Protezione internazionale: inammissibile il ricorso in Cassazione privo della data della procura alle liti

In tema di protezione internazionale e di ricorso in sede di legittimità, il difensore deve certificare la data del rilascio a suo favore della procura alle liti a tal fine rilasciata a dimostrazione dell’osservanza del requisito di cui all’art. 35-bis, comma 13, d.lgs. n. 25/2008.

Così l’ordinanza della Suprema Corte n. 19263/20, depositata il 16 settembre. Un cittadino pakistano proponeva opposizione avverso il decreto con cui il Tribunale di Catanzaro aveva confermato il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria nonché della protezione umanitaria. Per la cassazione della pronuncia ha proposto ricorso lo straniero. Preliminarmente il Collegio rileva che la procura alle liti rilasciata in calce al ricorso risulta priva di data, come invece richiesto espressamente dell’art. 35- bis , comma 13, d.lgs. n. 25/2008 applicabile ratione temporis . Come ricorda la Corte, tale norma prevede che la procura alle liti per la proposizione del ricorso sia conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato . A tal fine, il difensore deve certificare la data del rilascio a suo favore della procura medesima, essendo in tal modo titolare di una speciale potestà asseverativa conferita ex lege . In altre parole, deve essere ritenuto inammissibile il ricorso laddove la procura non indichi la data in cui è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma né potendo tale requisito discendere dalla mera inerenza all’atto a fianco o dalla sequenza notificatoria. Il Collegio non può quindi che dichiarare inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 6 febbraio – 16 settembre 2020, n. 19263 Presidente Manna – Relatore Casadonte Rilevato che - il presente giudizio trae origine dal ricorso proposto da S.K., cittadino del , avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro che respingendo la sua opposizione ha confermato il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a , b e c , nonché del diritto al riconoscimento della protezione umanitaria decisi dalla Commissione territoriale di Crotone - a sostegno delle domande il richiedente aveva allegato di provenire dal PaKistan, dal quale era fuggito perché minacciato dai fratelli di una ragazza che frequentava che sarebbe stata uccisa dagli stessi fratelli, i quali avevano cercato di uccidere anche lui di essere arrivato in Italia nel 2012 e di avere nello stesso anno presentato una domanda per emersione di lavoro irregolare che, tuttavia, non aveva coltivato - il tribunale respingeva l’opposizione del richiedente, definendo il racconto della richiedente privo di intrinseca attendibilità e conseguentemente i fatti narrati dal ricorrente non erano riconducibili a persecuzione per motivi di razza, nazionalità, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un determinato gruppo sociale nè alle fattispecie di protezione sussisdiaria previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b - il tribunale escludeva, altresì, la sussistenza, della fattispecie della violenza indiscriminata di cui del citato art. 14, lett. c - ancora, il tribunale dichiarava l’insussistenza di una specifica situazione di vulnerabilità che potesse giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria - la cassazione del decreto impugnato è chiesta sulla base di due motivi - l’intimato Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva. Considerato che - con il primo motivo, si denuncia la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. a , b e c , ovvero l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata valutazione della situazione esistente in Pakistan si denuncia altresì l’omessa attività istruttoria e l’omesso riconoscimento della protezione sussidiaria - con il secondo motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in relazione all’omessa motivazione circa l’esistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari - va preliminarmente rilevato che la procura alle liti rilasciata in calce al ricorso per cassazione è priva di data come invece specificamente richiesto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, applicabile ratione temporis al ricorso in esame - la richiamata disposizione prevede, infatti, che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita a pena di inammissibilità del ricorso in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima - tale previsione deve essere interpretata nel senso che in materia di protezione internazionale, la data del conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità di essa alla comunicazione del decreto impugnato ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, deve essere certificata dal difensore, il quale è in questo modo titolare di una speciale potestà asseverativa conferita ex lege - ne consegue che deve essere ritenuto inammissibile il ricorso nel quale la procura nella specie, apposta in calce dell’atto non indichi la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria Cass. 1043/2020 2342/2020 - a ciò consegue che nel caso del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, la prescrizione circa la potestà certificativa del difensore in merito alla data della procura è regolata in termini che essa possa essere desunta solo attraverso l’espressa indicazione seguita dall’asseverazione del difensore, con l’ulteriore sanzione dell’inammissibilità del ricorso in caso di sua mancanza - pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile - nulla va disposto sulle spese di lite stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’amministrazione intimata - ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.