del terzo . La società ricorrente fa presente che il proprio debito nei confronti della società CEB Ristorazioni S.r.l. era stato convenzionalmente regolato tramite l’emissione di una serie di effetti cambiari e sostiene che, di conseguenza, il pignoramento avrebbe dovuto avvenire mediante la materiale apprensione dei titoli, secondo le modalità dell’espropriazione diretta presso il debitore, restando altrimenti essa esposta al rischio di dover effettuare un doppio pagamento, in caso di girata del titolo a terzi. La nullità del procedimento esecutivo, promosso erroneamente dalla creditrice nelle forme dell’espropriazione presso terzi, a suo avviso, determinerebbe altresì la radicale nullità del conseguente giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Il ricorso è manifestamente infondato. In base all’indirizzo di questa Corte, che le difese della ricorrente non contengono argomenti idonei ad indurre a rivedere, qualora il pignoramento di un diritto di credito incorporato in un titolo di credito intervenga con le forme dell’espropriazione di crediti presso terzi anziché, come impone l’art. 1997 c.c., nelle forme del pignoramento diretto a carico del debitore principale in possesso del titolo, il soggetto pignorato che in forza di esso sia debitore cartolare ha un interesse derivante dalla congiunta soggezione al non dover disporre della somma oggetto del credito consacrato nel titolo e dal rischio di vedersi chiedere il pagamento da chi del titolo sia in possesso a dolersi dell’illegittimità delle forme del pignoramento con il mezzo dell’opposizione agli atti della lesione di tale interesse detto soggetto non può dolersi nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo secondo il regime anteriore all’attuale art. 549 c.p.c. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6536 del 05/04/2016, non massimata, pronunciata in fattispecie del tutto analoga alla presente . Nella specie non risulta proposta tempestiva opposizione agli atti esecutivi da parte della società terza pignorata. Questa non può comunque ritenersi legittimata ad eccepire successivamente la pretesa nullità del processo esecutivo nell’ambito del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo. Detto giudizio ha infatti autonomo oggetto, predeterminato per legge e limitato all’accertamento della sussistenza del credito pignorato e dell’opponibilità al creditore procedente di eventuali cause estintive di esso. Nel suo ambito non possono pertanto essere dedotte nè le questioni che attengono al diritto di procedere ad esecuzione forzata nè quelle che attengono alla regolarità degli atti esecutivi, le quali vanno fatte valere esclusivamente attraverso i rimedi endoesecutivi dell’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., ovvero dell’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c Non colgono nel segno le considerazioni espresse dalla ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, a sostegno del suo contrario assunto. In primo luogo va esclusa la possibilità di estendere ai vizi del processo esecutivo l’oggetto del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo i limiti di tale oggetto derivano infatti dalla sua stessa struttura normativa e non impediscono, del resto, alle parti ed al terzo pignorato laddove, come nella specie, ne abbia interesse di far valere i rispettivi diritti e le rispettive ragioni, mediante gli indicati rimedi oppositivi di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c., anche con riguardo a tutti gli eventuali vizi della procedura esecutiva. È opportuno sottolineare, in proposito, che è costante l’indirizzo di questa Corte secondo il quale tutte le questioni relative alla stessa pignorabilità dei crediti oggetto dell’azione esecutiva, anche in presenza di eventuali vincoli di destinazione che ne possano determinare l’impignorabilità rilevabile di ufficio, esulano dall’oggetto del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo cfr. ad es., Cass., Sez. U, Sentenza n. 9407 del 18/12/1987, Rv. 456541 conf. Sez. 3, Sentenza n. 9623 del 15/11/1994, Rv. 488614 Sez. L, Sentenza n. 6667 del 29/04/2003, Rv. 562536 Sez. 3, Sentenza n. 387 del 11/01/2007, Rv. 595611 Sez. 3, Sentenza n. 4212 del 23/02/2007, Rv. 595615 Sez. 3, Sentenza n. 23727 del 16/09/2008, Rv. 604977 Sez. 3, Sentenza n. 12259 del 27/05/2009, Rv. 608377 Sez. 3, Sentenza n. 3790 del 18/02/2014, Rv. 630151 Sez. 3, Sentenza n. 10243 del 20/05/2015, Rv. 635445 Sez. 3, Sentenza n. 13015 del 23/06/2016, Rv. 640395 - 01, in motivazione . Nè potrebbe, di per sé, valere a giustificare tale estensione la stessa eventuale qualificazione in termini di inesistenza giuridica o comunque in termini di nullità non sanabile e rilevabile di ufficio dal giudice dell’esecuzione per tutto il corso del processo esecutivo del vizio del pignoramento non eseguito direttamente sui titoli di credito, ai sensi dell’art. 1997 c.c. questione in relazione alla quale nell’arresto delle Sezioni Unite di questa Corte n. 11178 del 1995, che la ricorrente richiama a sostegno dei propri assunti, non è in realtà espresso alcun principio di diritto e che è invece specificamente affrontata nella sentenza n. 6536 del 2016, più sopra richiamata si tratta peraltro di questione che non può ritenersi direttamente rilevante ai fini della decisione del presente ricorso, in quanto assorbita dalle considerazioni che precedono sull’oggetto del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, nonché da quelle che seguiranno in ordine alle eccezioni proponibili dal terzo debitore in relazione all’azione causale . Pare peraltro effettivamente opportuna una precisazione, con riguardo al paventato rischio per la società terza pignorata di rimanere esposta al pericolo di un doppio pagamento , in virtù dell’autonomia dell’obbligazione cambiaria e della libera circolazione del titolo, e ciò sebbene la questione in concreto esuli dallo specifico oggetto del presente giudizio pur essendo logicamente ad esso collegata . In caso di pignoramento non eseguito direttamente, nelle forme dell’espropriazione diretta presso il debitore, ai sensi dell’art. 1997 c.c., sui titoli di credito emessi per regolare un determinato rapporto obbligatorio, ma nelle forme dell’espropriazione di crediti presso terzi, il processo esecutivo ha ovviamente ad oggetto il rapporto obbligatorio causale sottostante, non quello cambiario. Di conseguenza, laddove venga accertato, nel giudizio di cui agli artt. 548 e 549 c.p.c., che il credito oggetto del pignoramento è stato oggetto di regolamento tramite l’emissione di effetti cambiari, di modo che il terzo debitor debitoris abbia diritto, in caso di esercizio dell’azione causale, alla restituzione degli effetti emessi al momento del pagamento, ai sensi dell’art. 66 L. Cambiaria, comma 3, tale diritto resterà fermo anche nei rapporti con il creditore assegnatario, che acquista la posizione creditoria del suo debitore e cioè, nella specie, esclusivamente quella relativa all’azione causale, non quella relativa all’azione cambiaria, in mancanza di pignoramento eseguito sui titoli , con tutti i suoi limiti, e al quale, quindi, possono essere opposte tutte le eccezioni opponibili all’originario creditore fatta sempre salva l’operatività dell’art. 2917 c.c. e quindi l’inopponibilità al suddetto creditore delle cause estintive o modificative del credito pignorato verificatesi dopo la notificazione dell’atto di pignoramento . Ne consegue che se, da una parte, come precisato nella già richiamata decisione n. 6536 del 2016 di questa Corte, l’eventuale pagamento dell’obbligazione cambiaria effettuato dal terzo dopo il pignoramento non sarà comunque, in quanto tale, opponibile al creditore assegnatario, il diritto alla restituzione dei titoli di credito in occasione dell’esercizio dell’azione causale porrà comunque, d’altra parte, lo stesso terzo pignorato al riparo dal paventato rischio del doppio pagamento , sulla base degli stessi principi generali in tema di circolazione dei titoli di credito e di esercizio delle azioni ad essi ricollegabili. 2. Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione delle oggettive incertezze interpretative sussistenti in relazione alle questioni oggetto della presente decisione. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. P.Q.M. La Corte - rigetta il ricorso - dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto , a norma dello stesso art. 13, del comma 1 bis.